Anno | 2021 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 130 minuti |
Regia di | Paolo Sorrentino |
Attori | Toni Servillo, Filippo Scotti, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert, Luisa Ranieri Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo, Betti Pedrazzi, Biagio Manna, Ciro Capano. |
Uscita | mercoledì 24 novembre 2021 |
Tag | Da vedere 2021 |
Distribuzione | Lucky Red |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,82 su 38 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 dicembre 2021
La storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, 12 candidature e vinto 5 Nastri d'Argento, 15 candidature e vinto 5 David di Donatello, Il film è stato premiato al Festival di Venezia, 1 candidatura a Golden Globes, 2 candidature a BAFTA, 3 candidature agli European Film Awards, 1 candidatura a Satellite Awards, 1 candidatura a Critics Choice Award, 1 candidatura a Goya, In Italia al Box Office È stata la mano di Dio ha incassato 27,5 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Fabio è uno dei tre figli di Saverio e Maria, coppia della buona borghesia napoletana, circondata da vicini, parenti e amici che condividono allegria e problemi famigliari. Adolescente incerto sul futuro dopo un diploma di maturità classica ancora da conquistare, Fabio è intimidito dalle donne e innamorato della zia Patrizia, di grande sensualità e di inquietanti allucinazioni. Intorno a lui ruota un caleidoscopio domestico fatto di scherzi materni e stoccate paterne, di un fratello che sogna il cinema e una sorella che vive chiusa in bagno, più i tanti personaggi che costituiscono un teatro partenopeo da far invidia ad Eduardo. Ma questo universo protettivo ed esilarante è destinato a scomparire all'improvviso, creando un vuoto che, forse, potrà essere anche fonte di una nuova libertà creativa.
"Alla fine torni sempre a te e a questa città", dice il regista Antonio Capuano a Fabio, alter ego cinematografico di Paolo Sorrentino, che con È stata la mano di Dio ripercorre la propria storia famigliare e fornisce il racconto della formazione che l'ha portato a trasferirsi a Roma per diventare regista. Ma Napoli se l'è portata dentro, e solo oggi affronta di petto il suo rapporto con la città, nonché la tragedia della perdita dei genitori ad un'età ancora incerta.
Per la prima metà del racconto È stata la mano di Dio è la ricostruzione pirotecnica di una napoletanità privilegiata e gaudente che si esprime attraverso il gioco (anche delle parti), in un Amarcord che cita Federico Fellini ma anche Sergio Leone e Roberto Rossellini, componendo il pantheon ideale della genesi artistica ed emotiva di Sorrentino autore. Nella seconda metà il regista spegne i fuochi d'artificio e lascia posto all'assenza, depura il suo cinema di ogni ingombro estetizzante per spogliarsi nudo davanti alla realtà della solitudine improvvisa, a tu per tu con quel mondo "deludente" per cui l'unico antidoto è l'immaginazione.
Sorrentino torna a bagnare i panni in quel mare che "non bagna Napoli" per ripescarvi le origini della sua vocazione e rendere omaggio a chi, prima ancora dei Maestri, ha arricchito il suo mondo interiore: un padre istrionico, una madre giocoliera, una zia alienata e provocante, uno zio in grado di interpretare come "la mano di Dio" l'intervento di quel Diego Armando Maradona capace di "atti politici", come il celebre goal di mano contro l'Inghilterra, e di miracoli quotidiani, come quello di chiamare a sé - "in curva B, naturalmente" - il giovane Fabio, sottraendolo al destino tragico dei suoi genitori.
I virtuosismi registici sorrentiniani, che cominciano con il piano sequenza iniziale ripreso da altezze divine, lasciano il posto alla pochezza dell'esistenza minima di chi ha perso il Paradiso e cercherà di ricostruirlo attraverso la finzione dei set.
La fotografia di Daria D'Antonio, tanto "ingegnosa" da sintonizzarsi sulla temperatura emotiva di un regista che racconta la sua storia più intima, cattura la luce con un'empatia finora poco esplorata dal cinema di Sorrentino. Le scenografie di Carmine Guarino e i costumi di Mariano Tufano ricreano una Napoli anni Ottanta ricca di sogni e simboli borghesi in modo mai parodistico, e un cast di prim'attori popola la città partenopea usando corpo, dialetto e anima. Su tutti spiccano Teresa Saponangelo nel ruolo sfaccettato della madre di Fabio e la monumentale Betti Pedrazzi in quello della baronessa Focale.
Si ride, tanto, in questa storia di discendenti del Regno di Napoli, insieme a questa galleria di personaggi a volte grotteschi ma mai meno che umani. E Maradona è il nume tutelare ricorrente che manda segni da lontano, che fa ballare sui balconi un'intera città, che salva la vita e l'onore, che riesce a non essere mai deludente, almeno in quegli anni lontani. È stata la mano di Dio non è "consolatorio" ma prova a ricomporre le parti "disunite" di un regista che voleva fare il filosofo e invece si è trovato a raccontare, ancora e ancora, il rimpianto.
Come volevasi dimostrare. L'ideale viaggio autobiografico di Sorrentino è come al solito un saccheggio autoreferenziale. Si apre con Fellini (il traffico di Otto e 1/2, qui del tutto ingiustificato), si continua con Fellini (un arido pranzo di nozze, tutto il contrario del vitale finale di Amarcord) e si finisce con Fellini (i Vitelloni, Moraldo che lascia Rimini).
Sorrentino offre un omaggio alla sua città in un film autobiografico. E’ la Napoli degli anni ’80, quando arriva Maradona a muovere l’entusiasmo dei napoletani e a trascinarli in un riscatto che va oltre i confini del calcio. Il protagonista Fabietto guida lo spettatore tra i componenti della sua amata e particolare famiglia, e tra altri personaggi pittoreschi della Napoli [...] Vai alla recensione »
Non desta meraviglia il grosso enorme lampadario sul pavimento dell’arcaico salone surreale del palazzone fatiscente al centro di napoli mentre il sedicente sangennaro decaro tocca e qui dovremmo sorprenderci il sedere della ziaranieri malata di nervi sogno proibito dell’imberbe alter ego del regista e non stupisce tanto meno scandalizza la sequenza pseudo erotica horror con la nave [...] Vai alla recensione »
È Stata la Mano di Dio è un’autobiografia (in parte) immaginaria. Ovviamente, il riferimento calcistico del titolo è solo un pretesto per inquadrare con un’immagine di grande forza evocativa tanto un punto di svolta del film (e nella vita dell’autore) quanto l’essenza di una città antropologicamente altra.
