La dolce vita |
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Un film di Federico Fellini.
Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aim?e, Yvonne Furneaux, Alain Cuny.
continua»
Commedia,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 173 min.
- Italia, Francia 1960.
- Cineteca di Bologna
MYMONETRO
La dolce vita
valutazione media:
4,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La febbre di un mondodi paolopaceFeedback: 1800 | altri commenti e recensioni di paolopace |
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venerdì 16 settembre 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L'ambizione di Fellini era quella di comporre, come in un grande affresco, un quadro, anzi una serie di quadri della civiltà contemporanea, che ruota attorno a una figura emblematica dell'epoca, il giornalista a caccia di scandali, di cronache mondane, che attraversa come gironi infernali i vari ambienti della società. Ma fellini non ha intenzione di fare la morale; egli si limita a catturare con gli occhi, le orecchie, con la sua sensibilità di artista, gli umori, le sensazioni, tutto quanto ha di unico e magari anche , anche in contesto moralisticamente discutibile o condannabile di buono il mondo contemporaneo. Dalla café-society infatti il film si allarga, si dilata in una gran carosello barocco, nel quale Marcello si lascia andare, galleggiare, tramite attraverso il quele vediamo quanto è bello o brutto il mondo. Lo spunto è il rapporto di Marcello con le donne: insoddisfatto dell'amore possessivo e castrante della sua amante, si incontra con aristocratiche, altoborghesi, star, pulite adolescenti. Venuto dalla provincia pieno di aspettative è insieme affascinato e disgustato. Intellettuale, reprime o ripone le sue ambizioni a favore di un sempre più progressivo scivolamento nel giornalismo più terra terra, che è quello che Fellini voleva rappresentare con questo film. Non si può separare l'avventura di Marcello, ispirato a modelli anche lontani dalla vita del regista, da non poco di di autobiografico. E' impossibile considerare il film separandolo da Fellini. Le sue dilatazioni (lo hanno confermato alcuni dei i personaggi nella parte di se stessi) sono quelle del provinciale cui molte delle figure della città appaiono mostri, fantasmi, o anche santi, in cui la realtà appare spesso grottesca o squallida. Ma Fellini, come capita a certi artisti, adorava anche lo squallore. Accusato di disimpegno, anzi di incapacità politica, egli ribadiva che la cosa migliore che potesse fare un regista - lo ha pensato fino alla fine - fosse testimoniare, rappresentare le cose così com'erano. "Vogliamo piantarla con le frescacce, le illusioni sterili? E' tutto rotto. Non crediamo più a niente" diceva al tempo del film. "La dolce vita" è un film apocalittico. Come dice Gore Vidal in un cameo in "Roma" (1970), questa è la città migliore per aspettare la fine del mondo. Fellini riesce a comunicare anche questo senso di attesa: la "fine del mondo" può voler dire molte cose, un monolito scoperto sulla Luna, la bomba atomica, o magari un mondo nuovo, attraverso la Grazia, la cui assenza può rappresentare anche l'attesa. O semplicemente una stoica accettazione, sentimento cui Fellini è spesso vicino e che ha rappresentato, avanti rispetto ai giornalisti e ai politici che lo hanno attaccato o usato per attaccare i loro avversari, in questo film, che regge benissimo l'interpretazione teologica quanto quella laica e terrena. Da una presentazione del film a un network privato: "Con questo film il cinema italiano è diventato adulto". Ma l'influenza del film è stata enorme anche fuori dall'Italia. Pensiamo alla vittoria al festival di Cannes piuttosto che agli sputi, alla sua fondamentale importanza per film americani come "Nashville" come ammise Altman; a uno "svecchiamento" generale della critica. Fellini non bara, neanche nel finale, dove balena, più fortemente che in ognuno degli altri episodi, la possibilità-speranza di salvezza: Marcello e i suoi amici sono esattamente quelli che erano all'inizio del film, o magari alla fine di "Otto e mezzo".
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