amomino
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mercoledì 22 novembre 2023
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un film che non c''è
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Capolavoro di tecnica e nient'altro. Trama inesistente e consequenziale a un girato di 174 bellissimi minuti di nulla. Un film che non c'è... indigeribile, schifosamente sopravvalutato oltre ogni pur minimo accenno di perplessità. Desolante constatare che ci siano tanti estimatori di sta roba che non è altro che una confezione di lusso contenente aria. Per varie ragioni (neppure inerenti al film in se) ha avuto in altri anni la sua fetta di popolarità ma il tempo pian piano farà giustizia degli autorevoli quanto ruffiani scribacchini di film destinando tal inanità al suo più confacente allocamento: il dimenticatoio.
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Capolavoro di tecnica e nient'altro. Trama inesistente e consequenziale a un girato di 174 bellissimi minuti di nulla. Un film che non c'è... indigeribile, schifosamente sopravvalutato oltre ogni pur minimo accenno di perplessità. Desolante constatare che ci siano tanti estimatori di sta roba che non è altro che una confezione di lusso contenente aria. Per varie ragioni (neppure inerenti al film in se) ha avuto in altri anni la sua fetta di popolarità ma il tempo pian piano farà giustizia degli autorevoli quanto ruffiani scribacchini di film destinando tal inanità al suo più confacente allocamento: il dimenticatoio.
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giovanni morandi
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sabato 8 ottobre 2022
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la dolce vita di una roma,decadente giovanni moran
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ellini aveva già fatto tre grandi film, I Vitelloni, La Strada e le Notti di Cabiria, che rientravano però in un tipo di narrazione lineare , anche se con uno stile un po' onirico, che pur appartenente al neorealismo, avevano fatto conoscere lo stile di Federico, uno stile unico, come non si era ancora visto sullo schermo. Nel 1960, in Francia, nasceva la Nouvelle Vague, dove nei film nasceva un modo di far cinema "anti-narrativo".
Fellini, forse subì l'influenza di quella tendenza quando gli venne in mente questa opera, dove non c'è una storia ben definita, anzi, il film originariamente durava tre ore ed era concepito da una serie di storie apparentemente slegate tra loro.
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ellini aveva già fatto tre grandi film, I Vitelloni, La Strada e le Notti di Cabiria, che rientravano però in un tipo di narrazione lineare , anche se con uno stile un po' onirico, che pur appartenente al neorealismo, avevano fatto conoscere lo stile di Federico, uno stile unico, come non si era ancora visto sullo schermo. Nel 1960, in Francia, nasceva la Nouvelle Vague, dove nei film nasceva un modo di far cinema "anti-narrativo".
Fellini, forse subì l'influenza di quella tendenza quando gli venne in mente questa opera, dove non c'è una storia ben definita, anzi, il film originariamente durava tre ore ed era concepito da una serie di storie apparentemente slegate tra loro. Poi il lampo di genio: il legame costituito da un personaggio, abbastanza semplice, un ex- scrittore, giornalista, Marcello Rubini (Mastroianni) che sembra calato dal cielo (nelle prime sequenze si vede su un elicottero, con appeso un Cristo, che sorvola la città Eterna.
Un giornalista condannato a frequentare per lavoro un' ambiente, intriso dalla superficialità di Star che promuovono i propri film (Anita Ekberg) e nello stesso tempo cedono alle mille attrazioni di una città incredibilmente bella ed affascinante. Ma nello stesso tempo, popolata da ricchi e nobili, che non trovano di meglio da fare, che cedere ad una vita vuota di ideali e superficiali. Il tutto, col codazzo dei "paparazzi" Reporter di serie B, alla caccia di scoop scandalistici.
Ma, ogni tanto affiorano personaggi pieni di ideali e positività, come l'amico Steiner, che, è talmente spirituale, che finisce per uccidersi.
Oppure Maddalena, bella, ricca ed elegante, che sembra suscitare in Marcello, qualcosa che non riesce a trovare nella fidanzata, troppo semplice ed ossessivamente gelosa.
