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Ultimo aggiornamento martedì 1 ottobre 2024
Viaggio all'interno della dolce vita romana degli anni Sessanta. Il film ha ottenuto 4 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha vinto 3 Nastri d'Argento, ha vinto un premio ai David di Donatello, In Italia al Box Office La dolce vita ha incassato 43,1 mila euro .
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A Roma, in pieno giorno, compare nel cielo una statua di Gesù Cristo trasportata da un elicottero. La visione suscita l'interesse di gran parte della popolazione, dai ragazzi delle periferie alle ricche signore degli attici del centro storico, e un cronista, Marcello Rubini, ne approfitta per far immortalare le scene dai suoi amici fotografi e dal fedele fotoreporter d'assalto Paparazzo.
Marcello è un aspirante scrittore che lavora per un giornale scandalistico, stazionando ogni sera di fronte ai locali di via Vittorio Veneto in cerca di qualche pettegolezzo o foto sensazionale sulle frequentazioni di personaggi del mondo dello spettacolo, di ricchi borghesi o di nobili in cerca di eccessi. Nonostante conviva con una donna molto gelosa e depressa, Emma, Marcello ha frequentazioni con donne di ogni tipo e di ogni ambiente. Nel giorno in cui arriva a Roma un'importante attrice svedese, Marcello accompagna la delegazione in un locale all'aperto tra le rovine romane e poi scappa con la donna per le vie del centro di Roma.
Nel 1960 in Francia nasce la Nouvelle Vague e in Italia muore il Neorealismo. I fondamenti di quel cinema dell'indecidibilità del quotidiano, su cui molti giovani turchi dei Cahiers hanno concepito un'etica rigorosa e un'estetica radicale, vengono completamente riformulati da un'opera che allo sguardo stretto e ravvicinato delle "piccole voci" del Dopoguerra sostituisce la visione allargata del boom economico, soppiantando l'attenzione per miserie e indigenza con una panoramica che attraversa trasversalmente più classi sociali.
La dolce vita impone un nuovo modo di guardare alla realtà: traccia un quadro più ampio e trasfigurato, capace di trattenere il respiro di un'intera epoca, al punto da diventare il paradigma non solo poetico ma soprattutto storico del suo immaginario.
In una Roma rifigurata attraverso le pagine dei rotocalchi, la frenesia del divismo e il razionalismo dell'urbanizzazione, Fellini - con Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano (e Pasolini non accreditato) - fanno muovere in lungo e in largo il personaggio di Marcello Rubini, giornalista bello e amato quanto invisibile e inetto. Mastroianni crea la figura di un viveur tragico e insoddisfatto: un intellettuale meschino che vive nella mondanità e sulle spalle di essa, tanto frustrato dall'imbastardimento delle proprie aspirazioni letterarie quanto indolentemente appagato dall'incapacità a opporvi resistenza. Fellini si serve di Marcello per stabilire una continuità fra una serie di episodi senza un preciso legame narrativo, se non quello, più stretto, che racconta l'involuzione del personaggio e quello, più ampio, che cerca di dipingere un affresco delle varie realtà socio-economiche di Roma.
In questa serie di sequenze temporalmente sconnesse, indefinite, sospese, Marcello attraversa varie forme e ambienti sociali (dai frequentatori e le ballerine dei night club alle prostitute della periferia dell'Appia Nuova, dai salotti intellettuali ai ricevimenti dei nobili nel viterbese) per narrare il grande spettacolo della decadenza contemporanea. Fellini concepisce ogni singolo episodio attorno a un'idea costante di apparizione-rappresentazione, all'interno di un paesaggio che si presenta vuoto e disabitato oppure caotico e sovraffollato.
Continuamente sospese fra vitalità e senso di morte, sacro e profano, moralismo e trasgressione, le varie sequenze si costituiscono come altrettanti numeri di una messa in scena tenuta da manichini e faccendieri. Una rappresentazione metafisica e "neodecadente" allestita tanto negli orizzonti degli scenari quanto negli occhi dei personaggi (non ultimi, quelli della creatura marina del finale), nella quale possiamo scorgere non solo la patina dei rotocalchi di quegli anni, ma anche, come sosteneva Serge Daney, «una sorta di anticipazione ironica, perfino cinica, di quella che sarà la programmazione televisiva».
