dandy
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domenica 27 novembre 2011
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la vita solo apparentemente dolce.
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Assieme ad "8 e mezzo" e "Amarcord",il film più bello di Fellini(anche sceneggiatore)e cult intramontabile del cinema italiano.Sfavillante e caotico affresco di una Roma sbalorditiva,dolente e a tratti quasi aliena(vedi la processione sotto la pioggia),specchio di umanità senza più punti di riferimento,remore o certezze.Un mondo dove tutto è destinato a crollare,dagli ideali ai valori(autentici o meno),dalle tradizioni secolari alle convinzioni appena sbocciate.Mondo in cui Marcello,giornalista "umano" se paragonato agli implacabili paparazzi(termine che si diffuse all'estero da qui)pronti a fiondarsi su qualsiasi persona o avvenimento che possa far notizia,si muove diviso tra superficialità e insoddisfazione.
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Assieme ad "8 e mezzo" e "Amarcord",il film più bello di Fellini(anche sceneggiatore)e cult intramontabile del cinema italiano.Sfavillante e caotico affresco di una Roma sbalorditiva,dolente e a tratti quasi aliena(vedi la processione sotto la pioggia),specchio di umanità senza più punti di riferimento,remore o certezze.Un mondo dove tutto è destinato a crollare,dagli ideali ai valori(autentici o meno),dalle tradizioni secolari alle convinzioni appena sbocciate.Mondo in cui Marcello,giornalista "umano" se paragonato agli implacabili paparazzi(termine che si diffuse all'estero da qui)pronti a fiondarsi su qualsiasi persona o avvenimento che possa far notizia,si muove diviso tra superficialità e insoddisfazione.Alla ricerca di qualcuno(o qualcosa?)che forse non troverà mai o ha sempre avuto vicino(emblematiche le scene in cui si sfoga con la frustrata e opprimente fidanzata Emma,gridandole di andarsene ma tornando sempre da lei).E forse qualcosa che è troppo tardi per trovare,come quel briciolo di umanità innocente e di speranza che legge negli occhi della giovane Paola,che nel finale sulla spiaggia cerca invano di sentire,per poi voltarle le spalle ed allontanarsi con quella gente "disumanizzata" di cui,in un modo o nell'altro,fa parte anche lui.Fischiato alla prima di Milano,e accolto da accesissime polemiche(celebre gli articoli scritti sull"Osservatore romano" da Oscar Luigi Scalfaro["Basta!" e "La Sconcia vita")nochè dagli attacchi dei missini,la DC e numerosi nobili,che però ebbero come unico effetto una maggiore affluenza del pubblico nelle sale cinematografiche.Contro Fellini si schierò anche Dino De Laurentiis,in principio produttore poi dissociatosi per screzi col regista(oltre a questioni di budget,per scelte di casting:De Laurentiis avrebbe voluto un attore americano come protagonista,come Paul Newman,ma Fellini voleva un attore italiano e scelse Mastroianni).Il successo di pubblico fù(giustamente)immenso,replicatosi anche all'estero.E sarebbe stato fonte di ispirazione ed omaggi per molti registi futuri(Ken Russel,Woody Allen,MIchelangelo Antonioni,e persino Quentin Tarantino).Per la scena diventata il simbolo del film(ed entrata nel mito),del bagno nella fontana di Trevi,pare che la Ekberg restasse in acqua per ore senza problemi,mentre Mastroianni dovette indossare una muta sotto i vestiti e scaldarsi con la vodka(la scena venne girata tra gennaio e marzo).Breve apparizione per il 22enne Celentano,(al suo terzo film)nel ruolo del cantante rock.Debutto sullo schermo per Nico,futura star dei "Velvet Underground".E del futuro regista Giulio Questi,nel ruolo di Giulio Mascalchi.