Il film, dopo una scena di improvvisato spogliarello da parte di una del gruppo di "gente bene", annoiata più del solito ed una visita al castello di un altro rampollo di una nobile casata, si conclude al mare, dove viene scoperto una sorta di "mostro marino".
In lontananza un' altra immagine simbolica, una giovane che gestisce un piccolo bar in tira al mare, saluta Marcello, che vorrebbe raggiungerla ed abbandonare quella banda di nobili annoiati, e con essi, forse, proprio un genere di umanità ed ad un tempo una vita, che ripugna, ma...non ne ha il coraggio.
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giovanni morandi
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sabato 8 ottobre 2022
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la dolce vita di una roma,decadente giovanni moran
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ellini aveva già fatto tre grandi film, I Vitelloni, La Strada e le Notti di Cabiria, che rientravano però in un tipo di narrazione lineare , anche se con uno stile un po' onirico, che pur appartenente al neorealismo, avevano fatto conoscere lo stile di Federico, uno stile unico, come non si era ancora visto sullo schermo. Nel 1960, in Francia, nasceva la Nouvelle Vague, dove nei film nasceva un modo di far cinema "anti-narrativo".
Fellini, forse subì l'influenza di quella tendenza quando gli venne in mente questa opera, dove non c'è una storia ben definita, anzi, il film originariamente durava tre ore ed era concepito da una serie di storie apparentemente slegate tra loro.
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ellini aveva già fatto tre grandi film, I Vitelloni, La Strada e le Notti di Cabiria, che rientravano però in un tipo di narrazione lineare , anche se con uno stile un po' onirico, che pur appartenente al neorealismo, avevano fatto conoscere lo stile di Federico, uno stile unico, come non si era ancora visto sullo schermo. Nel 1960, in Francia, nasceva la Nouvelle Vague, dove nei film nasceva un modo di far cinema "anti-narrativo".
Fellini, forse subì l'influenza di quella tendenza quando gli venne in mente questa opera, dove non c'è una storia ben definita, anzi, il film originariamente durava tre ore ed era concepito da una serie di storie apparentemente slegate tra loro. Poi il lampo di genio: il legame costituito da un personaggio, abbastanza semplice, un ex- scrittore, giornalista, Marcello Rubini (Mastroianni) che sembra calato dal cielo (nelle prime sequenze si vede su un elicottero, con appeso un Cristo, che sorvola la città Eterna.
Un giornalista condannato a frequentare per lavoro un' ambiente, intriso dalla superficialità di Star che promuovono i propri film (Anita Ekberg) e nello stesso tempo cedono alle mille attrazioni di una città incredibilmente bella ed affascinante. Ma nello stesso tempo, popolata da ricchi e nobili, che non trovano di meglio da fare, che cedere ad una vita vuota di ideali e superficiali. Il tutto, col codazzo dei "paparazzi" Reporter di serie B, alla caccia di scoop scandalistici.
Ma, ogni tanto affiorano personaggi pieni di ideali e positività, come l'amico Steiner, che, è talmente spirituale, che finisce per uccidersi.
Oppure Maddalena, bella, ricca ed elegante, che sembra suscitare in Marcello, qualcosa che non riesce a trovare nella fidanzata, troppo semplice ed ossessivamente gelosa.
Il film, dopo una scena di improvvisato spogliarello da parte di una del gruppo di "gente bene", annoiata più del solito ed una visita al castello di un altro rampollo di una nobile casata, si conclude al mare, dove viene scoperto una sorta di "mostro marino".
In lontananza un' altra immagine simbolica, una giovane che gestisce un piccolo bar in tira al mare, saluta Marcello, che vorrebbe raggiungerla ed abbandonare quella banda di nobili annoiati, e con essi, forse, proprio un genere di umanità ed ad un tempo una vita, che ripugna, ma...non ne ha il coraggio.