“È stata la mano di Dio” è un romanzo di formazione, uno spaccato di vita che ci racconta da dove arrivano le suggestioni, le visioni, l’immaginario di un autore. Perché quando un autore racconta davvero, racconta sempre un po’ anche di sé e per sé, in un gesto che vuol essere catartico, necessario, ma anche generoso e artificiosamente sincero. [...] Vai alla recensione »
"Gli dei sono stati buoni, l'amore è stato bello e il dolore, il dolore è arrivato a vagonate". Con questa consapevolezza, firmata Bukowsky, Sorrentino ci consegna il suo nuovo film autobiografico. A 50 anni, dopo 20 dall'esordio con "L'uomo in più", uno dei suoi film più belli e sinceri, il regista torna a Napoli, nel [...] Vai alla recensione »
E' STATA LA MANO DI DIO (2021) Regia: Paolo Sorrentino Italia - Biografico/Commedia/Drammatico Cast: Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo Nuovo lavoro del maestro, nuove aspettative, nuovi giudizi frutto di un pubblico oramai sempre più esigente nei confronti dell'acclamato regista. [...] Vai alla recensione »
Napoli. Metà anni 80. In una città che spera nell’arrivo di Maradona, l’adolescente Fabio, ragazzo introverso e solitario, vive una vita tutto sommato felice circondato da una famiglia numerosa dove spiccano figure eccentriche, delle vere caricature. In questo contesto apparentemente spensierato gli eventi portano il ragazzo a diventare improvvisamente uomo.
Fabietto è un ragazzo schivo e introverso nella Napoli degli anni ’80. Il contesto in cui vive è vitale, verace e colorato ed è caratterizzato da una famiglia allargata e numerosa che comprende zii, cugini e vicini di casa. Il papà di Fabietto è un impiegato di banca sempre di buon umore e con la battuta pronta e qualche scheletro nell’armadio.
Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto. La sua personalità emerge meglio oggi con questo film in cui racconta il suo dramma familiare. [...] Vai alla recensione »
E' stata la mano di dio, un dio qualsiasi, pagano, più utile alla nostra vita e alla nostra memoria di paese italiano, a regalarci un regista come Sorrentino, gli sia dolce il prossimo Oscar al miglior film internazionale che confermerebbe il suo precedente e tutti gli altri premi già raccolti in una vita ancor giovane di 50enne.
Sorrentino ci catapulta nel suo "gioco" onirico, fin dalle prime immagini. La narrazione, così come la fotografia e la scenografica tornano agli albori de "L'UOMO IN PIÙ", la sua prima pellicola. Senza sofismi (eccetto l'incontro "surreale" con San Gennaro, compresa la sua abitazione), cui eravamo abituati nei film precedenti, rendendo nell'insieme un'estetica semplice.
Com’è che, dopo aver visto un film con un nucleo drammatico, si esce dal cinema con il sorriso, quello stesso sorriso che si stampa sul volto di Fabio, mentre viaggia in treno verso Roma, lasciandosi Napoli alle spalle, ma solo fisicamente? Il miracolo avviene forse per la stessa ragione per cui un racconto autobiografico riesce a evitare egocentrismi, ma racconta un’esperienza luttuosa – improvvisa [...] Vai alla recensione »
Per un uomo di 50 anni, napoletano, orfano di padre, il film è un colpo al cuore. I ricordi di quel periodo, la vita vissuta e gli stati d'animo del protagonista li ho pure io (già in Young Pope si trattava il tema dell'essere orfani). Il film è comunque e' crudo e poetico allo stesso tempo direi struggente in alcuni passaggi.
“È stata la mano di Dio” è un film di formazione con una forte matrice autobiografica.Nonostante la filmografia di Sorrentino sia costellata da momenti intimi, questa è indubbiamente la sua opera più personale ed allo stesso tempo equilibrata.Il film è permeato dalla presenza costante dei suoi due punti di riferimento, due figure connotate da un’aurea divina: Maradona e Fellini.
“E’ stata la mano di Dio” è un signor film, molto bello, leggero senza mai essere superficiale, profondo senza mai diventare pesante. E’ un film che narra vicende personali, autobiografiche, eppure non c’è un solo istante in cui non lo senti come anche tuo, che ti appartiene, perché è raccontato con sincerità, toccando tematiche universali [...] Vai alla recensione »
E’ stata la mano di dio film di Paolo Sorrentino. Quando un regista ormai avviato come Sorrentino, decide di raccontare in un film una storia auto biografica, è per una serie di motivi. Per affrontare un lato oscuro della vita, e liberarsene, o anche per riflettere e fare chiarezza sul proprio vissuto e quindi cercando di superare con maturità alcune certezze, e alcune [...] Vai alla recensione »
Paolo Sorrentino ci accomoda sul lettino dello psichiatra riuscendo, forse in via definitiva, a esorcizzare il ricordo di una famiglia medio borghese di Napoli, con padre dirigente di banca, dotato di una spiccata ironia, e una madre casalinga dedita a scherzi capaci di travolgerti con la propria crudeltà. Residenti al quartiere Vomero e genitori di tre figli appartenenti a differenti fasce [...] Vai alla recensione »
L’ultimo film di Paolo Sorrentino è ambientato nella sua città natale, Napoli, a ridosso dell’arrivo del fuoriclasse Diego Armando Maradona. Fabietto, come viene affettuosamente chiamato da tutti, vive un’adolescenza spensierata, felice, in mezzo a una miriade di parenti e amici che fanno da contorno ai propri genitori, Saverio e Maria.
Negli anni '80 , un giovane napoletano nato in una famiglia piuttosto singolare e piuttosto numerosa ha maturato una passione per la squadra del Napoli , oltre a coltivare il sogno di diventare un regista, conduce una vita tranquilla e serena , fino a quando il decesso di entrambi I genitori lo fa sprofondare in un momento di tormento che sembra quasi inestinguibile, sebbene il [...] Vai alla recensione »
Il regista con questa pellicola autobiografica ripercorre i momenti della sua adolescenza vissuti a Napoli, con la sua numerosa famiglia, caratterizzati (ma forse sarebbe meglio di re segnati) da un evento che per quella città ebbe una straordinaria risonanza e cioè l'acquisto da parte della società calcistica di Diego Armando Maradona.