Il giornalista Marcello è su un elicottero che trasporta una grande statua di Gesù. In un night cerca di avere notizie sulla vita mondana. Incontra una ricca annoiata e passa la notte con lei, a casa di una prostituta. Riesce a conoscere Sylvia (Ekberg), la scarrozza per Roma di notte, lei fa il bagno nella fontana di Trevi. Nel frattempo Marcello litiga furiosamente con la sua compagna, possessiva e gelosa. Frequenta Steiner, uomo colto e sereno, perfettamente felice. In compagnia del "paparazzo" cerca di fare un servizio su alcuni bambini che hanno visto la Madonna. Marcello riceve la visita di suo padre, vivace ed entusiasta, che però si sente male in quella bolgia, e riparte. Si viene a sapere che Steiner si è suicidato dopo aver ucciso i suoi bambini. Nel frattempo Marcello, giornalista, non scrive mai una riga. C'è una specie di orgia a casa di un nobile a Fregene. Situazione di grande squallore. La mattina Marcello cammina sulla spiaggia e vede da lontano una ragazza, una cameriera che aveva già inconrato. Lei gli parla, ma lui non riesce a sentirla per il rumore del mare. Titolo fondamentale del cinema italiano e del mondo. Dopo una serie di film che possiamo definire di "perfezionamento e ricerca", Fellini rappresenta il dolore con segnali universali. Le sue angosce in prima persona trovano manifestazioni simboliche che si trasferiscono a tutti. Il caos, la vita "arruffata", il tentativo di integrarsi in qualche modo con gli altri, la tensione di fare qualcosa che non è mai chiara ma che va fatta, la pigrizia per la consapevolezza che anche centrando l'obiettivo... l'obiettivo alla fine non c'è. Il mito ha poi rilanciato ogni sequenza del film in tutto il mondo dando del nostro cinema e indirettamente del nostro paese un quadro diverso rispetto a quello della stagione del neorealismo. Roma non era più quella di Antonio Ricci che cerca di rubare una bicicletta o di Umberto D che vive di elemosine, ma quella di via Veneto, coi suoi locali, le sue feste, il suo "far niente". Via Veneto, così come quella Roma, così come i film, erano dunque per Fellini un gioco continuo, la possibilità di ritardare le "cose serie" e l'entrata nel mondo dei grandi. La capacità di rappresentare cose che esistono appena, o che sono addirittura sognate, ha reso Fellini una personalità a misura del cinema, che tutto sommato è nulla più che luce e ombra. Proprio come la Roma della Dolce vita, Roma, città del papato, dell'antichità e del cinema: tutte astrazioni, evanescenze, sogni. Materia per film. Marcello assiste a questa e a quella situazione, tutto materiale di lavoro, ma non lavora mai. Esce da una festa per andare a un incontro. Non caverà niente di buono. Ma c'è sempre l'episodio successivo...
Il giornalista Marcello Rubini, abbandonate le sue ambizioni di scrittore, ha scelto di lavorare per la cronaca mondana. Nel corso delle giornate trascorse nei quartieri e nelle ville dell'alta società romana, Marcello avrà modo di vivere varie esperienze: l'amore clandestino per l'affascinante Maddalena; le conversazioni con l'intellettuale Steiner; l'incontro con la celebre attrice svedese Sylvia e il bagno nella fontana di Trevi...
Quando La dolce vita è stato proiettato in pubblico per la prima volta nel febbraio 1960, ha suscitato fin da subito polemiche roventi, grida allo scandalo e accuse di immoralità, provenienti in larga parte da un'élite cattolica e benpensante poco propensa ad accettare il ritratto impietoso offerto dalla pellicola a proposito dei costumi e della società italiana in pieno boom economico. Eppure, in breve tempo il film è diventato un vero e proprio cult ed è stato osannato in tutto il mondo come un autentico capolavoro, entrando di prepotenza nell'immaginario collettivo ed affermandosi come l'opera italiana più famosa di sempre, con milioni di spettatori in patria e risultati da record perfino negli Stati Uniti, dove ha incassato quasi 20 milioni di dollari e si è classificato tra i dieci film più visti dell'anno. Ricompensata con la Palma d'Oro come miglior film al Festival di Cannes, la pellicola si è aggiudicata anche il premio Oscar per i costumi di Piero Gherardi, la nomination per la regia di Fellini e moltissimi altri riconoscimenti, oltre ad aver trasformato Marcello Mastroianni in una star internazionale ed aver introdotto nel linguaggio comune il termine "paparazzo".
Sceneggiata dal regista stesso con Tullio Pinelli, Enno Flaiano e Brunello Rondi, La dolce vita è l'opera che ha segnato una svolta decisiva nella carriera di Fellini, che con questa pellicola si è distaccato dai suoi titoli del decennio precedente (I vitelloni, La strada, Le notti di Cabiria), ancora influenzati dalla poetica neorealista, per intraprendere un percorso assai più complesso e sofisticato. Costruito come una serie di episodi più o meno indipendenti fra loro per una durata di quasi tre ore, il film segue le vicende di Marcello Rubini (Mastroianni), un cronista della stampa scandalistica che si aggira nell'ambiente raffinato e decadente della Roma-bene, tra gli eleganti locali di via Veneto e i salotti aristocratici e alto-borghesi dei quali è un assiduo frequentatore. Attraverso lo sguardo cinico e disilluso del protagonista, Fellini ci rappresenta tutta la miseria e la vacuità che si celano sotto una superficie di scintillante frivolezza, in un mondo corrotto e ormai privo di valori. Neppure dietro l'apparente serenità della figura di Steiner (Alain Cuny), intellettuale affermato e padre di famiglia felice, è possibile trovare una possibilità di riscatto dal dolore dell'esistenza; e infatti, Marcello resterà sconvolto alla notizia del suicidio dell'amico, improvviso quanto inspiegabile.