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pacittipaolo
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venerdì 10 aprile 2020
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fellini apre la strada al cinema moderno
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Nella sua convinzione che la realtà esista nel rapporto personale, individuale con la stessa, i film di Fellini sono insieme un diario intimo e pubblico. Partendo dalle abitudini mondane di una grande città, di cui il protagonista è cronista con al suo seguito i fotoreporter ("paparazzi") il film si allarga in un vasto affresco con una personale riflessione dell'autore sulla condizione umana contemporanea. Preceduto da un attesa altettanto abnorme e dilatata, il film ebbe un emorme, inaspettato successo internazionale considerando la sua originalità formale e la sua spregiudicatezza contenutistica. In futuro Fellini accentuerà la sua maniera di procedere per potenti visioni, che qui appaiono legate nel loro insieme da personaggi e luoghi ricorrenti e dallo scandire giorno/notte/mattino: albeggia sette volte e le sette sequenze intorno alle quali è costruito il film si verificano tutte di notte o in gran parte di notte.
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Nella sua convinzione che la realtà esista nel rapporto personale, individuale con la stessa, i film di Fellini sono insieme un diario intimo e pubblico. Partendo dalle abitudini mondane di una grande città, di cui il protagonista è cronista con al suo seguito i fotoreporter ("paparazzi") il film si allarga in un vasto affresco con una personale riflessione dell'autore sulla condizione umana contemporanea. Preceduto da un attesa altettanto abnorme e dilatata, il film ebbe un emorme, inaspettato successo internazionale considerando la sua originalità formale e la sua spregiudicatezza contenutistica. In futuro Fellini accentuerà la sua maniera di procedere per potenti visioni, che qui appaiono legate nel loro insieme da personaggi e luoghi ricorrenti e dallo scandire giorno/notte/mattino: albeggia sette volte e le sette sequenze intorno alle quali è costruito il film si verificano tutte di notte o in gran parte di notte. Mentre Fellini realizza geniali soluzioni cinematografiche che troveranno nel successivo Otto e mezzo (altro racconto di una crisi esistenziale, questa volta però incentrato sul privato) compiuta realizzazione, i suoi co-sceneggiatori apportano ciascuno un importante contributo personale, suggerendo interi episodi, magari aggiunti durante la lunga e divertente lavorazione (non sempre per il regista, al quale i produttori spesso presentavano il conto) al posto di altri o altri personaggi non girati (la sceneggiatura pubblicata è diversa dal film), contribuendo alla trasfigurazione fantastico/fiabesca e ad una impietosa satira di costume. Ricco e forte il cast, anche se magari meno prestigioso di quello inizialmente previsto con altri produttori, ma Fellini fa stare benissimo insieme personaggi veri nella parte di se stessi e comparse, attori preparati e facce nelle quali egli trova la perfetta espressione della verità dei personaggi. Mastroianni comprende molto bene la sua parte e il film e il suo personaggio è molto emblematico (anche se quello che più di ogni altro rappresenta La dolce vita nella sua modernità è Maddalena), che Fellini cerca di avvicinare al modello che aveva disegnato, magari applicandogli in alcune scene ciglia finte e tiranti agli occhi, e vestendolo sempre di nero (tranne che nel finale). Si può dire che quasi nessuno spettatore è restato indifferente al film, per molti una vera esperienza esistenziale e per l'Italia un vero terremoto. Ma forse la considerazione più importante è stata la sua importanza cinematografica: La dolce vita è stato fonte di ispirazione - se non qualcosa di più - per molti registi: per esmpio alcuni film hollywoodiani degli hanno '70 hanno qualcosa che viene dritto dritto da questo film.
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angelocorsi
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giovedì 9 aprile 2020
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fellini è di quelli che ha dato lustro all'italia
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Non so se c'è ancora qualcuno che non è d'accordo (uno, satireggiato da Fellini in “Boccaccio '70”, è diventato Presidente della Repubblica). Dopo la seconda guerra mondiale l'Italia non aveva affatto nel mondo una grande fama. Il nostro grande cinema ci ha aiutato a riconquistarla. Formatosi nel neorealismo, Fellini - da esso stesso allora incompreso - lo ha superato. Quello che è stato definito in questo film la ricerca di un nuovo linguaggio cinematografico corrisponde alla sua tecnica di mettere insieme delle sequenze senza una vera e propria storia per fare un film.
