nathan
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giovedì 26 aprile 2007
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l'amara vita
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Il genio di Fellini.Fellini dal coraggio straordinario nel raccontarci un'Italia che uscita dalla guerra,dopo gli anni 50,perde la sua innocenza.Fellini amaro come Pasolini nel prevedere in anticipo l'involuzione morale del nostro paese e della società in generale.La "dolce vita" è il modello capitalistico tipicamente americano,esportato in Europa,nell'Italia "salvata" dai soldati americani,la "dolce vita" è l'alienazione totale dell'individuo,l'alienazione dalla realtà per un mito fragile,per una gioia breve e senza passioni,così come si comportano i protagonisti delle folli notti romane,tra prostitute e donne annoiate,tra lo sguardo disincantato dello straordinario ed intenso Mastroianni.Il mito è straniero,così come Anita Ekberg.
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Il genio di Fellini.Fellini dal coraggio straordinario nel raccontarci un'Italia che uscita dalla guerra,dopo gli anni 50,perde la sua innocenza.Fellini amaro come Pasolini nel prevedere in anticipo l'involuzione morale del nostro paese e della società in generale.La "dolce vita" è il modello capitalistico tipicamente americano,esportato in Europa,nell'Italia "salvata" dai soldati americani,la "dolce vita" è l'alienazione totale dell'individuo,l'alienazione dalla realtà per un mito fragile,per una gioia breve e senza passioni,così come si comportano i protagonisti delle folli notti romane,tra prostitute e donne annoiate,tra lo sguardo disincantato dello straordinario ed intenso Mastroianni.Il mito è straniero,così come Anita Ekberg.La realtà imposta dalla società è una realtà fatta di lustrini che nascondono solamente noia e morte,orrore e squallore.Di fronte a questa "realtà" si perde l'innocenza,si perdono le speranze,i sogni le passioni della ragazza che un frastornato Mastroianni,avvolto in questa spirale,come tutti noi,saluta nel finale.Di fronte a questa "realtà" si perdono i valori delle cose vere,emlematico l'intellettuale borghese Steiner che ascolta con la sua famiglia e i suoi amici all'interno della stanza i rumori della natura ormai registrati su un apparecchio.Di fronte a questa "realtà" ci si può solo adeguare (Mastroianni),oppure morire (Steiner).Ma il genio di Fellini ci mostra anche l'altra parte della realtà,l'Italia democristiana dei poveri e dell'ignoranza,della superstizione e della religione,un'altra faccia della stessa squallida medaglia.Quelli sono i valori che si perdono.Dunque la visione del regista è totalmente negativa,ma è filtrata attraverso una serie di significati allegorici e metafore stupende,che la elevano ad arte (come dimenticare il celebre inizio col Cristo che sorvola la città di Roma?).Dietro tutto questo gli sciacalli,i paparazzi,il voyerismo insano,sordo alle emozioni ed ai sentimenti,di tutti quanti noi.
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tomdoniphon
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sabato 17 maggio 2014
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c'era una volta l'italia del boom
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Affresco soggettivo - dipinto attraverso il giornalista di cronaca rosa Marcello (Mastroianni) - della società altoborghese romana nel momento di massimo splendore di Cinecittà. Il film più famoso del cinema italiano, l'opera che divise come nessun'altra pubblico e critica. Rilevava, con la straordinaria fantasia cinematografica del regista, un momento di svolta della storia del nostro paese, intravedendo un decadimento dei costumi. Il film, tuttavia, non aveva alcun intento moralistico: l'affresco era, come sempre avviene in Fellini (si veda "Amarcord), distaccato ma non troppo. Il film fu talmente importante (Palma d'oro a Cannes) che bloccò lo stesso Fellini: "adesso cosa farò?!".
