flegiàs
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giovedì 27 marzo 2008
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così.........
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La dolce vita, film di ampie proporzioni, rappresenta il tentativo di mettere ordine nel caos di una autobiografia affidata a storie dall'apparenza oggettiva. Dopo aver fissato in personaggi estranei i fantasmi del proprio inconscio, il regista si proietta direttamente nelle immagini dilatate dello schermo (usa la dimensione “innaturale” del cinemascope), nel gioco dei frammenti organizzati in sequenze discontinue, nella “festa” di una tenera e compiaciuta gratificazione narcisistica. L'autore costruisce accuratamente un “periplo intorno a se stesso”, che produce due conseguenze nelle quali va cercata la ragione della novità di La dolce vita: una provocatoria esaltazione della soggettività e la spavalda invenzione di una realtà autosufficiente.
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La dolce vita, film di ampie proporzioni, rappresenta il tentativo di mettere ordine nel caos di una autobiografia affidata a storie dall'apparenza oggettiva. Dopo aver fissato in personaggi estranei i fantasmi del proprio inconscio, il regista si proietta direttamente nelle immagini dilatate dello schermo (usa la dimensione “innaturale” del cinemascope), nel gioco dei frammenti organizzati in sequenze discontinue, nella “festa” di una tenera e compiaciuta gratificazione narcisistica. L'autore costruisce accuratamente un “periplo intorno a se stesso”, che produce due conseguenze nelle quali va cercata la ragione della novità di La dolce vita: una provocatoria esaltazione della soggettività e la spavalda invenzione di una realtà autosufficiente. Questo avveniva alla soglia degli anni sessanta, in un cinema come quello italiano che al neorealismo e alla oggettività sociologica aveva immolato tutte le sue vittime sacrificali.
Le tappe del “periplo” sono le seguenti. Il giornalista Marcello, giovanotto intraprendente venuto dalla provincia, è al lavoro, a bordo di un elicottero che trasporta una grande statua di Cristo (sull'inconsueto trasporto dovrà scrivere, appunto, un servizio). La sera, in un night club, è a caccia di notizie per la cronaca mondana (questo giornalista, così poco “vero”, fa di tutto e pare sempre che non faccia nulla: è un fantasma di professionista, ossia una proiezione mascherata dall'autore). Incontra una donna inquieta e annoiata (la quintessenza della noia e della inquietudine: un altro fantasma, come tutti i successivi). Insieme a lei, imbarca sulla macchina una prostituta, che presta loro la sua casa (uno scantinato invaso dall'acqua: scenografia “fiabesca” che sottolinea la coerenza della fantasia) per una notte d'amore fuori del comune. Torna nell'appartamento dove abita (ci abita pochissimo, fedele alle regole di un inesistente giornalismo) e scopre che la donna con cui convive - la dolce, appiccicosa e gelosissima Emma - ha tentato il suicidio. La porta all'ospedale (ambiente stilizzato e “svedese”, altra dimora di fantasmi), la salva. Corre all'aeroporto di Ciampino per accogliere Sylvia, una celebre diva che deve interpretare un film a Roma. La segue alla conferenza stampa (dove, tra l'altro, si ironizza malignamente sul neorealismo), la accompagna in una visita alla cupola di San Pietro. Si ritrova con lei, la notte, in un ristorante alle Terme di Caracalla, e, più tardi, a zonzo per le vie del centro. Fa il bagno con lei - favolosamente pazza - nella fontana di Trevi. Davanti all'albergo in via Veneto è aggredito dall'amante di Sylvia.
