Titolo originale | The Monk and the Gun |
Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, Commedia, |
Produzione | Taiwan, Francia, USA, Hong Kong, Bhutan |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Pawo Choyning Dorji |
Attori | Tandin Wangchuk, Kelsang Choejey, Deki Lhamo, Pema Zangmo Sherpa, Tandin Sonam Harry Einhorn, Choeying Jatsho, Tandin Phubz. |
Uscita | martedì 30 aprile 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Officine Ubu |
MYmonetro | 3,79 su 17 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 11 maggio 2024
I cittadini del Bhutan si devono confrontare con le prime elezioni democratiche. Il film è stato premiato a Roma Film Festival, In Italia al Box Office C'era una volta in Bhutan ha incassato 423 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Bhutan 2006. Il re rinuncia a parte dei suoi poteri decidendo di indire per la prima volta elezioni democratiche. Alcuni funzionari statali vengono mandati nei villaggi per spiegare direttamente le dinamiche elettorali. In uno di essi un Lama decide di dotarsi di almeno un fucile per 'mettere le cose a posto'...
Al suo secondo film Pawo Choyning Dorji affronta le tematiche legate al suo popolo con uno stile diverso rispetto a Lunana - Il villaggio alla fine del mondo.
Dopo aver affrontato, con uno stile semi-documentaristico, i temi legati all'educazione e al mondo rurale il regista torna ad occuparsi della propria terra volgendo lo sguardo ad un passato prossimo e ad un evento che hanno avuto un grande significato sia sul piano politico che su quello sociale. Perché le elezioni, concesse da una monarchia che ha deciso di diventare costituzionale con le due elezioni per le due Camere nel dicembre 2007 e nel marzo 2008, hanno costituito davvero un cambiamento per molti inimmaginabile.
Dal punto di vista occidentale un corpo elettorale formato da unità familiari e non da individui non può costituire un esempio di democrazia completamente attuata ma il film riesce ad offrire, con semplicità ma anche con sguardo acuto, la lettura di quali fossero le aspettative della monarchia e quanta confusione regnasse tra i sudditi. La necessità di dover organizzare una simulazione della tornata elettorale offre l'occasione per creare un clima da commedia in cui gli inviati del governo inventano tre partiti utilizzando delle ripartizioni generiche ma, soprattutto, dei colori. Con le conseguenze che si potranno apprezzare.
C'è poi, a fare da fil rouge, la richiesta del Lama locale di poter avere delle armi con lo scopo dichiarato di mettere le cose a posto. L'ambiguità voluta dell'enunciato consente di creare un'aspettativa che opera su punti di vista e/o pregiudizi di chi guarda nei confronti di una forma di spiritualità che, come Dorji ricorda, nelle campagne più che nelle città costituisce ancora uno stile di vita in cui i monaci sono visti come l'incarnazione degli insegnamenti del Buddha e pertanto vengono venerati e rispettati.
La presenza dell'americano, collezionista ma anche trafficante d'armi, offre l'occasione per mettere a confronto due mondi che si trovano agli antipodi. Nell'uno è ancora viva una forma di innocenza che il film mette in rilievo dandole la giusta dimensione senza mai ridicolizzarla (anche quando altri ne avrebbero magari colto l'opportunità). Nell'altro un'avidità malcelata. Un popolo che, mentre il mondo entrava nella galassia digitale, sceglieva di non introdurre né i telefoni cellulari né internet per salvaguardare il proprio stile di vita potrebbe essere rappresentato con modalità quasi favolistiche, come il titolo italiano sembrerebbe suggerire. Non è quello che accade qui. Ci viene semmai chiesto di interrogarci, senza che nessuno pretenda di farci la morale, su scelte e valori molto differenti dai nostri.