Il premio Oscar Paolo Sorrentino, apprezzato autore di pellicole originali ed elegiache, nel suo ultimo film, E’ stata la mano di Dio, Leone d’Argento all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, scruta dentro la parte comune di noi stessi, la nostra anima, cogliendone degli aspetti minimi dai quali descrivere esistenze particolari, fatte di gioia, di dolore, nel grande calderone che [...] Vai alla recensione »
Napoli, inizio anni '80. Fabio è un adolescente, figlio di un dipendente del Banco di Napoli e di una casalinga. Terzo di tre figli. Il primo ambisce a diventare attore, ma mollerà presto il suo sogno. La seconda è perennemente in bagno e mostrerà il suo viso in lacrime solo quando il Napoli vincerà il primo agognato scudetto ma la loro casa è ormai già vuota e non ci sarà nessuno a festeggiare.
Se la realtà è scadente, come afferma più volte un personaggio nel film, la sceneggiatura di Sorrentino è assai deludente ed è molto peggio della realtà. Quella di Sorrentino, che sostituisce alla visione stereotipata della Napoli da cartolina, solo pizza e mandolino, ormai superata, quella di una città universalmente inneggiante al mito di Maradona, [...] Vai alla recensione »
Il "cinema", quello bello, che ci fa' sognare, pensare, divertire, riflettere. Dopo l'oscar per la miglior pellicola straniera nel 2013 con "la grande bellezza", il genio di Paolo Sorrentino (young pope) firma un altro capolavoro, "e' stata la mano di Dio". Il titolo si riferisce a quel famoso colpo di Diego Armando Maradona contro l'Inghilterra, ed il [...] Vai alla recensione »
Fabietto schisa è un adolescente dei primi anni ’80 a Napoli. A parte la sua famiglia, genitori e fratello, non ha molti altri riferimenti, è solo, desidera la sua prima avventura amorosa, ma non si vede niente all’orizzonte. La sua vita e le sue fantasie rimangono confinate all’interno del nucleo parentale, piuttosto variopinto.
Insomma. Il film è un pò troppo lungo (tutta la parte con l'anziano regista e col contrabbandiere secondo me lo sovraccarica).E',soprattutto nella prima parte, pieno di colore, di vita napoletana e di battute esilaranti: non lo definirei però certo "un capolavoro", come pure ho sentito dire in questi giorni. Autobiografico così come felliniano al [...] Vai alla recensione »
Sorrentino è come quei giocatori di poker che riescono a vincere senza mai mostrare le carte. L'illusione/allusione continua è a Fellini, ma non vale 10 minuti di Amarcord. Eppure la vita è così, chi vince ha sempre ragione...
Ma c'è qualcuno che può dire a quel tale di togliersi dallo schermo che vorrei rivedermi film come La dolce vita o Amarcord in santa pace, senza la fatica di dover rimuovere il ricordo di insopportabili, noiosissime scimmiottature? ma nessuno può convincerlo di continuare pure con la sua saga dei premier e dei papi, lasciando da parte Fellini.
Un film imbarazzante. Senza contenuti, un Servillo identico alla grande bellezza, come le maschere femminili, attori prestati alla comparsata pur di apparire nel film del maestro. Il talento nn sempre giustifica la riuscita di un film, che a mio umile è modesto parere è brutto ma brutto veramente.
Un film a mio avviso inutile, senza senso. Sorrentino sulle ceneri di Fellini racconta una storia che non ha mordente. Da evitare.
Film vedibile. Ma niente di speciale. Bravi gli attori. Servillo e Ranieri recitano bene. Ho trovato banali, basici i dialoghi. Tutto sommato deludente
Un film noioso, zeppo di stereotipi e imprecisioni, un quadretto di Napoli che conferma l'autocompiacimento per le proprie criticità. Vogliamo passare qualunque sciocchezza sotto l'alibi dell'onirico? Fellini è morto e sepolto, lasciamolo riposare in pace. Il protagonista di rara bruttezza e inespressività davvero imbarazzanti spero si metta seriamente a studiare.
Sorrentino, dal mio personale punto di vista, è una persona che produce risultati veramente molto altalenanti. Si va dai capolavori assoluti come "La Grande Bellezza" (infinito), "L'Amico Di Famiglia" (sottovalutatissimo), e "Le Conseguenze Dell'Amore" (inaspettato) a medie produzioni come "L'Uomo In Più" (troppo "gigione"), [...] Vai alla recensione »
Non sono in grado di esprimere un giudizio sull'ultimo gilm di Sorrentino. Dopo quaranta minuti ho sentito l'inarrestabile desiderio di spegnere la televisione. Molto probabilmente se fossi stato in un vero cinema l'avrei visto fino in fondo. Peccato.
Non è un bel film e a questo punto, ricordando anche La Grande Bellezza, mi domando se Sorrentino non sia sopravvalutato, spero che nel prossimo film lasci in pace Fellini. Comica la parte del pranzo per festeggiare il fidanzamento della sorella...ma poi???
Film che ha ricevuto la spinta pubblicitaria della critica, ma in sostanza non dice nulla. Un film che evidenzia lacune sotto l’aspetto del racconto. Un film che mi ha deluso. Le note positive del film: L’attore protagonista è promettente; La fotografia; Una bellissima Luisa Ranieri che fa sfoggio della sua sensualità. Voto 5
Trama inesistente, atti di pedissequo servilismo all'onirismo felliniano, esposizione di corpi femminili di un erotismo più squallido della pornografia stessa, messo a bella posta per fare da contraltare alla sinuosità di un paesaggio napoletano costantemente "da cartolina". Tragedie umane presentate con un taglio palesemente umoristico perché, diciamocela tutta, [...] Vai alla recensione »
Ho trovato questo film veramente molto noioso. Non mi spiego come abbia avuto un certo successo, forse per la fiducia cieca nelle capacità del regista (innegabili) e sull’onda del successo di altri suoi film. Ma questo proprio si segue a fatica e la storia personale è priva di empatia e sentimento. Non lo consiglio.
L’Oscar per me è stato già vinto perché E’ stata la mano di Dio mi ha fatto rivivere emozioni forti e vive. Questo film dovrebbe essere un racconto autobiografico ma è molto di più: è vita di tutti noi. Quella dell’affarista, della prostituta, del genitore e del figlio. Della sorella e del fratello, del vero amico, degli incontri casuali, [...] Vai alla recensione »
Non ho mai amato i film di Sorrentino..questo però, a parer mio e spero di molti, lo reputo un capolavoro dove c'é tutto..é Cinema..un film che ti rimane dentro, che cresce piano piano nel tuo animo, nella tua mente, che ti fa sorridere nel ricordare alcune scene, anche un pò scorrette ma in senso bonario (quella del pranzo e della barca) .