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Affresco soggettivo - dipinto attraverso il giornalista di cronaca rosa Marcello (Mastroianni) - della società altoborghese romana nel momento di massimo splendore di Cinecittà. Il film più famoso del cinema italiano, l'opera che divise come nessun'altra pubblico e critica. Rilevava, con la straordinaria fantasia cinematografica del regista, un momento di svolta della storia del nostro paese, intravedendo un decadimento dei costumi. Il film, tuttavia, non aveva alcun intento moralistico: l'affresco era, come sempre avviene in Fellini (si veda "Amarcord), distaccato ma non troppo. Il film fu talmente importante (Palma d'oro a Cannes) che bloccò lo stesso Fellini: "adesso cosa farò?!". Tre anni dopo girerà "8 e mezzo", bilancio morale come uomo e cineasta. Come giustamente osserva Amelio, "ogni spettatore ha il suo Fellini preferito. Per me non c'è 8 e mezzo o Amarcord o Il Casanova che valgano La dolce vita". Sottoscriviamo.
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parsifal
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lunedì 11 dicembre 2017
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edonismo e maliconia
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Fellini, artefice del cinema onirico e visionario, nel 1960 , con l'ausilio di Flaiano , Pinelli, Rondi e Pasolini ( pur se non accreditato) al suo più grande capolavoro. IL più discusso, il più amato , il più odiato, il più visto, il più osteggiato, il più osannato. Ambientato nella Città eterna, nei confronti della quale il Maestro ha sempre provato forti sentimenti , molto contrastanti tra di loro, narra delle vicende alterne di Marcello Rubini, giovane ed affascinante cronista rosa, dalla vita assai movimentata, sia a causa dell'indole che della professione svolta. Ciò diventa il pretesto per squarciare il velo sugli eterni altarini nascosti dell'Urbe, con tutto il suo fascino decadente, i lustrini e le paillettes che infiocchettano ed addobbano le poche virtù ed i molti vizi delle persone che fanno parte, per una notte o per la vita, della frastagliata esistenza di Marcello.
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Fellini, artefice del cinema onirico e visionario, nel 1960 , con l'ausilio di Flaiano , Pinelli, Rondi e Pasolini ( pur se non accreditato) al suo più grande capolavoro. IL più discusso, il più amato , il più odiato, il più visto, il più osteggiato, il più osannato. Ambientato nella Città eterna, nei confronti della quale il Maestro ha sempre provato forti sentimenti , molto contrastanti tra di loro, narra delle vicende alterne di Marcello Rubini, giovane ed affascinante cronista rosa, dalla vita assai movimentata, sia a causa dell'indole che della professione svolta. Ciò diventa il pretesto per squarciare il velo sugli eterni altarini nascosti dell'Urbe, con tutto il suo fascino decadente, i lustrini e le paillettes che infiocchettano ed addobbano le poche virtù ed i molti vizi delle persone che fanno parte, per una notte o per la vita, della frastagliata esistenza di Marcello. Oltre alle visioni di stampo onirico, benchè estremamente reali, durante la narrazione si evidenzia la volontà di delineare, in maniera sottile ed allusiva, un ritratto satirico e parodistico del mondo dell'alta borghesia e dell'aristocrazia romana. Con la garbata ironia che lo ha sempre contraddistinto, il Maestro mette in scena le miserie nascoste dietro lo sfarzo ostentato , la fragilità psicologica dello stesso protagonista( un giovane , aitante ed affascinante Mastroianni) la contraddittorietà della sua complice notturna Maddalena ( misteriosa ed eterea Anouk Aimèè) , la possessività soffocante di Emma, segno della sua eterna incertezza ed incapacità di amare in maniera matura. Marcello attraversa tutto questo, tuffandosi nelle onde della vita con disincanto ed un inconfessata malinconia, che emerge in più parti , in alcuni frangenti più toccanti della narrazione: memorabile l'incontro con la diva , interpretata da una splendida Anita Ekberg e la scena della fontana di Trevi, girata con meticolosa precisione è entrata a pieno titolo negli annali del cinema internazionale. Durante la notte trascorsa insieme, Marcello si rende conto, seppur a malincuore , che non farà mai parte integrante del mondo che tanto lo affascina, ma sarà sempre considerato un ospite. Altrettanto dicasi per la scena della festa aristocratica nel castello , sito nei dintorni di Roma; aristocratici annoiati , vuoti, che galleggiano giorno dopo giorno nella loro vacuità ,tentando di sconfiggerla con uno sfrenato edonismo che li lascia svuotati e tristi sul far dell'alba. Si ha l'impressione di assistere anche al crollo di ogni evidente certezza, o almeno di ciò che appariva tale; Steiner, un intellettuale di elevata statura morale, molto amico di Marcello, apparentemente uomo saggio ed equilibrato, diventerà l'artefice di una tragedia familiare. Molto toccante il momento (inevitabile ) del confronto padre-figlio, fatto di finzioni che si trasformano in amare realtà. Durante la lunga ed articolata narrazione, emerge il vero ed il verisimile che contraddistingue la vita dei personaggi e la finzione è parte integrante di ognuno di loro. Salvo poi giungere al finale, visionario e simbolico, in cui alcuni vedono addirittura un' allegoria vicina al Padre Dante " E finalmente uscimmo a riveder le stelle". Contraddittorio , amaro e sarcastico, con venature malinconiche ed apparenti incongruenze. Come la Vita. Capolavoro Assoluto.
