L'esplorazione del concetto di identità, le sfumature e le contaminazioni di una mente sospesa tra sogno e realtà. Disponibile su CHILI. GUARDA SUBITO IL FILM »
di Giuseppe Avico
Dopo il realismo del loro film d’esordio, La terra dell’abbastanza (guarda la video recensione), e dopo essersi avventurati nei sentieri di una fiaba nera come Favolacce (guarda la video recensione), Damiano e Fabio D’Innocenzo firmano la loro terza opera, America Latina, disponibile in streaming su CHILI - un film che ha il pregio di interrogarsi, e di mettersi in discussione, su molteplici piani di riflessione.
Massimo Sisti è un dentista estremamente professionale e cordiale. Vive in una grande villa con la moglie Alessandra e le due figlie, Ilenia e Laura. La sua sembra una vita tranquilla, perfettamente bilanciata tra la soddisfazione di una notevole carriera e l’amore per la sua famiglia. Proprio come sarebbe impossibile prevedere lo scoppio di una lampadina, Massimo non può immaginare quello che sta per succedere quando un giorno, nella cantina della sua bellissima casa, fa una scoperta sconcertante che stravolge la sua vita.
Nella locandina di America Latina, che invita all’interpretazione e stimola l’opinione, si potrebbe leggere un elemento sostanziale di ciò che il film vuole osservare: una rottura. Quando il protagonista scende in cantina, qualcosa nella sua mente si rompe, come una parete che si tinge di crepe e di fessure. Simile a uno squarcio che segna irrimediabilmente un vaso, quello che scava la mente del protagonista è uno strappo che fa emergere una personalità instabile e lacerata, sospesa tra due individualità che si allontanano l’una dall’altra. Massimo Sisti vede la sua immagine riflessa e sembra non riconoscerla, a tratti la ignora e arriva persino a disprezzarla. Su questo aspetto la regia agisce efficacemente sulla percezione del pubblico così come su quella del protagonista, in un gioco di specchi angosciante e opprimente.
La casa di Massimo, una villa appariscente che si eleva a simbolo di una vita agiata e benestante, cambia fin dalle sue fondamenta, arrivando a rappresentare ciò che più si avvicina alla coscienza del suo proprietario. Se esistono un soggiorno e una camera da letto, esiste anche un luogo, la cantina, nel quale dimora la parte più intimamente oscura e indecifrabile del protagonista, un territorio poco familiare e buio ma inevitabilmente vicino. Quello che il film mostra è una sorta di non luogo nel quale, come in una favola dell’orrore, ogni cosa non appare mai per quello che è realmente, dove anche la quotidianità resta sospesa tra sogno e realtà, tra tempo e spazio irreali e onirici, in un’interessante fusione di genere, principi e caratteristiche tecniche e artistiche.
Se in America Latina ad emergere è il tema del doppio, e ad apparire è il suo significato più psicologicamente intimo e destabilizzante, buona parte del merito è del protagonista, un Elio Germano perfetto interprete di un’instabilità crescente, capace di comunicare con le sensazioni del pubblico anche solo attraverso uno sguardo o un gesto. Buone anche le interpretazioni di Astrid Casali, di una giovanissima Sara Ciocca, di Massimo Wertmüller nei panni del padre di Massimo e di Maurizio Lastrico, fuori dai confini della commedia ma ugualmente a suo agio.