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metalsoldier
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venerdì 18 novembre 2011
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ancora attuale
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Per l'epoca deve essere davvero un capolavoro. Visto oggi, comunque il film si fa guardare ancora con piacere, nonostante alcuni atteggiamenti decisamente fuori tempo ormai. L'idea di avere un giornalista come protagonista per raccontare alcuni aspetti della realtà dell'epoca, ma che ancora oggi sono attuali, è geniale.
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tiamaster
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mercoledì 9 novembre 2011
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serve forse dirlo???
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Il prottagonista,interpretato da marcello mastroianni è un paparazzo.Nella sua vita si occupa di intervistare e scoprire qualche scoop sulla gente ricca e famosa.Un giorno arriva a roma un attrice svedese,il prottagonista la scorta a mangiare,ed inseguito fuggiranno insieme per le vie di roma.Questa è la trama.nulla di chè direte voi...peccato che il film è stato fatto,dal più grande regista italiano mai vissuto:federico fellini.La dolce vita segue lo stile del neorealismo (guarda amici miei),però e sopra a ogni altro film neorealistico mai fatto,perchè questa pellicola è inconfutabilmente il più grande film italiano mai fatto.Fellini è un maestro che ha ispirato registi del calibro di woody allen,ma serve forse dirlo???serve forse dirlo che questo è il più grande film italiano di sempre??
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Il prottagonista,interpretato da marcello mastroianni è un paparazzo.Nella sua vita si occupa di intervistare e scoprire qualche scoop sulla gente ricca e famosa.Un giorno arriva a roma un attrice svedese,il prottagonista la scorta a mangiare,ed inseguito fuggiranno insieme per le vie di roma.Questa è la trama.nulla di chè direte voi...peccato che il film è stato fatto,dal più grande regista italiano mai vissuto:federico fellini.La dolce vita segue lo stile del neorealismo (guarda amici miei),però e sopra a ogni altro film neorealistico mai fatto,perchè questa pellicola è inconfutabilmente il più grande film italiano mai fatto.Fellini è un maestro che ha ispirato registi del calibro di woody allen,ma serve forse dirlo???serve forse dirlo che questo è il più grande film italiano di sempre???
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paolo 67
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martedì 25 ottobre 2011
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il tempo dantesco del cammino
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Provinciale inurbato Fellini è affascinato e insieme disgustato da Roma, metropoli mondana e caotica, città tentacolare, sirena e prostituta, pantano in cui tutto e tutti possono sprofondare. Il protagonista, un uomo qualsiasi, viaggia attraverso la notte e scende agli inferi della civiltà, la Grande Madre Mediterranea di cui parlava lo psicanalista Jung, descritta con antico simbolismo lirico nelle immagini dilatate e barocche del film. Peculiarità dell'opera è la ricerca del linguaggio, che rinnega la drammaturgia tradizionale a favore di blocchi narrativi giustapposti, che bloccano gli eventi al loro culmine. Con l'intento di creare un giornale in pellicola, ispirato anche figurativamente ai rotocalchi del tempo, Fellini è arrivato a comporre un vasto affresco, per cui qualcuno parlerà del " Satyricon del XX° secolo".