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Non so se c'è ancora qualcuno che non è d'accordo (uno, satireggiato da Fellini in “Boccaccio '70”, è diventato Presidente della Repubblica). Dopo la seconda guerra mondiale l'Italia non aveva affatto nel mondo una grande fama. Il nostro grande cinema ci ha aiutato a riconquistarla. Formatosi nel neorealismo, Fellini - da esso stesso allora incompreso - lo ha superato. Quello che è stato definito in questo film la ricerca di un nuovo linguaggio cinematografico corrisponde alla sua tecnica di mettere insieme delle sequenze senza una vera e propria storia per fare un film. La dolce vita procede a blocchi narrativi, mediatore Marcello che Fellini ha scelto come tipo qualsiasi, un anti-divo con la faccia da bravo ragazzo che ispirasse fiducia e simpatia per accompagnare lo spettatore nei vari ambienti del territorio del film, quella giungla che il protagonista ama e definisce “tiepida e tranquilla nella quale ci si può nascondere bene”. Con il suo sguardo e i suoi gesti Mastroianni rappresenta in maniera molto intelligente le velleità di una società in trasformazione. Egli cerca il senso, i veri valori, l'essenza della vita in un mondo che pare averla smarrita, parallelamente ai suoi rapporti con la donna: ha incontri con molte donne, che, a differenza della sua amante Emma, con la quale però non crede di trovare se stesso, gli si presentano in modo problematico. Il protagonista confuso, ambiguo, fa dei passi indietro, placa l'ansia partecipando all'allegria generale (aspetto che Fellini voleva mettere in evidenza pur in una cornice crudele) anche se è cosciente e rivela ogni tanto dei sussulti a causa della sua sensibilità. Per Fellini l'impegno consisteva nel descrivere lo stato delle cose, trasfigurato in quello che è stato definito il suo barocchismo, cioè spingendo la caricatura (egli ha cominciato come caricaturista) verso il visionario. I suoi collaboratori forniscono un apporto prezioso, come Flaiano che tempera la sceneggiatura con acute osservazioni di costume, appunti ironici e grotteschi che arrivano a segno o lo scenografo e costumista Gherardi che conferisce qualcosa di irreale a ogni scena contribuendo alla trasfigurazione nella fiaba. Oltre naturalmente alla musica di Nino Rota, che Fellini definiva elemento consustanziale dei suoi film, sorta di espressione auditiva degli stessi: Rota era perfettamente in sintonia con l'ispirazione felliniana. Con La dolce vita Fellini ha cercato un equivalente cinematografico dei giornali di rotocalco dell'epoca, nella loro stessa particolare tonalità del bianco e nero, ed è rimasto perplesso da molte reazioni, negative ma anche positive, dell'Italia di allora, che ne ha fatto un caso politico - oltre che un elemento di divisione tra gli stessi cattolici, tra mancati e futuri papi - scavalcando il reale valore del film (che un candidato papa mancato per 4 volte aveva capito), che al di là del successo di scandalo avrebbe meritato e merita di essere apprezzato come grande opera d'arte.
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angelo umana
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mercoledì 22 gennaio 2020
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fellini precursore a 100 anni dalla nascita
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Martin Scorsese disse che La Dolce Vita è un film che ha cambiato tutte le regole. I film si dividono in quelli che vengono prima e quelli che vengono dopo. Ha portato un cambiamento nella società e nel cinema. Chissà se nella società almeno italiana davvero abbia portato un cambiamento, può essere, ma solo in parte. Fellini fu un rivoluzionario, dissacrante e controcorrente, fantasioso nel cinema e nella società suggeritore del "sovvertimento dell'ordine costituito", delle credenze comuni, su come ad esempio vivessero "bene" i partecipanti al bel mondo, o alla vita dolce, con tutte le star, divi dive e primattori, ma anche rincalzi e poveretti che a quei personaggi si avvicinavano per guadagnarne o goderne, e i "paparazzi" consacrati in quel film (l'attore Enzo Cerusico interpreta uno di questi).
