Anno | 2024 |
Genere | Biografico, |
Produzione | USA, Danimarca, Irlanda, Canada |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Ali Abbasi |
Attori | Sebastian Stan, Jeremy Strong, Maria Bakalova, Martin Donovan, Emily Mitchell (II) Patch Darragh, Stuart Hughes, Michael Hough, Joe Pingue, Eoin Duffy, Randy Thomas, Chloe Madison, Ben Sullivan, James Downing, Joel Labelle, Moni Ogunsuyi, Taylor Bernier, Taylor Brunatti, Andre Reiter, Jai Jai Jones, Aidan Gouveia, Catherine McNally, Michelle Doiron, Katie Garyfalakis, Chris Gleason, Bruce Beaton, Nabil Traboulsi, Jim Chad, Dina Roudman. |
Uscita | giovedì 17 ottobre 2024 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,89 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 14 ottobre 2024
Il giovane Donald Trump inizia il suo apprendistato con Roy Cohn, un avvocato che gli insegnerà come costruire il suo impero. Al Box Office Usa The Apprentice - Alle Origini di Trump ha incassato 1,6 milioni di dollari .
CONSIGLIATO SÌ
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Donald Trump non ha ancora trent'anni ma è già divorato dal desiderio bruciante di diventare il re dell'immobiliare nella Grande Mela. In un club esclusivo, dove è riuscito ad infilarsi per conoscere gli uomini più in vista della città e cercare di capire come sono diventati miliardari, viene preso d'occhio da Roy Cohn, uno squalo di avvocato celebre per aver mandato alla sedia elettrica i Rosenberg ed essere stato uno dei fautori del maccartismo. Cohn vede nel giovane Trump un suo alter ego ancora da sviluppare, e Trump farà presso l'avvocato quell'apprendistato nell'"arte di fare affari" (che diventerà il titolo dell'autobiografia del 45esimo presidente degli Stati Uniti) basato su alcune regole fondamentali: attaccare sempre, negare tutto, e non ammettere mai una sconfitta. Col tempo il rapporto fra i due si ribalterà e l'allievo supererà il (cattivo) maestro in cinismo e mancanza di scrupoli.
The Apprentice prende il nome dal titolo del reality show che vedeva Trump (e in Italia Flavio Briatore) selezionare i futuri top manager.
Nel film dell'iraniano-danese Ali Abbasi, scritto dal giornalista Gabriel Sherman, è però il giovane Donald nella posizione di essere promosso o bocciato, e per la prima parte della storia viene ritratto in modo favorevole, come un giovane ambizioso in una città fortemente competitiva animato dal desiderio di rivalsa verso quel padre che ha cresciuto lui e il fratello maggiore in modo autoritario e delegittimante. La scelta di Abbasi, da osservatore non americano, è quella di avvicinarci al suo soggetto con gentilezza e solo più avanti affondare il coltello per rivelarcene la natura sempre più crudele. La spietatezza del futuro presidente degli Stati Uniti viene mostrata non tanto nei confronti della società americana (a cominciare da quegli afroamericani cui lui e il padre impedivano di affittare i loro casermoni popolari) quanto verso le persone a lui più vicine: il fratello maggiore Freddy, la moglie Ivana, e appunto Roy Cohn, verso cui Donald Trump ha mostrato una gretta ingratitudine, forse i un tentativo di cautelare l'attuale elettorato americano, dicendo loro: come potete rieleggere, e in generale fidarvi di un uomo che tradisce persino le persone a lui più care, gettandole via nell'istante in cui non gli sono più utili?
Ed è per questo che il film inizia invitando il pubblico a paragonare Donald Trump a Richard Nixon quando, indagato, asseriva in televisione di "non essere un imbroglione" (per poi venire rimosso dalla carica in seguito allo scandalo Watergate). Ma il Trump che Abbasi racconta rappresenta quell'etica del vincente senza scrupoli che attualmente affascina molti, non solo americani, e per gran parte del film spinge il pubblico ad ammirare l'astuzia e la sua capacità di fare affari del suo protagonista, mostrando la realizzazione dei sui sogni: il Grand Hyatt a un passo dalla stazione, i casinò di Atlantic City (per la verità un insuccesso, ma che Trump, seguendo le regole di Cohn, non ha mai ammesso), la Trump Tower, il Plaza, e sull'orizzonte la Casa Bianca. The Apprentice non rivela nulla (se non avvalorare un orrendo episodio privato raccontato dalla ex moglie Ivana che non spoileriamo) che già non sapessimo su The Donald, e che in molti suscita ancora oggi ammirazione. La ricostruzione della New York di metà anni Settanta e anni Ottanta, con tanto di incontri celebri come Andy Warhol e Rupert Murdoch, è efficace ma televisiva (la fotografia è di Kasper Tuxon, già Dop di La persona peggiore del mondo), così come è efficace l'interpretazione di Sebastian Stan, che riesce ad evocare Donald Trump senza farne una macchietta attraverso piccoli gesti, smorfie e posture. Ma la star qui è Jeremy Strong nei panni dell'agghiacciante Roy Cohn, il che porta a due considerazioni: la prima è che Abbasi deve aver visto e assorbito la serie Succession della quale Strong era coprotagonista; la seconda è che The Apprentice sarebbe meglio riuscito se avesse raccontato Cohn, e non Trump, come protagonista, un po' come ha fatto Baz Luhrman nel suo Elvis. The Apprentice non ha la potenza registica e narrativa dei due film precedenti di Abbasi, Border e Holy Spider, o degli ultimi episodi della serie The Last of Us da lui diretti, ed è curiosamente piatto e mediocre come messinscena: ma forse questo farà di lui un cavallo di Troia nei confronti del grande pubblico, che penserà di trovarsi davanti ad una innocua, e a tratti persino benevola, biografia di Donald Trump. Invece gradualmente si respira l'orrore di Abbasi davanti ad una figura della quale non ha potuto raccontare ascesa e caduta ma solo ascesa e irriducibilità, nonché mancanza totale di rimorsi. Ed è contro l'ethos americano (e occidentale) del successo a tutti i costi che il regista punta la sua freccia avvelenata.
