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![]() Che voi veramente pensate che poi la classe operaia ve segue…!
dal film Mio fratello è figlio unico (2007)
Elio Germano è Accio Benassi
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Chi riesce a offuscare un belloccio come Riccardo Scamarcio si merita tanto di cappello, specialmente se si tratta di quel talento galvanizzante di Mr. "Mio fratello è figlio unico".
Grintoso, accattivante e con un carisma da sfrontato anti-divo, l'attore è la maggiore promessa che il panorama cinematografico italiano possa vantare.
La sua natura eclettica e quel volto - ora sbarazzino, ora insolente - lo rendono talmente unico da accomunarlo ad una delle star Hollywoodiane per eccellenza che, come lui, possiede radici molisane: Robert De Niro.
Non ci vorrà molto affinché il resto del mondo si accorga di Elio Germano.
Nato nel quartiere romano di Monteverde Nuovo ma originario di Duronia (Campobasso), la stella è l'unicogenito di un architetto e di un'impiegata di banca.
Sin da bambino fa emergere il suo amore per la recitazione, prendendo parte agli spettacolini estivi allestiti dai villaggi turistici, dove era solito soggiornare con la famiglia. In seguito, assieme agli amici, nel paese natale dei genitori (Duronia), il piccolo Elio si sbizzarrisce nelle assurde scenette imparate in vacanza.
La gavetta
Non ancora tredicenne debutta nelle pestifere vesti di Andrea, intonando "Ci Hai Rotto Papà!", in sella alla sua Mountain Bike.
Entra in alcune compagnie no profit come il Colosseo, il Furio Camillo e il Teatro dei Cocci.
Durante il liceo scientifico, inoltre, frequenta un corso presso il Teatro Azione diretto da Isabella Del Bianco e Cristiano Censi.
Il palcoscenico consente a Germano di sviluppare le notevoli abilità di immedesimazione; per la carica umana che è in grado di infondere nelle rappresentazioni, l'artista trascende ogni altro attore in ascesa, grazie alla radicale passione nonché a quella intensità emozionale che innesta nelle sue performance. Rifiutato dalla scuola per fumettisti, il ragazzo si iscrive, per un breve lasso di tempo, alla facoltà di Lettere e Filosofia. Nel 1999, è un adolescenziale Ricky Tognazzi ne Il cielo in una stanza di Carlo Vanzina.
L'ascesa di un figlio unico
Ha inizio, cosi, un frenetico percorso che si divide tra cinema, tv, palcoscenico e letteratura: Elio adora stilare racconti e, in quel periodo, riesce a pubblicarne tre, uno dei quali - "Scrittura Fresca" - vince il concorso regionale promosso dal Comune di Roma. Successivamente, è un pischello poco raccomandabile che si fa chiamare "Er Pasticca" in Un medico in famiglia 2 e colleziona figurine del Fantacalcio nella serie tv Via Zanardi 33. Tra il 2001/04 indossa i panni del figlio di Abatantuono in Concorrenza sleale di Ettore Scola, si immerge nelle terre siciliane in Respiro, guadagnandosi una nomination al David di Donatello e ai Nastri d'Argento, grazie al liceale coatto in Che ne sarà di noi.
Colpiti da quel trasformismo e dalla predisposizione ad imitare i dialetti, i registi fanno a gara per contenderselo. È davanti alla cinepresa di Gabriele Salvatores nel noir Quo vadis, baby? e a quella di Michele Placido nel pluripremiato Romanzo criminale.
Nel 2006, incarna lo scrivano che sogna segretamente di uccidere il Napoleone di Paolo Virzì. Dodici mesi più tardi, la sfacciata interpretazione del fratellino fascista di Scamarcio in Mio fratello è figlio unico gli frutta un David come Migliore Attore Protagonista. Gira, poi, pesanti scene di nudo integrale nell'ostico Nessuna qualità agli eroi. Il 2008 lo vede cimentarsi nel conduttore radiofonico Marco Baldini, in Il mattino ha l'oro in bocca.
Venditore dinamico in Tutta la vita davanti, eccolo tra gli Italians, trapiantati all'estero, di Giovanni Veronesi. Brillante allievo di giurisprudenza in Il passato è una terra straniera, Germano è un delinquente soprannominato "Quattro Formaggi" in Come Dio comanda.