Sorrentino esplora la solitudine e lo fa attraversando la sua adolescenza nella Napoli dello scudetto di Maradona. La realtà scadente viene trascesa nell'omaggio dei maestri del cinema italiano e in quel viaggio verso Roma alla ricerca di un futuro. Immagini stupende e cura poetica nel racconto. Piacevole
Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto. La sua personalità emerge meglio oggi con questo film in cui racconta il suo dramma familiare. [...] Vai alla recensione »
Film vedibile, ma come sempre eccessivo per il gusto estetico, per la ricerca delle particolarità e per le solite concessioni felliniane. Più forma che contenuto e non è colpa mia se esco dalla visione dei film di Sorrentino senza provare particolari sensazioni. I suoi lavori mi sembrano tutti studiati privi di una più definita libertà espressiva.
La decisione a soli 50 anni di proporre la propria autobiografia al cinema è al contempo un'operazione avventurosa e presuntuosa. Uscendo dalla sala mi sono chiesto fino a che punto fossi interessato all'elaborazione del lutto di Sorrentino, soprattutto se, costruendo il racconto così come ha fatto, non riesce praticamente mai a passare dal particolare all'universale.
Entri e ti siedi nel mormorìo generale.Le luci si spengono e le immagini di una città dalle fattezze immacolate portano silenzio e stupore.C’è veramente tanto in questo film.Forse tutto.Un film che ti sequestra i sensi e te li restituisce a fasi alterne e in ordine sparso.C’è la luce che attraversa i vicoli, malinconica e timida.Timida come i baci dei giovani appoggiati ai muri sgarrupati, di una strada [...] Vai alla recensione »
Ho cercato nel film un pretesto per innamorarmene ma non ci sono riuscita. Come ammiratrice di Sorrentino mi sono fatti bastare l’incipit e le battute familiari, gli arredi anni 80, la nostalgia della gioventù a Napoli che condivido con l’autore, conosciuto 50 anni fa al mare con la sorella Daniela . La fotografia è notevole , accurata ma i tempi lunghi e teatrali non mi convincono.
Un bel film , per me bellissimo . Una autobiografia romanzata che prende al cuore dal primo momento . La storia avrebbe potuto essere trattata , visto il suo lato tragico , in modo pesante e lacrimevole ma Sorrentino ha voluto trasformarla , nella prima parte , in una scintillante presentazione di personaggi divertenti e spiritosi . La tragedia incombe ma lui ha preferito allontanarla facendoci sorridere [...] Vai alla recensione »
Non si capiscono diverse cose: innanzitutto perche' non mettere dei sottotitoli in italiano quando si parla in napoletano? Qual era la trama? Le emozioni del ragazzo (tra l'altro bravissimo)? Che senso avevano i parenti, il fratello, il rapporto con la zia, la sua passione per Maradona, per il cinema, l'incontro con questo ragazzo delinquente, la ragazza attrice, il regista Capuano? E molto di piu'. [...] Vai alla recensione »
Ho visto “E stata la mano di Dio”, l’ultimo film di Paolo Sorrentino, candidato agli Oscar 2022 come miglior film straniero italiano, con una certa curiosità, anche perché il cinema di Sorrentino è tutto fuorché banale . Di lui ho visto “La Grande bellezza” e “Le conseguenze dell’amore”.
Bisogna essere almeno in due per fare il cinema. Non solo perché i fratelli Lumière avevano fatto della loro dualità un requisito necessario, due è il numero minimo perché il cinema - medium collettivo e arte totale per eccellenza – esista, si riveli, esprima il suo potenziale. John Wayne e John Ford, George Cukor e Katharine Hepburn, Billy Wilder e Jack Lemmon, Martin Scorsese e Robert De Niro, Ettore Scola e Marcello Mastroianni, Sydney Pollack e Robert Redford, Pedro Almodóvar e Penélope Cruz, Tim Burton e Johnny Depp, Wes Anderson e Bill Murray… al cinema le coppie sono numerose e talvolta più fedeli che nella vita. Si formano e si riformano il tempo di un film, non sono soggette a leggi matrimoniali ed esistono soltanto davanti alla macchina da presa. Il cinema dopotutto è una piccola famiglia. Non è raro ritrovare film dopo film lo stesso team ma soprattutto la combinazione di due personalità la cui relazione si rivela per lo spettatore un autentico choc artistico. Cosa sarebbe un film di Quentin Tarantino senza le tirate semantiche di Samuel L. Jackson o il cinema di Woody Allen senza l’interloquire svagato di Diane Keaton? Cosa sarebbe “la grande bellezza” di Paolo Sorrentino senza la maschera di ‘attore antico’ di Toni Servillo?
Una maschera che a teatro riattiva le metamorfosi di Ovidio e al cinema attiva la funzione del potere. E al cinema Servillo è approdato già ‘vecchio’, scolpito dal solco profondo delle rughe e da una calvizie che allunga la maschera da cui infanzia e giovinezza sono escluse. Per questa ragione, anche per questa ragione, incarna così bene il cinema di Sorrentino, quello politico e consacrato alla mutazione dello stato italiano in dittatura post-fascista. A dieci anni di intervallo interpreta prima Giulio Andreotti (Il Divo) e poi Silvio Berlusconi (Loro). Il segno fisico del potere è la vecchiaia. Il potere è vecchio, il potere nasce vecchio, e Servillo ha interpretato tutte le forme di potere umano, dal suo esercizio frivolo, Jep Gambardella re delle feste romane (La grande bellezza), alle esplosioni di violenza mafiosa (Le conseguenze dell’amore), passando per la sua deriva ‘divina’ e onnisciente (Il Divo, Loro).
