La moglie dell'aviatore

Film 1981 | Commedia, 104 min.

Titolo originaleLa femme de l'aviateur
Anno1981
GenereCommedia,
ProduzioneFrancia
Durata104 minuti
Al cinema2 sale cinematografiche
Regia diEric Rohmer
AttoriPhilippe Marlaud, Marie Rivière, Anne Laure Meury, Mathieu Carrière, Philippe Caroit Fabrice Luchini.
Uscitalunedì 30 settembre 2024
DistribuzioneAcademy Two
MYmonetro 3,38 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Eric Rohmer. Un film con Philippe Marlaud, Marie Rivière, Anne Laure Meury, Mathieu Carrière, Philippe Caroit. Cast completo Titolo originale: La femme de l'aviateur. Genere Commedia, - Francia, 1981, durata 104 minuti. Uscita cinema lunedì 30 settembre 2024 distribuito da Academy Two. Oggi tra i film al cinema in 2 sale cinematografiche - MYmonetro 3,38 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 3 luglio 2024

Innamorato di Anne, una ragazza un po' più grande di lui, François è geloso del suo passato e, in particolare, della relazione che lei aveva avuto con un aviatore.

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Consigliato sì!
3,38/5
MYMOVIES 3,75
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
La prima opera del ciclo "Commedie e proverbi", una riflessione sulla comunicazione degli Anni Ottanta.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

François, che ha una relazione con Anne, vede un mattino un uomo che esce con lei dalla sua abitazione. Non sa che si tratta di un aviatore, suo ex, che le ha annunciato che il loro rapporto è definitivamente chiuso. François si ritiene tradito e cerca una spiegazione che Anne rinvia ma incontra casualmente l'uomo con una donna e si mette a pedinare la coppia. Li segue su un autobus dove conosce la quindicenne Lucie alla quale dice di essere un detective incaricato di verificare la fedeltà della donna. Lucie decide di affiancarsi a lui nel pedinamento.
Dopo essersi concesso una pausa con due film di derivazione letteraria (La marchesa Von... e Perceval le gallois) Rohmer affronta un nuovo ciclo di opere che denomina "Commedie e proverbi". È lo stesso regista a delinearle gli orizzonti: "La gente nei miei film non esprime idee astratte, non c'è neppure un'ideologia, se non implicita, ma rivela cosa pensa dei rapporti tra uomini e donne, dell'amicizia, dell'amore, del desiderio, della propria concezione della vita, della felicità, della noia, del lavoro, del tempo libero: tutte cose che sono già state discusse, ma spesso in maniera, indiretta, nel contesto di una trama drammatica".
Ecco allora che seguendo François che si improvvisa detective Rohmer ci propone una sua riflessione sulla comunicazione ad inizio anni Ottanta: non sembra più esserci un aggancio effettivo alla realtà tanto che François viene colto da improvvise sonnolenze che diventano segno esteriore del bisogno di distaccarsi da un reale ormai difficile da decodificare: Perché la 'donna dell'aviatore' potrebbe rivelarsi essere la sorella ma chi garantisce l'autenticità dell'informazione che Christian ha dato ad Anne?
La fotografia scattata dai giapponesi è di scarsa utilità e così il centro focale del film si gioca sui campi lunghi che ci dicono dell'osservazione del neodetective e della sua quindicenne assistente che si destreggia nel tentativo di comprendere chi sono i due e che cosa François vuole da lei e da loro: la stessa Anne finisce con l'essere rappresentata come una donna bella e triste, difficile però da definire. Forse è molto meglio attenersi al completamento del titolo: "On ne saurait penser à rien". Si corrono meno rischi di equivocare.

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Giancarlo Zappoli
giovedì 18 settembre 2003