Tra eventi mondani e frammenti di vita quotidiana, Fellini non esita a descrivere con caustica ironia gli aspetti più grotteschi della nostra società, quali il fanatismo religioso (emblematica la scena della presunta apparizione della Madonna) o il divismo sfrenato, per concludere il suo quadro con un amarissimo finale: quando, dopo una squallida orgia in una villa, seguirà al mattino la scoperta della carcassa di una mostruosa creatura sulla spiaggia di Fregene. Numerose le sequenze da antologia: dal memorabile incipit del film, con una statua di Gesù Cristo sospesa in volo sopra le vie di Roma, al celeberrimo bagno di Mastroianni e Anita Ekberg nella fontana di Trevi, alla festa notturna dei nobili, dai caratteri quasi onirici, girata nel palazzo Giustiniani-Odescalchi di Bassano Romano. La colonna sonora è firmata da Nino Rota.
Fellini era già grande (aveva vinto due Oscar con La strada e Le notti di Cabiria) ma il suo mito nasce proprio con La dolce vita. Il fatto non era casuale, c'era stata una lunga preparazione. Prima di approdare alla Roma dai ricchi debosciati di Via Veneto c'erano stati i guitti di Luci del varietà, gli imbroglioni de Il bidone e c'era stata anche la Roma (sognata) di Moraldo, il vitellone riminese che lascia la sua terra per raggiungere qualcosa cui attribuire una nuova speranza di fuga. Proprio come aveva tinto lui, Federico, "fuggito" a Roma adolescente. Dunque il regista, ormai "romano" da ventidue anni, conosceva benissimo quella città e quella gente - Un posto straordinariamente congeniale a un grande "talento bislacco". Che cosa poteva desiderare di più una fantasia come quella di Fellini, capace di dar corpo ai sogni attraverso i colori del cinema, clic sono ombre a loro volta?
Fellini ha sempre raccontato di essersi molto stupito del successo abnorme di quel film. Ma da grande bugiardo "in buona fede" qual era, sapeva di mentire.
Marcello: una faccia banale
Fellini aveva preso decisioni troppo importanti per non crederci fino in fondo. Aveva deciso di spendere (di far spendere) troppi soldi per non pensare a un adeguato ritorno. E poi la durata, oltre tre ore, era la prima volta per un film italiano. Un film non regge tanto, se non ci sono grandi intenzioni. E poi l'ambiente: per la prima volta il regista ricostruì i set, quasi tutti. Anche Via Veneto non è Via Veneto. "Non dava le giuste sensazioni", diceva il regista, che cercava "espressione" a oltranza. In questo senso fece impazzire il povero Gherardi, lo scenografo, che preparò per il film ben ottanta set. E poi gli attori.
Fellini non aveva mai badato alla bravura tecnica dei suoi attori, gli interessavano le facce e i corpi. Voleva che esprimessero ciò che dovevano esprimere al primo impatto. Giocava sul trucco, sulla trasfigurazione piuttosto che sulla loro tecnica. Citiamo un personaggio esemplare: la famosa tabaccaia di Amarcord, immensa e stilizzata, è subito "lei", non ha bisogno di dire neanche una parola.
Per La dolce vita Fellini voleva Mastroianni, col quale non aveva mai lavorato. Lo chiamò, gli raccontò in poche parole il soggetto (riteneva che gli attori meno sapevano, meglio fosse) e aggiunse: "Mi serve una faccia come la sua, di poca espressione, quasi banale. Avrei potuto averli, una grande faccia, Paul Newman,ma è troppo bello, troppo divo. Va bene lei". Non era un grande approccio, ma c'era dell'altro. Fellini mostrò all'attore un disegno. Vi era raffigurato un uomo su una barchetta con un lunghissimo pene che arrivava fino in fondo al mare, e alcune sirene volteggiavano intorno. "Il personaggio è questo" disse Fellini. Mastroianni ne fu divertito e lusingato. Inoltre, Federico si era scoperto un'affinità con Marcello, alla quale attribuiva una grande importanza: la tavola. Entrambi erano ottimi mangiatori, di qualità e di quantità. Il regista, nei suoi rapporti, ha sempre molto badato al modo di mangiare.
Anitona: come un disegno
L'altro personaggio decisivo è Anita Ekberg. Fellini non la conosceva e quando gliela presentarono ne fu sconvolto. Era esattamente l'immagine che cercava: "cospicua", bianca, vasta, bellissima e un po' grottesca. "Espressione" enorme. Appariva immediatamente ciò che voleva apparire. Fellini disse subito che Anita sembrava fatta apposta per il suo film e per Roma. La donna, ventotto anni, veniva da Hollywood ed era abituata a certe regole. Ascoltò Fellini e disse subito: "Io non vengo a letto con lei". Quando conobbe Mastroianni lo disse anche a lui. Aveva quel tormentone, del resto più che giustificato. Quando, durante la lavorazione si accorse che né il regista né il protagonista prendevano iniziative in quel senso, ne fu molto colpita, forse anche un po' delusa.
