
Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Australia |
Durata | 117 minuti |
Regia di | Noora Niasari |
Attori | Zahra Amir Ebrahimi, Osamah Sami, Leah Purcell, Jillian Nguyen, Mojean Aria Lucinda Armstrong Hall. |
Uscita | giovedì 10 luglio 2025 |
Distribuzione | Wanted |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 7 luglio 2025
Una coraggiosa madre iraniana in Australia, con una figlia di sei anni, è costretta a trovare rifugio in una casa di accoglienza per donne che hanno subito violenze domestiche. Il film è stato premiato a Sundance, ha ottenuto 1 candidatura a Directors Guild, Al Box Office Usa Shayda ha incassato nelle prime 8 settimane di programmazione 60,8 mila dollari e 9,6 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Australia, 1995. Una casa alla periferia cittadina, sotto la guida di Joyce, svolge il ruolo di centro di accoglienza per donne vittime di abusi. Tra le ospiti, ciascuna con figli al seguito, arriva Shayda, iraniana in cerca di riparo dopo aver subito violenze dal marito Hossein. Con lei c'è la piccola Mona, di sei anni, nata a Teheran ma trapiantata in Australia con la famiglia al seguito del padre che studia per diventare medico. Hossein ora minaccia di riprendersi la figlia e scappare in Iran, stringendo Shayda in una morsa di pressioni tra gli apparati sociali di un paese che non è il suo e le pressioni della madre patria in cui un divorzio non è ben visto.
Straniante e opprimente, l'esordio alla regia di Noora Niasari tinge il classico genere della lotta alla violenza coniugale con piccole specificità culturali e un solido punto di vista stilistico.
Come spesso accade in questi casi, c'è una nuova voce autoriale che per il suo primo film attinge al vissuto personale, rielaborando l'infanzia di Niasari stessa nella figura di Mona e trasformandosi quindi in un omaggio alla forza straordinaria di sua madre, a cui un'attrice sempre interessante come Zar Amir Ebrahimi presta il volto.
Per esorcizzare il senso di già visto, Niasari confonde le acque con vari parallelismi tra il mondo iraniano e la società australiana (a loro volta poi filtrati nella lente temporale di un period piece Anni Novanta), che spostano l'asticella della libertà personale, dei costumi e di ciò che è appropriato o meno nella mente già confusa di Shayda, alle prese con il trauma della violenza subita ma anche con la promessa di un futuro più roseo, a cui però è difficile credere fino in fondo. Il tutto attraverso il fil rouge del capodanno persiano, che accompagna il momento di rinascita con il suo corredo di simbologie che - pur ovvie - sono ricche e affascinanti.
Il tratto formale più efficace di Shayda è però la peculiare abilità di riconfigurare la semiotica dei luoghi, che da certezze del quotidiano diventano satelliti lontani di un corto circuito gravitazionale tra due culture e due atmosfere: quelle della normalità da una parte, e del senso di costante minaccia e instabilità che per Shayda diventa una nuova routine.
Complice un formato d'immagine che rimpicciolisce e intrappola gli elementi dell'inquadratura, lo si nota nel modo in cui Niasari filma una placida stradina residenziale, o l'interno di un alimentari persiano in cui neppure i sapori di casa e la lingua natale mettono al riparo dall'angoscia.
Per non parlare di un simbolo del capitalismo occidentale come il centro commerciale, qui svuotato e lugubre, in cui va in scena il primo forzato re-incontro tra Mona e il padre; e soprattutto la prima sequenza del film, in cui l'aeroporto non è un tramite di spostamento ma un monito di paralisi, per insegnare a una bambina come rifiutarsi di partire.