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Sydney Pollack

Sydney Pollack è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, è nato il 1 luglio 1934 a Lafayette, Indiana (USA) ed è morto il 26 maggio 2008 all'età di 73 anni a Pasadena, California (USA).
Nel 1986 ha ricevuto il premio come miglior regia al Premio Oscar per il film La mia Africa.

L'America che si fa piccola

A cura di Fabio Secchi Frau

America, Sydney Pollack. Un binomio che lega fortemente un cinema (purtroppo) sempre meno articolato e ampio, ma che un tempo è stato dedicato, in particolar modo, alla visione del sogno statunitense ormai spento e di un mondo che è annodato alla sua dimensione temporale. Leggere nella mente di Sydney Pollack è una sfida impressionante. Provateci. Cosa vi troverete? Strade dall'asfalto rotto, città deserte, piccoli voli, creatori di sogni, biliardi dai tappeti rossi come certi corvi, piccoli eroi western polverosi, e poi ancora sigarette fumate con nervosismo, Robert Redford, sale congressi che scintillano, sguardi che fuggono mentre si bacia qualcuno e tensioni tenute con un solo sguardo. L'attenzione verso il cinema dell'epoca d'oro è palpabile e a essa si sposa con la visione di uomo moderno che si batte contro la Storia, consapevole del fatto che ne rimarrà annientato, ma ciononostante gioca la sua carta, l'unica assegnatagli, perché non sa arrendersi, perché non sa cos'altro fare per contrastarla. È il cantore di attori che per sopravvivere nel mondo dello show-business sono costretti a travestirsi da occhialute donne con permanenti Anni Ottanta, dell'Africa che fa soffrire al suono dei suoi tamburi e delle sue piogge torrenziali (ma non per questo è meno amata), di cavalli che non si dovrebbero uccidere così e degli Anni Settanta. Di quegli Anni Settanta e di quei giovani che avevano una passione comune: cambiare il mondo in un luogo ideale (qualsiasi esso sia), dove abbattere barriere normalmente esistenti, compresa quella metacinematografica fra spettatore e attori. Eterogeneo nei generi è considerato il "regista del tramonto", narratore di storie destinate a chiudersi per sempre in un crepuscolo spettacolare. Elemento di attrazione, questo, che ha dato la possibilità al pubblico di appassionarsi e di immedesimarsi con i suoi personaggi. Pollack è l'uomo con la lente d'ingrandimento, che setaccia la cartina geografica degli Stati Uniti e ci mostra come l'America possa farsi piccola.
Nato nel 1934 a Lafayette, nell'Indiana, subisce fin da piccolo il divorzio dei suoi genitori, immigrati russi ebrei. La madre infatti, stufa dell'alcolismo del marito (che infatti morirà a soli 37 anni), divorzierà dall'uomo quando Sydney era ancora un bambino. Fratello del costumista Bernie Pollack, dal 1952 al 1954, studia recitazione con Sanford Meisner alla Neighborhood Playhouse School of the Theatre di New York, diventandone poi un insegnante dal 1954 al 1959. Proprio dentro quell'edificio troverà l'amore nella persona di Claire Grisworld, dalla quale avrà ben tre figli, il primo dei quali, Steven, nato nel 1959, morirà in un incidente aereo. Era infatti uno dei tre viaggiatori in un aeroplano che andò a schiantarsi contro un palazzo di Santa Monica (California) il 26 novembre 1993. A Pollack rimangono così solo due figlie: Rebecca, oggi vicepresidente della casa di produzione cinematografica United Artists, e Rachel. Nell'arco della sua vita, Pollack passa da insegnante di recitazione ad assistente alla regia teatrale. Dotato fin da allora di una creatività unica, gli vennero proposte repentinamente alcune regie teatrali per spettacoli Off-Broadway, dopo i quali venne scritturato dalla televisione sia come attore che come regista per sceneggiati e telefilm (inizialmente western). Pollack debutta così nel telefilm Playhouse 90 (1959), ma anche in alcuni episodi di Alfred Hitchcock presenta... (1960) e Ai confini della realtà (1960), lavorando con Peter Lorre, James Mason, Boris Karloff, Kim Hunter, Eli Wallach, Patty Duke, Gene Hackman ed Henry Fonda. Mentre dirigerà telefilm come Cain's Hundred (1961) e, il più famoso di tutti, Dr. Kildare. Il piccolo schermo gli offre l'opportunità di avere sotto il suo sguardo e la sua guida attori del calibro di: Telly Savalas, Walter Matthau, Jack Warden, Martin Sheen, Robert Duvall, Lillian Gish, Dustin Hoffman, James Earl Jones, Dennis Hopper, Leslie Nielsen, Gena Rowlands, Vera Miles, Leonard Nimoy, Bob Hope (vincendo un Emmy nel 1966 per la regia di Bob Hope Presents the Chrysler Theatre), Peter Falk, Shelley Winters, Roddy McDowall, Angie Dickinson, Suzanne Pleshette, Jason Robards, Janet Leigh e Mickey Rooney.
Visto il suo curriculum è normale che, nel 1965, la Paramount gli offra la possibilità di debuttare finalmente nella regia di un lungometraggio. Sydney Pollack entra così nella schiera del cosiddetto "New Hollywood" o "seconda Hollywood", filone artistico caratterizzato da una visione pessimista della realtà, da un'accurata fotografia rigorosamente a colori e dal largo uso di zoom, del quale facevano parte Roman Polanski, Costa-Gravas, John Schlesinger, Francis Ford Coppola e Alan J. Pakula. Così dopo aver esordito come attore cinematografico accanto al suo migliore amico Robert Redford in Caccia di guerra (1961), firma la sua opera prima, il drammatico La vita corre sul filo(1965) con Sidney Poitier.