Riesce ad entrare nel cast stellare del musical Nine (2009) di Rob Marshall, riadattamento del felliniano 8 e ½. È poi il protagonista dell'unico film italiano presente in concorso a Cannes 2010, La nostra vita di Daniele Luchetti, e nel 2011 è l'amorevole Folco, figlio di Tiziano Terzani ne La fine è il mio inizio. L'anno successivo l'attore viene scelto da Ferzan Ozpetek per la commedia drammatica Magnifica presenza, nella quale divide il set con attori del calibro di Margherita Buy, Beppe Fiorello e Vittoria Puccini, nonché da Daniele Vicari in Diaz - Non pulire questo sangue, film politico che racconta i fatti del G8 di Genova. E' poi il boss della Mala del Brenta Felice Maniero nella discussa fiction Sky Faccia d'angelo di Andrea Porporati. Nel 2013 è il traslocatore protagonista del film di Veronesi L'ultima ruota del carro. Il 2014 regala al giovane attore il ruolo di Giacomo Leopardi ne Il giovane favoloso di Mario Martone, per la cui interpretazione si aggiudica il Nastro d'Argento e il David di Donatello come miglior attore.
L'anno successivo reciterà per Stefano Sollima in Suburra e in seguito ricoprirà il ruolo di protagonista in Alaska, diretto da Claudo Cupellini. Suo sarà anche il ruolo di San Francesco nel film di Renaud Fely e Arnaud Louvet Il sogno di Francesco.
Atteso ne La tenerezza di Gianni Amelio, affianca Fabio De Luigi nella commedia di Edoardo Falcone Questione di karma e passa poi al drammatico La tenerezza, diretto da Gianni Amelio e tratto dal romanzo "La tentazione di essere felice" di Lorenzo Marone.
Un ragazzo comune
Nonostante l'enorme popolarità, Elio è un giovanotto semplice e riservato: ogni giorno prende l'autobus per recarsi nella periferia romana, a Corviale, dove vive in una casa di 40 metri quadrati. Il divo ha studiato Judo per undici anni.
Parla svelto, Folco Terzani, senza accento, e sembra un fiume in piena. Ha 41 anni ma ne dimostra dieci di meno, con i capelli lunghi e i jeans da ragazzino, questo adulto bambino che spende fiumi di parole su suo padre ma di sé dice soltanto di esser venuto al mondo «in una valigia». A due settimane di vita era già su una nave che dall’America lo portava in Italia, poco dopo era a Singapore, e ancora attraverso l’Asia, infine in Cina, dove a 12 anni di giorno faceva l’alzabandiera e di sera piangeva di nascosto per non deludere il padre Tiziano. Un padre «ingombrante», un mostro sacro del giornalismo, corrispondente dal Vietnam e dalla Cina, che quando Folco era solo un’idea voleva chiamarlo Mao. E che prima di morire, spento da un tumore, proprio Folco ha voluto accanto a sé per raccontargli come la sua vita fosse cambiata, finalmente illuminata, e per raccogliere le sue memorie in un libro, "La fine è il mio inizio", che oggi è anche un film in sala dal 1 aprile. A presentarlo a Roma ci sono gli interpreti, Bruno Ganz, Elio Germano e Andrea Osvart, il regista Jo Baier e tutta la famiglia di Tiziano Terzani: la figlia Saskia, biondissima e mite, la moglie Angela, e Folco. Che da suo padre ha ereditato, prima di tutto, l’innata capacità di conquistare la scena.
Ancora un film di genere per il Festival del Film di Roma ma questa volta insospettabilmente italiano. È infatti lo stesso Vicari che ha definito il suo Il passato è una terra straniera come film di genere, anche se non crede molto nell'utilità di tale definizione: "I generi ormai si mescolano in maniera inestricabile, le denominazioni thriller psicologico o romanzo di formazione sono definizioni di comodo utili a discutere".
E la discussione c'è stata come avviene ogni qualvolta un film italiano tenta di avventurarsi nel territorio del thriller e del poliziesco senza guardare ai modelli americani più scontati e nemmeno a quelli nostrani.
Con dietro le spalle l'omonimo libro di Gianrico Carofiglio (di cui hanno ammesso tutti è stata usata solo una parte) Daniele Vicari ha orchestrato assieme ai suoi sceneggiatori una storia dall'impianto molto simile a quello di un altro suo film Velocità massima: due uomini che collaborano "professionalmente" nel cui rapporto si inseriscono anche i legami personali che stringono con altre persone.