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Provinciale inurbato Fellini è affascinato e insieme disgustato da Roma, metropoli mondana e caotica, città tentacolare, sirena e prostituta, pantano in cui tutto e tutti possono sprofondare. Il protagonista, un uomo qualsiasi, viaggia attraverso la notte e scende agli inferi della civiltà, la Grande Madre Mediterranea di cui parlava lo psicanalista Jung, descritta con antico simbolismo lirico nelle immagini dilatate e barocche del film. Peculiarità dell'opera è la ricerca del linguaggio, che rinnega la drammaturgia tradizionale a favore di blocchi narrativi giustapposti, che bloccano gli eventi al loro culmine. Con l'intento di creare un giornale in pellicola, ispirato anche figurativamente ai rotocalchi del tempo, Fellini è arrivato a comporre un vasto affresco, per cui qualcuno parlerà del " Satyricon del XX° secolo". Interprete degli umori dell'Italia in un particolare momento storico e sociale, diario -come sempre in Fellini- insieme pubblico e intimo, il film trasfigura nella fiaba, e con un significato complessivo sereno nonostante i toni cupi e agghiaccianti di molti particolari, una realtà sulla quale il film decide di non esprimere giudizio alcuno. Girato negli anni della distensione, dell'ecumenismo e della Nuova Frontiera, il film rivela una carica liberatoria in cui lo spettatore può fare l'esperienza di una vacanza (con occhi e orecchie bene aperti) che è una specie di rivincita su quello che in psicoanalisi è definito l'Io sul Super-Io e i suoi condizionamenti che obbligano a misurare e a giudicare. Più che un film, un'esperienza esistenziale capace di modificare qualcosa in ciascuno di noi. Il produttore Rizzoli non si spiegò il successo straordinario che il film (rifiutato da ben 11 produttori) ebbe (probabilmente contribuì molto la furibonda campagna censoria e il caso politico che ne seguì, con scontro tra i cattolici anche parlamentari dello stesso partito). Una delle chiavi più centrali per la comprensione del film (e metafisicamente rappresentata dai vari ambienti della città) è il rapporto dell'uomo con la donna, che si rivela un caleidoscopio dalle tante facce, che appaiono come apparizioni fantasmatiche al protagonista, insoddisfatto del rapporto colla sua amante e alla ricerca, più o meno vaga, di qualcosa o qualcuno in cui trovare se stesso, una presa più forte con la realtà e la vita. Qualcuno ha scritto che la Roma di Fellini è insieme un girone dell'Inferno e un paese di cuccagna. Ma al cattolico (e cosa è se no uno che incornicia il film tra Gesù Cristo e l'apparizione Mariana?) Fellini il diavolo (come la "Saraghina" di "Otto e mezzo") non fa paura. Rispetta tutti, non odia nessuno. E la speranza non è solo il finale; c'è qualcosa di positivo in ognuno degli episodi in cui è coinvolto Marcello. Per Fellini la curiosità è sempre stata una salute morale: questo film ne rappresenta anche un risultato. Cult movie se mai ve ne furono, coniatore di neologismi, spartiacque del cinema non solo italiano, attuale e anche profetico, "La dolce vita" descrive una condizione umana nella sua atemporalità, in una prospettiva apocalittica che forse influenzerà il Kubrick di "2001" (entrambi i film finiscono, dopo una specie di discesa alle Madri, con quello che potrebbe essere un essere superiore che si volta a guardare lo spettatore), altro capolavoro, altra indagine sul senso della vita. L'invito di Fellini è quello di guardare le cose come sono, se necessario ridimensionando e ricostruendo. Anita Ekberg nella fontana di Trevi è emblematica dello stupore meravigliato di fronte al mistero dell'esistenza, che costituisce una delle vere radici poetiche di un autore che ha saputo eternare nel mito le paure, le speranze, i dubbi, le fiducie, gli orrori, le velleità della sua epoca ma anche esprimere la dolcezza "profonda e irrangiungibile", tutto sommato, della vita, che è il vero significato del titolo e dell'opera.
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gianni lucini
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lunedì 10 ottobre 2011
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rizzoli voleva lasciar perdere
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Venerdì 5 febbraio 1960 viene proiettato in prima visione assoluta al cinema Capitol di Milano. Il film, cui ha collaborato anche lo scrittore Ennio Flaiano, è un grande e impietoso affresco d’epoca che con ironia prende di mira la volgarità dei nuovi ricchi, l’assurdità dell’aristocrazia e la mediocrità della borghesia. È un pugno nello stomaco per il pubblico milanese della “prima”, composto in gran parte dalla buona borghesia lombarda. Alla fine della proiezione i fischi superano per clamore gli applausi. Uno spettatore sputa addirittura addosso a Fellini, un altro lo sfida pubblicamente a duello. Non va meglio alla proiezione privata in casa di Angelo Rizzoli, che ha prodotto il film insieme a Peppino Amato.
