Steven Spielberg, il potente re hollywoodiano, che si è rivelato sul grande schermo come autore di pellicole romanticamente fantascientifiche e avventurose, divenute poi celebri capolavori della settima arte. È il papà di quello squalo mangia uomini cui danno la caccia Richard Dreyfuss - uno dei suoi molti alter ego - e Roy Scheider, è il papà del piccolo alieno creato da Carlo Rambaldi e che ci ha conquistato con il suo «Telefono... casa!», ma anche di quei soldati che rischiarono la vita nello sbarco in Normandia e per salvare un certo Ryan. Epico, enfant prodige dell'entertainment di pura evocazione grazie a pellicole che sono campioni d'incasso, con il passare degli anni, ha saputo destreggiarsi in film di maggior spessore e impegno, filtrando con grande trasporto personale le proprie radici e la propria matrice culturale e religiosa. Un vero e proprio confezionatore della settima arte, un geniaccio goliardico che ha dalla sua parte un'assoluta padronanza dei mezzi tecnici. Ogni suo film risulta essere, per la critica, bello e struggente, forse eccessivamente lungo, disomogeneo e imperfetto in certi finali, ma comunque ricco di folgorazioni, di sequenze straordinarie e di personaggi commoventi che ogni tanto scivolano nel facile patetismo e nello smielato. I sentimenti, l'amore, l'amicizia vengono diluiti fra il Bene e il Male, adottando via via codici diversi a seconda del genere cinematografico in cui affonda i denti: fantastico, avventuroso, storico e sociale. Di grande valore spettacolare, ha ottenuto convenzionalmente un posto di successo nella storia del cinema, principalmente perché ha saputo abilmente miscelare la moda della fantascienza con quello dei buoni sentimenti - tanto caro a Walt Disney -. Re degli effetti speciali e di messaggi di fratellanza universali, realizza opere a dir poco monumentali con una dovizia di immagini che di solito vengono filtrate con gli occhi di un bambino. Fra dinosauri ed estetismi spettacolari ed efficaci, gioca con tutte le carte a sua disposizione alternando le sue doppie anime: quella del cineasta problematico e socialmente impegnato che è fedele al potere di Hollywood e quella del cineasta fanciullo che vede il grande schermo con la stessa fiducia di un sognatore. È questo il segreto grazie al quale è riuscito a porsi come uno dei massimi autori statunitensi della nostra epoca. Pragmatico, generoso, possente e disuguale, riesce a prendere Tom & Jerry e a unirli con i due arcinemici de "I miserabili" di Victor Hugo, parla di Willy il Coyote e di Beep Beep, ma anche dell'inferno di Shoah e dei lager.
La gavetta televisiva e il mestiere di sceneggiatore
Figlio di un tecnico di computer e di una pianista, cresce in un ambiente suburbano quale è la realtà di Cincinnati. Sfortunatamente i suoi genitori si separano quando lui aveva solo 17 anni, ma lui e la sorella - la sceneggiatrice Anne Spielberg, candidata all'Oscar per Big (1988) - non sembrano particolarmente colpiti dalla cosa. Spielberg stranamente, non ha mai frequentato un corso di cinema. Infatti, dopo aver studiato alla Arcadia High School di Phoenix e alla Saratoga High School, si iscrive alla California State University di Long Beach, dove però non riesce a concludere gli studi. Nel frattempo, con una piccola cinepresa alla mano comincia a "giocare" con il cinema: nel 1959 firma il cortometraggio western The Last Gun, cui seguiranno Fighter Squad (1961), Escape to Nowhere (1961), Firelight (1964) e Slipstream (1967, rimasto incompiuto). Sono filmini amatoriali girati in 8mm con l'aiuto della madre e degli amici, quindi a dir poco mediocri. Ma proprio mentre frequenta l'università, poco prima di lasciarla, conosce il produttore televisivo Sidney Sheinherg che gli affida la realizzazione del cortometraggio Amblin' (1968) - lo stesso nome della sua prima casa di produzione -, programmato in coda a Love Story. il cortometraggio ha un buon successo e Spielberg viene spedito a Los Angeles per lavorare in televisione, firmando un episodio del film tv Night Gallery (1969, assieme a Barry Shear e Boris Sagal) che aveva nel cast Joan Crawford, Roddy McDowall, Sam Jaffe. Poi seguiranno: Marcus Welby, M.D. (1970) con James Brolin, The Name of the Game (1971) con Anthony Franciosa, The Psychiatrist (1971), un film tv sul tenente Colombo Colombo - Un giallo da manuale (1971) con l'immancabile Peter Falk, Owen Marshall - Counselor at Law (1971) con Tim Matheson, uno dei suoi primi successi che è il film tv Duel (1971, che fu poi proiettato nei grandi schermi di mezza America) e altre fiction come Qualcosa di diabolico (1972) e Savage (1973) con Martin Landau. Dopo una tale gavetta, si mette anche in luce come sceneggiatore e soggettista per opere cinematografiche come Roger - Il re dei cieli (1973), Poltergeist - Demoniache presenze (1982) e I Goonies (1985).
