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![]() Io vi amo tutti e due. E va bene, io voglio anche ammettere di aver sbagliato, ma il fatto è che voi due insieme siete un uomo perfetto. Allora da un certo punto di vista, vale a dire dal mio punto di vista, io mi sono innamorata di un uomo solo!
dal film Turné (1990)
Laura Morante Vittoria
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Riconoscerla è facile: è una delle smilze e nervose signore del cinema italiano, colei che più di ogni altra si muove con tanta leggiadria fra teatro e cinema, fra Francia e Italia, senza mai abbassare quello sguardo fiero e orgoglioso del suo mestiere, di fronte a pubblico e cineprese. Aria sfrontata, simile a quella di Carmelo Bene (il suo mentore), viso basaltico e voce pacata, l'aura dell'attrice la pervade non appena entra in un'inquadratura. È lei, è Laura Morante.
Esordio al teatro e al cinema con grandi artisti come Bene, Bertolucci e Moretti
Figlia di un avvocato, fratello della celebre scrittrice Elsa Morante, esordisce, giovanissima, nel mondo dello spettacolo, negli anni Settanta, con l'apparizione in alcuni spettacoli teatrali con e di Carmelo Bene: sarà infatti una formidabile e indimenticabile Ofelia in un "Amleto" del 1978.
Il suo esordio cinematografico risale invece al 1980, nel film di Giuseppe Bertolucci Oggetti smarriti, dove interpreta il ruolo della tossicodipendente Sara, accanto a Mariangela Melato, Bruno Ganz, Renato Salvatori. Poi affianca il grande Ugo Tognazzi in La tragedia di un uomo ridicolo di Bernardo Bertolucci. Importantissima nella sua carriera anche la collaborazione con Nanni Moretti, forse uno dei registi a cui deve più la sua popolarità e con il quale gira Sogni d'oro, nel ruolo di una studentessa, e Bianca (1983).
Trasferta in Francia per amore
Gianni Amelio, Marco Tullio Giordana e Mario Monicelli la metteranno in evidenza come una delle attrici italiane più promettenti del momento, ma il matrimonio con l'attore francese Georges Claisse, la porterà a trasferirsi in Francia, a Parigi, dove, grazie alla partecipazione in numerose produzioni televisive e cinematografiche, acquista una certa notorietà anche in Europa, per esempio diretta da Elie Chouraqui nel thriller Pericolo in agguato (1987) con Danny Aiello.
Lavora ancora in Italia tra cinema, teatro e televisione
Continua a collaborare con registi e produzioni italiane in I ragazzi di via Panisperna (1988) di Amelio e in Turné (1990) di Salvatores, con Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Ugo Conti e Claudio Bisio. Poi sentirà l'esigenza di tornare sul palcoscenico e per qualche anno si assenterà dagli schermi italiani, apparendo nella miniserie di Mauro Bolognini La famiglia Ricordi solo nel 1993 e, sul grande schermo, come uno degli splendenti nomi presenti nei formosi cast di Festival (1996) di Pupi Avati e Ferie d'agosto (1996) di Paolo Virzì.
Dopo aver infilato il corsetto in Marianna Ucrìa (1997) di Roberto Faenza, tratto dal romanzo di Dacia Maraini, si toglie tutti i suoi vestiti per Vicente Aranda nell'erotico Lo sguardo dell'altro (1998) con Miguel Bosé. Cristina Comencini la spinge nella commedia Liberate i pesci (2000) con Michele Placido, Francesco Paolantoni, Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi.
Il grande successo de La stanza del figlio e le produzioni internazionali
Il vero ritorno in Italia è con il ritrovato Nanni Moretti e con La stanza del figlio (2001), nel quale interpreta la madre di un ragazzo morto durante un'immersione subacquea, per il quale vince il David come miglior attrice protagonista. Sarà poi nel grottesco Hotel (2001) di Mike Figgis con Salma Hayek, John Malkovich e altre notissime stelle del cinema italiano come Valentina Cervi, Valeria Golino, Stefania Rocca e Ornella Muti. Mentre per Renzo Martinelli sarà una perfetta Tina Merlin in Vajont - La diga del disonore (2001). Diretta dall'attore americano Jonh Malkovich alla sua prima esperienza da regista, reciterà in Danza di sangue (2002) accanto a Javier Bardem. Sarà inoltre la scrittrice Sibilla Aleramo in Un viaggio chiamato amore (2002), con Stefano Accorsi nel ruolo di Dino Campana, per Michele Placido, poi una madre tradita e con aspirazioni da attrice in Ricordati di me (2003) di Gabriele Muccino, per la quale verrà nominata al David come miglior attrice protagonista. Ma vincerà il Nastro d'Argento in L'amore è eterno finché dura (2003) di Carlo Verdone, poi presterà la voce a Helen Parr o Elastigirl nel film della Disney Gli Incredibili. Nel 2004, dopo il divorzio dal marito francese, sposa l'architetto italiano Francesco Giammatteo.