Marcello vede un uomo entrare in una chiesa. Gli sembra di conoscerlo. L'uomo è Steiner, un intellettuale che gli concede un'affettuosa amicizia. Nuovo cambiamento di scena. Marcello si è rifugiato in una trattoria sulla riva del mare, per scrivere in pace. Telefona a Emma, la rassicura (lo ha già fatto altre volte, lo rifarà spesso), ed è colpito dalla fresca innocenza della cameriera ragazzina. Un nuovo cambiamento di scena, più “favoloso” (il “periplo” procede in crescendo, sul filo di una eccitazione sempre maggiore). In campagna arrivano Marcello, Paparazzo ed Emma per un servizio: dicono che alcuni bambini hanno “visto” la madonna, molta gente è accorsa a chiedere la Grazia. La notte scoppia un temporale, la folla dei malati si disperde in una confusione indescrivibile, sotto lo sguardo di una televisione straordinariamente efficiente. All'alba, uno dei malati è trovato morto. Rivediamo Marcello e la sua donna in casa di Steiner, a una riunione mondano-intellettuale. Marcello è colpito dalla serenità del suo ospite e dalla dolcezza dell'amore che porta alla moglie e ai due figlioletti. I cambiamenti incalzano. Una sera Marcello incontra in via Veneto il padre venuto dalla provincia a salutarlo. Lo conduce in un tabarin e lo accompagna a casa di una sgualdrinella (patetica, come si conviene a una fantasia autoconsolatoria). Il vecchio si sente male, si vergogna (è una pagina di giusta commozione, svolta nel grigiore di un anonimo interno e di una piazza di periferia), e vuol ripartire subito. Sale il ritmo, si moltiplicano e intensificano le sorprese. Marcello è prelevato da alcuni amici aristocratici e portato in una grande villa dove si celebra la stravaganza di una festa principesca. Si stordisce. Dopo aver furiosamente litigato (è l'ennesima volta) con Emma, si commuove e torna a casa con lei. Una telefonata lo fa accorrere (è la frenetica, infantile esasperazione della fantasia) a casa di Steiner, dove l'amico ha ucciso i bambini e si è suicidato. Assiste, impietrito, all'arrivo della moglie ignara, aggredita da uno stuolo di fotografi. Ultimo cambiamento di scena, il “periplo” sta per concludersi, dopo l'acme della dissipazione, nella (prevista) autocommiserazione. Marcello partecipa a un'orgia in una villa di Fregene, si incarognisce e si umilia. All'alba (un'altra alba, questa volta “purificatrice”) Marcello e i suoi amici scoprono sulla spiaggia un grande pesce mostruoso. Accanto alla riva di un fiumiciattolo la servetta della trattoria fa cenni a Marcello, che la riconosce ma non riesce a sentirla, per il rumore della risacca. Così com'è venuta - apparizione magica - la ragazzina scompare, correndo: inafferrabile, perché così esige la logica del sogno.
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maryluu
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domenica 24 febbraio 2008
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la perenne insoddisfazione dell'essere
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Sono molto soddisfatta della visione di questo classico capolavoro cinematografico. Ritengo "La Dolce Vita" la base della cultura cinematografica italiana. Apprezzo molto il coraggio di Fellini nel raccontare un'epoca, mischiandone luci e ombre indistintamente e la sua grande capacità di prevedere come il mondo sarebbe evoluto e involuto, in un altro mix ambiguo, come solo la nostra epoca può essere. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di un'opera cinematografica del 1960 e che nell'ottica del tempo Fellini ha dato via a una vera rivoluzione, parlando esplicitamente di temi all'epoca tabù come l'omosessualità, i travestimenti, la sessualità, la perenne insoddisfazione dei ceti alti, dediti agli eccessi per compensare la loro continua noia.
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Sono molto soddisfatta della visione di questo classico capolavoro cinematografico. Ritengo "La Dolce Vita" la base della cultura cinematografica italiana. Apprezzo molto il coraggio di Fellini nel raccontare un'epoca, mischiandone luci e ombre indistintamente e la sua grande capacità di prevedere come il mondo sarebbe evoluto e involuto, in un altro mix ambiguo, come solo la nostra epoca può essere. Non dobbiamo dimenticare che si tratta di un'opera cinematografica del 1960 e che nell'ottica del tempo Fellini ha dato via a una vera rivoluzione, parlando esplicitamente di temi all'epoca tabù come l'omosessualità, i travestimenti, la sessualità, la perenne insoddisfazione dei ceti alti, dediti agli eccessi per compensare la loro continua noia.
