La dolce vita |
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Un film di Federico Fellini.
Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aim?e, Yvonne Furneaux, Alain Cuny.
continua»
Commedia,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 173 min.
- Italia, Francia 1960.
- Cineteca di Bologna
MYMONETRO
La dolce vita
valutazione media:
4,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il film del papa mancatodi PaolocorsiFeedback: 500 | altri commenti e recensioni di Paolocorsi |
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sabato 30 gennaio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Anche se Fellini ha fornito spesso a orecchie piuttosto dure una spiegazione abbastanza chiara del significato del film, si può dire che esso come per i grandi capolavori che segnano un'epoca va oltre la consapevolezza o la volontarietà dell'autore. Direi che ognuno può leggerlo come desidera e trovarvi quello che vuole. Kubrick, un altro disincantato, affermava che questo avviene sempre. Quindi non c'è da meravigliarsi dei fraintendimenti, delle sovraintepretazioni o delle sottointerpretazioni parziali. Il deliberato linguaggio espressivo di rottura rispetto alle tradizioni e alle convenzioni cinematografiche sembra rappresentare l'esigenza di uno sguardo nuovo e nello stesso tempo rileva come é impossibile che quest'ultimo sia totalmente incondizionato. Il clima di vacanza che ha caratterizzato la lavorazione si riflette nell'opera, un sogno a occhi aperti libero da pregiudizi e anche da giudizi. Oggi che il cinema entra e esce dal diavolo da decenni ci si rende meno conto di questo, ma quando il film uscì l'Italia era più ingenua e Fellini, che nei film dalla seconda metà degli anni '70 darà una visione sempre più cupe e catastrofiche, sembri amare tutti i personaggi del film, senza ripugnanze o antipatie. Come nel sottovalutato "Ginger e Fred" del 1985 egli aveva colto la mutazione corrispondente all'avvento della civiltà televisiva berlusconiana, qui rappresenta una società come allora si rappresentava nei rotocalchi (imitandone la fotografia di un estetizzante argentato bianco e e nero) e prende come protagonista la figura emblematica del giornalista, un cronista mondano, intellettuale che ha abbandonato le ambizioni letterarie e adopera il suo talento in maniera sempre più corriva. La società é vista dal di dentro, attraversando le sue varie classi in cui gli individui vivono come in alveoli. Pasolini (collaboratore non accreditato), in controcorrente rispetto anche ai progressisti definirà, nella introduzione alla sceneggiatura di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" la vita come "un mucchio insignificanti e ironiche rovine". Fellini si muove tra le rovine di una civiltà decadente allegramente verso una fine ingloriosa ripetendo riti sempre più stracchi e funerei. Ogni episodio del film, costruito a blocchi ambientali, si chiude in un vicolo chiuso ma contiene anche la possibilità di riconoscere i veri valori, così come suggellato dalla fine del film. Oggi, lontani dal clamoroso caso politico che il film suscitò, appare più chiaro che questa opera ha un tono discretamente comico, cosa assolutamente insita - e ambita - in Fellini; così come forse lo aveva, nel suo modo atroce, il Salò di Pasolini. In questo senso non aveva torto chi parlò di "canzonatura" nelle interrogazioni parlamentari (!) che però, a rileggerle adesso, sembrano anch'esse parte della canzonatura. Una delle recensioni più belle, considerata sotto il suo punto di vista, é quella su "La Civiltà Cattolica" da parte del padre gesuita Nazareno Taddei. Egli venne esiliato assieme a padre Bassan, il superiore della comunità dei gesuiti di San Fedele cui Taddei apparteneva, che era una grande sostenitrice di Fellini e che rifiutò di ritrattare il giudizio favorevole al film. L'ordine di modificare il giudizio era venuto dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI, che non aveva visto il film, al contrario del Cardinale Siri, presidente della CEI e sempre tra i favoriti nei conclavi del '58, del '63 e i due del '78, che lo aveva visto e aveva dato un parere non negativo.
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