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Martin Scorsese disse che La Dolce Vita è un film che ha cambiato tutte le regole. I film si dividono in quelli che vengono prima e quelli che vengono dopo. Ha portato un cambiamento nella società e nel cinema. Chissà se nella società almeno italiana davvero abbia portato un cambiamento, può essere, ma solo in parte. Fellini fu un rivoluzionario, dissacrante e controcorrente, fantasioso nel cinema e nella società suggeritore del "sovvertimento dell'ordine costituito", delle credenze comuni, su come ad esempio vivessero "bene" i partecipanti al bel mondo, o alla vita dolce, con tutte le star, divi dive e primattori, ma anche rincalzi e poveretti che a quei personaggi si avvicinavano per guadagnarne o goderne, e i "paparazzi" consacrati in quel film (l'attore Enzo Cerusico interpreta uno di questi). Gli occhiali scuri in ogni dove s'era scoperto che rendono più “in”. C'è pure il giovane Celentano col suo rock degli albori.
Già con la prima scena dovette subire le reprimende delle autorità cattoliche: un Cristo dorato e dall'aria gaudente che viene portato in elicottero "al Papa", dice il Marcello protagonista che lo segue su altro elicottero e coi suoi amici fotografi, presunto giornalista che si cibava di quel mondo, un Gambardella più sommesso e meno sputasentenze dello Jepp della Grande Bellezza: è inevitabile, rivedendo questo film, pensare continuamente a quanto Sorrentino abbia preso da Fellini e la sua Roma. Per colmo della riprovevolezza l'elicottero vira e fà un giro panoramico sulle bellezze in bikini che prendono il sole sul terrazzo di un quartiere-bene, l'accostamento è da scomunica...! E non basta: Fellini "veste" con abito e cappello da prete la diva americana Silvia mentre sale i gradini della sacra cupola - la splendida maggiorata svedese Anita Ekberg appena sbarcata nella città, conquistata dalla pazza Roma che "never sleeps". Marcello ne resta ammaliato - ma non poi così tanto, gode di quel mondo luccicante in modo accorto - dice alla magnifica possibile preda sei tutto,sei la prima donna del primo giorno della creazione, addirittura. Eppure Roma, fuori dal centro e dalla sue macchinone, è ancora la città del neorealismo con le macerie, le strade sterrate le campagne e i palazzoni, è il 1960, da solo 15 anni finita la guerra. Non manca poi la creduloneria dei semplici, con un'apparizione celeste che "deve" essere avvenuta, i fedeli ancora vogliono che le cose siano avvenute, per aggrapparsi a cose in cui credere, per staccarsi dalla realtà di una vita grama, e i mezzi di informazione e le telecamere di allora che devono riprendere tutto, come oggi riprendiamo tutto coi nostri telefonini, un miracolo o qualcosa che s'è vissuto esistono davvero solo se fotografati.
E' un'enclopedia di costume questa pellicola, 180' che passano in rassegna l'intera società e Roma, coi suoi anfratti e palazzi antichi dove i ricchi celebrano le loro feste grottesche o i ritrovi finto-intellettuali per passare il tempo, ricordano i ricchi veneziani nella decadenza della Serenissima repubblica. Marcello dice all'amica del cuore e di letto Maddalena (Anouk Aimée), una ricca che si dice stufa di quell'ambiente ma che su un'isola deserta non andrà, che Roma è una giungla tiepida e tranquilla dove nascondersi. Loro due lo fecero nel basso di una prostituta trovata per strada, bevvero il caffè da lei così, per provare nuove esperienze.
La scena più bella e più vera è in chiusura: all'alba i ricchi e i loro seguitori vengono via dalla spiaggia dove hanno visto un cetaceo grottesco e mostruoso, come certe loro vite. La ragazzina umbra acqua e sapone – una purissima Valeria Ciangottini, allora 15enne - che fa da cameriera in un locale sulla spiaggia chiama da lontano Marcello, conosciuto giorni prima, coi segni lo invita ad una passeggiata o a ballare, ma lui non capisce o preferisce seguire il suo gregge. Il viso di lei è appena dispiaciuto, con un sorriso pensoso sembra consolarsi di non far parte di quel mondo, abbastanza misero e vacuo. Sorrentino in La Grande Bellezza ripetè tutto e fu Oscar, per La Dolce Vita solo una Palma, d'oro.