Più che un biopic di Donald Trump, The Apprentice potrebbe essere un episodio allargato di Succession, da cui arriva un mefistofelico Jeremy Strong nei panni dell'avvocato Roy Cohn. Come nella popolare serie tv, Abbasi mostra una spietata guerra di famiglia. Donald, all'apice del successo, dice al padre: «Tu hai costruito il Trump Village, io la Trump Tower».
Arrivato con un tempismo in- credibile, il film del regista danese-iraninano è una delle più soddisfacenti origin story di un super-antieroe mai realizzate. È un piccolo, tagliente granello della storia contemporanea, che fa luce su qualcosa che avevamo sotto gli occhi ma non riuscivamo a circoscrivere del tutto: la lenta sedimenta- zione dell'animale politico Donald Trump, nel totale disprezzo della [...] Vai alla recensione »
Scritto dal giornalista e scrittore americano Gabriel Sherman e diretto dal regista iraniano naturalizzato danese Ali Abbasi, The Apprentice ripropone una ricostruzione, pur romanzata ma credibile, della scalata al successo di Donald Trump. Grazie all'avvocato Roy Cohn (Jeremy Strong), un Donald (Sebastian Stan) ancora nel fiore degli anni, fisico atletico e una leggera somiglianza all'attore hollywoodiano [...] Vai alla recensione »
New York, inizio anni Settanta. Donald Trump è il rampollo emergente di una famiglia di imprenditori edili, nato nel Queens e desideroso di conquistare Manhattan. Il suo sogno è quello di rilevare un albergo nel centro della città e trasformarlo in un hotel di lusso, tra il Chrysler Building e la Grand Central Station, luoghi iconici ormai in pasto al degrado che soffoca la metropoli sull'orlo della [...] Vai alla recensione »
The Apprentice era il titolo del reality prodotto e condotto tra gli altri da Donald Trump nei primi anni Duemila: il format vedeva alcuni concorrenti lottare per una posizione importante all'interno di un'azienda quale, per esempio, quella del futuro 45° Presidente degli Stati Uniti (l'idea del talent è stata ripresa in Italia dall'amico Briatore perché, si sa, chi si somiglia si piglia).
A pochi mesi dalla sua probabile rielezione a presidente Usa, il regista danese nato in Iran, Ali Abbasi si sente in obbligo di andare alla genesi del personaggio Donald Trump, l'origine della sua scalata economica. Siamo negli anni '70 e l'intento è di costruire anche cinematograficamente quel periodo, ma presto il racconto scivola su un taglio prettamente televisivo, che non è nemmeno il maggior [...] Vai alla recensione »
Raccontare Trump? In Usa si può. Rubando il concept al suo celebre talent, il danese di origine iraniana Ali Abbasi (Holy Spider) ci prova con ammirevole coraggio. The apprentice ricostruisce la fortunata carriera del giovane imprenditore immobiliare (Sebastian Stan), scaltro e senza scrupoli, aiutato nella scalata da un patto faustiano con avvocato faccendiere Roy Cohn (Jeremy Strong) in grado di [...] Vai alla recensione »
«La versione punk rock di un film storico». Così il regista iraniano/danese Ali Abbasi (due anni fa in concorso a Cannes con Holy Spider) descrive l'intento del suo nuovo film, The Apprentice, il romanzo di formazione di Donald Trump, attesissimo qui al festival dove è stato presentato in concorso lunedì. Arrivato a Cannes senza un distributore americano (in Italia il film è della Bim, che anticipa [...] Vai alla recensione »
Il primo dei riferimenti dell'operazione che Ali Abbasi compie sul racconto dell'ascesa di Donald Trump come re dell'industria immobiliare americana è una delle vette demenziali della piattaforma "Funny or Die" di Adam McKay e Will Ferrell, e cioè The Art of the Deal - The Movie, realizzato nel 2018 da Jeremy Konner con Johnny Depp nel ruolo del tycoon, e con la stessa identica idea di messinscena [...] Vai alla recensione »
In principio (non) era Donald Trump. Per capire chi l'ha fatto, tra le altre cose, il 45° presidente degli Stati Uniti, tocca tornare al decennio 1970-1980, allorché venne plasmato a propria immagine e somiglianza dal Faust Roy Cohn, ebreo influente, avvocato di destra e faccendiere politico già al fianco del senatore McCarthy. Fu lui a mandargli a memoria tre regole che ne avrebbero edificato il traballant [...] Vai alla recensione »