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il cinefilo
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martedì 2 novembre 2010
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via vittorio veneto:epicentro dei bagordi infiniti
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Si tratta,a livello internazionale,di una delle opere più famose della nostra cinematografia e contribuì alla diffusione,anche all'estero,di neologismi come"paparazzo"riferendosi a quei fotoreporter esperti nei servizi scandalistici.
Federico Fellini(anche sceneggiatore insieme a Ennio Flaiano,Tullio Pinelli e Brunello Rondi)decide di utilizzare Roma(e in particolare l'immagine della famosa via sopra citata)per descrivere una realtà in cui ogni cosa assume,ridicolmente,un certo ruolo di spettacolo che oggi si definirebbe meramente"voyeuristico"(dalla religione alla cronaca nera e resta esemplare la scena in cui la madre dei bambini uccisi viene ignobilmente circondata dai fotoreporter)e,nell'altro ruolo,quello interpretabile in vizi e bagordi riferiti,prevalentemente,all'alta società romana.
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Si tratta,a livello internazionale,di una delle opere più famose della nostra cinematografia e contribuì alla diffusione,anche all'estero,di neologismi come"paparazzo"riferendosi a quei fotoreporter esperti nei servizi scandalistici.
Federico Fellini(anche sceneggiatore insieme a Ennio Flaiano,Tullio Pinelli e Brunello Rondi)decide di utilizzare Roma(e in particolare l'immagine della famosa via sopra citata)per descrivere una realtà in cui ogni cosa assume,ridicolmente,un certo ruolo di spettacolo che oggi si definirebbe meramente"voyeuristico"(dalla religione alla cronaca nera e resta esemplare la scena in cui la madre dei bambini uccisi viene ignobilmente circondata dai fotoreporter)e,nell'altro ruolo,quello interpretabile in vizi e bagordi riferiti,prevalentemente,all'alta società romana.
Apparentemente si tratta di un film invecchiato essendo legato pesantemente a quel periodo(e se si parla in termini di costumi è pienamente lecito pensarlo)ma,in realtà,alcuni aspetti della vicenda(la"mercificazione"mediatica della sofferenza e le immagini moralmente false della"bella vita"dei ricchi)sono più attuali di quanto ci si possa immaginare.
Il protagonista(interpretato da Marcello Mastroianni)si muove,grazie anche al suo lavoro di giornalista in un mondo completamente privo di ideali(dove l'unico fattore che sembra contare è,appunto,la"dolce vita").
Quest'opera può vantare sequenze particolarmente indimenticabili come quella riguardante la presunta visione della Madonna che scatena il fanatismo della folla e il famosissimo bagno di Anita Ekberg(che interpreta Sylvia)dentro la fontana di Trevi.
All'epoca il film scatenò accese polemiche(anche a livello politico con l'ira della Democrazia Cristiana)e il quotidiano L'Osservatore romano pubblicò due articoli intitolati BASTA! e SCONCIA VITA e sembra siano stati scritti da Oscar Luigi Scalfaro.