L'esordio dietro la macchina da presa
Più sicuro di sé e sicuramente più capace di stare dietro una macchina da presa, si sente finalmente pronto per la sua opera prima concepita a tutto tondo per il cinema: Sugarland Express (1974), lungometraggio con Goldie Hawn che vince la Palma d'Oro a Cannes per la sceneggiatura. Visto il successo, gli offrono di dirigere California Poker (1974), ma lui rinuncia facendo ricadere il film nelle mani di Robert Altman.
Il successo de Lo squalo
È con Lo squalo (1975) che incontra però il successo maggiore di quegli anni. Il film non solo incassa circa 470 milioni di dollari - un vero record per quegli anni - ma si assicura ben tre Oscar, piazzando Spielberg come uno dei più famosi autori della New Hollywood che era composta da amici come George Lucas, John Landis, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese e Brian De Palma. Gli viene così proposto dal produttore Alexander Salkind di dirigere Superman, ma il regista non ne vuole sapere e si concentra invece su un progetto che lo aveva affascinato fin da quando era ragazzo, vale a dire un film sugli UFO. Trovato chi gli offre carta bianca, Spielberg dirige Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), un vero e proprio classico della fantascienza che si avvaleva non solo della recitazione di uno dei suoi attori prediletti Richard Dreyfuss, ma anche del regista francese François Truffaut che si prestò con molta simpatia per un piccolo ruolo. La pellicola lo candida all'Oscar come miglior regista, ma a rubargli la statuetta fu Woody Allen per Io e Annie (1977), battendo anche le Guerre Stellari di George Lucas. Il primo flop lo incontra invece nel 1979 con 1941 - Allarme a Hollywood, dirigendo Christopher Lee, Toshiro Mifune e John Belushi in una pellicola purtroppo molto sottovalutata. Non si dà per vinto e con il cappellino a visiera sempre nei capelli comincia a prestarsi come attore in piccoli camei, ma solo per amici, come nel caso del capolavoro The Blues Brothers - I fratelli Blues (1980) di John Landis, dove recita con John Belushi.
Il capolavoro: I predatori dell'Arca Perduta
La prima delle sue opere più importanti arrivano a partire dagli anni Ottanta quando collabora con Lucas nella realizzazione di quel capolavoro che è I predatori dell'Arca Perduta(1981) con Harrison Ford nei panni dell'archeologo avventuriero degli anni Trenta Indiana Jones. Un omaggio dei due autori al cinema d'azione degli anni Quaranta che fra humour, montaggio adrenalinico e spettacolarità effettistica si prolunga per altri tre episodi - Indiana Jones e il Tempio Maledetto(1984), Indiana Jones e l'Ultima Crociata (1989, con Sean Connery) e Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo (2008) - e gli porterà una nuova nomination all'Oscar per la regia.