Sul set il rapporto con Mastroianni non fu del tutto facile, sempre un po' teso. Comunque, i due, con Fellini, hanno fatto cose memorabili. Tutti ricordano la sequenza della bella Anita e dell'imbarazzato Marcello che giocano nella fontana di Trevi. È un manifesto, un segnale, una grafica che va ben oltre il cinema.
Anito Ekberg ha visto il suo mito attenuato da Claudia Schiffer, diva contemporanea. La top model ha cercato di replicare la grande suggestione della fontana di Trevi. Tentativo vano: Il mito rimane quello del millenovecentosessanta.
La trama
Si comincia con la statua di un grande Cristo portata da un elicottero che passa sopra Roma. Il giornalista Marcello (Mastroianni) vaga in cerca di notizie della vita notturna. Con lui incontriamo Maddalena (Anouk Aimée), nobildonna del tutto corrotta; si rifugiano nella cantina di una prostituta dopo averle dato un sacco di soldi. C'è Emma (Yvonne Fourneaux), una sorta di fidanzata di Marcello che, isterica e possessiva, tenta il suicidio per gelosia; c'è Silvia (Anita Ekberg), una diva del cinema in visita a Roma; Marcello cerca anche di corteggiarla, girano per Roma, lei è un po' strana, finiscono nella fontana di Trevi. Al loro ritorno in albergo, il fidanzato di lei Robert (Lex Barker), sempre ubriaco, li prende a botte.
Tutto quanto sotto gli scatti implacabili delle macchine fotografiche. Rilevante è appunto la figura del Paparazzo (Walter Santesso). Marcello incontra in chiesa Steiner (Alain Cuny), uomo eccezionale, colto, buono, intelligente, anche artista (suona Bach con l'organo della chiesa). È la persona che Marcello più di ogni altro ammira.
Insieme al fido paparazzo e a Emma, Marcello si confonde nella folla di fedeli che corrono adoranti in un luogo dove alcuni bambini dicono di aver visto la Madonna. Più tardi si viene a sapere che Steiner, il magnifico Steiner, ha ucciso i suoi bambini e si è a sua volta ucciso. I paparazzi circondano e fotografano sua moglie che sta rientrando a casa ignara. Arriva a Roma il padre di Marcello (Annibale Ninchi), uomo per bene, tradizionale, che viene coinvolto nella vita del figlio e ha un collasso tra le braccia di Magali Noèl. Si riprende e lascia Roma, tristissimo, come il figlio.
C'è una festa a Fregene, di gente abbrutita, debosciata. La mattina sulla spiaggia viene portato a riva uno strano animale marino. Marcello ne è molto colpito, quasi ipnotizzato. Mentre si allontana, una bella ragazza sorridente (Valeria Ciangottini) lo saluta, cerca anche di parlargli, ma lui non la sente.
I personaggi de "La dolce vita"
Per chi conosceva bene Fellini, La dolce vita fu una sorpresa. L'uomo di Rimini aveva sempre mostrato, nei suoi film, una certa bonarietà definitiva.
I suoi personaggi, negativi e grotteschi, cinici, truffatori e cattivi, lasciavano sempre spazio
a un sorriso o a una malinconia finale, che vuol dire anche sdrammatizzazione e speranza.
C'era bonarietà.
In questo film, invece, il regista è stato crudelissimo. Tutti sono abbietti, incapaci del più minimo riscatto.
Il personaggio Steiner, inizialmente costruito come una sorta di santo superuomo, si macchia del delitto peggiore uccidendo i propri figli. Come a dire che la serenità, l'autodeterminazione, l'equilibrio interno trovato, nutrito persino (la una vera, pulita vocazione artistica, in realtà alla fine può produrre il mostro peggiore. Tutto, tutto, dunque, diventa allarmante. Lo stesso Marcello, che sarebbe un giornalista, in realtà non scrive mai, parla di un libro, cui sta lavorando, del tutto fantomatico.
È tutto frammentario, tutto spezzato, una buona intenzione, un sussulto affettuoso, si spegne subito, si scontra con un muro.
Tutti cercano di integrarsi, cercano qualcosa che non è mai chiara, ma va fatta. La sensazione e che, anche centrando l'obiettivo, l'obiettivo alla fine non c'è.
Fellini trasmetteva forse il suo antico gioco infantile, del ragazzo che ama troppo i cartoni, i disegni e i pagliacci per aver voglia di crescere. E allora ritarda il più possibile le cose serie, l'entrata nei mondo dei grandi, perché i grandi poi sono come nella "dolce vita". Questa disperazione a oltranza, appunto, non fu capita da tutti, anzi, lo fu da pochissimi.
E poi in quegli anni valevano ancora concetti come "perbene", "messaggio e significato".
E i messaggi di quel film non erano certo rassicuranti. Tutti si scandalizzarono: il pubblico, la chiesa, la critica italiana e straniera.
Finzione e realtà
In questo film Fellini lavorò in un modo che potrebbe dirsi contraddittorio. Precedentemente aveva speso settimane intere a cercare set naturali, ma per La dolce vita scelse, a rappresentare tutto, il celebre Teatro 5 di Cinecittà.