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cimosa
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domenica 12 maggio 2013
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una dolce vita un'amara morte
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Sicuramente,quest'opera,implicitamente è un film di un realismo frammentato,che non mi ha dato solo una analisi su la Roma del tempo,ma qualcosa in più.Fellini qui è aiutato a creare un disegno di una società ricca di specchi,che attraversa non solo le classi sociali,nel decadentismo agiato alla ricerca di una nuova sensazione,che si rivela per quella che è,un progresso della banalità e della noia di questa vita;ma anche su le varie età letterali della vita di queste classi.Marcello è perfetto come simbolo di questa nascita di progresso dell'immagine radiosa,venduta e comprata,senza un valore reale.Il donnaiolo sulla spider,non è altro che un ragazzino agli autoscontri,che riesce a primeggiare per la sua bellezza e affabilità e una carriera di giornalista da nulla,consapevole di ciò.
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Sicuramente,quest'opera,implicitamente è un film di un realismo frammentato,che non mi ha dato solo una analisi su la Roma del tempo,ma qualcosa in più.Fellini qui è aiutato a creare un disegno di una società ricca di specchi,che attraversa non solo le classi sociali,nel decadentismo agiato alla ricerca di una nuova sensazione,che si rivela per quella che è,un progresso della banalità e della noia di questa vita;ma anche su le varie età letterali della vita di queste classi.Marcello è perfetto come simbolo di questa nascita di progresso dell'immagine radiosa,venduta e comprata,senza un valore reale.Il donnaiolo sulla spider,non è altro che un ragazzino agli autoscontri,che riesce a primeggiare per la sua bellezza e affabilità e una carriera di giornalista da nulla,consapevole di ciò.Egli si distrae nei modi e negli ambienti lontani frà loro e anche da lui.Ha una donna, che lo ama nevroticamente ma sinceramente,e non riesce a lasciarla per il suo vuoto e la sua vacuità.Steiner,intellettuale che conosce Marcello ed è sempre disponibile,lo invita una sera a casa sua;qui il viveur trova tutto magnifico,ma Steiner arrivato a concepire sè stesso e il fittizio progresso prestabilito,avverte Marcello di un futuro dove regnerà questa "pace" stasi.Quando Marcello riceve la notizia delsuicidio e dell'uccisione dei figli di Steiner,comprende finalmente la sua mediocrità e quella di una società fatta di fotografi e immagini,alla quale si dovrà adeguare come ci mostra il finale;dove, vendendosi a straccioni, arriva all'alba su una spiaggia dove tutti contemplano un animale marino,mentre lui rivede la ragazza del ristorante,cresciuta che mimandogli qualcosa,Marcello saluta con la sua maschera svelata.Nel saluto della ragazza,forse,si intravede,qualcosa di autentico.
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shiningeyes
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sabato 25 maggio 2013
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croce e delizia del cinema italiano
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Sguardo sulla Roma in pieno boom economico ed edilizio, meta preferita di famose star cinematografiche e punto nevralgico dell'alta società italiana. Lo sguardo felliniano sulla Roma fine anni 50 è passato attraverso l'ottica disincantata di Marcello, giornalista scandalistico che ama immergersi nella mondanità e spassarsela con molte donne diverse.
A parte la famosissima scena della fontana con la maggiorata Anita Eckberg, “La dolce vita” è un caleidoscopio di immagini simboliche, fatte con delle soggettive impressionanti, fatte così bene che non puoi fare a meno di non respirare quell'aria libertina e dinamica di quella Roma. Nei sette episodi c'è spazio anche per storie di medio ceto, come quello del fanatismo religioso esploso per uno scherzo di due bambini che appurano di aver visto la Madonna, che è indicatore dei mass media che ingigantiscono le notizie pur di avere qualcosa di cui scrivere.
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Sguardo sulla Roma in pieno boom economico ed edilizio, meta preferita di famose star cinematografiche e punto nevralgico dell'alta società italiana. Lo sguardo felliniano sulla Roma fine anni 50 è passato attraverso l'ottica disincantata di Marcello, giornalista scandalistico che ama immergersi nella mondanità e spassarsela con molte donne diverse.