Prima parte
François, studente di legge, lavora nel turno di notte all'ufficio postale della Gare de l'Est di Parigi. Al termine del lavoro un collega gli comunica di aver trovato qualcuno disposto a effettuare delle riparazioni idrauliche nell'appartamento della sua amica Anne. L'unico giorno disponibile è però il sabato, che lei ha già deciso di dedicare a una visita a sua madre. Bisogna avvisarla per poi poter dare conferma all'amico. Sono le sette del mattino e François decide di raggiungere l'appartamento di Anne per lasciarle un biglietto sulla porta. Purtroppo però la penna non scrive e il ragazzo esce per andare ad acquistarne una nuova. Nel frattempo sopraggiunge Christian, un pilota che è stato amante di Anne, che le fa scivolare un messaggio sotto la porta. La ragazza si sveglia e, letto il biglietto, chiama l'uomo invitandolo a entrare. Anne pensa a un suo ritorno da lei, invece l'uomo intende annunciarle la conclusione definitiva del loro rapporto: ama sua moglie, attende un figlio da lei ed entrambi verranno a vivere a Parigi. Anne è colpita da questa notizia che accoglie con apparente freddezza, rivelando di avere ormai una
nuova relazione. I due escono insieme dal portone proprio mentre François sta facendo ritorno. Ovviamente pensa di essere stato tradito e qualche ora più tardi, nonostante gli sia stato espressamente proibito, chiama la ragazza in ufficio. Anne si nega, ma non può evitare di vederlo comparire al ristorante in cui sta pranzando velocemente con una collega prima di recarsi dal parrucchiere. François vuole parlarle e cerca di farlo lungo la strada, ma Anne rinvia tutto al lunedì successivo. Accetta comunque che il ragazzo sovrintenda ai lavori di riparazione.
Raggiunto l'amico per la conferma, François si ferma in un caffè e vede a un tavolino Christian, dapprima solo e poi in compagnia di una donna bionda. Considerato che Anne gli ha detto che l'uomo avrebbe dovuto lasciare Parigi nel pomeriggio, François si incuriosisce e prende a seguire la coppia. Sale su un autobus con loro e qui si trova davanti una giovane studentessa. I due scendono alla stessa fermata (parco Buttes-Chaumont) della coppia e iniziano a chiacchierare. La ragazza, una quindicenne di nome Lucie, comprende subito che il ragazzo che sembrava interessato a lei in realtà si occupa d'altro. François deve allora farsi passare per un detective incaricato di controllare la fedeltà della donna. I due sviluppano diverse ipotesi mentre controllano a distanza la coppia. Lucie, molto presa dal gioco, si fa fotografare con la Polaroid da una coppia di giapponesi tentando di far entrare nell'inquadratura anche i due "pedinati". L'operazione non ha esito ma François e Lucie non demordono.
Ora la coppia raggiunge un palazzo. Che sia il loro pied-à-terre parigino? Le indagini presso la portinaia portano a un'altra deduzione: i due si sono recati da un avvocato per divorziare considerando anche i musi lunghi che contraddistinguevano sia l'uomo che la donna. François e Lucie siedono ora in un caffè in attesa della loro uscita. Il tempo passa e Lucie ha un appuntamento. Se ne va, ma prima lascia a François il suo indirizzo: vuole sapere come si è risolta la vicenda. Poco dopo Christian e la donna escono e prendono un taxi.
Anne ha intanto concluso la sua giornata di lavoro ed è tornata a casa prima di uscire a cena con un amico. Sopraggiunge François che viene fatto entrare di malavoglia. Le incomprensioni sono numerose: François lamenta di non poterla vedere mai e si dichiara pronto a cambiare anche turno di lavoro. Anne rivendica la propria indipendenza e afferma di aver già fatto l'esperienza di una lunga convivenza con un uomo e di non volerla ripetere. Decide però di raccontargli che cos'è veramente accaduto al mattino con l'aviatore. Gli mostra anche una foto in cui l'uomo è ritratto con la moglie e la sorella. Se le indicazioni sono giuste, quest'ultima è la donna che si è recata con lui dall'avvocato. In effetti i due avevano problemi di carattere legale. È ora che François si rechi al lavoro ma prima passa dalla casa di Lucie per lasciarle il messaggio promesso scritto su una cartolina. Proprio mentre sta per raggiungere il portone di casa della ragazza, François si accorge che lei sta abbracciando proprio un suo collega alle Poste. Sta per buttare via la cartolina ma poi ci ripensa: acquista un francobollo e la imbuca. Mentre François si allontana tra la folla della Gare de l'Est si sente una canzone i cui versi dicono:«Paris m'a séduit (..) Point perdu dans la masse immense, je ne compte pas plus qu'un pavé de la rue...».
La femme de l'aviateur ou On ne saurait penser à rien è un film in cui Rohmer rivisita il proprio cinema degli esordi per verificarne la bontà e, al contempo, per poter guardare avanti ed è, inoltre, un saggio per immagini su uno dei temi fondamentali che attraverseranno gli anni Ottanta: la comunicazione.
«Volevo dare il via a questa serie così come avevo inaugurato i "Racconti" con La fornaia di Monceau» («Cahiers du cinéma», n. 323-324). Cioè con un film di budget equivalente a quello della metà di un film televisivo, ma con un tempo di lavorazione doppio, e con un formato, il 16 mm, analogo a quello delle origini. «Utilizzando il 16 mm volevo eliminare alcuni difetti del 35 mm. La fotografia del 35 mm è una fotografia troppo precisa, che manca di quella sorta di charme che c'era nella fotografia degli inizi del colore. Ha un contrasto troppo forte, mostra troppi dettagli. Questa specie di iperrealismo finisce con l'uccidere la realtà» (Documento Unifrance Film, marzo 1981). È la scelta stessa di un riferimento al teatro che sembra imporgli, in modo paradossale, un cinema meno statico, meno "seduto", ad esempio, di Il ginocchio di Claire. Il 16 mm offre questa "libertà" da costrizioni e Rohmer vi fa periodicamente ma amorevolmente ritorno. Può permettersi riprese in cui le stesse comparse possono quasi non accorgersi della presenza della macchina da presa, come spesso accade per i passanti inseriti a loro insaputa nell'inquadratura. Rohmer, come Lucie, tenta di far entrare nel quadro la vita che si sviluppa, inconsapevole di un occhio pronto a catturarla e riprodurla.