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Venerdì 5 febbraio 1960 viene proiettato in prima visione assoluta al cinema Capitol di Milano. Il film, cui ha collaborato anche lo scrittore Ennio Flaiano, è un grande e impietoso affresco d’epoca che con ironia prende di mira la volgarità dei nuovi ricchi, l’assurdità dell’aristocrazia e la mediocrità della borghesia. È un pugno nello stomaco per il pubblico milanese della “prima”, composto in gran parte dalla buona borghesia lombarda. Alla fine della proiezione i fischi superano per clamore gli applausi. Uno spettatore sputa addirittura addosso a Fellini, un altro lo sfida pubblicamente a duello. Non va meglio alla proiezione privata in casa di Angelo Rizzoli, che ha prodotto il film insieme a Peppino Amato. Di fronte a un’accoglienza così sfavorevole l’imprenditore lombardo confida agli amici: «Se potessi mi ritirerei dall’impresa. Ho già capito che è meglio limitare le perdite perché sarà un fiasco». Il suo proverbiale fiuto questa volta si sbaglia. A molti critici il film piace e il pubblico ne farà uno dei campioni d’incassi della stagione.
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lady libro
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giovedì 7 luglio 2011
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roma 1960
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Roma, 1960. Il protagonista è Marcello Rubini, giornalista di gossip, un uomo affogato interamente nella dolce vita della società italiana.
Il divertimento, l'ozio, ma soprattutto le donne, sono il pane quotidiano di Marcello che, desideroso di trovare un lavoro che lo soddisfi e abbandonare l'ossessivo ed egoista mondo dei paparazzi e dei rotocalchi, si aggrappa appunto a quella corda invisibile che ogni notte lo porta in un mondo completamente diverso da cui non vorrebbe mai uscire.
In quel dolce eppure fragile mondo, Marcello incontra e ama tante persone: Maddalena, una prostituta che lo attrae profondamente, Sylvia, bionda e bellissima attrice americana che danza soavemente nella celeberrima scena della Fontana di Trevi, Steiner, suo grande amico e intellettuale alquanto sensibile riguardo l'esistenza umana, Emma, fidanzata di Marcello perdutamente innamorata di lui e desiderosa che egli la sposi per poter vivere insieme per sempre.
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Roma, 1960. Il protagonista è Marcello Rubini, giornalista di gossip, un uomo affogato interamente nella dolce vita della società italiana.
Il divertimento, l'ozio, ma soprattutto le donne, sono il pane quotidiano di Marcello che, desideroso di trovare un lavoro che lo soddisfi e abbandonare l'ossessivo ed egoista mondo dei paparazzi e dei rotocalchi, si aggrappa appunto a quella corda invisibile che ogni notte lo porta in un mondo completamente diverso da cui non vorrebbe mai uscire.
In quel dolce eppure fragile mondo, Marcello incontra e ama tante persone: Maddalena, una prostituta che lo attrae profondamente, Sylvia, bionda e bellissima attrice americana che danza soavemente nella celeberrima scena della Fontana di Trevi, Steiner, suo grande amico e intellettuale alquanto sensibile riguardo l'esistenza umana, Emma, fidanzata di Marcello perdutamente innamorata di lui e desiderosa che egli la sposi per poter vivere insieme per sempre....
Questo indimenticabile capolavoro del grande maestro Federico Fellini ha fatto storia ed è considerato uno dei migliori film mai girati.
Ormai sono passati più di cinquant'anni, eppure questa pellicola risulta sempre attuale, bellissima e piacevole.
Una specie di "mondo del peccato" visto con gli occhi della meraviglia e della libertà di un uomo che cerca solo di fuggire dall'alienazione dell'esistenza che condanna ogni persona, mescolandosi al caos dei sentimenti e del piacere...
L'interpretazione di Marcello Mastroianni è senza dubbio da Oscar, impossibile da descrivere per la bravura che egli ha dimostrato.