Il vero cinema italiano, oggi in degrado, è partito da lui.
Un nome passato alla storia per il suo talento e la sua capacità di innovazione e rivoluzione.
Un grande applauso merita Mastroianni, affascinante, professionale, icona del cinema del suo tempo.
Personaggio insoddisfatto di se e alla ricerca di qualcosa che non sa neanche lui. Personaggio che compensa la sua sofferenza di vivere nei rapporti con donne diverse. Che non riescono comunque a colmare il suo grande vuoto. Uomo costretto ad adeguarsi ad un mondo che non sente suo, fatto di lustrini e ambiguità, per non morire, per continuare a nutrire la speranza di un cambiamento.
Le ambientazioni della Roma bene degli anni 50-60 sono davvero ben riprodotte, considerati anche i mezzi non tecnologicamente evoluti.
E gli spunti riflessivi e morali, indiretti, pungenti, forti, nonchè i continui riferimenti a quadri, letteratura, musica rendono il film un vero capolavoro.
Famosa e centrale la scena del bagno nella Fontana di Trevi. Scena allegra, vitale, che mostra la gioia di vivere che Marcello sognava ma che riteneva di non meritare.
Tutti questi elementi rendono magistrale quest'opera e rendono immortale il grande Federico Fellini.
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m.g.
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giovedì 7 febbraio 2008
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la dolce vita
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Roma a cavallo tra anni '50 e '60, la città eterna che solo grazie ai bassi prezzi di produzione di cinecittà, diventa meta di un turismo troppo di classe, per la maggior parte legato all'impresa cinematografica, che in fine coinvolge tutte le classi sociali raccontato da un maestro come Federico Fellini.
Un dolce, che in principio ricopre le labbra di tutti, in fine tenderà a trasformarsi in noioso e un pò brutale che lascerà con l'amaro in bocca persino Marcello Rubini (Marcello Mastroianni), in principio così propenso ad abbracciare la nuova cultura (quella americana), ed in fine il primo a sognare il ritorno della "dolce vita".
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g eight
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domenica 13 gennaio 2008
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ma vendete il culo tutti va
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gente sto film ha più di 40 anni ormai. è stato fatto da una generazione completamente diversa e ora risulta assurdo. ma vi assicuro che in confronto a i film dell'epoca questo è un capolavoro. Neni parenti, laurentis e i cinepanettoni ve li possono mettere su per il culo perchè li non c'è arte ma business. siete di mentalità chiusa! quarto potere è una palla pure quello ma noi siamo abituati a ritmi diversi, più veloci, è ovvio che sembra tutto lento. provate a guardare nata mi marzo o il sole negli occhi di pietrangeli e allora capirete cos'è veramente l'autopunizione. la dolce vita è una palla, ma io l'accetto così perchè so che non posso pensarla come fellini che ha 60 anni più di me cristo! dopotutto di attori come il grande mastroianni non ce ne sono più.