Fellini disegnava e lo scenografo Gherardi ricostruiva e lo fece bene, se il suo lavoro gli valse il premio Oscar. Nella famosa festa di Fregene, invece, il concetto fu capovolto: Fellini ritenne, per una volta, che solo dei veri corrotti potessero impersonare i corrotti del film, cosi 'invitò" i suoi amici ricchi e nobili, che non fecero nessuna fatica ad essere loro stessi.
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Affresco soggettivo - dipinto attraverso il giornalista di cronaca rosa Marcello (Mastroianni) - della società altoborghese romana nel momento di massimo splendore di Cinecittà. Il film più famoso del cinema italiano, l'opera che divise come nessun'altra pubblico e critica. Rilevava, con la straordinaria fantasia cinematografica del regista, un momento di svolta della storia [...] Vai alla recensione »
Fellini, artefice del cinema onirico e visionario, nel 1960 , con l'ausilio di Flaiano , Pinelli, Rondi e Pasolini ( pur se non accreditato) al suo più grande capolavoro. IL più discusso, il più amato , il più odiato, il più visto, il più osteggiato, il più osannato. Ambientato nella Città eterna, nei confronti della quale il Maestro [...] Vai alla recensione »
ellini aveva già fatto tre grandi film, I Vitelloni, La Strada e le Notti di Cabiria, che rientravano però in un tipo di narrazione lineare , anche se con uno stile un po' onirico, che pur appartenente al neorealismo, avevano fatto conoscere lo stile di Federico, uno stile unico, come non si era ancora visto sullo schermo. Nel 1960, in Francia, nasceva la Nouvelle Vague, dove nei [...] Vai alla recensione »
Nella sua convinzione che la realtà esista nel rapporto personale, individuale con la stessa, i film di Fellini sono insieme un diario intimo e pubblico. Partendo dalle abitudini mondane di una grande città, di cui il protagonista è cronista con al suo seguito i fotoreporter ("paparazzi") il film si allarga in un vasto affresco con una personale riflessione dell'auto [...] Vai alla recensione »
Qualche critico disse che questo non era degno di chiamarsi cinema, ma forse è qualcosa di più che cinema. E' una parte della vita di chi guarda, e riesce a modificare qualcosa nei suoi spettatori. In questo senso, soprattutto per quest'ultimo aspetto, è un film assolutamente eccezionale, forse unico, forse davvero il film del secolo (del XX secolo).
Sguardo sulla Roma in pieno boom economico ed edilizio, meta preferita di famose star cinematografiche e punto nevralgico dell'alta società italiana. Lo sguardo felliniano sulla Roma fine anni 50 è passato attraverso l'ottica disincantata di Marcello, giornalista scandalistico che ama immergersi nella mondanità e spassarsela con molte donne diverse.
Sicuramente,quest'opera,implicitamente è un film di un realismo frammentato,che non mi ha dato solo una analisi su la Roma del tempo,ma qualcosa in più.Fellini qui è aiutato a creare un disegno di una società ricca di specchi,che attraversa non solo le classi sociali,nel decadentismo agiato alla ricerca di una nuova sensazione,che si rivela per quella che è,un [...] Vai alla recensione »
Si tratta,a livello internazionale,di una delle opere più famose della nostra cinematografia e contribuì alla diffusione,anche all'estero,di neologismi come"paparazzo"riferendosi a quei fotoreporter esperti nei servizi scandalistici. Federico Fellini(anche sceneggiatore insieme a Ennio Flaiano,Tullio Pinelli e Brunello Rondi)decide di utilizzare Roma(e in particolare l'immag [...] Vai alla recensione »
Martin Scorsese disse che La Dolce Vita è un film che ha cambiato tutte le regole. I film si dividono in quelli che vengono prima e quelli che vengono dopo. Ha portato un cambiamento nella società e nel cinema. Chissà se nella società almeno italiana davvero abbia portato un cambiamento, può essere, ma solo in parte.