Gli anni recenti, tra Francia e Italia
Attivissima in Francia, recita ne L'impero dei lupi (2005), al fianco di Jean Reno, per Danièle Thompson in Un po' per caso un po' per desiderio (2006) e poi per il grande Alain Resnais in Cuori, film del 2006 dove interpreta Nicole. Nello stesso anno è ancora in Francia per prendere parte alla commedia degli equivoci Le avventure galanti del giovane Molière. Parallelamente alla carriera oltralpe, Laura porta avanti anche quella in Italia; la troviamo ad esempio nel ruolo di Laura, moglie di Franco (Alessio Boni) decisa a vendicarsi sull'ex marito tramite il figlio Luca: è questa la trama del film di Angelo Longoni, Non aver paura (2005). La ritroviamo l'anno successivo nel film drammatico Liscio, in cui è una madre che canta nelle balere ed è alle prese con i problemi adolescenziali del figlio Raul. Successivamente è Carlo Virzì che la vuole nella sua poco riuscita commedia L'estate del mio primo bacio, dove Laura è di nuovo madre di un'adolescente (Camilla, che ha il volto di Gabriella Belisario). Nel 2008 lavora col fratello di Carlo, Paolo Virzì, prestando la voce al narratore della riuscita tragicommedia Tutta la vita davanti, film con un ricco cast, tra cui Isabella Ragonese, Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli ed Elio Germano. In questi anni Laura mette il suo talento di attrice al servizio del maestro Pupi Avati per due film: il thriller del 2007 Il nascondiglio e il drammatico Il figlio più piccolo, in cui recita la parte di Fiamma, moglie di Luciano Baietti che attraversa ripetute crisi esistenziali; Christian De Sica e Luca Zingaretti completano il cast. Nel 2009 Laura lavora per il collega e regista Michele Placido, nel film sul '68 Il grande sogno, che ha per protagonisti tre giovani attori italiani: Jasmine Trinca, Riccardo Scamarcio e Luca Argentero. L'anno successivo interpreta il ruolo della moglie di Sergio Castellitto in La bellezza del somaro (2010), diretto dallo stesso Castellitto e scritto da Margaret Mazzantini. Dopo aver diretto e interpretato il film sentimentale Ciliegine (2012), è protagonista dello storico Appartamento ad Atene di Ruggero Dipaola. Nel 2014 partecipa alla commedia Ogni maledetto Natale e nel 2015 si cimenta alla regia per la seconda volta con Assolo. Inoltre la ritroviamo in Se Dio Vuole di Edoardo Falcone e ne Il sole negli occhi di Pupi Avati. Nel 2016 esce il film di Emanuela Piovano ambientato in Puglia che la vede protagonista nei panni di una pasionaria del cinema, L'età d'oro, in cui recita accanto alla figlia Eugenia Costantini.
Avrà poi il ruolo della madre di Zero nel film tratto dal fumetto di Zerocalcare La profezia dell'armadillo e dopo il film Roberto Andò Una storia senza nome, sarà nel cast del film di Daniele Luchetti Lacci.
Faceva la ballerina Laura Morante, ma un giorno Carmelo Bene decise che quella professione «non s'aveva da fare». Lei stessa racconta un aneddoto: per non lasciarla partire in tourné con la compagnia di danza, il grande drammaturgo sfida la sua coreografa e la rinchiude in teatro, letteralmente. Quando torna "libera", è un'eccellente attrice.
Se ne accorge Giuseppe Bertolucci, non a caso pure lui uomo prima di tutto di teatro, che la scrittura ancora molto giovane per Oggetti smarriti (1980), nel ruolo subito incisivo della ragazza tossicodipendente. Poi tocca al fratello Bernardo (La tragedia di un uomo ridicolo, 1981) e a Nanni Moretti, per un sodalizio lungo, da Sogni d'oro (1981) a La stanza del figlio (2001), passando per Bianca (1983), personaggio femminile che le resta appiccicato addosso come un'icona, e che proprio grazie a lei diventa memorabile.