A parte la famosissima scena della fontana con la maggiorata Anita Eckberg, “La dolce vita” è un caleidoscopio di immagini simboliche, fatte con delle soggettive impressionanti, fatte così bene che non puoi fare a meno di non respirare quell'aria libertina e dinamica di quella Roma. Nei sette episodi c'è spazio anche per storie di medio ceto, come quello del fanatismo religioso esploso per uno scherzo di due bambini che appurano di aver visto la Madonna, che è indicatore dei mass media che ingigantiscono le notizie pur di avere qualcosa di cui scrivere.
Viene appunto messa in primo piano l'invasione mediatica sulla vita delle persone, dei paparazzi insensibili alla privacy e sensibilità delle loro vittime, che le fotografano anche nei momenti più intimi e dolorosi.
Nelle sue due ore e cinquanta (son state tagliate delle scene, pure) Fellini ci mostra il decadimento di valori che stava iniziando a prendere il sopravvento nella società, che al di là di qualche decennio sarebbe stato irreparabile, e servono a ben poco i vani tentativi di mostrarci i sani valori morali tramite la gente normale, perché Fellini, lungimirante, vide già il declino a cui stavamo andando incontro ponendo fine al fenomeno neo-realista italiano, fatto di gente semplice e povera, ma ricca di onestà e di valori; sarebbe stato da ipocriti mettere in mostra solo le luci e non le ombre di quel mondo.
“La dolce vita”, croce e delizia del cinema italiano; cinematograficamente parlando però, è solo delizia.
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paolino77
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giovedì 18 agosto 2016
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ca..o che film
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Qualche critico disse che questo non era degno di chiamarsi cinema, ma forse è qualcosa di più che cinema. E' una parte della vita di chi guarda, e riesce a modificare qualcosa nei suoi spettatori. In questo senso, soprattutto per quest'ultimo aspetto, è un film assolutamente eccezionale, forse unico, forse davvero il film del secolo (del XX secolo). Una tecnica di una presisione millimetrica, un calcolo freddo per quello che doveva sembrare un resoconto a caldo, un lavoro di alto artigianato, calcolato ma frutto anche di illuminazioni tanto da sacrificare sequenze e personaggi e aggiungerne invece altri, a causa di quella visione delle cose tipica di Fellini di saper essere ad un tempo dentro e insieme fuori dal film, con una narrazione, una descrizione che nei dettagli e nelle sfumature coglie e rappresenta umori, sensazioni, timori, speranze, velleità di una società che stava (in ogni cosa questo è il momento migliore per vedere tutto, per capire tutto, o per accettare tutto) trasformandosi negli anni di passaggio al "boom", col rapporto uomo-donna che stava cambiando (le case chiuse erano state abolite da poco), con l'ascesa della borghesia, volgare e arrivista (i nobili non contano più nulla e vivono come in un universo parallelo), con la pagana deificazione delle star dello spettacolo, con personaggi venuti non si sa da dove (nella scena dell'"orgia" finale ne incontriamo molti per la prima volta) sfatti nel ripetere riti fino alla noia e alla ricerca di emozioni surrogate giocando a nascondino con la morale e con la morte (chiara l'allusione al "caso Montesi" - che ha rivelato agli italiani dei begli altarini - nella scena dell'ingenua ubriaca e addobbata come una grossa gallina).