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gente sto film ha più di 40 anni ormai. è stato fatto da una generazione completamente diversa e ora risulta assurdo. ma vi assicuro che in confronto a i film dell'epoca questo è un capolavoro. Neni parenti, laurentis e i cinepanettoni ve li possono mettere su per il culo perchè li non c'è arte ma business. siete di mentalità chiusa! quarto potere è una palla pure quello ma noi siamo abituati a ritmi diversi, più veloci, è ovvio che sembra tutto lento. provate a guardare nata mi marzo o il sole negli occhi di pietrangeli e allora capirete cos'è veramente l'autopunizione. la dolce vita è una palla, ma io l'accetto così perchè so che non posso pensarla come fellini che ha 60 anni più di me cristo! dopotutto di attori come il grande mastroianni non ce ne sono più. oramai sembra un film obsoleto ma prima di questo c'era il cinema del duce e i film di totò. quarto potere è pure quello un film lungo e palloso con un po' di piani sequenza in più, ma se lo guardo con gli occhi di uno di 40 anni più vecchio è un capolavoro. cazzo keaton ha fatto film che non mi fanno ridere per nulla, ma al suo tempo era famoso chissà perchè. gente toglietevi le briglie e cominciate a considerare tutti i punti di vista
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(di sgubonius)
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alve
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martedì 4 settembre 2007
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il film più noioso che abbia mai visto
[+] poveretto!
(di mic)
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nathan
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giovedì 26 aprile 2007
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l'amara vita
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Il genio di Fellini.Fellini dal coraggio straordinario nel raccontarci un'Italia che uscita dalla guerra,dopo gli anni 50,perde la sua innocenza.Fellini amaro come Pasolini nel prevedere in anticipo l'involuzione morale del nostro paese e della società in generale.La "dolce vita" è il modello capitalistico tipicamente americano,esportato in Europa,nell'Italia "salvata" dai soldati americani,la "dolce vita" è l'alienazione totale dell'individuo,l'alienazione dalla realtà per un mito fragile,per una gioia breve e senza passioni,così come si comportano i protagonisti delle folli notti romane,tra prostitute e donne annoiate,tra lo sguardo disincantato dello straordinario ed intenso Mastroianni.Il mito è straniero,così come Anita Ekberg.
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Il genio di Fellini.Fellini dal coraggio straordinario nel raccontarci un'Italia che uscita dalla guerra,dopo gli anni 50,perde la sua innocenza.Fellini amaro come Pasolini nel prevedere in anticipo l'involuzione morale del nostro paese e della società in generale.La "dolce vita" è il modello capitalistico tipicamente americano,esportato in Europa,nell'Italia "salvata" dai soldati americani,la "dolce vita" è l'alienazione totale dell'individuo,l'alienazione dalla realtà per un mito fragile,per una gioia breve e senza passioni,così come si comportano i protagonisti delle folli notti romane,tra prostitute e donne annoiate,tra lo sguardo disincantato dello straordinario ed intenso Mastroianni.Il mito è straniero,così come Anita Ekberg.La realtà imposta dalla società è una realtà fatta di lustrini che nascondono solamente noia e morte,orrore e squallore.Di fronte a questa "realtà" si perde l'innocenza,si perdono le speranze,i sogni le passioni della ragazza che un frastornato Mastroianni,avvolto in questa spirale,come tutti noi,saluta nel finale.Di fronte a questa "realtà" si perdono i valori delle cose vere,emlematico l'intellettuale borghese Steiner che ascolta con la sua famiglia e i suoi amici all'interno della stanza i rumori della natura ormai registrati su un apparecchio.Di fronte a questa "realtà" ci si può solo adeguare (Mastroianni),oppure morire (Steiner).Ma il genio di Fellini ci mostra anche l'altra parte della realtà,l'Italia democristiana dei poveri e dell'ignoranza,della superstizione e della religione,un'altra faccia della stessa squallida medaglia.Quelli sono i valori che si perdono.Dunque la visione del regista è totalmente negativa,ma è filtrata attraverso una serie di significati allegorici e metafore stupende,che la elevano ad arte (come dimenticare il celebre inizio col Cristo che sorvola la città di Roma?).Dietro tutto questo gli sciacalli,i paparazzi,il voyerismo insano,sordo alle emozioni ed ai sentimenti,di tutti quanti noi.
