È stata la mano di Dio

Un film di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Filippo Scotti, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 130 min. - Italia 2021. - Lucky Red uscita mercoledì 24 novembre 2021. MYMONETRO È stata la mano di Dio * * * 1/2 - valutazione media: 3,81 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

NON TI DISUNIRE Valutazione 5 stelle su cinque

di PINTAZ


Feedback: 1813 | altri commenti e recensioni di PINTAZ
lunedì 3 gennaio 2022

L’ultimo film di Paolo Sorrentino è ambientato nella sua città natale, Napoli, a ridosso dell’arrivo del fuoriclasse Diego Armando Maradona.
Fabietto, come viene affettuosamente chiamato da tutti, vive un’adolescenza spensierata, felice, in mezzo a una miriade di parenti e amici che fanno da contorno ai propri genitori, Saverio e Maria. Una famiglia allegra, di grande coesione, dove anche il fratello e la sorella sono i pilastri di un classico nido focolare borghese degli anni ottanta.
Il riferimento felliniano è volutamente ricercato nei personaggi che circondano la famiglia Schisa. La sensuale e spregiudicata Patrizia (Luisa Ranieri), zia matta di Fabietto, insieme alla Baronessa Focale (Betti Pedrazzi) piuttosto che Alfredo (Renato Carpentieri) unendo anche il cameo di Enzo Decaro nella parte di San Gennaro sono un richiamo al cinema del maestro romagnolo, nemmeno tanto sopito, tanto da far brillare, come di consueto, ancora maggiormente i protagonisti.
Saverio e Maria decidono di acquistare una seconda casa a Roccaraso dove passare le vacanze insieme al resto della famiglia. Un fine settimana propongono a Fabietto di seguirli in montagna ma il giovane rifiuta poiché proprio quella domenica ci sarà Napoli-Empoli alla quale non potrà mancare per veder giocare il suo idolo, finalmente sbarcato nella città partenopea (da notare la bellezza dell’evento con i silenzi che immancabilmente ci riportano alle sequenze in campo lungo di Sergio Leone), il Pibe de Oro. Proprio quel giorno i genitori muoiono a causa di una perdita di monossido di carbonio; è stata la mano di Dio che l’ha salvato.
La disgrazia getta nello sconforto i tre fratelli e, nel proprio dolore, proprio Fabietto rimarrà segnato in quanto i medici gli impediscono di vedere i corpi dei genitori.
Il film, straordinario, è una sorta di romanzo dove il trauma del protagonista è la vera vocazione artistica, dopo l’incontro con l’affermato regista Capuano, verso il cinema.
“Ce l’hai qualcosa da raccontare?” - gli urla il regista, capendo che solo da un abbandono potrà maturare il desiderio per un futuro che può e deve costruirsi chiamandosi finalmente Fabio.
Alla domanda, il giovane dapprima incapace risponde “nulla”, alla fine, sempre più incalzato, dice solo che “non me li hanno fatti vedere”.
E’ da lì che nasce il monito “non ti disunire”. Il vero fulcro di ognuno per ricercare la propria identità adulta.
Sottolinea, per farlo riflettere, che i genitori non lo hanno lasciato solo bensì abbandonato. La differenza? Chiunque può lasciarti solo ma se le persone che più ami al mondo se ne vanno la questione è terrificante; il loro andarsene diventa un sentimento che ti porti dentro tutta la vita. Uno smarrimento per sempre.
Il termine disunire, volutamente, viene dal gergo calcistico. Il rimanere compatti degli allenatori, nella pellicola, significa essere sè stessi sempre, non perdersi dietro obiettivi contingenti, oserei dire melliflui, ma vivere secondo principi e una disciplina più alta. “Non diventare quello che si aspettino che tu diventi, ma scopri in te una ricchezza più grande”, è la chiosa del regista verso il giovane.
Anche contro il consiglio di Capuano, Fabio decide di andare a Roma. Sorrentino descrive la sua perpetrata napoletanità quando Fabio, in treno, scorge il Munaciello che lo saluta, come una sorta di benedizione, con lo stesso fischio usato dai genitori per esprimere reciproco affetto insieme ai figli.
La presenza di Maradona diventato Gesù in quanto salvatore della vita di Fabio, ha la sorta di potere soprannaturale e magica allo stesso tempo che gli permette di avere fiducia nel destino portandosi appresso il proprio dolore senza esserne distrutto.
In fondo, come nella citazione presente nei titoli di testa, bisognerebbe pensare, almeno un minuto al giorno, che ognuno per le proprie capacità “ha fatto quello che ha potuto, non credendo di essere andato così male”.
 
 

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