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Qualche critico disse che questo non era degno di chiamarsi cinema, ma forse è qualcosa di più che cinema. E' una parte della vita di chi guarda, e riesce a modificare qualcosa nei suoi spettatori. In questo senso, soprattutto per quest'ultimo aspetto, è un film assolutamente eccezionale, forse unico, forse davvero il film del secolo (del XX secolo). Una tecnica di una presisione millimetrica, un calcolo freddo per quello che doveva sembrare un resoconto a caldo, un lavoro di alto artigianato, calcolato ma frutto anche di illuminazioni tanto da sacrificare sequenze e personaggi e aggiungerne invece altri, a causa di quella visione delle cose tipica di Fellini di saper essere ad un tempo dentro e insieme fuori dal film, con una narrazione, una descrizione che nei dettagli e nelle sfumature coglie e rappresenta umori, sensazioni, timori, speranze, velleità di una società che stava (in ogni cosa questo è il momento migliore per vedere tutto, per capire tutto, o per accettare tutto) trasformandosi negli anni di passaggio al "boom", col rapporto uomo-donna che stava cambiando (le case chiuse erano state abolite da poco), con l'ascesa della borghesia, volgare e arrivista (i nobili non contano più nulla e vivono come in un universo parallelo), con la pagana deificazione delle star dello spettacolo, con personaggi venuti non si sa da dove (nella scena dell'"orgia" finale ne incontriamo molti per la prima volta) sfatti nel ripetere riti fino alla noia e alla ricerca di emozioni surrogate giocando a nascondino con la morale e con la morte (chiara l'allusione al "caso Montesi" - che ha rivelato agli italiani dei begli altarini - nella scena dell'ingenua ubriaca e addobbata come una grossa gallina). Il film è anche una esaltante opera d'arte in cui concorrono svariati talenti; dal genio di Fellini che unisce tutto, come in tutti i suoi film, in un "corpo" cinematografico impressionante come pochi, o forse come nessuno (forse Kubrick, ma siamo in un altro "dottore" della condizione umana, con una visione del mondo non troppo dissimile nelle conclusioni ma meno "dolce", appunto, di quella felliniana), al talento di Flaiano, capace di rimettere a posto con una battuta come lama di rasoio una scena o una sequenza rispetto al rischio di sentimentalismo causa lo spiritualismo, l'amore per le persone e le cose di Fellini; a quello di Pinelli, decisivo nella trasfigurazione della realtà in fiaba assieme allo scenografo e costumista Gherardi (un Oscar strameritato); alle collaborazioni con Brunello Rondi (che conosceva certi ambienti ritratti nel film e ha suggerito su quali personaggi si doveva più insistere) e a quella, non accreditata, di Pasolini, che fornì consigli e aiutò Fellini in certe scelte importanti. Paradossalmente, la scena che rivelò le maggiori difficoltà fu proprio l'"orgia" finale; ma qui Fellini fu aiutato dal suo occhio, sempre sul crinale tra orrore e estasi, qui chiaramente (o si dovrebbe dire oscuramente) più verso la prima sensazione. "Non esiste, è una invenzione (magari bella) di Fellini"; "L'Italia era proprio così". Chi ha ragione? Per comprendere Fellini bisogna considerare che per lui la realtà - come ribadirà in "Otto e mezzo" - è inseparabile, non ha senso al di fuori dell'esperienza soggettiva, che vuol dire anche sogno, fantasia, fantasticheria, ma sfido io a chi sappia aver rappresentato, rivelato meglio di lui con verità minuzuisa certi aspetti della realtà che tutto quanto è seguito al film non ha fatto che dimostrare.
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pacittipaolo
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venerdì 10 aprile 2020
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fellini apre la strada al cinema moderno
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Nella sua convinzione che la realtà esista nel rapporto personale, individuale con la stessa, i film di Fellini sono insieme un diario intimo e pubblico. Partendo dalle abitudini mondane di una grande città, di cui il protagonista è cronista con al suo seguito i fotoreporter ("paparazzi") il film si allarga in un vasto affresco con una personale riflessione dell'autore sulla condizione umana contemporanea. Preceduto da un attesa altettanto abnorme e dilatata, il film ebbe un emorme, inaspettato successo internazionale considerando la sua originalità formale e la sua spregiudicatezza contenutistica. In futuro Fellini accentuerà la sua maniera di procedere per potenti visioni, che qui appaiono legate nel loro insieme da personaggi e luoghi ricorrenti e dallo scandire giorno/notte/mattino: albeggia sette volte e le sette sequenze intorno alle quali è costruito il film si verificano tutte di notte o in gran parte di notte.