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lucrezio
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venerdì 6 aprile 2007
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la (pallosa) dolce vita
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ma quali sono i veri registi del cinema italiano?? fellini, de sica e rossellini?? vi sbagliate d brutto... oggi sono superati, bisogna andare tutti al cinema per far battere cassa alla filmauro di de laurentiis!! w neri parenti e i suoi capolavori cinematografici, ovvero "le barzellette" e "christmas in love" un bacio a neri 6 un grande da lucrezio
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(di enrico)
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miki
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venerdì 30 marzo 2007
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la vita...come non l'avete mai vissuta!
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Daniela è una prostituta a Pigalle. François che ha appena vinto al lotto chiede a Daniela se vuole diventare la sua fidanzata. Lei accetta, inconsapevole che non è così facile lasciare il mondo della notte e soprattutto Charly, il suo protettore.
Malriuscita contaminazione tra pièce sperimentale di matrice teatrale e pellicola cinematografica, il film di Blier cerca di inserire elementi di originalità in una storia che, pensata male e realizzata peggio, tutto fa per condurre il pubblico tra le braccia di Morfeo. Ritmo blandissimo e lunghe panoramiche sul corpo dell'attrice nostrana, caratterizzano un film che in potenza potrebbe offrire mille spunti di riflessione sul denaro, sull'uso che se ne fa, sull'"etica" peculiare di certe professioni ed i rapporti tra uomo e donna, ma che sullo schermo si risolve in una pochade senza senso.
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Daniela è una prostituta a Pigalle. François che ha appena vinto al lotto chiede a Daniela se vuole diventare la sua fidanzata. Lei accetta, inconsapevole che non è così facile lasciare il mondo della notte e soprattutto Charly, il suo protettore.
Malriuscita contaminazione tra pièce sperimentale di matrice teatrale e pellicola cinematografica, il film di Blier cerca di inserire elementi di originalità in una storia che, pensata male e realizzata peggio, tutto fa per condurre il pubblico tra le braccia di Morfeo. Ritmo blandissimo e lunghe panoramiche sul corpo dell'attrice nostrana, caratterizzano un film che in potenza potrebbe offrire mille spunti di riflessione sul denaro, sull'uso che se ne fa, sull'"etica" peculiare di certe professioni ed i rapporti tra uomo e donna, ma che sullo schermo si risolve in una pochade senza senso. Spiace vedere un serio professionista come Depardieu coinvolto in un ruolo stilizzato e bidimensionale, mentre i due protagonisti, pur volenterosi, non possono offrire altro che un onesto mestiere (e la Bellucci il suo corpo, mostrato fin troppo frequentemente).
Blier, regista abbondantemente sopravvalutato, sembra temporeggiare nascondendosi dietro messaggi nascosti e battute ad effetto, costruendo un film dove tutti i personaggi sono meri satelliti orbitanti attorno al pianeta Monica, qui in area-parto e più tondeggiante e morbida del solito. Tra umorismo involontario, un retrogusto caciarone e volgarotto e dialoghi spesso demenziali, Per sesso o per amore? è un oggetto misterioso. Un po' come il successo che è riuscita ad ottenere negli anni la nostra "star" internazionale.
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[+] sono miki
(di massimiliano)
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[+] ho capito
(di m.)
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dani tt
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mercoledì 20 dicembre 2006
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3 ore
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innanzitutto non credo sia un capolavoro "assoluto", ma relativo, comunque resta il fatto che 3 ore sono assolutamente troppe per raccontare il nulla.
Almeno Peter Greenaway (che si ispira a Fellini) ci mette molto pepe e immagini accattivanti nei suoi film di 3 ore (le valigie di tulse luper!) e non annoia.
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vetero-cinema
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martedì 19 dicembre 2006
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incredibile
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la sostanziale mancanza della chiusura del cerchio, che si desidera ? L'happy ending ... Fellini è il teorico del film aperto, senza capo nè coda, cosa che ad alcuni sembra un difetto, forse abituati alle belle e ben confezionate storie hollywoodiane... mah
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(di sgubonius)
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