Notevolissima la scenografia, i costumi e la splendida colonna sonora del maestro Nino Rota.
Un autentico cult che merita di essere visto e rivisto.
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francesco2
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mercoledì 16 marzo 2011
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otto e mezzo? no. e neanche sette
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Premetto una cosa: in un'intervista a una rivista di cinema, un signore che non ricordo chi fosse, ma credo abbastanza attendibile, sosteneva di apprezzare sicuramente più questo Fellini che non quello di "Otto e mezzo", perché testimonianza -Sintetizzo- di un Fellini meno narcisista e più attento alla società. Mi spiace, ma io mi trovo doppiamente in disaccordo. Il regista riminese non dà il meglio di sé quando debba o voglia cimentarsi nella critica sociale. Del resto, quando nell'86 realizzò "Ginger e Fred", venne accusato a torto o a ragione di essere caduto nel moralismo antimediatico, e nel '90, quando io giovanissimo vidi "La voce della luna", anche a me parve un'opera ingombrata ed ingombrante di didascalie sulla società di quel tempo.
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Premetto una cosa: in un'intervista a una rivista di cinema, un signore che non ricordo chi fosse, ma credo abbastanza attendibile, sosteneva di apprezzare sicuramente più questo Fellini che non quello di "Otto e mezzo", perché testimonianza -Sintetizzo- di un Fellini meno narcisista e più attento alla società. Mi spiace, ma io mi trovo doppiamente in disaccordo. Il regista riminese non dà il meglio di sé quando debba o voglia cimentarsi nella critica sociale. Del resto, quando nell'86 realizzò "Ginger e Fred", venne accusato a torto o a ragione di essere caduto nel moralismo antimediatico, e nel '90, quando io giovanissimo vidi "La voce della luna", anche a me parve un'opera ingombrata ed ingombrante di didascalie sulla società di quel tempo.
Del resto, al di là di trovate discutibili come il suicidio finale (Sinceramente: non si trattasse di un'opera sua, una trovata simile non avrebbe ricevuto maggiori critiche?)anche in questo film il regista secondo chi scrive, dà il meglio di sé quando il SOGNO si sostituisce alla panoramica sulla società. Tra l’altro una tematica simile, credo, sarà presente anche nel discusso "Giulietta degli spiriti", e del resto un film dedicato a spettacolo e paparazzi (Espressione che nacque allora) intreccia già in partenza realtà ed onirismo, fermo restando che lo "Spettacolo" in questione è quello di fine anni '5o. Quando la Ekberg chiama Mastroianni dalla famosa fontana, lo spettatore(Non nel senso cinematografico, ma in quello di CHI VEDE), per un attimo entra in contatto diretto col feticcio: Il "Sogno" è lì, ti sta chiamando, e tu incauto fotografo rischi di abboccare all'amo per sfuggire alla noia del quotidiano. Da un certo punto di vista, anche alle scene sula Madonna si potrebbe attribuire questa valenza: l’illusione di entrare in contatto con la trascendenza, per gente-credo- di bassa estrazione sociale. Però qualcuno muore, ed il sogno assume i contorni dell'incubo. Dunque, la fascinazione per l'"Altro" può riservare pericoli piccoli e grandi , come anticipava Pirandello nei suoi "Quaderni di Serafino Gubbio operatore", anticipando forse la fascinazione ma anche i rischi insiti in una nuova creazione.
Ma il nucleo della mia tesi è un altro. Si pensi alle scene della festa, quando Mastroianni è solo con la donna, ma contemporaneamente in un altro lato della stanza. Nessuna critica sociale –Ad avercene,, per carità- ma un (mancato) contatto con una figura femminile, che solo Fellini poteva rendere, in quel momento, così vicina e lontana dal protagonista. Ma "La dolce vita" è grande anche quando in questa festa il protagonista sembra sedotto da una dimensione femminile misteriosa, raffigurata tramite primi piani che rimandano, per certi versi, a determinate pagine pirandelliane quando ironizzava sule sedute spiritiche di fine'800, lui che era antiilluminista ma anche laico.