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Nella sua convinzione che la realtà esista nel rapporto personale, individuale con la stessa, i film di Fellini sono insieme un diario intimo e pubblico. Partendo dalle abitudini mondane di una grande città, di cui il protagonista è cronista con al suo seguito i fotoreporter ("paparazzi") il film si allarga in un vasto affresco con una personale riflessione dell'autore sulla condizione umana contemporanea. Preceduto da un attesa altettanto abnorme e dilatata, il film ebbe un emorme, inaspettato successo internazionale considerando la sua originalità formale e la sua spregiudicatezza contenutistica. In futuro Fellini accentuerà la sua maniera di procedere per potenti visioni, che qui appaiono legate nel loro insieme da personaggi e luoghi ricorrenti e dallo scandire giorno/notte/mattino: albeggia sette volte e le sette sequenze intorno alle quali è costruito il film si verificano tutte di notte o in gran parte di notte. Mentre Fellini realizza geniali soluzioni cinematografiche che troveranno nel successivo Otto e mezzo (altro racconto di una crisi esistenziale, questa volta però incentrato sul privato) compiuta realizzazione, i suoi co-sceneggiatori apportano ciascuno un importante contributo personale, suggerendo interi episodi, magari aggiunti durante la lunga e divertente lavorazione (non sempre per il regista, al quale i produttori spesso presentavano il conto) al posto di altri o altri personaggi non girati (la sceneggiatura pubblicata è diversa dal film), contribuendo alla trasfigurazione fantastico/fiabesca e ad una impietosa satira di costume. Ricco e forte il cast, anche se magari meno prestigioso di quello inizialmente previsto con altri produttori, ma Fellini fa stare benissimo insieme personaggi veri nella parte di se stessi e comparse, attori preparati e facce nelle quali egli trova la perfetta espressione della verità dei personaggi. Mastroianni comprende molto bene la sua parte e il film e il suo personaggio è molto emblematico (anche se quello che più di ogni altro rappresenta La dolce vita nella sua modernità è Maddalena), che Fellini cerca di avvicinare al modello che aveva disegnato, magari applicandogli in alcune scene ciglia finte e tiranti agli occhi, e vestendolo sempre di nero (tranne che nel finale). Si può dire che quasi nessuno spettatore è restato indifferente al film, per molti una vera esperienza esistenziale e per l'Italia un vero terremoto. Ma forse la considerazione più importante è stata la sua importanza cinematografica: La dolce vita è stato fonte di ispirazione - se non qualcosa di più - per molti registi: per esmpio alcuni film hollywoodiani degli hanno '70 hanno qualcosa che viene dritto dritto da questo film.
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max
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martedì 10 maggio 2005
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la dolce vita
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Recensione cinematografica:
“La dolce Vita”, regia di Federico Fellini, Italia, 1960, con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg.
Paparazzi che con i loro scatti immortalano le gesta di sedicenti attricette, all’uscita di locali alla moda, auto di lusso che sfrecciano su e giù per Via Veneto cariche di ricchi personaggi famosi in compagnia di splendide soubrette, che esternano con vanità la speranza di farsi notare dai curiosi passanti.
Federico Fellini “fotografa” ,con esemplare talento e con il suo magico e inconfondibile stile disincantato, l’alta aristocrazia romana e internazionale che trova il suo apogeo nella Roma dei primi anni 60’.
Lasciatosi alle spalle un lungo e difficile dopoguerra adesso la società romana è alle prese con il boom economico che renderà partecipi attivamente tutti gli strati sociali della popolazione a nella quale confluiranno ogni sorta di strani personaggi alle prese con situazioni che sfiorano il grottesco.
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Recensione cinematografica:
“La dolce Vita”, regia di Federico Fellini, Italia, 1960, con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg.
Paparazzi che con i loro scatti immortalano le gesta di sedicenti attricette, all’uscita di locali alla moda, auto di lusso che sfrecciano su e giù per Via Veneto cariche di ricchi personaggi famosi in compagnia di splendide soubrette, che esternano con vanità la speranza di farsi notare dai curiosi passanti.
Federico Fellini “fotografa” ,con esemplare talento e con il suo magico e inconfondibile stile disincantato, l’alta aristocrazia romana e internazionale che trova il suo apogeo nella Roma dei primi anni 60’.
Lasciatosi alle spalle un lungo e difficile dopoguerra adesso la società romana è alle prese con il boom economico che renderà partecipi attivamente tutti gli strati sociali della popolazione a nella quale confluiranno ogni sorta di strani personaggi alle prese con situazioni che sfiorano il grottesco.