Il secondo capolavoro: ET
Padrino di Gwyneth Paltrow - la quale lo chiama affettuosamente "Zio Monty" - e di Drew Barrymore, impone quest'ultima proprio nel suo nuovo capolavoro E.T. - L'Extra-Terrestre (1982), un film nato proprio mentre lavorava a I predatori dell'Arca Perduta e grazie alla collaborazione con la sceneggiatrice Melissa Mathison - che poi sposerà Harrison Ford -. La storia dell'alieno abbandonato in un bosco della California e adottato da un gruppo di bambini, farà il giro del mondo piazzandosi nella rosa dei candidati all'Oscar per il miglior film e portando Spielberg a una nuova nomination per la regia, anche questa volta solo sfiorata. Si consolerà con un David di Donatello come miglior regista straniero e con la direzione della miniserie Strokes of Genius (1984) con Dustin Hoffman e Storie incredibili (1985), nonché con la Nocciola d'Oro al Giffoni Film Festival.
Il matrimonio e i film impegnati e sentimentali
Dopo alcune relazioni amorose fra cui spiccano quella con l'attrice Margot Kidder, con Sarah Miles, con la giornalista cinematografica Janet Maslin e con l'interprete Valerie Bertinelli, sposa il 27 novembre 1985, Amy Irving, madre del suo primogenito: Max Spielberg. Nel frattempo, si rimette in marcia trasponendo il romanzo omonimo di Alice Walker Il colore viola (1985) e ritrovando la pellicola candidata per il miglior film, purtroppo sfuggito per via de La mia Africa di Sydney Pollack che quell'anno conquistò tutti. Ma ancora una volta si aggiudica un David di Donatello speciale, questa volta per il miglior produttore straniero. Ha infatti finanziato il primo film de Ritorno al futuro (1985)! Un vero successo. La sua carriera continua sull'onda dei romanzi, infatti traspone l'autobiografico L'impero del sole (1987), la vera storia dello scrittore di fantascienza J.C. Ballard, che venne interpretato anche da John Malkovich, ma che rese famoso un suo pupillo: Christian Bale. Dopo cinque mesi di lavoro, sviluppa la storia di Rain Man - L'uomo della pioggia (1988), ma poi lascia tutto per dedicarsi a Indiana Jones e l'Ultima Crociata (1989), lasciando anche la sceneggiatura di Big (1988) a sua sorella. Ma il flop è dietro l'angolo e ha un volto angelico: parliamo di Always - Per sempre (1988), remake del film Joe il pilota con Audrey Hepburn.
La famiglia Spielberg al Jurassic Park
Divorziato dalla Irving il 2 febbraio 1989, il 12 ottobre 1991, sposa invece l'attrice Kate Capshaw, aumentando in maniera considerevole il numero della famiglia Spielberg: si aggiungono Theo (adottato), Sasha, Sawyer, Mikaela George (adottata), Destry Allen (adottata), ma anche Jessica Capshaw (figlia del precedente matrimonio dell'attrice). Gli viene proposto Cape Fear - Il promontorio della paura (1991), ma lui rifiuta e indica Martin Scorsese che accetta. Lavora invece ai libri per ragazzi e alla commedia teatrale di J.M. Barrie, partorendo Hook - Capitan Uncino (1991) che riesuma lo spirito di un Peter Pan adulto e con il volto di Robin Williams che si è completamente dimenticato della giovane Wendy (Gwyneth Paltrow), di Campanellino (Julia Roberts) e soprattutto di un furibondo Capitan Uncino (Dustin Hoffman). La pellicola meraviglia e incanta, ma non fa tanti incassi quanti invece ne farà Jurassic Park (1993) con Samuel L. Jackson e il suo seguito.
Schindler's List e il primo Oscar
Riconfermato una macchina produci denaro, Spielberg sente di desiderio di riscoprire le proprie radici, la propria storia e quella della sua famiglia. È il momento di un film più privato e virtuoso. Nasce Schindler's List (1993), dove per la prima volta in tutta la sua carriera affronta un tema come l'Olocausto. L'Academy che prima lo snobbava è costretta a ritirare tutto di fronte a un artista che "era riuscito a filmare l'infilmabile", pagando il forte debutto con il suo popolo e riaprendo una ferita che ancora aperta sanguinava in molte coscienze. Clint Eastwood e Harrison Ford consegnano rispettivamente a Spielberg gli Oscar per il miglior film - scalciando via Lezioni di piano di Jane Campion, ma anche Robert Altman per America Oggi e James Ivory per Quel che resta del giorno- e per il miglior film. Non solo, si aggiudica anche un Golden Globe per la regia, un BAFTA per il miglior film e un David Lean Award per la regia, premio di cui andò fra l'altro fierissimo, proprio perché Lean fu il suo regista preferito. Alla luce di tutto questo, la figura di Spielberg viene rivalutata, gli si offre il Leone d'Oro alla carriera e lui comincia a respirare. È finalmente finita la corsa all'Oscar!
