Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 136 minuti |
Al cinema | 454 sale cinematografiche |
Regia di | Paolo Sorrentino |
Attori | Celeste Dalla Porta, Stefania Sandrelli, Gary Oldman, Silvio Orlando, Luisa Ranieri Peppe Lanzetta, Isabella Ferrari, Giampiero De Concilio, Silvia Degrandi, Alfonso Santagata, Lorenzo Gleijeses, Dario Aita, Alessandro Cucca, Brando Improta, Paola Calliari, Biagio Izzo, Nello Mascia, Daniele Rienzo. |
Uscita | giovedì 24 ottobre 2024 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | PiperFilm |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,96 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 1 ottobre 2024
A circa due anni da È stata la mano di Dio , Paolo Sorrentino torna a Napoli per raccontare la vita di una donna di nome Partenope. In Italia al Box Office Parthenope ha incassato 74 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Parthenope è una incantevole giovane donna nata dalle acque che seduce ogni uomo che incontra, persino il fratello Armando, suo primo e indimenticabile amore. Parthenope è anche la sirena al centro del mito fondante della città di Napoli che, come scriveva Matilde Serao nelle Leggende napoletane, "vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni, e corre ancora sui poggi, erra sulla spiaggia, si affaccia al vulcano, si smarrisce nelle vallate". E la protagonista di Parthenope di Paolo Sorrentino fa esattamente questo, perdendosi continuamente e attirando a sé scrittori omosessuali, docenti universitari, prelati addetti ai miracoli e boss della camorra. Ma il più devoto resta Sandrino (col diminutivo che Sorrentino affida ai suoi alter ego), amico fin dalla perfetta estate in cui lui e la sua sirena, e Armando con loro, "sono stati bellissimi e infelici".
Come può raccontare Napoli un suo figlio che l'ha lasciata alle spalle tanto tempo fa e che ora, all'avvicinarsi dell'età matura, acutamente la rimpiange, amandola e detestandola nello stesso respiro?
Parthenope prosegue il viaggio a ritroso di Paolo Sorrentino verso la sua città natale lasciato in sospeso con È stata la mano di Dio, quando Fabietto percorreva su un treno il tragitto che l'avrebbe ricollocato a Roma, abbandonando quella città che è sì "na' carta sporca", ma non è vero che "nisciuno se ne importa", perché al regista importa assai della sua Napoli bella e perduta.
"Come è enorme la vita, ci si perde dappertutto", recita la citazione di Céline che apre i film, e che dà la misura dello smarrimento di Sorrentino in cui è dolce, e allo stesso tempo doloroso, naufragare. E il regista affida alla sua protagonista quello struggimento che si esprime al meglio proprio attraverso le canzoni, dalla straziante "Era gia tutto previsto" di Riccardo Cocciante, che sottolinea la qualità inesauribilmente prevedibile di una città fatta per strapparti il cuore, a "Che cosa c'è" di Gino Paoli e Ornella Vanoni, che evoca l'inspiegabilità (e inevitabilità) di ogni innamoramento, e soprattutto al "suono suonante che non riesci mai ad inscatolare" che è la musica di Enzo Avitabile.
Parthenope peregrina attraverso le mille facce di Napoli, con quella seduttività naturale che porta scompiglio e confusione, malattia (il colera degli anni Settanta) e risanamento, e che scioglie il sangue "int'e vene" come nell'ampolla di San Gennaro. L'autrice della fotografia è ancora una volta la pirotecnica Daria D'Antonio, la più appropriata per raccontare un eterno femminino multiforme, e il montatore Cristiano Travaglioli fa fluire ogni incarnazione di Parthenope in quella successiva.