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stefanocapasso
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domenica 23 settembre 2018
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quando l'umanita perde se stessa
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Marcello è un aspirante scrittore che passa le giornate ciondolando per le strade di Roma, trovando il punto centrale di raccolta in Via Veneto dove incontra paparazzi e personaggi più o meno importanti. Consuma una quantità di flirt senza che lascino alcun segno nella sua vita, mentre porta avanti un rapporto burrascoso con una fidanzata gelosa che poco condivide il suo stile di vita.
Fellini entra appieno nella modernità costruendo il carrozzone di personaggi variopinti che di lì in poi lo accompagneranno nei suoi lavori. Dipinge un’umanità, borghese che è alle prese con problemi nuovi, non più quelli della ricostruzione di uno stato, ma della costruzione di individui.
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Marcello è un aspirante scrittore che passa le giornate ciondolando per le strade di Roma, trovando il punto centrale di raccolta in Via Veneto dove incontra paparazzi e personaggi più o meno importanti. Consuma una quantità di flirt senza che lascino alcun segno nella sua vita, mentre porta avanti un rapporto burrascoso con una fidanzata gelosa che poco condivide il suo stile di vita.
Fellini entra appieno nella modernità costruendo il carrozzone di personaggi variopinti che di lì in poi lo accompagneranno nei suoi lavori. Dipinge un’umanità, borghese che è alle prese con problemi nuovi, non più quelli della ricostruzione di uno stato, ma della costruzione di individui. E lo fa senza esserne pienamente consapevole, oscillando tra momenti di inquietudine e depressione ad altri ricorrenti di fuga dalla realtà. Il risultato è che gli individui finiscono via via per allontanarsi sempre più dalle proprie emozione, dal contatto con l’umanità interiore, e Marcello nel finire del film, non riesce più a comunicare con la giovane Paola conosciuta tempo prima, esempio invece di semplicità e purezza
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parsifal
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lunedì 11 dicembre 2017
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edonismo e maliconia
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Fellini, artefice del cinema onirico e visionario, nel 1960 , con l'ausilio di Flaiano , Pinelli, Rondi e Pasolini ( pur se non accreditato) al suo più grande capolavoro. IL più discusso, il più amato , il più odiato, il più visto, il più osteggiato, il più osannato. Ambientato nella Città eterna, nei confronti della quale il Maestro ha sempre provato forti sentimenti , molto contrastanti tra di loro, narra delle vicende alterne di Marcello Rubini, giovane ed affascinante cronista rosa, dalla vita assai movimentata, sia a causa dell'indole che della professione svolta. Ciò diventa il pretesto per squarciare il velo sugli eterni altarini nascosti dell'Urbe, con tutto il suo fascino decadente, i lustrini e le paillettes che infiocchettano ed addobbano le poche virtù ed i molti vizi delle persone che fanno parte, per una notte o per la vita, della frastagliata esistenza di Marcello.
