La sua Anna, spesso in silenzio, morbida quarantenne, a volte inquadrata in primi piani e con alle spalle lunghi corridoi che diventano corridoi d'angoscia: l'essenza di un magnifico dipinto sociale, nel suo Mobbing. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Francesca Comencini sognava di fare la scrittrice, ora si sta affinando con un cinema che diventa, ogni pellicola di più, conturbante, bello, provocante e irresistibile. Questa regista dai capelli color noce - la Comencini castana, rispetto ai capelli della sorella Cristina biondissimi -, con un viso e un portamento molto più dolci dei suoi film, non ha paura di giocare con fattori di disturbo nel suo modo di raccontare la vita, senza tralasciare mai quei dettagli-chiave che connotano il testo del film.
Le origini e il lusinghiero esordio alla regìa
Regista, sceneggiatrice e aiuto regista, figlia d'arte (suo padre è il grande Luigi Comencini, mentre sua madre è Giulia, figlia della principessa Eleonora Grifeo di Partanna), sorella di Paola e Cristina Comencini, Francesca inizia il suo percorso di vita come studentessa di filosofia, poi lascia l'università dopo due anni di studio e si trasferisce in Francia, dove nel 1982 sposerà il produttore e attore Daniel Toscan du Plantier, dal quale divorzierà dopo la nascita del suo primo figlio.
Nonostante il suo sogno nel cassetto sia quello di diventare una scrittrice, nel 1984 si dedica alla regia dirigendo Pianoforte (1984), storia autobiografica di una studentessa universitaria e di un giornalista affermato, entrambi tossicodipendenti. La pellicola le permette di vincere il Premio De Sica al Festival di Venezia. È il suo primo successo.
L'affermazione
Negli anni seguenti, si occupa della sceneggiatura di Un ragazzo di Calabria (1987), per la regia di suo padre Luigi, e del francese La luce del lago che lei stessa dirigerà nel 1989. Negli anni novanta, dopo essere stata assistente regista del padre in Marcellino (1991) con Ida Di Benedetto e Roberto Herlitzka (remake del più classico Marcellino pane e vino, 1955), firma l'inedito Annabelle partagée (che uscirà in Francia e nei paesi limitrofi) e poi i documentari Elsa Morante (1995), dedicato alla famosa scrittrice italiana, e Shakespeare a Palermo, su una piéce di Carlo Cecchi.
Con l'arrivo del nuovo millennio, è nei migliori cinema con Le parole di mio padre (2001), pellicola in cui dirige un'altra figlia d'arte, Chiara Mastroianni, e Mimmo Calopresti, ispirata al romanzo edipico di Italo Svevo, "La coscienza di Zeno", ma è duramente bacchettata dalla critica per la pesantezza della sceneggiatura. Si rifà, contribuendo con altrettanti registi, in vari reportage sugli eventi che colpirono Genova nei giorni del G8, firmando forse uno dei documentari più belli sull'argomento: Carlo Giuliani, ragazzo (2002), sull'uccisione da parte della polizia di uno dei "disobbedienti" che parteciparono alla protesta del 20 luglio 2001.
Da Mobbing agli ultimi lavori
Compagna del produttore Philippe Dugay e madre dell'attrice Camille Dugay Comencini, nel 2003 è l'autrice del documentario Firenze, il nostro domani, poi l'anno successivo, arriva il suo film più intenso Mi piace lavorare (Mobbing), con Nicoletta Braschi, che vincerà il Premio della Giuria al Festival di Berlino e il Nastro d'Argento come miglior soggetto. La storia è quella di una contabile che, dopo una fusione con una multinazionale del suo reparto, sarà vittima del mobbing da parte della nuova multinazionale entrante. Un film che descrive in maniera atroce e spietata tutti i danni che questo tipo di fenomeno social-lavorativo riesce a provocare in un individuo, il tutto delineato da una regia efficace, essenziale, ma allo stesso tempo introspettiva.
Nel 2004, firma anche il documentario collettivo Visions of Europe sullo stato dell'arte nel mondo, poi il lungometraggio morale con Valeria Golino e Luca Zingaretti A casa nostra (2006), in cui si scatena contro il potere del denaro e i falsi moralismi.
Rinfresca nuovamente l'attenzione al sociale con In fabbrica (2007), uno sguardo documentaristico al percorso evolutivo della classe operaia italiana a partire dal dopoguerra. Dopo un'attesa di due anni e un costernato omaggio in pellicola al dramma aquilano (L'Aquila 2009, ha diretto il segmento 'Le donne di San Gregorio') torna al cinema vero e proprio con l'ispirato e femmineo Lo spazio bianco (2009) con Margherita Buy, Gaetano Bruno e Giovanni Ludeno. Tre anni dopo è in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con Un giorno speciale, storia di un incontro tra due ragazzi nel loro primo giorno di lavoro.
Dopo la direzione di molti episodi di Gomorra, è dietro la macchina da presa per il film Amori che non sanno stare al mondo (2017), con Lucia Mascino e Thomas Trabacchi.
Dopo le serie Luna nera e Django, presenta alla Mostra del Cinema (fuori concorso) Il tempo che ci vuole, film autobiografico dedicato al padre.
Grande fonte di ispirazione per tutte quelle donne che vogliono intraprendere la carriera delle registe, Francesca Comencini è uno del modelli più entusiasmanti del cinema italiano anni Novanta.