Il resto però si esaurisce in figure prevedibili come il i vari paparazzi, il padre, il già citato futuro suicida, ed a trovate come l'attrazione per la presunta apparizione della Madonna. Come ben testimonia la bella, forse molto bella, scena finale, Marcello deve andarsene perché un'epoca è finita. Ma Fellini sarà più bravo a raccontarci quella successiva.
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joker 91
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domenica 23 gennaio 2011
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la genialità di fellini
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con questo film nasce il cinema ed il paparazzo ed tutto lo star sistem che oggi conosciamo. Fellini regala un qualcosa di stupendo che è entrato a fare parte della storia del cinema mondiale,la vita dolce viene rappresentata in modo fantastico ed sotto tutti gli aspetti attraverso il personaggio di un certo MARCELLO MASTROIANNI che da qui diventerà il miglior attore italiano della storia del nostro cinema ed a oggi il più amato all' estero. DA VEDERE, gli americani hanno imparato tutto dal nostro fellini nel fare cinema ed il nostro cinema era davvero in quel periodo il più grande ed difficilmente tornerà. Grazie maestro
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giorgio
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martedì 30 novembre 2010
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un capolavoro di un genio
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Ho letto le recensioni precedenti, e molti criticano Fellini perchè offrirebbe uno sguardo acritico sulle miserie umane, troppo distaccato...Ma vogliamo scherzare? Perchè dovrebbe dare dei giudizi? Purtroppo spesso la realtà è questa, inutile aggiungere commenti o altro..chi vuole intendere intenda, è chiaro..
Noi in Italia abbiamo avuto la fortuna di avere dei geni nella nostra storia. Nel campo del cinema Fellini era un genio.Purtroppo oggi in Italia non c'è nessuno che possa anche lontanamente accostarsi ad autori di tal genere...Purtroppo.
La dolce vita è uno dei pochi veri capolavori del cinema mondiale...
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catullo
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martedì 2 novembre 2010
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moraldo..dai vitelloni di rimini a quelli di roma
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“La dolce vita” doveva invece chiamarsi “Moraldo in città”..cioè il seguito de “ i vitelloni” (53)…la sceneggiatura del Moraldo fu scritta anni prima in un contesto sociale completamente diverso dal 1959…anno della "dolce vita"…si era in pieno bum economico…hollywood s’era trasferita a Roma con tutti i suoi nani e ballerini…Pio XII era già morto e con lui l’italia bacchettona e moralista degli anni 50….le donne si vestivano in modo moderno e stilizzato secondo la moda dei tempi ormai appartenenti alla società del consumismo avanzante che creava già problemi esistenziali e inquietudini nuove ad un popolo che da contadino si stava trasformando a industrializzato.
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“La dolce vita” doveva invece chiamarsi “Moraldo in città”..cioè il seguito de “ i vitelloni” (53)…la sceneggiatura del Moraldo fu scritta anni prima in un contesto sociale completamente diverso dal 1959…anno della "dolce vita"…si era in pieno bum economico…hollywood s’era trasferita a Roma con tutti i suoi nani e ballerini…Pio XII era già morto e con lui l’italia bacchettona e moralista degli anni 50….le donne si vestivano in modo moderno e stilizzato secondo la moda dei tempi ormai appartenenti alla società del consumismo avanzante che creava già problemi esistenziali e inquietudini nuove ad un popolo che da contadino si stava trasformando a industrializzato. Fellini aveva già notato questo cambiamento e e gli bastò cucire tra loro e affrescare avvenimenti giornalistici al tempo noti creando personaggi di costume da mitologia cinematografica. Poi..da buon cattolico forse con un pizzico di senso di colpa nel finale cerca di redimersi inventando la purezza nella figura verginale della Ciangottini….e dall’altra parte il Mastroianni che riconosce il proprio fallimento morale seguendo quelli dell’orgia. Grandissimo Fellini!.
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