Mai un bagliore infantile rischiara lo sguardo dei suoi protagonisti. Il suo Gambardella l’infanzia la contempla da lontano, nella luce gialla di Roma, nel vagheggiamento nostalgico della sua età dell’oro e della sua innocenza impossibile. Non recita col suo corpo umano Servillo ma con una silhouette stilizzata, una maschera riconoscibile grazie al sentimento di permanenza che procura la stilizzazione. A muoversi intorno a lui sono gli altri, corpi agiti da scosse e spasmi, corpi che ballano per fuggirsi, perdersi dentro notti e feste intercambiabili. Tra loro Jep dimora immobile, battezzato con un nome tronfio e ridicolo come ogni altro personaggio di Sorrentino, rivelandone la vanità e la vacuità: Antonio Pisapia, Titta Di Girolamo… personaggi che vivono male perché sono rimasti indietro e hanno dormito gran parte della loro vita. Sorrentino con la macchina da presa sembra incoraggiarli al viaggio, a prendersi il rischio, alla ricerca di un amore o di una dignità perduta. Servillo è Gambardella e tutti i fratelli ‘sorrentiniani’ a fine corsa che si credono senza qualità e a cui l’attore infonde la tentazione dell’innocenza dietro la purezza svanita.
Paolo Sorrentino e Toni Servillo si incontrano da qualche parte tra Roma e Napoli. La complicità che li unisce risale agli anni Novanta e ha come fondo i Teatri Uniti fondati da Toni Servillo, Mario Martone e Antonio Neiwiller. Il talento e il rigore dell’attore si forgiano sul repertorio italiano, da Goldoni a Eduardo De Filippo, che continua a onorare sul palco facendosi tentare dal cinema e corteggiare da autori come Sorrentino e Garrone, narratori dell’Italia contemporanea. Ma è soprattutto col primo che condivide una complicità intellettuale, diventando l’interprete ideale del suo cinema.
Sorrentino trova in Servillo una virtù che lo destabilizza, la capacità di andare oltre le sue direttive, di dominare la macchina da presa, di appropriarsi dello spazio in cui dispiega un genio che non deve tutto all’indicazione del regista. Anche Paolo Sorrentino ha bisogno di un uomo in più. Negli anni trovano una distanza che gli conviene, un rapporto di autonomia in cui ciascuno ha evidentemente bisogno di dirsi che può lavorare senza l’altro ma è insieme che riscrivono il cinema italiano. Creano un nuovo corpo, un corpo che non è più quello di Servillo e nemmeno quello ‘storico’ di Giulio Andreotti o di Silvio Berlusconi, ma il corpo dell’idea di Andreotti e di Berlusconi ricostruita a quattro mani, un’idea che sintetizza l’assoluto del potere e il potere assoluto. Sono co-autori di una rivoluzione dello sguardo e della messa in scena. Insieme trasmettono una possibilità viva e dialettica di rappresentare il potere senza aderirvi, assumendo la maschera della maggioranza e dissolvendola allo stesso tempo con la risata eruttiva dell’opposizione, del singolo, del cittadino napoletano che Servillo incarna nel film più intimo di Paolo Sorrentino.
È stata la mano di Dio racconta una storia apparentemente più semplice, dietro ai fumi placidi del Vesuvio e della narrazione autobiografica. Per vent’anni Sorrentino dimora a Roma col suo cinema, lontano dal caos di Napoli, dalla sua vita, quella della giovinezza, su cui aveva perso il controllo. C’era un disordine a Sud che l’autore non riusciva ad afferrare in un film ma raccontare è mettere ordine nel disordine e c’è voluto del tempo, c’è voluto il suo tempo per rielaborare un lutto indicibile. La produzione gli dona carta bianca e Sorrentino torna a Napoli dopo L’uomo in più, torna ai ricordi dolci e amari dei suoi sedici anni, quando Maradona sbarca in città e i suoi genitori incontrano una fine tragica in montagna, vittime di un incidente domestico. Il film evoca quel trauma e lo trasforma in un melodramma sensibile, poi in un percorso iniziatico, quello di un giovane uomo dolente per cui l’immaginario diventa rifugio, fino a sognare di diventare regista cinematografico.
Sorrentino e Napoli, Napoli e Sorrentino. Quanta Napoli c’è nel regista di È stata la mano di Dio, nella sua storia, nei suoi film? E quale tipo di sguardo ci fa posare Sorrentino sulla città di Pulcinella, di Eduardo, di Troisi e di Maradona?
TROISI, TOTO’ E GLI ALTRI
Già. Perché ogni regista racconta una Napoli diversa. Aggiornando il mito, lasciando lontano, dietro, il luogo comune. Ci sono mille Napoli diverse, al cinema: Napoli centrale, nella storia del cinema italiano, fin dagli inizi del Novecento, da Assunta Spina, dai film con Francesca Bertini, per arrivare alla Napoli di macerie di Paisà, poi a quella malandrina di Totò, a quella di Vittorio De Sica. La Napoli di Nino Manfredi, criminale e galantuomo in Operazione San Gennaro. Poi, dagli anni ’80, Napoli che si ritrova piena di talenti del “nuovo” cinema: Mario Martone, Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Ivan Cotroneo. Una new wave molto “moderna”, che accarezza le esperienze del teatro, dell’arte, dell’architettura. La Napoli fassbinderiana di Salvatore Piscicelli ne Le occasioni di Rosa.
La Torre Annunziata di Giancarlo Siani in Fortapàsc; fino ad arrivare alla Napoli di Gomorra - La serie, notturna, gelida, feroce, da tragedia greca. La Napoli che ironizza sui miti e gli stilemi della camorra in Ammore e malavita dei fratelli Manetti. La Napoli del Centro direzionale di Perez., col punto, il film di Edoardo De Angelis. E Sorrentino, in tutto questo, dove arriva, dove si colloca, che cosa racconta?
VIA SAN DOMENICO, AL VOMERO
Paolo Sorrentino è cresciuto al Vomero, in via San Domenico, in una Napoli “normale”, medio borghese, certo non la Napoli proletaria e feroce di certi altri quartieri. “Me ne sono andato per stanchezza, ma anche perché sono una persona paurosa, e Napoli è una città che riesci a vivere bene solo di petto”. La città torna, marginalmente, in alcuni suoi film, persino con il cardinale Silvio Orlando tifoso del Napoli in The Young Pope. Ma è in È stata la mano di Dio che il rapporto fra Sorrentino e la sua città torna forte, visibile, fondamentale.