Seguono poi una lunga fila di film con Robert Redford, considerato il suo attore prediletto: Questa ragazza è di tutti (1966, con Natalie Wood), Corvo rosso non avrai il mio scalpo (1972), Come eravamo (1973, con Barbra Streisand), I tre giorni del Condor (1975, che vincerà il David di Donatello Speciale, con Max von Sydow e Faye Dunaway) e Il cavaliere elettrico (1979, con Jane Fonda). Ma non solo Redford nella sua carriera, anche Burt Lancaster con Joe Bass l'implacabile (1968) e Ardenne '44, un inferno (1969) e Jane Fonda con Non si uccidono così anche i cavalli? (1969, pellicola che gli farà ottenere la sua prima nomination agli Oscar come miglior regista).
Nel 1973, è membro della Giuria del Festival di Cannes e due anni più tardi dirige Robert Mitchum in Yakuza (1975), passando poi ad Al Pacino in Un attimo, una vita (1977) e trionfando al Festival di Berlino con Diritto di cronaca (1981) con Paul Newman, per il quale film vincerà una menzione d'onore e il Berlin Morgenpost. A detta della critica, il suo miglior film rimane comunque Tootsie (1982) con Dustin Hoffman, commedia incentrata sull'attore di Broadway, Michael Dorsey, che bravo, ma perennemente disoccupato perché rompiscatole, è costretto a guadagnarsi da vivere travestendosi da donna e spacciandosi per l'inesistente Dorothy Michaels detta "Tootsie", attrice navigata e particolarmente cazzuta. Una pellicola che, con mestiere, parla delle difficoltà dell'essere attore, senza inibirsi di fronte ai veleni del successo e dello Star System. Motivo principale che ha spinto l'Academy a nominarlo per il miglior film e per la miglior regia, ancora una volta sfumata clamorosamente.
Dopo tanti tentativi a vuoto, Pollack riuscirà però a stringere nelle sue mani ben sette Oscar totali (fra cui quello di miglior regista e miglior film, ma anche un David di Donatello come miglior film straniero, nonché il Nastro d'Argento per la miglior regia di una pellicola straniera) con il grande successo de La mia Africa (1985), trasposizione sul grande schermo del romanzo autobiografico di Karen Blixen, dove riunisce nel cast il suo sempreverde Redford e una lucente Meryl Streep.
Presidente della Giuria del Festival di Cannes, nel 1986, dopo innumerevoli altri film non particolarmente degni di lode, torna a dirigere Redford in Havana (1990), poi comincia una lunga fila di piccole apparizioni in pellicole. È il dottore del pronto soccorso nello spassoso La morte ti fa bella (1992) con Bruce Willis, Goldie Hawn e Meryl Streep ed è accanto a Tim Robbins, Julia Roberts e Rod Steiger ne I protagonisti (1992) di Robert Altman. Da questo momento in poi, forse per via della morte del suo primogenito, Pollack sembra quasi spegnere la sua vena critica e melodrammatica, smettendo di parlare di eroi perdenti, ma limitandosi a trasporre sul grande schermo copioni che sembrano quasi triti e ritriti dalla grande Hollywood, ma che comunque sono impeccabili da un punto di vista estetico: è il caso del thriller Il socio (1993) con Hackman e Tom Cruise, Sabrina (1995) con Harrison Ford e Destini incrociati (1999), sempre con Ford.
Si dedica soprattutto al mestiere di attore, lasciandosi dirigere da Woody Allen in Mariti e mogli (1992) o da Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut (1994) con Nicole Kidman e Cruise, recitando accanto a Robert Duvall e John Travolta in A Civil Action (1998) o a Samuel L. Jackson e William Hurt in Ipotesi di reato (2002), o apparendo in telefilm come Frasier (1994), Innamorati pazzi (1998), I Soprano (2007) e soprattutto Will & Grace (2000-2006), dove ha il ruolo del padre dell'avvocato gay Will, George Truman.
Vincitore, nel 2002, del Pardo d'Onore al Festival di Locarno, dirige la grande diva Kidman e Sean Penn nel thriller The Interpreter (2005). Ma Pollack non si limita solo a questo, in tutti questi anni, si è anche distinto come ottimo produttore cinematografico. Senza Pollack non avremmo avuto Successo alle stelle (1984) con Kris Kristofferson, I favolosi Baker (1989) con Jeff Bridges e Michelle Pfeiffer, Presunto innocente (1990) con Harrison Ford, Calda emozione (1990) con Susan Sarandon, Sua Maestà viene da Las Vegas (1991) con Peter O'Toole, L'altro delitto (1991) di e con Kenneth Branagh e Robin Williams, il film con Sean Penn Una notte per decidere (2000), alcuni film con Gwyneth Paltrow (Omicidi di provincia, Sliding Doors e Il talento di Mr. Ripley) e Nicole Kidman (Birthday Girl e Ritorno a Cold Mountain).
Ma Sidney Pollack ci piaceva di più prima, quando era ossessionato dallo scorrere del tempo, quando sfruttava con molta intelligenza e genialità temi canonici e forme tradizionali del cinema hollywoodiano per difendere e rinnovare lo stesso cinema a stelle e strisce. Ci manca quelle sue manifestazioni artistiche che non potevano che attrarre la critica e il pubblico e che avevano come obiettivo primario quello di stringere un contatto privilegiato con i suoi spettatori, aldilà del mero intrattenimento.

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