Marcello è un aspirante scrittore che passa le giornate ciondolando per le strade di Roma, trovando il punto centrale di raccolta in Via Veneto dove incontra paparazzi e personaggi più o meno importanti. Consuma una quantità di flirt senza che lascino alcun segno nella sua vita, mentre porta avanti un rapporto burrascoso con una fidanzata gelosa che poco condivide il suo stile [...] Vai alla recensione »
Entrando in un film di Fellini, perché di questo si tratta, si ha sempre l’impressione di fare ingresso in un sogno, che poi tutti i suoi film sono fondamentalmente senza trama o dove questa sembra essere presente appare solo un pretesto perché lui possa parlarci dei suoi di sogni, della sua infanzia, delle sue ossessioni, delle sue visioni, così anche alla fine della [...] Vai alla recensione »
Un giornalista vaga per Roma, una città disseminata di personaggi stravaganti e interessanti dove non ci si annoia mai. La maestria di Fellini è storica nel cinema non c’è bisogno di ricordarlo, è una di quelle cose indubbie come lo sono le leggi matematiche e l’alternarsi del giorno e della notte. Qui però abbiamo a che fare con uno dei suoi apici, uno [...] Vai alla recensione »
Abbandono alla circolarità degli eventi, indulgenza nel giudicare il prossimo, recupero del sentimento e della sensualità rispetto agli ideali e alla morale. Queste chiavi per il film e per la realtà che esso ritrae sono state riprese da molto cinema italiano e internazionale tanto da far inserire l'opera nel dibattito ideologico, filosofico, politico pero' lontano, stante almeno alle dichiarazioni, [...] Vai alla recensione »
L'ambizione di Fellini era quella di comporre, come in un grande affresco, un quadro, anzi una serie di quadri della civiltà contemporanea, che ruota attorno a una figura emblematica dell'epoca, il giornalista a caccia di scandali, di cronache mondane, che attraversa come gironi infernali i vari ambienti della società. Ma fellini non ha intenzione di fare la morale; egli si limita a catturare con gli [...] Vai alla recensione »
"La dolce vita" è uno di quei film, come "Manhattan" di Woody Allen, le cui interpretazioni sono una vera lezione di pluralismo considerando la stessa dell'autore che ammetteva come il risultato di una opera va comunque oltre le intenzioni consapevoli dell'autore. Che erano quelle di fare un film cristiano e cattolico secondo l'intendimento di Papa Pio XII; quindi fu molto deluso dalla condanna del [...] Vai alla recensione »
Avete notato quante volte albeggia in questo film - che, del resto, si svolge in gran parte di notte -, a parte il finale? Se "La dolce vita", o qualcosa di esso, non vi piace la prima volta che lo vedete, guardatelo la seconda. Se arrivate alla terza probabilmente lo considererete una delle esperienze più importanti della vostra vita di spettatore, se non in assoluto della vostra vita.
Grande affresco della civiltà contemporanea, in una Italia che si avvia al "boom", che coglie e e rende gli umori e le sensazioni dell'epoca, negli ambienti e situazioni. Otello Martelli mette la sua sagacia fotografica al servizio di una immagine levigata e raffinatissima. La musica di Nino Rota é intrigante, a volte inquietante, torbida, misteriosa, altrove popolare e jazzata, così come il film. Vai alla recensione »
Anche se Fellini ha fornito spesso a orecchie piuttosto dure una spiegazione abbastanza chiara del significato del film, si può dire che esso come per i grandi capolavori che segnano un'epoca va oltre la consapevolezza o la volontarietà dell'autore. Direi che ognuno può leggerlo come desidera e trovarvi quello che vuole. Kubrick, un altro disincantato, affermava che questo avviene sempre.
LA DOLCE VITA (IT/FR, 1960) diretto da FEDERICO FELLINI. Interpretato da MARCELLO MASTROIANNI, ANITA EKBERG, ANOUK AIMEE, YVONNE FURNEAUX, ALAIN CUNY, CESARE MICELI PICARDI, FRANCESCO LUZI, ADRIANA MONETA, WALTER SANTESSO, ENZO CERUSICO, GIULIO PARADISI, ADRIANO CELENTANO, LEX BARKER, GIO STAJANO, ALFREDO RIZZO, VALERIA CIANGOTTINI, ANNIBALE NINCHI, MAGALI NOEL, RICCARDO GARRONE, LAURA BETTI, GIANNI [...] Vai alla recensione »
L'angoscia e l'inquietudine di fondo di una società, pur essendo la base del discorso, non intaccano la superficie brillante, la esteriorità divertente; inoltre la cronaca di riferimento degli episodi ha sempre interessato il pubblico. Fellini in piena libertà creativa compone un grande affresco che non ha perso nulla del suo fascino anche per le sue componenti profetiche e atemporali.
Pellicola considerata il capolavoro di Federico Fellini. E a ragione. Qui vi si trova un pò di tutto: dal neorealismo che andava spegnendosi, alla critica alla borghesia tanto cara ad Antognoni, passando per il visionarismo che da qui in poi sarà predominante nel cinema del regista, fino alla descrizione per la prima volta del cinismo e dell'ipocrisia del mondo dello spettacolo.
Film epocale su una civiltà intera, ha sconcertato per la sua arditezza stilistica ma soprattutto per un'apocalisse descritta nella sua allegria e senza alcun giudizio. Ma aleggia, in una civiltà in decadenza, la morte. Fellini riscatta una visione disincantata e amara della realtà con uno spiritualismo di marca cattolica, più laico che religioso, da stoicismo classico.