Cinematograficamente, Sorrentino arriva un po’ dopo la “new wave” dei Martone e degli altri. Nel 2001, in piazza dei Martiri, Teatri Uniti produce il suo esordio cinematografico, L’uomo in più. A Teatri Uniti Sorrentino, allora trentenne, incontrava il suo primo produttore Angelo Curti e l’attore che sarebbe diventato una sorta di alter ego, l’attore feticcio, l’incarnazione dei suoi personaggi laconici, cinici, beffardi: Toni Servillo. A Teatri Uniti incontrava l’amico produttore Nicola Giuliano, che produrrà tutti i suoi film con Indigo e che lo porterà all’Oscar.
LA NAPOLI DEL FILM
È stata la mano di Dio è stato girato in molti luoghi di Napoli, dal Vomero alla Galleria Umberto I, dal lungomare a piazza del Plebiscito, allo stadio San Paolo. Ci si poteva chiedere come avrebbe stravolto Napoli, Sorrentino: la Roma della Grande bellezza sembrava quasi un’altra città, sembrava un quadro di De Chirico, tutta notturna, svuotata di gente, solo volumi di architetture e figure che camminano, come in un film di Antonioni.
Invece la Napoli che Sorrentino racconta non è così astratta, non è così sterilizzata: è una Napoli vivida, umana, tumultuosa. La Napoli degli anni Ottanta, quella dell’adolescenza di Sorrentino. Quella illuminata dall’arrivo di Diego Armando Maradona, il dio del calcio più simile a uno scugnizzo, più simile a un ragazzo di strada, il più napoletano dei calciatori al mondo, un dio del calcio già capace di eccitare la fantasia e l’appetito cinematografico di uno dei più vitali e virtuosistici registi al mondo, Emir Kusturica.
MARADONA
Maradona che, per Sorrentino, “non è arrivato: è apparso. Non è sceso da un aereo, lo vedemmo sbucare dal nero degli spogliatoi del San Paolo. Non ci sono immagini del suo arrivo a Napoli: è come se fosse apparso direttamente nello stadio. Maradona girava la città, girava con una Fiat Panda e la gente si chiedeva se era davvero lui. Quando io e mio fratello lo vedemmo in strada, il mondo si fermò”.
Napoli, in quell’inizio degli anni Ottanta, era anche la Napoli del post terremoto. “Era una città incupita, violenta. Veniva dal terremoto”, dice Sorrentino, “dalla guerra fra nuova e vecchia camorra. Di notte non si usciva quasi mai. Mio padre diceva: la sera non ci si ferma al semaforo, si passa col rosso. E se si rimane senza benzina, si chiama subito un taxi e si corre a casa”. Una Napoli paralizzata dalla paura, che ritorna a respirare, a sognare, proprio grazie all’arrivo di Maradona. “Io che in Maradona ci fosse un potere semidivino”, dice il regista. “Il mio rammarico è che non gli ho potuto far vedere il film, era uno dei miei primi desideri quando ho cominciato a realizzarlo”.
Fabietto Schisa (interpretato da Filippo Scotti) ha 17 anni, vive a Napoli in un quartiere borghese, con il padre Saverio (Toni Servillo), la madre Maria (Teresa Saponangelo), un fratello e una sorella maggiori di lui. Fabietto è il classico adolescente di poche parole, walkman nella tasca dei jeans stinti e cuffie incollate alle orecchie. Attraverso i suoi occhi entriamo nella vita quotidiana di una [...] Vai alla recensione »
Tony Pisapia, Titta Di Girolamo, Geremia de' Geremei. E ancora Tony Pagoda, Cheyenne, Jep Gambardella. Tutti i personaggi creati da Paolo Sorrentino (compresi Andreotti e Berlusconi) sono un po' lo stesso personaggio. Sono caratteri definiti dalla loro solitudine e dai loro desideri; sono belli (compresi Andreotti e Berlusconi?), ma anche pacchiani, e spesso poco simpatici, al di là di qualche piccolo [...] Vai alla recensione »
"A cosa serve il cinema? A niente. Però distrae. Da cosa? Dalla realtà. Perché la realtà è scadente...". Sono parole importanti quelle che Paolo Sorrentino mette in bocca a uno dei personaggi di È stata la mano di Dio in un dialogo con il protagonista Fabietto, alter ego del regista 17enne nella Napoli della seconda metà degli anni Ottanta. Parole importanti e rivelatrici: nel suo film che più di [...] Vai alla recensione »
Al cimitero di Napoli, un congiunto (R. Carpentieri) chiede a Fabio (F. Scotti), il figlio più piccolo dei genitori defunti, come mai non fosse in montagna con i suoi, a Roccaraso, la sera fatale dell'incidente. Per la partita domenicale di Maradona, la risposta.Al che l'anziano esclama: «è stata la mano di Dio»; di qui il titolo. L'apparizione di Maradona e la tragedia domestica fungono da cesura [...] Vai alla recensione »
Nel suo decimo film Paolo Sorrentino racconta se stesso - attraverso l' adolescente Fabietto (Filippo Scotti) - e la sua famiglia numerosa. Rievocati e interpretati dalla memoria - e dalla sensibilità di Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Betty Pedrazzi e molti altri -, il regista cinquantunenne riporta sullo schermo il padre, la madre, il fratello, gli zii, le zie, [...] Vai alla recensione »
Preceduto da un battage pubblicitario colossale ( doppie pagine su tutti i quotidiani non se ne sono viste tante, parlando di cinema) arriva il film autobiografico di Paolo Sorrentino. "E' stata la mano di Dio", dice un parente al giovanotto che ha perso entrambi i genitori, avvelenati nella casetta di Roccaraso dall' ossido di carbonio ( il cinismo dei credenti ha sempre qualcosa di stupefacente, [...] Vai alla recensione »
La Rolls Royce d'epoca che attraversa l'inizio del film è felliniana - e insieme sorrentiniana. Così come è felliniana - e sorrentiniana - l'eccentricità grottesca e vociante dei personaggi della prima parte declinata in commedia. Poi però la messa in scena subisce uno scarto, diventa sobria perché deve condurre al silenzio e al- l'assenza: i genitori di Fabio, il protagonista, muoiono intossicati [...] Vai alla recensione »
Storia della Napoli "d'oro" di Maradona quando un ragazzo sui 17 anni sospinto dalla "mano di Dio" , convinto che anche partendo dal nulla, se si vuole si arriva, s'avvia verso l'età adulta. Un racconto di formazione dunque. Paolo Sorrentino che firma "E' stata la mano di Dio" (Gran premio della giuria e premio Mastroianni per il giovanissimo Filippo Scotti alla Mostra di Venezia, in lizza all'Oscar [...] Vai alla recensione »
Trovare la giusta distanza per rielaborare un lutto, quello più funesto ed improvviso che possa capitare a chiunque, la perdita di entrambi i genitori, vissuto in questo caso da adolescente, provando a dare una svolta al proprio modo di guardare le cose. Paolo Sorrentino si apre alla semplicità, riannodando i sentimenti e le emo- zioni del suo passato, lasciando- si alle spalle l'aspetto barocco, onirico, [...] Vai alla recensione »
È stata la mano di Dio fosse qualcosa di nuovo nella filmografia di Sorrentino, era apparso chiaro alla Mostra di Venezia, dove ha vinto il Leone d' argento. Un film lungamente meditato, che affronta il trauma decisivo della vita dell' autore, la morte dei genitori in un incidente domestico nel 1987. Operazione ovviamente rischiosa: il regista ne era cosciente e quasi d' istinto, pur rimanendo fedele [...] Vai alla recensione »
1986. Il Napoli di Diego Armando Maradona vince lo scudetto, per la prima volta nella sua storia. Per il giovanissimo Paolo Sorrentino, sedici anni all'epoca, potrebbe essere uno dei ricordi più belli di sempre. Purtroppo, quel momento di felicità rimarrà per sempre incatenato al ricordo della tragedia che si è abbattuta sulla sua famiglia: la morte improvvisa dei genitori per un banale incidente domestico, [...] Vai alla recensione »
Nella Napoli degli anni Ottanta Fabio Schisa (Scotti) è uno dei tre figli di Saverio (Servillo) e Maria (Saponangelo), coppia della buona borghesia. Il clan familiare è circondato dall'invadenza, spesso ilare, di vicini, parenti e amici, protagonisti di una costante messa in piazza delle loro gioie come dei loro problemi più intimi, condivisi senza alcun filtro, o pudore.