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Misurare le parole, il denaro non compra i cuori, meglio donare che guadagnare, eseguire gli ordini senza discutere, le bugie vengono sempre a galla (tranne quelle "buone" che Dio perdona), il rito come fonte di salvezza che libera, accoglienza e gratitudine verso tutti nelle celebrazioni (anche verso il nemico), umiliazione davanti a Dio, la felicità non è modernizzazione (ma equilibrio con Dio e [...] Vai alla recensione »
C’era una volta in Bhutan è il titolo italiano, che richiama il mitico C’era una volta in America (traduzione letterale di Once Upon a Time in America), ma sarebbe stato meglio restare aderenti al titolo originale, The Monk and the Gun, perché esso ci riporta al nucleo misterioso del film: perché un Lama vuole procurarsi dei fucili per il giorno della luna piena, che coincide con il giorno delle prime [...] Vai alla recensione »
Quante volte abbiamo sentito i politici occidentali impegnarsi ad esportare la democrazia? E se non ce ne fosse bisogno? Tra le cime del Buthan, come dice un personaggio, stanno già bene, con il Re. E allora i primi tentativi di porre rimedio al vuoto di potere saranno comici, goffe messe in scena che scimmiottano le cosiddette grandi democrazie: il partito blu tutela i diritti, quello rosso è liberista. [...] Vai alla recensione »
Essere felici e vivere in comunità: un modo di essere, a partire dal riconoscimento di sé, e un modo di vivere, a cominciare dal godere beatamente dello stare insieme. È questo l'orizzonte inquadrato da Pawo Choyning Dorji regista di C'era una volta in Bhutan, sua opera seconda che prosegue nell'esplorazione antropologica del proprio paese mentre offre uno spaccato culturale e spirituale meno lirico [...] Vai alla recensione »
Dopo aver fatto centro all'esordio in regia con «Lunana», Pawo Choyning Dorji ci riprova con un'altra cronaca dal «paese con il più alto tasso di felicità al mondo». Il titolo italiano, «C'era una volta in Bhutan», parrebbe introdurre a una fiaba, ma così non è, nonostante un'atmosfera gentile e smaccatamente ingenua (per i parametri occidentali); sottintende, per contro, un confronto tra epoche diverse, [...] Vai alla recensione »
«Se non dobbiamo lottare per avere questi cambiamenti forse non ci servono davvero». E' un piccolo film educativo, ironico e affettuoso, che ha il senso del paradosso e quello della misura, l'opera seconda di Pawo Choyning Dorji, già autore del premiatissimo «Lunana» che ora ci racconta la «favola» di un Paese che ha scoperto Internet e la tv solo nel 2006, non ha mai visto un'arma dal vivo e chiama [...] Vai alla recensione »
Dal regista di "Lunana", primo film made in Bhutan a correre per l'Oscar, era il 2022! "C'era una volta in Bhutan" racconta il passaggio alla democrazia del "Paese più felice del mondo", così viene definito, chi vuol verificare vada. Passaggio recente, datato 2006. In vista delle prime elezioni, funzionari pubblici visitano i villaggi per spiegare come si vota.
È una fiaba, C'era una volta in Bhutan (The monk and the gun, Bhutan, Taiwan, Francia, Usa e Hong Kong, 2023, 107'). Ed è una fiaba che torna nei luoghi di un'altra fiaba, quella di Shangri-là, luogo fantastico tra le montagne himalayane narrato da Frank Capra in Orizzonte perduto (1937). L'opera seconda del bhutanese Pawo Choyning Dorji parte da un fatto preciso.
Il primo film girato in Bhutan - al Festival di Cannes nel 1999 - raccontava l'avventura di procurarsi un televisore e di sistemare l'antenna. I giovani monaci buddisti volevano a ogni costo vedere la finale della coppa del mondo tra Francia e Brasile (su una maglietta gialla, indossata sotto il drappeggio arancione, avevano scritto Ronaldo). Poi è arrivato, e candidato all'Oscar, "Lunana - Il villaggio [...] Vai alla recensione »
Cosa succederebbe se in un Paese di fronte a una svolta epocale - l'abdicazione del re e l'annuncio delle prime elezioni democratiche - si simulasse una consultazione elettorale per far comprendere agli abitanti, soprattutto quelli che vivono nelle zone rurali, l'importanza di recarsi al voto e partecipare così a una transizione storica, a un passaggio senza precedenti verso la modernizzazione? Questa [...] Vai alla recensione »
Nel rilassato ma intelligente Film C'era una volta in Bhutan con- vergono in modo libero modernità e tradizione, mondo urbano e mondo rurale. Ambientato nel 2006 nel piccolo stato himalaiano segue i personaggi in un villaggio che affrontano ognuno a modo loro i cambiamenti - internet, i telefoni cellulari e le prime elezioni democratiche - che dilagano nel paese.
