Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 110 minuti |
Al cinema | 100 sale cinematografiche |
Regia di | Francesca Comencini |
Attori | Fabrizio Gifuni, Romana Maggiora Vergano, Anna Mangiocavallo, Luca Donini Daniele Monterosi, Lallo Circosta, Luca Massaro, Giuseppe Lo Piccolo, Luigi Bindi. |
Uscita | giovedì 26 settembre 2024 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | 01 Distribution |
MYmonetro | 3,66 su 19 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 25 settembre 2024
Un padre e sua figlia. Gli anni di piombo e la "generazione scomparsa". Un film autobiografico che sa di vita e di cinema. Il tempo che ci vuole è 6° in classifica al Box Office, ieri ha incassato € 21.944,00 e registrato 3.842 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Un padre entra nel laboratorio di ceramica della figlia e la maestra gli consegna la statuetta di un cane. "L'ha fatto tutto la bambina?", chiede il padre, sorpreso dalla qualità del manufatto. Quel padre è il regista Luigi Comencini, e in quel suo dubbio è contenuta l'insicurezza con cui sua figlia Francesca farà i conti per tutta la vita, nel confronto con un genitore gigantesco per talento, fama e personalità. Un genitore che per lei ha avuto tempo, ascolto e attenzione, come l'ha sempre avuto (anche nel suo cinema) per tutti i bambini, ma nel cui cono d'ombra Francesca si è mossa a disagio, sempre preoccupata di "essere in campo" al momento sbagliato, contemporaneamente visibile e invisibile ai propri occhi e a quelli di quel padre ingombrante e venerato. Ci vorrà tanto tempo, e il passaggio (in ombra, appunto) attraverso alcuni anni difficili, perché padre e figlia trovino un rapporto meno sbilanciato e conflittuale, e perché Francesca diventi a tutti gli effetti "collega" di un artista che ha lasciato il segno nel cinema italiano.
L'ottima notizia è che Francesca Comencini è diventata davvero una regista all'altezza di suo padre, e lo dimostra proprio con Il tempo che ci vuole, scavando a fondo e con efferata spietatezza in quel rapporto per lei così centrale e raccontandolo come se le sue sorelle e sua madre non esistessero.
Comencini ricorda "come era esclusiva la tenerezza che univa" lei e suo padre, e come certi legami cancellino tutti gli altri intorno, o quantomeno vadano raccontati senza interferenze, ancorché amorevoli. Ed è significativo, cinematograficamente parlando, che Francesca sia tornata a raccontare suo padre in forma direttissima dopo averlo raffigurato in forma traslata in Le parole di mio padre come una figura elusiva e autoritaria, appoggiandosi a Italo Svevo per mettere in scena, timidamente e di sfuggita, il suo rapporto difficile con il patriarca Luigi. Oggi la consapevolezza adulta, forse anche la propria esperienza genitoriale, le permettono di affrontare di petto quella figura paterna che ha adombrato e allo stesso tempo illuminato la sua vita, e nel farlo la regista e sceneggiatrice riesce a raccontare la bellezza e complessità del legame fra un padre e una figlia, ma anche il ruolo centrale che il cinema ha avuto per entrambi, e nell'immaginario di noi spettatori. Il tempo che ci vuole è infatti attraversato dal cinema, non solo quello di Luigi e Francesca Comencini, ma anche quello di chi del cinema è stato pioniere, come Georges Méliès, e di chi l'ha saputo reinventare in Italia, come Roberto Rossellini.