In fondo al libro Gli aspetti irrilevanti (Mondadori, 2016), in cui Paolo Sorrentino inventa storie di vita ispirandosi a volti di sconosciuti fotografati da Jacopo Benassi, a sorpresa appare il suo ritratto. Dopo aver definito quell' immagine allo specchio «uomo di sconcertante banalità complessato, triste, egotico», il regista prosegue nell' autoironica analisi: «Se la vita è un affare increscioso, [...] Vai alla recensione »
Napoli, 1984. E' stata la mano di Dio si apre come il sogno di Zia Patrizia (Luisa Ranieri) per poi diventare la realtà del nipote adolescente Fabietto Schisa (Filippo Scotti miglior attore esordiente a Venezia), protagonista del film più autobiografico firmato Paolo Sorrentino. L' Italia è un paese felice come i genitori del nostro eroe mingherlino tra cui spicca mamma Maria (Teresa Saponangelo), [...] Vai alla recensione »
Giugno 1986. Quarti di finale allo stadio Azteca, Messico. Si scontrano, letteralmente, Argentina e Inghilterra, le ferite della guerra per le Malvinas sono ancora aperte. Il primo tempo finisce zero a zero. All' inizio della ripresa arriva uno spiovente in area inglese. Il portiere Shilton è alto un metro e ottantacinque. Lo contrasta Maradona, più piccolo di una ventina di centimetri.
La commissione di selezione istituita dall'Anica che ha scelto È stata la mano di Dio come titolo che ci rappresenterà nella corsa agli Oscar 2022, nella categoria Miglior Film Internazionale, non ha avuto praticamente dubbi (tranne uno, che sosteneva Martone). Del resto, Paolo Sorrentino è uno dei pochi registi «internazionali» che abbiamo, particolarmente amato all'estero, a partire proprio da quell'Amer [...] Vai alla recensione »
Era da vent'anni, quando presentò l'esordio L'uomo in più nella sezione Cinema del Presente (oggi l'incarnazione attuale di Orizzonti), che Paolo Sorrentino non portava un suo film alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, preferendo la vetrina primaverile di Cannes (ma è stato al Lido con i due progetti seriali The Young Pope e The New Pope).
«'A vita è 'na strunzata» sentenziava (uno dei) Tony Pisapia in L'uomo in più. 'A vita è 'na strunzata, è uno scherzo beffardo, come quelli che Maria Schisa (Teresa Saponangelo, sempre più brava), la solare, irriducibile madre di Fabietto, adolescente napoletano studioso e schivo, imbastisce ai danni dei vicini prepotenti o del marito infedele (Toni Servillo senza maschera); è un errore salvifico, [...] Vai alla recensione »
Per Paolo Sorrentino l'autobiografia è la storia del suo immaginario; il suo incontro con le idee, il suo scontro con la realtà. In È stata la mano di Dio, nel quale racconta la propria giovinezza attraverso l'alter ego Fabio, per tutti Fabietto, liceale nella Napoli tra il 1984 e il 1986, ragazzo studioso e introverso, legatissimo alla famiglia - al padre, alla madre, al fratello più grande, ala sorella [...] Vai alla recensione »
È stata la mano di Dio ci porta a Napoli, nel 1984, quando l'arrivo di Maradona è atteso come l'avvento del Messia. L'adolescente Fabietto (Filippo Scotti) si divide tra due ossessioni: il Napoli e le forme della zia Patrizia (Luisa Ranieri). Il resto della famiglia non è meno interessante, a partire dai genitori, interpretati da una splendida Teresa Saponangelo e da un sempre superbo Toni Servillo [...] Vai alla recensione »
Una controstoria dell'Italia. O forse no. Nel 1961, a 100 anni dall'Unità nazionale, in un clima di spensierato espansionismo, mentre a Milano è in corso la costruzione del palazzo Pirelli, l'allora grattacielo più alto d'Europa, un gruppo di speleologi (accompagnati dai pastori, uniche guide di un territorio ancora incontaminato) si immerge in buco sull'altopiano calabrese del Pollino, porta dell'Abisso [...] Vai alla recensione »
This must be the life: tracce di un'autobiografia in fuga dall'amarcord. La cosa che più colpisce di È stata la mano di Dio (in Concorso a Venezia 78) è l'implicita attenzione con cui Paolo Sorrentino ha evitato di cadere nelle maglie del fellinismo che ogni autobiografismo cinematografico si porta dietro, soprattutto se di marca italiana e dunque inevitabilmente impiantato nelle narrazioni regionalistiche. [...] Vai alla recensione »
Quando si toccano corde che ci riguardano nel profondo, anche il linguaggio con cui si sceglie di esprimersi - in questo caso la Settima Arte - ne risente fortemente e nell'accezione migliore del termine. «Ho fatto quello che ho potuto, non credo di essere andato così male», campeggia all'inizio di È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, a voler ricordare/omaggiare una frase del campione, Diego [...] Vai alla recensione »
Napoli sogna nella prima metà degli anni '80: l'arrivo di Diego Armando Maradona, Federico Fellini che sceglie le comparse. Si sentono già le voci, il mare, i palazzi sul lungomare, Piazza del Plebiscito illuminata, i miracoli con il monaco bambino incappucciato. Le prospettive delle strade appaiono deformate. Le luci degli interni potrebbero arrivare da Kubrick (il lampadario) o Visconti (la casa [...] Vai alla recensione »