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"La dolce vita", un"monumento", notoriamente. Fellini e la sua"icona"etc., quasi fosse tutta in un solo film la poetica di un autore come lui. Detto questo, che "La dolce vita"sia emblematica di un"nouveau regard"è indubbio. Riassumerei le mie riflessioni in merito in una formula:"La dolce vita"è meramente e convintamente"fe [...] Vai alla recensione »
Fellini pensava che mostrare le cose come sono senza sovrapporre giudizi fosse l'unico contributo che un autore può dare alla comprensione della realtà e al rapporto individuale con essa. Sebbene riconoscesse l'importanza degli intellettuali per la comprensione e l'interpretazione dialettica della realtà la sua opera non è intellettualistica; si ricollega piuttosto [...] Vai alla recensione »
Il film di Fellini più famoso e ricordato nel mondo è tutt'ora un potente, affascinante, stimolante, provocante, sconvolgente spettacolo. Affresco e rotocalco, è un' “opera mondo” dalla forma epica, transizione di Fellini dal neorealismo all'espressionismo onirico, col sentimento della meraviglia di fronte alla magia della realtà raccontata come [...] Vai alla recensione »
Disse Oreste Del Buono, uno dei pochissimi critici che Fellini salvava :“LA DOLCE VITA più che un film è un pezzo della vita di chi lo guarda. Dura tre ore, ma sarebbe lo stesso ne durasse sei o due”. Fellini, le polemiche lo dimostrarono, era più avanti sia politicamente che esteticamente. Venne accusato di essere ossessionato dal sesso e di ingigantire episodi [...] Vai alla recensione »
Assieme ad "8 e mezzo" e "Amarcord",il film più bello di Fellini(anche sceneggiatore)e cult intramontabile del cinema italiano.Sfavillante e caotico affresco di una Roma sbalorditiva,dolente e a tratti quasi aliena(vedi la processione sotto la pioggia),specchio di umanità senza più punti di riferimento,remore o certezze.
Provinciale inurbato Fellini è affascinato e insieme disgustato da Roma, metropoli mondana e caotica, città tentacolare, sirena e prostituta, pantano in cui tutto e tutti possono sprofondare. Il protagonista, un uomo qualsiasi, viaggia attraverso la notte e scende agli inferi della civiltà, la Grande Madre Mediterranea di cui parlava lo psicanalista Jung, descritta con antico [...] Vai alla recensione »
Roma, 1960. Il protagonista è Marcello Rubini, giornalista di gossip, un uomo affogato interamente nella dolce vita della società italiana. Il divertimento, l'ozio, ma soprattutto le donne, sono il pane quotidiano di Marcello che, desideroso di trovare un lavoro che lo soddisfi e abbandonare l'ossessivo ed egoista mondo dei paparazzi e dei rotocalchi, si aggrappa appunto [...] Vai alla recensione »
Fellini satirico rappresenta i vizi con l’esagerazione e la caricatura, ma più desideroso di mostrare che di dimostrare. Girando in epoca di esistenzialismo egli era convinto dell’esistenza di Dio e della necessità dell’amore ma anche che per poter capire la bontà, i veri valori della vita, bisogna confrontarsi con la realtà del peccato, entrarci dentro, [...] Vai alla recensione »
Quello che colpisce, in questo film, è l'amore e il rispetto di Fellini per i personaggi e la loro vitalità, seppure in modi diversi (confrontiamo la festa dei nobili con quella dell'ambiente misto verso la fine del film). Certo, il tono è sovente spettrale e funereo, ma queste sono caratteristiche di tutta l'opera del regista riminese, della sua visione del mondo e della civiltà.
con questo film nasce il cinema ed il paparazzo ed tutto lo star sistem che oggi conosciamo. Fellini regala un qualcosa di stupendo che è entrato a fare parte della storia del cinema mondiale,la vita dolce viene rappresentata in modo fantastico ed sotto tutti gli aspetti attraverso il personaggio di un certo MARCELLO MASTROIANNI che da qui diventerà il miglior attore italiano della storia [...] Vai alla recensione »
Premetto una cosa: in un'intervista a una rivista di cinema, un signore che non ricordo chi fosse, ma credo abbastanza attendibile, sosteneva di apprezzare sicuramente più questo Fellini che non quello di "Otto e mezzo", perché testimonianza -Sintetizzo- di un Fellini meno narcisista e più attento alla società. Mi spiace, ma io mi trovo doppiamente in disaccordo.
Roma 1960. Nel film La dolce vita di Federico Fellini, Marcello Mastroianni è Marcello, un giornalista che passa i suoi giorni (e le sue sere) cercando di cogliere le celebrità in atteggiamenti inaspettati. Nella panoramica del cinema di quegli anni, la fotografia cambia forma e obiettivi: nasce il termine paparazzo. Così Marcello Geppetti (1933-1998), che inizia la sua carriera di reporter fotografico [...] Vai alla recensione »
Un film torrenziale, compiaciuto, diretto con mano sicura e molta furbizia. Variamente graduato - toccante l'episodio che vede coinvolto il grande Alain Cuny - con chiara preferenza per il tocco bizzarro, per quasi un irridere alla vanità del tutto, al continuo carnevale umano sempre pronto a tramutarsi in dramma o tragedia, o addirittura commedia.