Dal 1950 ad oggi la sua Parthenope ha sempre la risposta pronta ma non è in grado di porsi le giuste domande, non sa niente ma le piace tutto, è affamata di conoscenza e assetata di libertà. Sorrentino accarezza il suo corpo pagano come la plasticità di ogni superficie a lui cara: l'acqua, la pietra, la luce azzurra dei panieri calati dalle finestre. Cammina "a braccetto con l'orrore", creando rituali grotteschi che come sempre devono molto a Fellini: e se La grande bellezza richiamava La dolce vita, Parthenope è un Amarcord pieno di rimpianti verso quella città confusa fra "l'irrilevante e il decisivo", ma attraversata da una dea che "non si vergogna mai" e che passa senza soluzione di continuità (possibilmente in piano sequenza) dai vicoli di Napoli alle spiagge di Posillipo, mescolando alto e basso, miseria e nobiltà.
Le maschere che punteggiano questo paesaggio scostumato sono quelle di un professore (il sempre più bravo Silvio Orlando) con un figlio fatto di "acqua e sale", di una diva che insegna recitazione (la sempre più brava Luisa Ranieri), del vescovo Peppe Lanzetta e del John Cheever di Gary Oldman. Parthenope è la mirabile Celeste Dalla Porta, ma "conosceremo bene" il suo personaggio solo quando sarà un'altra diva a prenderne le sembianze.
Come già in Youth, Sorrentino riflette sull'età che avanza paragonata ad una giovinezza perfetta, su ciò che non gli sarà mai dato di comprendere ma anche sulla capacità di vedere come "l'ultima cosa che si impara quando è venuto a mancare tutto il resto". E Parthenope è intriso in dosi uguali di malinconia e di scontento: ma "a Napoli c'è sempre posto per tutto", anche per l'incapacità di fare pace col passato e di imparare dai propri errori: vale per le città come per gli esseri umani.
La vita di Partenope, che si chiama come la sua città, ma non è né una sirena, né un mito. Dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Dentro di lei, tutto il lunghissimo repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.
Non è un film, i film sono un insieme di scene in movimento, qui ogni scena sta. Tutto resta fermo, immobile nella sua stessa trama. È un dipinto, una gouache, che come tale racconta Napoli. Un tributo devoto di una visione propria, non per forza coerente con la realtà. Napoli è ciò che si immagina possa essere Napoli.
Purtroppo questo è il peggior Sorrentino. Scene già viste, dialoghi già sentiti (tanto che oramai sono gli stessi protagonisti a dire "parli per frasi fatte"), sceneggiatura inesistente, autocompiacimento e male gaze. Un film che non emoziona, non coinvolge, anzi lascia indifferenti. E la città di Napoli, invece di essere omaggiata, viene raffigurata per luoghi [...] Vai alla recensione »
Il film mi è risultato noioso, con dialoghi banali, superficiali ed essenzialmente vuoti. Il film ti cattura l'attenzione, ma nulla di più. Non ti lascia profondità di riflessione. Gratta la superficie ed è un mero susseguirsi di scelleratezza e superficialità. La scena del miracolo di San Gennaro è l'apice della dissacrazione e sa solo di eccesso insulso [...] Vai alla recensione »
«Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose ci si può spingere a cercare quello che c'è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile» (Italo Calvino, Palomar). Il cinema di Paolo Sorrentino è basato sul distrarsi, sul perdersi nella superficie, sul non trovare (non subito) il punto. Sul non concentrarsi sulla cosa giusta, sul riordinare la gerarchia del mondo secondo una logica propria, [...] Vai alla recensione »
Parthenope nasce dal mare di Napoli per essere guardata. O l'oggetto del desiderio scopico prima di tutto del padre, poi degli amici, del fratello, di un mafioso, del vescovo che officia il miracolo di san Gennaro, del suo professore di antropologia, di una specie di Achille Lauro e dell'avvocato Agnelli ma anche di una diva in disfacimento. Troppo facile dire che è La grande bellezza di Napoli, o [...] Vai alla recensione »
Parthenope è una sirena nel mito della fondazione della città di Napoli, che nasce dalle onde e dalla schiuma del mare, metà donna, metà dea. Per il napoletano Paolo Sorrentino che partecipa con il suo nuovo film Parthenope, unico lungometraggio italiano alla corsa per la Palma d'Oro, l'incarnazione di Napoli, se fosse donna e fosse nata nel 1968, prenderebbe la figura e le misure della Venere del [...] Vai alla recensione »
C'è l'odore degli amori morti e una città «dove è impossibile essere felici». E una ragazza, «bella e indimenticabile» (come chi la interpreta, Celeste Dalla Porta, esordiente, nipote del fotografomito Ugo Mulas, un'assoluta scoperta), che vorrebbe avere sempre la risposta pronta e, come la sua Napoli, non si vergogna di niente. E poi sì, c'è lei, come sempre: la vita.