Il cinema secondo i Comencini è passione totalizzante, veicolo di espressione di sé, legame fra un Paese e la sua identità culturale, punto di contatto fra i registi e il pubblico. Quel cinema attraversa tutta la storia di Luigi e Francesca anche tramite piccole citazioni (il ponte sotto il quale due generazioni camminano vicine ma non riescono a parlarsi come ne L'ultimo tango a Parigi) che testimoniano il ruolo del grande schermo nella vita di entrambi, così come nella nostra. Anche dietro le quinte di Il tempo che ci vuole c'è tanto grande cinema italiano: Paola Comencini ai costumi, Francesca Calvelli al montaggio, Luca Bigazzi alla direzione della fotografia, Marco Bellocchio alla produzione (e non solo...), e via elencando. La regista riesce miracolosamente a legare tutto questo, e a rendere universale la sua storia personale che ripercorre con un coraggio da leonessa - tratto che apparteneva anche a suo padre e che lui alla fine ha saputo riconoscerle. Francesca attraversa un passato doloroso raccontando anche la sua assuefazione alle droghe e imbeve la sua storia della nostalgia del padre volato in cielo (l'unico appunto negativo al film è proprio quel volo finale). Laddove Luigi era allergico all'autobiografia, Francesca "passa attraverso la spada" dei suoi ricordi nel restituire il loro legame, ma ricostruisce anche una fetta di Storia italiana fatta di set magici e spietati, corridoi altoborghesi, tragedie politiche - Piazza Fontana, il delitto Moro, le Brigate Rosse - e drammi privati. E lo spostamento graduale del padre da divinità a creatura fragile è altrettanto commovente sullo schermo di quanto non lo sia stato per ognuno di noi, quando da figli ci siamo resi conto della mortalità dei nostri genitori e non ci è restato che accompagnarli, con tenerezza e amore. Francesca riserva per sé lo sguardo più critico, e al padre regala la gratitudine per averle insegnato ad affrontare il comune terrore del fallimento (la frase che dirà Luigi alla figlia è di Samuel Beckett). Al centro c'è l'amorevole duello fra ogni padre e ogni figlia, ma anche quello attoriale fra un gigantesco Fabrizio Gifuni, impressionante nell'evocare Luigi Comencini con tutto il corpo - la camminata, i gesti delle mani, le espressioni del volto, il piglio autoritario e gentile - e l'ottima Romana Maggiora Vergano (ma anche Anna Mangiocavallo che interpreta Francesca da piccola). Il tempo che ci vuole è un film profondamente libero su come la vita, solo alla fine, tira le somme, resettando priorità e scale di valori. È anche un film sui vari modi di intendere il cinema, onanistico e in primo piano o "totale" e intento a farsi capire dal pubblico: Francesca Comencini dimostra che si può "fare bene" entrambi raccontandone la possibilità di convivenza. Se "il cinema ti mostra quello che trova", come diceva Luigi Comencini, qui ha trovato una grande autrice.
Cogliendo l’espressione di Luigi Comencini: “ I film o stanno in piedi o non stanno in piedi”…questo film , ci sta…in piedi... "IL TEMPO CHE CI VUOLE" Francesca Comencini scrive e dirige un film sugli anni della sua adolescenza. Attraversa varie tappe, l’infanzia e gli anni della turbolenta giovinezza , dove la figura del padre Luigi [...] Vai alla recensione »
“Il tempo che ci vuole” di Francesca Comencini è un’opera di non comune intensità sul rapporto speciale che legava Francesca con il padre, l’intramontabile regista Luigi Comencini. È un racconto fiabesco, onirico, emozionante, tenero, dove la magistrale interpretazione di Fabrizio Gifuni (Luigi Comencini) e Romana Maggiora Vergano (Francesca Comencini) [...] Vai alla recensione »
Un film coraggioso, anche se basato su soli due personaggi, l'affermato regista Luigi Comencini e la sua figlia più piccina, bambina adorata prima e adolescente ribelle poi fino ad essere sull'orlo del precipizio. Una storia autentica e coraggiosa, che riesce a parlare e ad interpretare tutte le complesse sfumature del rapporto padre / figlia.Un grandissimo Fabrizio Gifuni, che da prova anche in questo [...] Vai alla recensione »
Quando un film personale è molto acclamato dalla critica il semplice commentatore si trova un po' in imbarazzo. A me il film è piaciuto nell'interpretazione dei due attori. Un po' meno nella rappresentazione a due che ha escluso tutto il mondo circostante. Abbiamo capito la dedizione completa di un padre verso una figlia che si stava perdendo, abbiamo capito il contesto storico [...] Vai alla recensione »
IL TEMPO CHE CI VUOLE... Film autobiografico in cui la regista racconta tutte le fasi della sua vita che l'hanno portata a diventare sia a livello umano che professionale, la persona che è oggi. La storia si sviluppa esclusivamente sul rapporto col padre, tant'è che il resto della famiglia non viene volutamente preso in considerazione, quasi come se non esistessero.