1997 - Allarme a Hollywood
Produce e dirige i cartoni animati Animaniacs (1993), vincendo un Emmy, ma incappa in un brutto caso di plagio quando porta sul grande schermo Amistad (1997) con Anthony Hopkins. Il 1997, non è però un anno molto felice per l'autore che apprende della morte di una casa amica, Lady Diana Spencer, la Principessa triste, e si vede costretto a presenziare al suo funerale con Richard Attenborough, Tom Cruise, Nicole Kidman e Tom Hanks. Non solo, il 23 settembre viene coinvolto in un incidente automobilistico e si ferisce una spalla, dopo qualche tempo viene assalito da un uomo, tale Jonathan Norman, che cerca di stuprarlo. L'uomo è poi condannato a 25 anni di carcere.
Salvate il soldato Ryan e il secondo Oscar
Le vicende personali non gli tolgono l'estro creativo e nel 1998 si impone con un'altra pellicola degna di nota: Salvate il soldato Ryan con Tom Sizemore, Tom Hanks, Edward Burns, Matt Damon, Giovanni Ribisi, Jeremy Davies, Barry Pepper, Adam Goldberg, Paul Giamatti e Nathan Fillion. Mai lo sbarco in Normandia fu più crudo, ma allo stesso tempo così umano. Un successo internazionale che gli fece conquistare una seconda statuette come miglior regista, battendo Roberto Benigni (La vita è bella) e Peter Weir (The Truman Show). Fra Golden Globe e Nastri d'Argento la sua carriera poteva continuare con La maschera di Zorro (1998) e American Beauty (1997), ma lui si limita a produrre il primo film e a offrire la sceneggiatura del secondo a Sam Mendes. Per opera della Regina d'Inghilterra Elisabetta II, diventa Cavaliere dell'Ordine dell'Impero Britannico per onore e per il grande contributo dato anche all'industria del cinema inglese, poi si improvvisa ancora attore in piccoli ruoli in Vanilla Sky (2001) con Tom Cruise e Cameron Diaz e Austin Powers - Goldmember (2002) con Michael Caine.
Fra fantascienza e commedia
Il resto della sua filmografia è alternata da pellicole fantascientifiche come A.I. Intelligenza Artificiale (2001) con William Hurt - liberamente tratto da un racconto breve di Brian Aldiss - e più leggere come Prova a prendermi (2001) con Leonardo DiCaprio, Christopher Walken e Tom Hanks, che poi rivorrà anche in The Terminal (2004), altalenandolo a Tom Cruise, che dirige in Minority Report (2002, con Max von Sydow) e La guerra dei mondi (2005, con Tim Robbins).
Plurivincitore di Emmy Award per le miniserie Band of Brothers (2001) e Taken (2002), pensa di portare sul grande schermo Memorie di una geisha (2005), ma poi ritratta per Munich (2005), producendo la pellicola di Eastwood Lettere da Iwo Jima (2006).
Da sempre appassionato di storie per ragazzi, nel 2011 firma la trasposizione cinematografica del noto fumetto di Hergè: Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno. L'anno successivo è dietro la macchina dal presa del drammatico e appassionante War Horse, per il quale ha ricevuto sei candidature all'Oscar, tra cui quella come Miglior Film. Nel 2012 dirige il film storico Lincoln, basato sul best seller "Team of Rivals", e torna tre anni più tardi - ancora una volta con Tom Hanks - per Il ponte delle spie, ambientato negli anni della Guerra fredda a Brooklyn. Subito dopo comincia a lavorare al suo nuovo lavoro rivolto ai ragazzi, Il GGG - Il grande gigante gentile (2016), tratto dal racconto di Roald Dahl, incentrato sulla storia di una bambina orfana che vive una straordinaria avventura con un gigante buono che non mangia bambini.
