La ricerca

Film 2023 | Documentario, 62 min.

Anno2023
GenereDocumentario,
ProduzioneItalia, USA
Durata62 minuti
Regia diGiuseppe Petruzzellis
Uscitasabato 20 aprile 2024
TagDa vedere 2023
DistribuzioneAplysia
MYmonetro Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Regia di Giuseppe Petruzzellis. Un film Da vedere 2023 Genere Documentario, - Italia, USA, 2023, durata 62 minuti. Uscita cinema sabato 20 aprile 2024 distribuito da Aplysia. Valutazione: 3,5 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Ultimo aggiornamento giovedì 18 aprile 2024

La mastodontica collezione di pietre di Luigi Lineri e la sua visionaria indagine sulla condizione umana come manifesto di speranza per il futuro.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
Petruzzelis ci restituisce il mistero che sta al centro dell'avventura di Lineri: una ricerca fino alla fine. E oltre.
Recensione di Luigi Coluccio
giovedì 18 aprile 2024
Recensione di Luigi Coluccio
giovedì 18 aprile 2024

L'Adige, dopo esser stato pigiato tra gli argini di Verona, ritrova slancio e orizzonte nella Bassa. Nato sul Passo di Resia, va a morire alle spalle della Laguna Veneta, dopo quattrocento chilometri di erranza. A poco più di metà strada accarezza Zevio, Perzacco, Ronco all'Adige. Qui, ad aspettarlo da sessant'anni, c'è Luigi Lineri.

Segaligno, con passo felpato, Lineri scivola sulle sponde del fiume. Poi d'improvviso si ingobbisce, rovista tra i sassi, ne sceglie uno, ne scarta altri, e ricomincia. Lo fa da metà anni '60, quando ancora lavorava come infermiere, e ha continuato a farlo da metà '80, quando gli ha dedicato ogni giorno della sua vita. A cosa? Alla ricerca, alla scoperta, alla catalogazione di centinaia, migliaia, decine di migliaia, di selci, pietre, ciottoli che possono avere forma di uomo, donna, capra, pesce. Un poeta della preistoria forse li ha incisi, Lineri li declama.

Nel tempo della ricerca di Luigi Lineri si arriva dalle amigdale trovate nell'Adige alla devastazione ambientale.

La ricerca sta tutto nel suo titolo. Che è pura superficie, rimanda solo a sé stesso. Non riflette, non dialoga, non avvicina. È incontrovertibile, irriducibile. Otto anni di lavoro per Giuseppe Petruzzellis, produttore e regista, otto anni di andirivieni tra la campagna veneta e i laboratori di sviluppo del Milano film Network, il fienile-litoteca e i festival di Visions du Réel, Biografilm, Le FIFA. Otto anni a camminare assieme a Luigi Lineri per filmare la sua fatica, impresa, ricerca. La ricerca. Filmare e niente più, perché Petruzzellis non fa altro che restituirci il mistero che sta al centro dell'avventura di Lineri, il virus che ne incendia la febbre. La ricerca è la ricerca.

Luigi Lineri è poeta dialettale, pittore, scultore. Ha vinto premi letterari e partecipato a collettive. È stato intervistato per antologie, saggi, riviste. Se si va a Losanna si possono rimirare alcune sue opere alla Collection de l'Art Brut di Losanna e se si inforcano le cuffie si possono ascoltare i Notwist suonare la Lineri a lui dedicata. Nel 1964 Lineri stava camminando con un suo amico lungo le rive dell'Adige quando nota un qualcosa, "un ciottolo che aveva un foro". Lì dentro, attraverso quello, inizia a formarsi un abbozzo di idea, che poi si aggrega in una forma per poi fissarsi in una visione - quel ciottolo non è solo un ciottolo e quel foro non è solo un foro. Lineri comincia così a scandagliare gli argini dell'Adige, porta a casa le figure che pian piano vede emergere, accatasta e cataloga, incolla i reperti su dei cartoncini e li ordina su pareti alte diversi metri.

Il fienile di fronte casa serve da tumulo, archivio, museo. È lì che Lineri aggiusta e rompe la sua tavola periodica, come un alchimista impigliato nell'arte combinatoria per arrivare alla pietra filosofale. Ci mostra ciottoli a forma di pecora o pesce; sassi a rappresentare falli o vagine; selci con l'aspetto della Grande Madre o dell'Omphalos. Traccia la sua personale storia prima della storia, perché stiamo guardando qualcosa di intuito prima del Bovino Rosso dipinto in una caverna del Borneo o del Dio che Danza impresso nella Grotta dei Cervi in Salento, qualcosa che nella notte dei tempi gli uomini hanno visto e che ora noi non riusciamo più a vedere.

La ricerca è questa. Solitaria, cocciuta, irremovibile. Ossessiva e compulsiva. Che non ha e non può avere un dialogo con l'archeologia, la storia dell'arte, la paleoetnologia, perché qui c'è solo simbolo, poesia, mito. Lineri appartiene di diritto, per corpo e spirito, ai protagonisti dell'Outsider Art, quel campo ora sminato da patologie mentali e situazioni di marginalità dell'Art Brut dubuffettiana, fatta di circuiti alternativi e istituzioni specializzate che lavorano in parallelo al mercato dell'arte riconosciuta - qualunque cosa voglia essa dire. Lineri è un "costruttore di Babele", come li definisce Gabriele Mina, attori-autori che erigono lungo la loro intera vita un'opera e solo quella, tentacolare, immersiva, concreta. Secondo le loro regole, il loro dialogo interiore. E non è pur sempre arte questa?

La prima volta che Petruzzellis ce lo mostra è immerso, metaforicamente ma anche no, nell'Adige - Lineri stesso ha raccontato di quella volta che gli hanno alzato la diga ed è rimasto in mezzo al fiume con sulle spalle un mucchio di pietre. Poi, pian piano, entrando nel fienile-sanctorum, serpeggiamo tra i corridoi invasi di sassi, alziamo lo sguardo alle pareti fatte di ciottoli. Passiamo in rassegna quelle figure nella pietra, a forza di osservarle prima una ad una, poi tutte insieme, sembra che oltre al loro numero si sia moltiplicato il loro significato. Poi le immagini si aprono, arrivano da chissà dove sequenze di archeologia del cinema, filmati della Nasa, si va avanti e indietro per aspirazioni, allusioni, attrazioni.

Sono 63 i minuti di La ricerca. Un'ora e un respiro in cui Petruzzellis ci mostra con bisturi e camera quello che sta cercando Lineri, e lo fa nel modo più mimetico possibile. Forse gli inserti e i materiali d'archivio sono troppo sottili per instaurare un dialogo profondo con le figure incise nella pietra, forse la forma-cinema non riesce a sostenere fino in fondo la forma-mitica, forse la liquidità delle immagini ristagna sul supporto litico. Però c'è un profondo rispetto dell'avventura di Luigi Lineri, del dialogo che instaura a distanza con qualcosa o qualcuno che è lontano, della ricerca che andrà avanti fino alla fine. E oltre.

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