Titolo originale | The Monk and the Gun |
Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, Commedia, |
Produzione | Taiwan, Francia, USA, Hong Kong, Bhutan |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Pawo Choyning Dorji |
Attori | Tandin Wangchuk, Kelsang Choejey, Deki Lhamo, Pema Zangmo Sherpa, Tandin Sonam Harry Einhorn, Choeying Jatsho, Tandin Phubz. |
Uscita | martedì 30 aprile 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Officine Ubu |
MYmonetro | 3,75 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 24 aprile 2024
I cittadini del Bhutan si devono confrontare con le prime elezioni democratiche. Il film è stato premiato a Roma Film Festival, Al Box Office Usa C'era una volta in Bhutan ha incassato nelle prime 9 settimane di programmazione 160 mila dollari e 52,9 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Bhutan 2006. Il re rinuncia a parte dei suoi poteri decidendo di indire per la prima volta elezioni democratiche. In un Paese in cui la comunicazione passa ancora attraverso la radio e i televisori con tubo catodico, funzionari statali vengono mandati nei villaggi per spiegare direttamente le dinamiche elettorali. In uno di essi un Lama decide di dotarsi di almeno un fucile per 'mettere le cose a posto'.
Al suo secondo film Pawo Choyning Dorji affronta le tematiche legate al suo popolo con uno stile diverso rispetto a Lunana - Il villaggio alla fine del mondo.
Dopo aver affrontato, con uno stile semi-documentaristico, i temi legati all'educazione e al mondo rurale il regista torna ad occuparsi della propria terra volgendo lo sguardo ad un passato prossimo e ad un evento che hanno avuto un grande significato sia sul piano politico che su quello sociale. Perché le elezioni, concesse da una monarchia che ha deciso di diventare costituzionale con le due elezioni per le due Camere nel dicembre 2007 e nel marzo 2008, hanno costituito davvero un cambiamento per molti inimmaginabile.
Dal punto di vista occidentale un corpo elettorale formato da unità familiari e non da individui non può costituire un esempio di democrazia completamente attuata ma il film riesce ad offrire, con semplicità ma anche con sguardo acuto, la lettura di quali fossero le aspettative della monarchia e quanta confusione regnasse tra i sudditi. La necessità di dover organizzare una simulazione della tornata elettorale offre l'occasione per creare un clima da commedia in cui gli inviati del governo inventano tre partiti utilizzando delle ripartizioni generiche ma, soprattutto, dei colori. Con le conseguenze che si potranno apprezzare.
C'è poi, a fare da fil rouge, la richiesta del Lama locale di poter avere delle armi con lo scopo dichiarato di mettere le cose a posto. L'ambiguità voluta dell'enunciato consente di creare un'aspettativa che opera su punti di vista e/o pregiudizi di chi guarda nei confronti di una forma di spiritualità che, come Dorji ricorda, nelle campagne più che nelle città costituisce ancora uno stile di vita in cui i monaci sono visti come l'incarnazione degli insegnamenti del Buddha e pertanto vengono venerati e rispettati.
La presenza dell'americano, collezionista ma anche trafficante d'armi, offre l'occasione per mettere a confronto due mondi che si trovano agli antipodi. Nell'uno è ancora viva una forma di innocenza che il film mette in rilievo dandole la giusta dimensione senza mai ridicolizzarla (anche quando altri ne avrebbero magari colto l'opportunità). Nell'altro un'avidità malcelata. Un popolo che, mentre il mondo entrava nella galassia digitale, sceglieva di non introdurre né i telefoni cellulari né internet per salvaguardare il proprio stile di vita potrebbe essere rappresentato con modalità quasi favolistiche, come il titolo italiano sembrerebbe suggerire. Non è quello che accade qui. Ci viene semmai chiesto di interrogarci, senza che nessuno pretenda di farci la morale, su scelte e valori molto differenti dai nostri.
Al centro della storia di The Monk and the Gun troviamo i destini legati a un antico fucile risalente alla guerra civile americana, finito in Bhutan per chissà quale ragione. A contenderselo, in maniera inaspettata, Ron (Harry Einhorn) un mercante d'armi giunto appositamente dagli Stati Uniti, e il giovane assistente del Lama del villaggio di Ura. Mentre Ron giunge casualmente al villaggio pochi giorni [...] Vai alla recensione »
Per una volta la transizione da monarchia a democrazia avviene in modo pacifico, senza spargimenti di sangue. Anzi, con risate (cinematografiche) assolutamente spontanee. Accadde in Bhutan nel 2006, come raccontato nel lungometraggio The Monk and the Gun - presentato nel concorso Progressive Cinema alla Festa di Roma 2023 - diretto da quel Pawo Choyning Dorji già fattosi notare nei nostri lidi per [...] Vai alla recensione »
Già con Lunana - Il villaggio alla fine del mondo Dorji aveva conseguito un traguardo che pochi - se non addirittura, nessuno - prima di lui erano stati in grado di raggiungere: cioè dare corpo sul grande schermo agli usi e i costumi di una popolazione, come quella dei villaggi buthanesi, che non sapeva neanche cosa il cinema fosse (dal punto di vista tecnologico) o cosa rappresentasse da una prospettiva [...] Vai alla recensione »
Fa riflettere il fatto che nell'ancestrale, ultra-monarchico Buthan la democrazia sia arrivata solo nel 2006. E con lei la tv, internet, il cinema. Insomma, tutti i simulacri consumistici e non della modernità occidentale. Eppure è così. E non è detto che sia un bene. In fondo deve ancora metabolizzarlo anche Pawo Choyning Dorji, già regista candidato all'Oscar con Lunana: i suoi candidi protagonisti, [...] Vai alla recensione »