Nel colorato circo di Fellini convivono numerosi personaggi con caratteri e personalità curiose, diverse tra loro ma accomunate tutte da un’inesauribile energia vitale che li spinge con ogni mezzo possibile ed a ogni costo a vivere “la dolce vita”.
Marcello è un bel giovane giornalista in carriera che durante una delle numerose notti brave romane trascorse alla ricerca dello scoop sensazionale, conosce, in un noto locale alla moda di Via Veneto, Sylvia, una bellissima ragazza svedese della quale si innamora perdutamente.
Feste chic in fantastiche dimore, luci e musica della Roma by night accompagnano Marcello e Anita, con una lussuosa decappottabile, a percorrere le più belle strade di Roma, fino a prendere il totale possesso della città.
Il bagno a fontana di Trevi di Sylvia ne è la dimostrazione ed entrerà nella leggenda come l’atto supremo della gioia di vivere.
Ma il mondo dipinto nel film di Fellini è dolce solo in apparenza e nasconde abilmente sofferenze e difficoltà dell’uomo moderno alle prese con una società cinica e selettiva.
Il Capolavoro del famoso cineasta si può sicuramente collocare tra le cento pellicole più interessanti della storia del cinema mondiale.
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lady libro
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giovedì 7 luglio 2011
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roma 1960
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Roma, 1960. Il protagonista è Marcello Rubini, giornalista di gossip, un uomo affogato interamente nella dolce vita della società italiana.
Il divertimento, l'ozio, ma soprattutto le donne, sono il pane quotidiano di Marcello che, desideroso di trovare un lavoro che lo soddisfi e abbandonare l'ossessivo ed egoista mondo dei paparazzi e dei rotocalchi, si aggrappa appunto a quella corda invisibile che ogni notte lo porta in un mondo completamente diverso da cui non vorrebbe mai uscire.
In quel dolce eppure fragile mondo, Marcello incontra e ama tante persone: Maddalena, una prostituta che lo attrae profondamente, Sylvia, bionda e bellissima attrice americana che danza soavemente nella celeberrima scena della Fontana di Trevi, Steiner, suo grande amico e intellettuale alquanto sensibile riguardo l'esistenza umana, Emma, fidanzata di Marcello perdutamente innamorata di lui e desiderosa che egli la sposi per poter vivere insieme per sempre.
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Roma, 1960. Il protagonista è Marcello Rubini, giornalista di gossip, un uomo affogato interamente nella dolce vita della società italiana.
Il divertimento, l'ozio, ma soprattutto le donne, sono il pane quotidiano di Marcello che, desideroso di trovare un lavoro che lo soddisfi e abbandonare l'ossessivo ed egoista mondo dei paparazzi e dei rotocalchi, si aggrappa appunto a quella corda invisibile che ogni notte lo porta in un mondo completamente diverso da cui non vorrebbe mai uscire.
In quel dolce eppure fragile mondo, Marcello incontra e ama tante persone: Maddalena, una prostituta che lo attrae profondamente, Sylvia, bionda e bellissima attrice americana che danza soavemente nella celeberrima scena della Fontana di Trevi, Steiner, suo grande amico e intellettuale alquanto sensibile riguardo l'esistenza umana, Emma, fidanzata di Marcello perdutamente innamorata di lui e desiderosa che egli la sposi per poter vivere insieme per sempre....
Questo indimenticabile capolavoro del grande maestro Federico Fellini ha fatto storia ed è considerato uno dei migliori film mai girati.
Ormai sono passati più di cinquant'anni, eppure questa pellicola risulta sempre attuale, bellissima e piacevole.
Una specie di "mondo del peccato" visto con gli occhi della meraviglia e della libertà di un uomo che cerca solo di fuggire dall'alienazione dell'esistenza che condanna ogni persona, mescolandosi al caos dei sentimenti e del piacere...
L'interpretazione di Marcello Mastroianni è senza dubbio da Oscar, impossibile da descrivere per la bravura che egli ha dimostrato.
Notevolissima la scenografia, i costumi e la splendida colonna sonora del maestro Nino Rota.
Un autentico cult che merita di essere visto e rivisto.
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