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Fellini, artefice del cinema onirico e visionario, nel 1960 , con l'ausilio di Flaiano , Pinelli, Rondi e Pasolini ( pur se non accreditato) al suo più grande capolavoro. IL più discusso, il più amato , il più odiato, il più visto, il più osteggiato, il più osannato. Ambientato nella Città eterna, nei confronti della quale il Maestro ha sempre provato forti sentimenti , molto contrastanti tra di loro, narra delle vicende alterne di Marcello Rubini, giovane ed affascinante cronista rosa, dalla vita assai movimentata, sia a causa dell'indole che della professione svolta. Ciò diventa il pretesto per squarciare il velo sugli eterni altarini nascosti dell'Urbe, con tutto il suo fascino decadente, i lustrini e le paillettes che infiocchettano ed addobbano le poche virtù ed i molti vizi delle persone che fanno parte, per una notte o per la vita, della frastagliata esistenza di Marcello. Oltre alle visioni di stampo onirico, benchè estremamente reali, durante la narrazione si evidenzia la volontà di delineare, in maniera sottile ed allusiva, un ritratto satirico e parodistico del mondo dell'alta borghesia e dell'aristocrazia romana. Con la garbata ironia che lo ha sempre contraddistinto, il Maestro mette in scena le miserie nascoste dietro lo sfarzo ostentato , la fragilità psicologica dello stesso protagonista( un giovane , aitante ed affascinante Mastroianni) la contraddittorietà della sua complice notturna Maddalena ( misteriosa ed eterea Anouk Aimèè) , la possessività soffocante di Emma, segno della sua eterna incertezza ed incapacità di amare in maniera matura. Marcello attraversa tutto questo, tuffandosi nelle onde della vita con disincanto ed un inconfessata malinconia, che emerge in più parti , in alcuni frangenti più toccanti della narrazione: memorabile l'incontro con la diva , interpretata da una splendida Anita Ekberg e la scena della fontana di Trevi, girata con meticolosa precisione è entrata a pieno titolo negli annali del cinema internazionale. Durante la notte trascorsa insieme, Marcello si rende conto, seppur a malincuore , che non farà mai parte integrante del mondo che tanto lo affascina, ma sarà sempre considerato un ospite. Altrettanto dicasi per la scena della festa aristocratica nel castello , sito nei dintorni di Roma; aristocratici annoiati , vuoti, che galleggiano giorno dopo giorno nella loro vacuità ,tentando di sconfiggerla con uno sfrenato edonismo che li lascia svuotati e tristi sul far dell'alba. Si ha l'impressione di assistere anche al crollo di ogni evidente certezza, o almeno di ciò che appariva tale; Steiner, un intellettuale di elevata statura morale, molto amico di Marcello, apparentemente uomo saggio ed equilibrato, diventerà l'artefice di una tragedia familiare. Molto toccante il momento (inevitabile ) del confronto padre-figlio, fatto di finzioni che si trasformano in amare realtà. Durante la lunga ed articolata narrazione, emerge il vero ed il verisimile che contraddistingue la vita dei personaggi e la finzione è parte integrante di ognuno di loro. Salvo poi giungere al finale, visionario e simbolico, in cui alcuni vedono addirittura un' allegoria vicina al Padre Dante " E finalmente uscimmo a riveder le stelle". Contraddittorio , amaro e sarcastico, con venature malinconiche ed apparenti incongruenze. Come la Vita. Capolavoro Assoluto.
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howlingfantod
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martedì 18 aprile 2017
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la dolce bellezza
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Entrando in un film di Fellini, perché di questo si tratta, si ha sempre l’impressione di fare ingresso in un sogno, che poi tutti i suoi film sono fondamentalmente senza trama o dove questa sembra essere presente appare solo un pretesto perché lui possa parlarci dei suoi di sogni, della sua infanzia, delle sue ossessioni, delle sue visioni, così anche alla fine della visione “Dolce vita”, il titolo stesso neologismo felliniano come “paparazzo”, ci si può domandare a che cosa abbiamo assistito durante quelle tre ore.
Un Mastroianni all’apice del suo splendore, alter ego da qui in avanti del genio riminese in tutta la sua filmografia, ci guida come un Virgilio dantesco in un universo onirico che è la “buona società” romana, quella dei salotti letterari ed artistici, quella della ricca borghesia, i cosiddetti padroni del vapore per esteso dell’ Italia tutta in quel 1960 che lungi da essere il punto più altro del miracolo economico, mostra le crepe di una vacuità ed un lato clownesco che la stessa borghesia non avrebbe mai potuto ammettere.
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Entrando in un film di Fellini, perché di questo si tratta, si ha sempre l’impressione di fare ingresso in un sogno, che poi tutti i suoi film sono fondamentalmente senza trama o dove questa sembra essere presente appare solo un pretesto perché lui possa parlarci dei suoi di sogni, della sua infanzia, delle sue ossessioni, delle sue visioni, così anche alla fine della visione “Dolce vita”, il titolo stesso neologismo felliniano come “paparazzo”, ci si può domandare a che cosa abbiamo assistito durante quelle tre ore.