Dopo La spettatrice, storia di una giovane donna che osserva la vita degli altri dietro il vetro di una finestra, Paolo Franchi torna con un'opera nevrotica e dolorosa ma soprattutto con un'idea di cinema accostato alla psicanalisi, probabilmente per quel carattere di sogno collettivo che il cinema spesso possiede o per le dinamiche di proiezione e di identificazione che sollecita. Al centro di Nessuna qualità agli eroi ci sono due padri illustri, ingombranti e (quasi) invisibili, che hanno controllato e condizionato l'esistenza dei propri figli, incapaci di vivere e di crescere se non in un rapporto di dipendenza rabbiosa dal genitore, oggetto di amore e di odio autodistruttivo. Elio Germano interpreta Luca, il figlio disadattato di un usuraio che prende a modello della sua "realizzazione" il broker assicurativo di Bruno Todeschini, figlio integrato di un artista deceduto. In mezzo a loro c'è la grazia di Irène Jacob, moglie e "spettatrice" di quel poco che resta da guardare con affetto. La solitudine, l'incomunicabilità, la pesantezza terrena dei corpi e dei desideri, l'afasia dei personaggi che diventa afasia del vivere, sono alcuni dei temi che legano La spettatrice a Nessuna qualità agli eroi, due film che si muovono sotto il segno della follia in quanto infelicità. L'opera non riconciliata di Paolo Franchi dimostra un'infaticabilità artistica, un'inesauribile voglia di capire e l'irrequietezza di porsi nuovi interrogativi.
Sfogliando con attenzione il curriculum di Elio Germano si scopre un attore senza esitazioni, che va per la sua strada, convinto che un giorno arriverà da qualche parte. A vederlo oggi, dopo i meritatissimi premi come Miglior Attore ai David di Donatello e il Globo d'oro come rivelazione dell'anno per Mio fratello è figlio unico, si capisce come anche le parentesi televisive e con i fratelli Vanzina abbiano sortito un effetto. Quello di dire addio agli snobismi, per essere attore a 360°, non solo sembrarlo, accettando tutte le sfide. È la storia di un ragazzo che, anche dopo la meritata popolarità, sceglie di vivere al Corviale, problematica periferia di Roma, tra gli amici di sempre, all'insegna dell'essere e non del sembrare. Niente baretti o ponti con i lucchetti per Elio.
Nella sua storia c'è stato Daniele Luchetti, che in Mio fratello è figlio unico lo ha affiancato all'astro di Scamarcio. Inutile dire come Elio ne sia uscito assoluto vincitore.
Ora Germano vuole dimostrarci che Il mattino ha l'oro in bocca, accettando la difficile sfida di interpretare un film biografico su un personaggio che non è morto ma, anzi, è vivo e vegeto e nel pieno del successo professionale, quel Marco Baldini che con "Il giocatore" ha raccontato il suo personalissimo demone del gioco d'azzardo. Chissà Elio come ce lo descriverà…
La storia di Marco Baldini - dj e storico socio di Fiorello - la conoscono tutti. Chi non ha letto la sua autobiografia, "Il giocatore (ogni scommessa è un debito)", la conosce attraverso i suoi racconti in radio e in tv. Ed è proprio sulle registrazioni originali di Baldini e sui racconti di amici e conoscenti che Francesco Patierno ha basato Il mattino ha l'oro in bocca, film liberamente tratto dal libro. "Abbiamo scelto di raccontare la storia di Baldini mantenendo una certa distanza sia per quanto riguarda l'interpretazione degli attori che per la storia prendendoci delle libertà" ha spiegato il regista. "Ci siamo ispirati maggiormente alle registrazioni di quando lavorava alla radio fiorentina e quelle di Radio Deejay firmate insieme a Fiorello, e in particolare alle loro storie leggendarie raccontate da chi li conosceva".
Filippo Gatti, cantautore e produttore romano, è l'ospite musicale della puntata in onda l'8 aprile: leader e fondatore degli Elettrojoyce, una delle rock band più interessanti degli anni '90, dal 2003 ha scelto di diventare solista iniziando anche collaborazioni in qualità di autore, arrangiatore, musicista e produttore artistico, con artisti tra i migliori della scena musicale alternativa italiana. "La testa e il cuore" è il titolo del nuovo disco di inediti, l'album è il diario di un viaggio immaginario, un racconto poetico, ispirato al racconto epico di Ulisse.
Daniel Day-Lewis, nel film Lincoln, di Spielberg, del 2012, letteralmente si trasforma nel Presidente. Il regista e l'attore non sono persone da trascurare i particolari. Ci fu un profondo studio delle immagini di Lincoln. Day-Lewis, che certo non è piccolo, venne "alzato" per raggiungere i centimetri di Lincoln, 193. Studiarono il timbro di voce possibile, visto che non c'erano riferimenti, ma solo racconti, e le movenze lente. Anche Daniel ottenne l'Oscar, il suo terzo, tutti da protagonista, un record.
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