Satira istruttiva di storia e costume sul Bhutan tibetano di metà anni 2000, quando una antica geometria antropologica e religiosa passa dal regime del re buddhista alla democrazia incompresa, dai pozzi d'acqua alla Coca Cola, scoprendo internet, l'assemblea, il turismo di massa (bellissimi i paesaggi), la ribellione in famiglia. Si vota a sinistra per la giustizia sociale, a destra per la modernità [...] Vai alla recensione »
Nel 2006 alla televisione il re Jigme Singye Wangchuck, sovrano dal 1972 del Bhutan, annuncia la sua intenzione di abdicare: seguiranno le prime elezioni democratiche del paese in cui i cittadini dovranno esprimere il proprio volere attraverso il voto. Sono tutti preoccupati, soprattutto la grande parte di popolazione rurale che vive in villaggi incastonati tra le montagne dell'Himalaya.
Il Bhutan fa il suo esordio sulla scena cinematografica internazionale alla fine del secolo scorso, quandoLa coppa (1999) e Maghi e viaggiatori(2003) di Khyentse Norbu trovano visibilità e distribuzione al di fuori dei confini nazionali. Quest'ultimo rappresenta naturalmente una figura di riferimento e un mentore per Pawo Choining Dorji, che ha prima portato il piccolo Stato asiatico fino alla notte [...] Vai alla recensione »
2006. Nel regno teocratico (e fallocratico) del Bhutan arrivano televisione, Coca-Cola («l'acqua nera»), internet e le elezioni (è onnivora la globalizzazione finanziaria) imposte a un popolo di contadini e montanari fieri dei costumi arcaici e di un re buddhista che invece abdica. Funzionari pubblici addestrano nei villaggi, tramite elezioni-prova, al suffragio universale, cioè ad accapigliarsi tra [...] Vai alla recensione »
Al centro della storia di The Monk and the Gun troviamo i destini legati a un antico fucile risalente alla guerra civile americana, finito in Bhutan per chissà quale ragione. A contenderselo, in maniera inaspettata, Ron (Harry Einhorn) un mercante d'armi giunto appositamente dagli Stati Uniti, e il giovane assistente del Lama del villaggio di Ura. Mentre Ron giunge casualmente al villaggio pochi giorni [...] Vai alla recensione »
Per una volta la transizione da monarchia a democrazia avviene in modo pacifico, senza spargimenti di sangue. Anzi, con risate (cinematografiche) assolutamente spontanee. Accadde in Bhutan nel 2006, come raccontato nel lungometraggio The Monk and the Gun - presentato nel concorso Progressive Cinema alla Festa di Roma 2023 - diretto da quel Pawo Choyning Dorji già fattosi notare nei nostri lidi per [...] Vai alla recensione »
Già con Lunana - Il villaggio alla fine del mondo Dorji aveva conseguito un traguardo che pochi - se non addirittura, nessuno - prima di lui erano stati in grado di raggiungere: cioè dare corpo sul grande schermo agli usi e i costumi di una popolazione, come quella dei villaggi buthanesi, che non sapeva neanche cosa il cinema fosse (dal punto di vista tecnologico) o cosa rappresentasse da una prospettiva [...] Vai alla recensione »
Fa riflettere il fatto che nell'ancestrale, ultra-monarchico Buthan la democrazia sia arrivata solo nel 2006. E con lei la tv, internet, il cinema. Insomma, tutti i simulacri consumistici e non della modernità occidentale. Eppure è così. E non è detto che sia un bene. In fondo deve ancora metabolizzarlo anche Pawo Choyning Dorji, già regista candidato all'Oscar con Lunana: i suoi candidi protagonisti, [...] Vai alla recensione »