“La dolce vita” doveva invece chiamarsi “Moraldo in città”..cioè il seguito de “ i vitelloni” (53)…la sceneggiatura del Moraldo fu scritta anni prima in un contesto sociale completamente diverso dal 1959…anno della "dolce vita"…si era in pieno bum economico…hollywood s’era trasferita a Roma con tutti i suoi [...] Vai alla recensione »
Epocale, nel senso che è lo specchio di un'epoca. Raro esempio di perfetto accordo tra forma (fotografia, regia..) e contenuto (sceneggiatura, dialoghi..)
ellini aveva già fatto tre grandi film, I Vitelloni, La Strada e le Notti di Cabiria, che rientravano però in un tipo di narrazione lineare , anche se con uno stile un po' onirico, che pur appartenente al neorealismo, avevano fatto conoscere lo stile di Federico, uno stile unico, come non si era ancora visto sullo schermo. Nel 1960, in Francia, nasceva la Nouvelle Vague, dove nei [...] Vai alla recensione »
Forse era un bel film il secolo scorso, ma al giorno d'oggi é una palla tremenda!!!! Che noiaaaa
Il film racconta le pulsioni, i sogni le delusioni e i drammi di una Roma attraversata dal mito del cinema e della popolarità. Lo fa attraverso le vicende di un giornalista che dopo essersi trasferito nella capitale dalla provincia romagnola ha rinunciato da tempo alle originarie ambizioni letterarie per occuparsi degli eventi mondani. Il centro di questo universo, a metà tra il paradiso [...] Vai alla recensione »
Venerdì 5 febbraio 1960 viene proiettato in prima visione assoluta al cinema Capitol di Milano. Il film, cui ha collaborato anche lo scrittore Ennio Flaiano, è un grande e impietoso affresco d’epoca che con ironia prende di mira la volgarità dei nuovi ricchi, l’assurdità dell’aristocrazia e la mediocrità della borghesia.
Non so se c'è ancora qualcuno che non è d'accordo (uno, satireggiato da Fellini in “Boccaccio '70”, è diventato Presidente della Repubblica). Dopo la seconda guerra mondiale l'Italia non aveva affatto nel mondo una grande fama. Il nostro grande cinema ci ha aiutato a riconquistarla. Formatosi nel neorealismo, Fellini - da esso stesso allora incompreso [...] Vai alla recensione »
Capolavoro della storia del cinema. Film di rara drammaticità, intenso e profondo.
Chi riesce a dimenticare la voce di Anita Eckeberg che invita Mastrianni a raggiungerla nella fontana?Le immagini e i volti di questo film sono scolpiti nella memoria di tiutti i cinefili degni di questo nome.Raccontare o descrivere questo film non ha senso, bisogna guardarlo.Fellini scrive un capolavoro da affiancare a buon diritto ad Amarcord e i Vitelloni.
Un film che ha provocato un terremoto. Il produttore Rizzoli (l'11° che il film cambiò; fu convinto da Giuseppe Amato), non si spiegava razionalmente il successo enorme che ebbe, e prese ad avere per Fellini una specie di rispetto superstizioso, come se il regista fosse in contatto con degli alieni o qualcosa del genere. Il film sembrava contro ogni regola del successo.
È un film non classificabile . Una poesia in immagini.
Disse Oreste Del Buono, uno dei pochissimi critici che Fellini salvava :“LA DOLCE VITA più che un film è un pezzo della vita di chi lo guarda. Dura tre ore, ma sarebbe lo stesso ne durasse sei o due”. Fellini, le polemiche lo dimostrarono, era più avanti sia politicamente che esteticamente. Venne accusato di essere ossessionato dal sesso e di ingigantire episodi [...] Vai alla recensione »
Tra le scene che hanno trasformato “La Dolce Vita” in un cult-movie, la più famosa resta quella del bagno notturno nella Fontana di Trevi, riprodotta e citata in moltissime pellicole successive. L’attrice svedese entra così improvvisamente nella storia del cinema grazie alla mano preziosa di Federico Fellini. Nata a Malmö, in Svezia, nel 1931, a soli vent’anni [...] Vai alla recensione »
Il prottagonista,interpretato da marcello mastroianni è un paparazzo.Nella sua vita si occupa di intervistare e scoprire qualche scoop sulla gente ricca e famosa.Un giorno arriva a roma un attrice svedese,il prottagonista la scorta a mangiare,ed inseguito fuggiranno insieme per le vie di roma.Questa è la trama.nulla di chè direte voi...peccato che il film è stato fatto,dal più grande regista italiano [...] Vai alla recensione »
Ci sarà un remake, o qualcosa di simile, del capolavoro di Fellini. Questa proprio ci mancava. Scrivo questo pezzo avendo solo le notizie di un annuncio e qualche ottimistico commento generico dei personaggi coinvolti nel progetto. Diciamo che mi sta a cuore il principio. Soprattutto se si tratta di un'opera che ha trasceso il cinema per diventare modello di Italia nel mondo, e patrimonio del mondo stesso.
Se il diluvio è vicino e se sono vicine la caduta di Babilonia, dell’Impero Romano e della Bastiglia, noi uomini del 60, che saremo forse chiamati dai posteri uomini dell’Ancien Régime, ci ritroveremo tutti in questa Dolce vita di Federico Fellini. E anche se non ci riconosceremo in ognuno dei suoi 86 personaggi, se vi riconosceremo la nostra “dolce vita” di oggi – questa vita non autentica, cioè, [...] Vai alla recensione »