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Giancarlo Zappoli
giovedì 18 settembre 2003

Seconda parte
Al contempo, però, Rohmer torna al proprio passato sul piano dei luoghi e su quello della narrazione. Il parco di Buttes-Chaumont era già stato visitato in Nadja à Paris del 1964 e proprio La fornaia fornisce l'occasione di un raffronto a distanza. È ancora uno studente di legge a ricoprire il ruolo di protagonista maschile, anche se a ritmare il tempo dell'esistenza di François non sono le soste al forno ma i turni all'ufficio postale. Entrambi sono impacciati; entrambi affermano di non essere capaci di abbordare («Non sono un tipo che abborda le ragazze per strada» dice François a Lucie); entrambi incontrano un esponente dell'altro sesso mentre sembrano essere interamente assorbiti da una diversa ossessione. Le loro somiglianze si mutano però subito in profonde differenze. La città da attraversare li vede impegnati in percorsi metodologicamente differenti. Casuali, a traino, quelli di François (che quando hanno una meta fissa, sia essa l'appartamento di Anne o la casa di Lucie, sono destinati al fallimento). Ripetitivi e sistematici quelli del narratore di La fornaia. Se le strategie di quest'ultimo sono sostenute dalla supponenza e da un esplicito disprezzo, François è letteralmente costretto a correre dietro a un'Anne recisa-mente determinata a difendere una propria privacy assolutamente impermeabile all'ingresso di un estraneo ma le cui fondamenta risultano spesso oscure a lei stessa. È poi la simmetria stessa di La femme che ci indica la profonda diversità di lettura. Un riquadro luminoso nello schermo buio ci mostra uomini impegnati in un lavoro manuale (siamo all'ufficio postale della Gare de l'Est) e, nel finale, François si perde tra la folla della stazione mentre la voce di Arielle Dombasle canta «Punto perduto nella massa immensa, non conto più di un cubetto di selciato». Il "piacere" di perdersi tra la folla enunciato da Frédéric è del tutto scomparso. C'è l'anonimato, neppure consapevole, in quanto enunciato dall'unica voce off del film: la cantante. Questo mondo, questa società, questa stessa città sembrano piacere sempre meno a Rohmer che però non rinuncia all'analisi.
È sul piano della comunicazione e delle sue distorsioni che Rohmer affonda il bisturi della sua critica. Non c'è, neppure questa volta, bisogno di mostrare televisori e i computer stanno ancora sulla soglia del quotidiano (nell'ufficio di Anne siamo a caccia di cartelle lasciate in disordine), ma i segni di un mutamento epocale sono nell'aria e il regista li coglie. Non è un caso che tutto si sviluppi sul piano del "contatto" o del suo fallimento. François è un manovale della comunicazione che sta tramontando. Il mezzo postale è destinato a essere soppiantato e, in parte, io è già stato. Può solamente servire da schermo protettivo per chi non vuole essere raggiunto (Lucie gli dà il proprio indirizzo perché i suoi non vogliono che comunichi il numero di telefono), anche se chi ha il telefono può organizzare barriere protettive piuttosto efficaci (vedi Anne con la collega). È la scrittura, il lasciare segni (che possono essere conservati o distrutti ma che restano comunque tali), che parte sconfitta in questo film. François cerca di scrivere un messaggio ma la penna non funziona ed è costretto ad andare a cercarne un'altra. Le cose 5cm-brerebbero andar meglio per Christian ma quello che il pilota vorrebbe fare non è creare un contatto quanto piuttosto utilizzare la barriera della scrittura per evitare un confronto diretto. Usa una stilografica funzionante ma il risultato non è comunque quello sperato: il rumore prodotto dal foglio che passa sotto la porta sveglia Anne. Alla fine del film la cartolina contenente l'esito dell'indagine marca nuovamente il senso della distanza. François è pronto ad aprire un ponte di comunicazione con Lucie, ma il mezzo, questa volta, non è il messaggio bensì l'ostacolo. Mentre sta per imbucarla direttamente nel portone della ragazza, il giovane la vede mentre sta salutando affettuosamente proprio un suo collega. Non è più possibile lasciare semplicemente la cartolina come previsto. È necessario frapporvi la barriera istituzionale del francobollo. Può darsi che quella stessa cartolina si ritrovi a passare (considerata la vicinanza tra la stazione e l'abitazione della ragazza) proprio tra le mani dell'addetto alle poste François, che avrà così un'ulteriore occasione per deciderne l'inoltro. Si è comunque marcata una distanza ulteriore tra personaggi che sembrano non potere essere vicini. «Amami da lontano», dice all'inizio del film Anne a Christian dopo che il dissonante rumore del lavandino ha comunque segnato i sottotoni dello stentato dialogo. Si tratta delle stesse dissonanze a cui François vorrebbe porre rimedio con l'intervento dell'amico, mentre non è in grado di dare una sistemazione a quelle che intercorrono tra lui e Anne che, mentre lo presenta come qualcuno che «amo e mi ama», cerca di tenerlo il più possibile lontano dal suo mondo e dal suo letto. Salvo poi tenervelo ancorato, in un efficace piano sequenza, per buttargli addosso le proprie contraddizioni.
Se comunicare è ormai sempre più difficile (e il gioco di parole di Lucie sul "guardare" e "riguardare" ne costituisce un'ulteriore testimonianza) nulla ormai garantisce più un minimo di aggancio al reale. Se la collega di Anne diviene la rappresentante del classico "buon senso comune" (ma non la vediamo alla prova dei fatti), i black out di François (con le sonnolenze che lo colpiscono all'improvviso) divengono segno esteriore dell'esigenza di staccare da una realtà ormai sempre meno controllabile. A che cosa può pensare quindi il protagonista (che si trova nel guado tra la quindicenne Lucie e la venticinquenne Anne)? A niente appunto. Perché forse il niente è l'unico modo per proteggersi da una realtà indecifrabile, in cui la "donna dell'aviatore" potrebbe effettivamente rivelarsi come la sorella (facendo così crollare tutto il castello di supposizioni costruito da François con la vivace collaborazione di Lucie); ma chi garantisce Anne sull'oggettività dell'informazione ricevuta da Christian in relazione all'identificazione delle due donne? Se la fotografia dei giapponesi che ha conservato nell'inquadratura solo un dettaglio della capigliatura della donna non serve a nulla, altrettanto inutile è quella in possesso di Anne. Il centro focale del film viene così a giocarsi su quei campi lunghi che determinano l'osservazione/pedinamento dell'improvvisato detective e della sua neoassistente già in grado di destreggiarsi tra gli scogli di una molteplicità di ricerche (capire cosa e chi sono i duel comprendere chi èl cosa vuole da lei e da loro François) mostrandosi già capace di evitare le secche dell'imbarazzo grazie a un (quasi) perfetto controllo della dissimulazione. Alternativamente sullo sfondo o in primo piano, Anne emerge come una fotografia di una donna bella ma dall'aspetto triste di cui è impossibile fissare un ritratto definitivo. Intanto famiglie o individui si inseriscono temporaneamente nel film, camminando, correndo, conversando. Forse anche loro hanno in tasca o cercano un'immagine impossibile: un'immagine che li aiuti a congelare un'identità sempre più difficile da definire.