Avevo paura ad andare. Per tanti motivi. Ma il film è degno di tanto cognome. Sono uscito dal cinema....volando!
bella la citazione da "Michel" di Claudio Lolli!!! Speriamo che, da qualche parte lassù o laggiù, la possa leggere e commuoversi, come è accaduto a me.
Splendido film. Bravissimo Gifuni. Emozioni intense nella descrizione del rapporto padre figlia. Interessante la descrizione del mestiere del cinema. Da vedere.
C'è un momento, secondo me, decisivo nell'ultimo film di Francesca Comencini dove il protagonista, Luigi Comencini, interpretato in modo perfetto da Fabrizio Gifuni, pronunzia una battuta il cui senso più o meno è il seguente (vado a memoria): "ho fatto una quarantina di film e non ho mai parlato di me stesso, lei fa il suo primo ed è autobiografico".
"Il tempo che ci vuole", presentato fuori concorso a Venezia 81, poche settimane or sono, ricostruisce il rapporto tra la regista Francesca Comenicini e il padre, il celebre Luigi, elevandolo a vicenda universale nel rapporto padre/figlia. Un padre non comune, autorevole nel suo campo e nel ruolo di genitore, con cui Francesca ha dovuto fare i conti a lungo, prima di sciogliersi definitivamente.
Francesca Comencini e il padre Luigi. Solo loro due, ché questa è la storia del loro rapporto, gli altri membri della famiglia restano fuori dal quadro. Padre e figlia e la vita intrecciata col cinema, e siamo subito sul set di "Pinocchio". Ma Luigi chiarisce: «Prima viene la vita, e poi il cinema». E Francesca ragazza rischiò di deragliare, provò l'eroina e ne rimase prigioniera.
Dopo tanti anni passati a fare il suo stesso lavoro cercando di essere diversa da lui, ho voluto raccontare quanto ogni cosa che sono la devo a lui: ho voluto rendere omaggio a mio padre, al suo modo di fare cinema, al suo modo di essere, all'importanza che la sua opera e il suo impegno hanno avuto per il nostro cinema, all'importanza che la sua persona ha avuto per me.
Autobiografico. Con un padre amatissimo e celebre come Luigi Comencini. Frammenti di storia italiana (alla televisione, vediamo piazza Fontana, i delitti della Brigate Rosse, il rapimento di Aldo Moro). Gli anni della droga, anche. Raccontati con dolore e realismo, ma senza tradire il racconto quieto (parliamo di stile cinematografico, il dramma non è escluso ma esistono modi diversi per raccontarlo) [...] Vai alla recensione »
Un padre, il regista Luigi Comencini, e una figlia, Francesca, anche lei cineasta. Il cinema e la vita. L'infanzia che sembra luminosa e fiabesca come il set di Pinocchio, e un'adolescenza buia, fatta di dubbi e menzogne, conflitti e sensi di colpa, negli anni delle stragi, delle rivoluzioni sociali e della comparsa delle droghe, che stravolsero un'intera generazione.
Autobiografico e accorato, "Il tempo che ci vuole" ricostruisce l'intenso e tumultuoso rapporto vissuto col padre Luigi dalla regista Francesca Comencini, una delle quattro figlie che ha seguito le orme paterne dopo avere superato ardue prove di vita. L'atto d'amore messo in scena con garbo elegiaco merita attenzione, anche perché dal punto di vista della confezione il film è di ottimo livello: avvolto [...] Vai alla recensione »
«L'ha fatto tutto lei?» chiede il padre guardingo all'insegnante d'arte quando la figlia realizza un bassotto in ceramica. È l'inizio de Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini. Il papà diffidente è Luigi Comencini (Fabrizio Gifuni), all'epoca già grande regista di Pane, amore e fantasia (1953) e Tutti a casa (1960). La bimba creativa è Francesca, figlia che non ride quasi mai.
Avrò diretto quaranta film tenendomi alla larga dall'autobiografia. Tu invece la fai alla prima regia. Complimenti. Ma non chiedermi di vederlo. Luigi Comencini è categorico, e se lo può permettere. Come padre oltre che come regista. Sua figlia Francesca sta per esordire con un film sui miei anni complicati e quelle complicazioni le abbiamo appena viste.