Napoli, 1950. La macchina da presa vola sul mare, seguendo l'arrivo a Posillipo di una chiatta che trasporta una carrozza regale, dono del Comandante - un armatore disegnato sulla figura di Achille Lauro, sindaco di Napoli populista e ambiguo nella metà degli anni Cinquanta - a un suo amico-collaboratore in procinto di avere una figlia. La carrozza sarà il letto da fiaba di quella bambina destinata [...] Vai alla recensione »
Le mutazioni e i misteri di Napoli nel corso di 70 anni, per rifondarne l'immaginario con composizioni ricercate Cate Blanchett con la combinazione di colori del suo vestito firmato Jean-Paul Gaultier ha portato sul tappeto rosso la bandiera palestinese, mentre sugli schermi della Quinzaine des Cinéastes prima che inizi la proiezione appare: «Sous les écrans la dèche» in sostegno alla lotta dei lavoratori [...] Vai alla recensione »
"Sono stata triste e frivola, determinata e svogliata. Come Napoli". Parthenope (Celeste Dalla Porta, di una bellezza disarmante) nasce nelle acque di Napoli nel 1950. Parthenope è Napoli. "Le giovinezze hanno questo in comune: la brevità": Paolo Sorrentino (per forza di cose pensando anche a Ferito a morte di Raffaele La Capria) firma la sua ode definitiva, incantevole e lancinante, lirica e terragna, [...] Vai alla recensione »
Il sole, il mare, le lacrime. È una creatura mitologica Parthenope. Nasce in mare nel 1950, e da lì riemerge nel 1968. Lo stesso mare che è il continuo sfondo nella sua vita, lo stesso che la accompagna nei suoi desideri o assiste impotente a un atroce dolore familiare che ha segnato per sempre la sua vita. Parthenope ha il volto di Celeste Della Porta.
È eccessivo, barocco, rutilante, bulimico, impastato dell'oro di Napoli e dell'azzurro del Napoli, affamato di De Sica (Il funeralino), di Sofia (chissà, non si chiama così, ma forse le assomiglia, con gli occhiali da sole, la parrucca e gli enormi smeraldi), del miracolo del sangue di San Gennaro, degli anfratti dove siedono le puttane e dei bassi delle famiglie più disperate, delle case antiche sul [...] Vai alla recensione »
"Ai personaggi femminili non so cosa fargli dire", si lamentava Michele Apicella/Nanni Moretti in Sogni d'oro, il film con cui il regista romano cercava di affrontare la crisi d'ispirazione dopo l'inatteso successo dell'esordio Io sono un autarchico e dell'opera seconda Ecce Bombo. Non ha mai attraversato una simile crisi, Paolo Sorrentino, o almeno non l'ha mai dichiarato apertamente (forse ai tempi [...] Vai alla recensione »
Aperto e chiuso da inevitabili rimandi felliniani (la prima carrozza che esce dalla nebbia, il carro luminoso nella notte dei tifosi in festa che ricorda il Rex di "Amarcord"), giocato sull'estremizzazione estetica del ralenti, impreziosito da atmosfere esistenziali, caricato da allusioni e rimandi sessuali non sempre eleganti (lo scioglimento del sangue grazie all'amplesso del cardinale, il coito [...] Vai alla recensione »