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Stefano Lo Verme

François è un ragazzo di vent'anni che studia legge e di notte lavora in un ufficio postale di Parigi. Una mattina, mentre si sta recando dalla fidanzata Anne, il giovane la vede uscire di casa insieme a Christian, un pilota che in passato era stato l'amante della donna. Sospettando che Anne lo tradisca, François cerca di parlare con la sua fidanzata, ma inutilmente; più tardi, però, rivede Christian e comincia a pedinarlo...
La moglie dell'aviatore è il film che apre il secondo ciclo nella produzione del regista Eric Rohmer, quello della serie intitolata Commedie e proverbi. Prodotto a basso costo, con un cast di attori poco noti, e girato in 16 mm, La moglie dell'aviatore recupera alcuni elementi del cortometraggio La fornaia di Monceau (1962), che a sua volta era il primo capitolo del ciclo dei Racconti morali; anche in questo caso il protagonista maschile è uno studente di legge, François (Phillippe Marlaud), un ragazzo ingenuo e un po' impacciato alle prese con una catena di equivoci sentimentali. A costituire lo spunto narrativo della pellicola è il proverbio "Non si può pensare a niente", che rovescia il titolo di una commedia di Alfred de Musset (Non si può pensare a tutto).
La trama del film è sviluppata nell'arco di un'unica giornata (dalla mattina alla sera), durante la quale seguiamo le vicissitudini del protagonista fra le vie di Parigi. A differenza di quanto accadeva nei Racconti morali, qui i personaggi di Rohmer sembrano aver perso ogni certezza: l'intera pellicola, infatti, è costruita come una sorta di "indagine" messa in atto da François per scoprire la verità a proposito della fidanzata Anne (Marie Rivière), la quale a sua volta non sa quello che vuole e non riesce a fare chiarezza nei propri sentimenti. E così, per tutta la durata del film assistiamo ad una catena di equivoci, di dubbi irrisolti, di domande senza risposta, sintomo dell'incapacità dell'individuo di comprendere e controllare la realtà che lo circonda. Il titolo stesso, La femme de l'aviateur, si richiama ad una donna-fantasma che non compare mai di persona sullo schermo, e sulla cui identità François commette un clamoroso errore svelato per caso solo in prossimità dell'epilogo.
L'altro tema basilare del film è la comunicazione, o meglio il suo carattere inevitabilmente fallace. Che sia orale o scritta, la comunicazione fra i vari personaggi è destinata comunque a non funzionare, a fallire; in ogni occasione c'è sempre qualcosa che si inceppa (una penna che non scrive, un biglietto che fa rumore, una telefonata rifiutata). Perfino il bizzarro pedinamento compiuto da François e Lucie (Anne-Laure Meury), una vivace quindicenne incontrata nel parco delle Buttes-Chaumont, si risolverà in un grosso buco nell'acqua, quasi a voler sottolineare il senso di sconfitta del protagonista. Dietro al tono apparentemente leggero ed ironico della narrazione si cela dunque un sottofondo amaro che riemerge nella malinconica scena finale, con François che, dopo aver imbucato la propria cartolina, sparisce nella folla sulle note della canzone Paris m'a séduit.

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Recensione di Stefano Lo Verme

Innamorato di Anne, una ragazza un po' più grande di lui, François è geloso del suo passato e, in particolare, della relazione che lei aveva avuto con un aviatore. Anne, che non tollera controlli e sospetti, gli lascia credere che quella storia d'amore non sia mai finita, dando il via a una serie di equivoci. Primo film della serie Commedie e proverbi, interpretato dalla bravissima Marie Rivière.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
lunedì 20 dicembre 2010
fedeleto

Il cinema e' sempre stato lo specchio della vita,ma soprattutto delle emozioni e sensazioni che accompagnano il cammino della medesima.Rohmer e' uno dei pochi registi che riesce a esprimere il disagio,l'illusione,e il malinteso.Quest'ultimo e' un tema dominante nel film LA MOGLIE DELL'AVIATORE.La storia racconta le vicissitudini di francois,innamorato di una donna piu' [...] Vai alla recensione »

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