L'anno dopo, mentre preparava The Kidnapping of Edgardo Mortara, tratto dal romanzo inchiesta "Prigioniero del Papa re" di David Kertzer, ha lasciato il progetto per girare The Post, con Meryl Streep e Tom Hanks.
Nel 2021 arriva sul grande schermo la sua nuova versione di West Side Story e l'anno successivo il film autobiografico The Fabelmans, vincitore di due Golden Globes come miglior film e miglior regia.
Vincitore del Cecil B. DeMille Award, assieme a Jeffrey Katzenberg e David Geffen è il fondatore della Dream Works SKG che ha lanciato talenti come Robert Zemeckis, Joe Dante, Lawrence Kasdan e Chris Columbus. Spielberg ha anche una strana passione per il collezionismo, possiede infatti una delle due slitte originali della pellicola Quarto potere (1941), nonché i due Oscar di Bette Davis come miglior attrice protagonista - quelli vinti per Paura d'amare (1935) e Figlia del vento (1938) - e l'Oscar di Clark Gable per Accadde una notte (1934). Sostanzialmente un grande affabulatore del nostro tempo, autore, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico che gioca d'anticipo su gusti del pubblico, ha rivoluzionato Hollywood e il modo di fare cinema riportando in auge lo storyboarding, creando dal nulla i blockbuster e sfruttando le interpretazioni infantili. Evocatore di visioni e frammenti entrati a far parte del nostro immaginario, osando perfino competere con il sommo Stanley Kubrick, scrivendo favole moderne, emozionando, scheggiando il cuore nero dell'America razzista, sospendendosi fra melodramma e umorismo, ma sempre ricco di buoni sentimenti e di valori.
La giovinezza di Spielberg sembra infinita. Non si tratta solamente di sorprendersi perché questo infaticabile settantunenne sforna un film dietro l'altro o per l'adeguamento - ogni qualche anno - alle più recenti forme di elaborazione visiva degli effetti digitali, ma proprio per la capacità di rinnovare la riflessione sul cinema. Ready Player One è capace di proporsi al tempo stesso come il film più pop che si possa immaginare e quello più profondamente teorico degli ultimi anni
Alcuni registi americani (David Lynch o Michael Mann) deviano poco dal loro presupposto iniziale, Steven Spielberg diversamente è un mix di personalità e convenzione. In quasi cinquant'anni di carriera è stato tutto: enfant prodige con Duel, "un primo film perfetto" lo definì François Truffaut; inventore del blockbuster con Lo squalo, un prodotto culturale inedito costruito sulla scienza esatta dell'intrattenimento affettivo, ovvero la conoscenza infallibile delle leggi del mercato e del cuore degli adolescenti; re del mondo e del meraviglioso negli anni Ottanta sulla scia di E
Sembrerà una piccolezza o un dato simpaticamente ininfluente e invece c'è qualcosa di fondamentale nel sapere che Tutti gli Uomini del Presidente, oltre ai tre Oscar per Miglior Sceneggiatura non originale, Miglior Attore non protagonista e Miglior Scenografia, vinse anche il premio per il Miglior Sonoro. È un dato di storia cinematografica che riemerge dalla memoria con logica prepotenza quando ci si accorge dell'attenzione maniacale che Steven Spielberg e il sound designer Gary Rydstrom hanno dedicato al nascondimento dei microfoni su tutte le macchine tipografiche presenti in The Post (guarda la video recensione), ottenendo un risultato non solo chirurgico e documentale ma anche complesso e intricato a livello concettuale
Caratteristica precipua di The Post è la tempistica, circostanza e tema portante del film diretto da Steven Spielberg. The Post è infatti una sorta di instant movie, deciso e diretto in velocità da Spielberg all'indomani delle elezioni che hanno portato alla presidenza degli Stati Uniti quel Donald Trump che, nelle parole di Meryl Streep, "mostra ogni giorno ostilità nei confronti della stampa e delle donne"