Quello della famiglia allargata e/o disfunzionale, sembra essere, in varia maniera, il tema dominante per lo meno dei primi tre film del Concorso veneziano, una problematica declinata ovviamente in modo, ogni volta diverso. È questo, infatti, un aspetto che accomuna diversi momenti della nuova opera di Paolo Sorrentino ad altri due film molto attesi visti sino a oggi al Lido: Madres paralelas (https://clo [...] Vai alla recensione »
Dopo il Papa, uno e due, e Berlusconi, non poteva che esserci Dio, ovvero io: È stata la mano di Dio è la prima opera autobiografica di Paolo Sorrentino, che torna alla Mostra di Venezia con un lungometraggio vent' anni dopo l' esordio, L' uomo in più. In Concorso, prende il titolo da un celebre goal di Diego Maradona, ma la ricaduta è intima e tragica insieme: i genitori morirono per esalazioni di [...] Vai alla recensione »
Sorrentino, ritorno al Golfo. Ma non è una "sorrentinata", nel caso di permanente scetticismo verso il talento discontinuo del Premio Oscar per La grande bellezza. Napoli parla, e canta, respira della verità misterica di Malaparte, contempla e accoglie la fine amara della giovinezza «ferita a morte» di La Capria, si avvita alle origini di un mito partenopeo, Diego Armando Maradona.
Cominciamo dalla fine, quando, sui titoli di coda parte struggente Pino Daniele con Napule 8 mille culture, Napule 8 mille paure. La canzone prosegue e mentre Pino canta riaffiorano molte delle cose che Paolo Sorrentino, ci ha fatto vedere della sua città e della sua famiglia. Già, perché Sorrentino per È stata la mano di Dio, primo film italiano in concorso, è tornato a girare a Napoli.
Nove minuti di applausi per il regista, in concorso con "È stata la mano di Dio" visto da Natalia Aspesi C' è un prima e un dopo: prima c' è un adolescente insicuro in una bella famiglia affettuosa, dopo, per lui, c' è vuoto e sperdimento e dolore. A unire il prima e il dopo c' è un piccolo uomo miracoloso che glorifica la città, Napoli, con il virtuosismo delle sue gambe.
Primo dei cinque titoli italiani in gara al Lido, È stata la mano di Dio rappresenta il ritorno a casa di Paolo Sorrentino. Il quale, dopo il folgorante esordio di L' uomo in più, si era cinematograficamente estraniato da Napoli pur portandosi dietro come attore-musa il corregionale Toni Servillo. Già straordinario protagonista di quattro dei suoi film, Servillo incarna la figura del padre di Paolo [...] Vai alla recensione »
Parlare di sé, della propria vita in modo diretto, raccontarla a partire da una grande tragedia capitata in età adolescenziale, è tutt'altro che semplice. Paolo Sorrentino, nel primo dei cinque film italiani in Concorso, passato ieri alla Mostra, lo affronta alla sua maniera, soffermandosi sui tratti fondamentali della sua esperienza e quindi sulla nascita del suo cinema.
"Capita a volte di provare l'esigenza di registrare i ricordi, di fissarli da qualche parte" - racconta Paolo Sorrentino "Ma con il passare del tempo, ho pensato che forse sarebbe stata una buona idea farne un film perche´ avrebbe potuto aiutarmi non tanto a risolvere i problemi che ho avuto nella vita, quanto ad osservarli da una posizione molto piu` vicina e a conoscerli meglio.
Napoli ha mille colori, canta Pino Daniele sui titoli di coda di È stata la mano di Dio, nuovo film di Paolo Sorrentino, in concorso a Venezia 78. Sì, è vero, Napoli ha mille colori, mille rumori e mille afrori, ma Sorrentino non ce li mostra, non fanno per lui e qui lo dice chiaro e tondo, quasi arrendevole e disarmato, figlio di questa città che non riesce a capire e ad amare.
Vogliamo chiamarla la rinascita di Paolo Sorrentino? Pescando nel proprio vissuto di sfortunato orfano precoce, il regista napoletano ha realizzato con "È stata la mano di Dio" un film semplice, intenso e profondo, che non "sorrentineggia", e anzi manda in soffitta tutto quell'apparato esteriore, di forte impronta visiva e di debole sostanza espressiva, che ha contraddistinto, a mio parere, il suo [...] Vai alla recensione »
L'Amarcord di Paolo Sorrentino è un tripudio di colori, di odori, di sapori, di quella contagiosa ironia che riscatta anche il dolore. Non la grande bellezza, un gioioso miracolo. Strano a dirsi per un regista Oscar, "È stata la mano di Dio", che porta a Venezia 78 il primo dei cinque film italiani in concorso, è il suo esame di maturità. Quel gol leggendario di Maradona dei Mondiali del Messico 1986 [...] Vai alla recensione »
Vent'anni dopo l'opera prima L'uomo in più Paolo Sorrentino torna a Venezia, in Concorso, con E' stata la mano di Dio, prodotto da The Apartment e Netflix: arriverà in cinema selezionati il 24 novembre, per approdare sulla piattaforma streaming il 15 dicembre. Il film prende spunto dalla biografia del regista e sceneggiatore, sui binari del racconto di formazione: non è quello personale, intimo l'unico [...] Vai alla recensione »
Oggi alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia è stato il gran giorno di Paolo Sorrentino il cui È stata la mano di Dio, in concorso, travolge come solo i grandi film sanno fare. Si ride e si piange, restando avviluppati ad un racconto che coincide in molte parti con la storia personale del regista. Un'opera nata probabilmente per chiudere i conti col passato, con le origini e con i lutti che cambiano [...] Vai alla recensione »