Un regista non riesce a completare il suo ultimo film su Giacomo Casanova. Comincia ad essere tormentato da sogni e visioni dello stesso personaggio che vuole raccontare. Espandi ▽
Con
Il ritorno di Casanova, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Arthur Schnitzler, Gabriele Salvatores si confronta sia con il passare inevitabile del tempo, tema del suo film-nel film-nel film, che con un gigantesco fantasma cinematografico, il Federico Fellini di
8 ½ e
Il Casanova. È questa l’atmosfera sospesa, da quadro di Magritte, la forza del film, insieme all’interpretazione intensa e nuda di Toni Servillo, fragilissimo dietro la maschera del grande autore e dell’uomo di mondo, sfuggente e inadeguato davanti alla violenza dell’attrazione che prova verso Silvia, altro fantasma, questa volta di giovinezza leopardiana. Ma
Il ritorno di Casanova è anche una riflessione sul cinema e la sua impermanenza “se non c’è un pubblico che vuole vederlo”, nonché sui registi che non sanno vivere al di fuori del set, sui giornalisti gossippari, sui montatori mai celebrati e invece coautori dei film dei loro registi. Un film pieno di una grazia dolorosa cui Servillo si abbandona senza opporre resistenza.