Delicato e intimista ma fatto avulso dal contesto sociale, "Il tempo che ci vuole" è basato sul rapporto padre-figlia e sulla magia del cinema. La figlia è Francesca Comencini regista di questo lavoro autobiografico che punta sulla fantasia e sul cinema al centro della vita. Lei e figlia di Luigi Comencini l'autore del leggendario Pinocchio tv. "Il tempo che ci vuole", fuori concorso alla Mostra di [...] Vai alla recensione »
C'è una piacevole circolarità rispetto a Il tempo che ci vuole. Il primo film di Francesca Comencini, Pianoforte, proiettato al festival di Venezia nel 1984, era un dramma autobiografico sulla lotta alla tossicodipendenza vissuta dalla regista nella sua tarda adolescenza. Dopo una lunga carriera, Comencini ha presentato al festival di Venezia un altro dramma autobiografico, basato stavolta sul suo [...] Vai alla recensione »
Un padre e una figlia. Pinocchio. E il mondo legato al cinema, perché papà e bimba sono Luigi Comencini e Francesca, regista di questo ritratto di famiglia che è un «passo a due» in cui il grande schermo si mescola ai sentimenti e agli anni di piombo. A quello che si era, si è rischiato di diventare e si è poi arrivati a essere. Molte le citazioni, tra le tante, Miracolo a Milano.
Prima la vita, poi il cinema, ammonisce Luigi Comencini (Gifuni, un po' vittima di ruoli precedenti). L'amore che lo guida al compito titanico di strappare dalla droga l'adolescente Francesca (Vergano) apre le porte della vita all'amore per il cinema. Personale, intimo, e universale (una figlia salvata dal papà), set&ossessioni, luci&tenebre, a volte troppo coinvolto per liberare le immagini dal grumo [...] Vai alla recensione »
Quello che il tempo vuole è la memoria delle cose, il ricordare come atto materico, come funzione dell'esperienza: luci, riflessi, oggetti, spazi, suoni, odori... Sensazioni, prima ancora che ricordi. È su questo che Francesca Comencini costruisce Il tempo che ci vuole, il suo film più personale (insieme all'esordio Pianoforte), atto di presenza alla figura del padre Luigi, prima ancora che naturale [...] Vai alla recensione »
Infine, Fuori Concorso (ma rispetto ad altri italiani avrebbe meritato di stare in gara), ecco "Il tempo che ci vuole" di Francesca Comencini, che si mette in gioco in prima persona (qui interpretata da Romana Maggiora Vergano), in un film autobiografico, che parte dall'amore del cinema, grazie al papà Luigi (Fabrizio Gifuni), e della vita, con tutte le difficoltà, anche aspre e conflittuali col genitore, [...] Vai alla recensione »
Il tempo che ci vuole o, meglio, "prima la vita". Francesca Comencini fa infine il suo primo film, quello che aveva promesso al padre, Luigi, ricevendone cortese rimbalzo: "Non lo vedrò". L'ha fatto anni e anni dopo, portando al cinema la vita che fu e il cinema che fu, e ancora: in breve, Pinocchio, l'eroina, Parigi. Di due, padre e figlia, un'opera, Fuori Concorso a Venezia 81, presa dal dato di [...] Vai alla recensione »
Una scelta radicale, di quelle che o accetti o rifiuti, contraddistingue il film di Francesca Comencini (primo lavoro il premiato Pianoforte, 1984, ultimo il televisivo Django), un biopic di taglio inusuale che diventa qualcosa di più, dato anche il lato autobiografico. Padre e figlia, regista e regista, intellettuale ed extraparlamentare: tre aspetti che si mescolano e che si aprono alla storia del [...] Vai alla recensione »
"Prima la vita, poi il cinema" dice il padre-regista al suo assistente sul set di Le avventure di Pinocchio, rimproverandolo per essersi rivolto maleducatamente agli abitanti del villaggio in cui stanno girando. È un momento cruciale, una sorta di dichiarazione programmatica da cui Francesca Comencini parte per mettere in gioco se stessa e il confine tra memoria e fantasia, come non aveva mai fatto [...] Vai alla recensione »