A poco più di settant'anni, Pupi Avati procede a quei ritmi produttivi serratissimi cui solo i grandi vecchi del cinema paiono adeguarsi. Come Woody Allen, Clint Eastwood o Manoel De Oliveira, Avati gira in media più di un film all'anno, accompagnando da qualche tempo l'uscita di ognuno di questi con un romanzo tradotto dalla relativa sceneggiatura. Forse uno dei motivi di tanta prolificità sta nelle dimensioni del suo cinema, “piccolo” quasi per definizione. Come “piccolo” è anche il figlio al quale dedica il suo ultimo film, nuovo capitolo di un'indagine sulle forme di paternità ma primo in assoluto che guardi con un certo interesse alla realtà italiana e un atteggiamento fortemente critico ai suoi più recenti costumi. Il figlio più piccolo si conferma un piccolo film, nelle dimensioni e nello sguardo, anche se con i grandi obiettivi della critica sociale. Tuttavia, “grandi” sono gli attori che mette in scena, a cominciare da Christian De Sica, ennesima scommessa avatiana di corpo comico che si fa tragico, capace di trasformarsi da italiano medio in vacanza in furbetto del quartierino miserabile, amorale ed estremamente fragile. Oltre a lui e alle conferme di Laura Morante e Luca Zingaretti, la scoperta del “figlio più piccolo” Nicola Nocella, anima candida innamorata di cinema splatter su cui Avati investe il suo elogio della purezza e dell'ingenuità per salvare un'Italia esibizionista e volgare.
Un nuovo film sulla famiglia?
Pupi Avati: Questo è il terzo film in cui mi concentro sulla figura di un padre. Il primo è stato il padre impenitente Diego Abatantuono di La cena per farli conoscere, padre di tre figlie avute con tre madri diverse con le quali si mette in contatto solo in seguito ad una profonda crisi personale. Il secondo padre è il Silvio Orlando de Il papà di Giovanna che è al contrario un padre iper-protettivo, che condiziona la vita della figlia imponendole un ideale di felicità e portandola ad un atto infelice ed estremo come un omicidio. Il terzo padre è il più indecente di tutti, il più infame. Chi conosce i miei film sa che non ho mai fatto un cinema di denuncia, perché non mi piace puntare il dito contro la gente, penso che ognuno debba saper prima giudicare se stesso. Ma il presente di questi ultimi tempi è diventato veramente indecente, perfino per una persona moderata come me. Non parlo solo della politica, che è l'ambito contro cui è più facile scagliarsi in modo un po' qualunquistico. Parlo di tutti gli ambiti in cui domina la volgarità, l'assioma che sei quello che hai, i rapporti interpersonali e una scorrettezza praticata in modo sistematico solo per raggiungere uno specifico fine. È questo universo che porta anche una persona come me a insorgere. E senza nessun secondo fine, senza nessuna ragione specifica cerco di ricandidare l'innocenza più “cogliona”, quella più disarmante. In questa forma, in questo scontro-incontro fra una madre e un figlio che si somigliano nel loro praticare con convinzione l'ingenuità, vedo un modo per poter resettare, per ricominciare da capo. Vorrei ritrovare nella gente lo sguardo che apparteneva a Nik Novecento, senza vergognarsi dell'innocenza, del candore, dell'altruismo. Vorrei frequentare solo persone così, solo persone che credono nei sogni e nelle cose impossibili e cancellare dalla mia interlocuzione tutti gli altri. Proprio per questo motivo credo che d'ora in avanti mi occuperò quasi esclusivamente del presente, perché trovo sia davvero molto preoccupante e necessiti di una certa sorveglianza e attenzione.
Spinti dalla voglia di tornare nel Midwest americano - teatro di scena di Bix e di altri film girati nello Iowa - per realizzare un progetto che fosse appetibile su scala internazionale, i fratelli Avati hanno trovato a Davenport la location perfetta per ambientare un horror intriso di sospetto e follia. "Tempo fa avevo scritto un romanzo breve intitolato 'Il nascondiglio' (pubblicato dalla Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, NdR)" spiega il regista, "e ad esso è direttamente ispirato questo film incentrato su una diceria riguardante una vicenda torbida e cupissima che aleggia su una casa in cui una donna italiana tenta improvvidamente di aprire un ristorante italiano. Cosa c'è di più inquietante di una donna che sceglie quella casa per aprire un ristorante, pur avvertendo una presenza singolare? È come se l'orrore la seducesse, l'attraesse. Ma se non fosse entrata in quella casa non avremmo mai potuto fare il film" scherza Avati.
Il film è tratto dall'opera letteraria "Lacci" di Domenico Starnone, per il New York Times uno dei 100 migliori libri del 2017.
Lacci è ora disponibile in DVD su IBS.
Regia: Daniele Luchetti
Interpreti: Luigi Lo Cascio, Alba Rohrwacher, Laura Morante
Paese: Italia
Anno: 2020
Supporto: DVD
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