Un Mastroianni all’apice del suo splendore, alter ego da qui in avanti del genio riminese in tutta la sua filmografia, ci guida come un Virgilio dantesco in un universo onirico che è la “buona società” romana, quella dei salotti letterari ed artistici, quella della ricca borghesia, i cosiddetti padroni del vapore per esteso dell’ Italia tutta in quel 1960 che lungi da essere il punto più altro del miracolo economico, mostra le crepe di una vacuità ed un lato clownesco che la stessa borghesia non avrebbe mai potuto ammettere. Il film infatti destò feroci critiche ed il pubblico stesso che in ogni caso ne decretò l’enorme successo (13 milioni di spettatori per l’epoca erano numeri strabilianti), si divise in due fra gli adoratori ed i feroci detrattori.
Gli episodi scorrono con al centro il nostro Virgilio-Mastroianni, un giornalista etereo e svagato con velleità letterarie, che invita lo spettatore in un universo onirico, infatti gran parte delle scene si svolgono di notte, ad addentrarsi nella vita romana ed in alcuni casi facendosi proprio da parte lasciando allo spettatore il campo, lo sguardo, una grande lezione estetica.
Così lo spettatore entra in contatto con editori famelici in eleganti e decadenti salotti letterari, star e starlette del cinema, del mondo artistico e della pubblicità, con il popolo bue e pecione che attende l’apparizione della Madonna, un mondo pieno di quella strampalata umanità macchiettistica che l’autore guarda con il suo sguardo affettuoso, un mondo pieno di suoni, furia, strepiti, un mondo in accordo con le visioni del regista e che ritroviamo in quasi tutti i suoi altri film, quell’atmosfera circense da processione blasfema, quell’aria fracassona, irriverente e malinconica al tempo stesso.
Tutti i vari episodi-scene appaiono slegati, come nei sogni, come un flusso di coscienza continuo e lungo ben tre ore, altro dato rivoluzionario del film, una durata fino ad allora mai provata nel cinema nostrano, non hanno una consequenzialità logica o narrativa, tanto appunto si sta parlando di sogni e/o incubi. Si può così passare dal tributo al padre nelle bellissime sequenze della sua visita a Marcello a Roma, non potendo far a meno di interpretare la sua vista di spalle e quando se ne va con il taxi non invitando il figlio a seguirlo come l’addio della morte, fino a passare alle più inquietanti sequenze sul luogo della carneficina dell’ amico scrittore di Marcello (Mastroianni), quello Steiner che ha sterminato la famiglia, bambini piccoli compresi e che poi si è suicidato. Si può anche passare a scene scandalistiche tout court (siamo nel 1960) come nella sequenza dello spogliarello quasi sul finale che oltre a voler esplicitare la decadenza dei costumi di una certa classe sociale, forse più banalmente vuole proprio e solo scandalizzare, come solo una vera opera d’arte può ed io mi permetto di dire deve fare.
L’ultima sequenza sul lungomare con il saluto di Marcello alla ragazzina, personificazione della purezza, ed il loro non sentirsi per il frastuono che vi è intorno che è fin troppo esemplificativo, è il degno finale poetico ad un capolavoro della storia del cinema e che un regista come Sorrentino 53 anni dopo ne abbia provato a fare un remake a colori, perché questa è “La grande Bellezza” non deve essere visto come un plagio, ma come un grande, dichiarato ed esplicito atto di amore verso un grande film ed un grande autore a cui tutti o quasi i successivi cineasti, volenti o nolenti, coscientemente od inconsciamente, dichiarandolo o meno, da quel 1960 hanno attinto a piene mani.
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francedaro
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domenica 1 gennaio 2017
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che noiaaa
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Forse era un bel film il secolo scorso, ma al giorno d'oggi é una palla tremenda!!!! Che noiaaaa
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