intothewild4ever
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lunedì 12 gennaio 2015
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american sniper...bersaglio centrato.
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Un Cowboy Texano decide di entrare nell'esercito a 30 anni suonati, dopo aver visto in TV la notizia di un attentato contro un'ambasciata USA. Durante l'addestramento conosce la donna che di lì a poco diverrà prima sua moglie e successivamente, durante le sue 4 missioni in Iraq post 11 settembre 2001, madre dei suoi due figli. Lascerà l'esercito dopo esser diventato il cecchino con più abbattimenti accertati della storia dell'esercito Americano, andando in contro ad un bizzarro e amaro destino.
American Sniper, più che un film sulla guerra, è un film su ciò che vuol dire essere un soldato nell'America degli anni 2000, sugli sconvolgimenti che l'essere soldato comporta sulla vita privata e professionistica e, infine, sull'assurdità della guerra nuda e cruda, applicata all'estremismo ed al fanatismo islamico.
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Un Cowboy Texano decide di entrare nell'esercito a 30 anni suonati, dopo aver visto in TV la notizia di un attentato contro un'ambasciata USA. Durante l'addestramento conosce la donna che di lì a poco diverrà prima sua moglie e successivamente, durante le sue 4 missioni in Iraq post 11 settembre 2001, madre dei suoi due figli. Lascerà l'esercito dopo esser diventato il cecchino con più abbattimenti accertati della storia dell'esercito Americano, andando in contro ad un bizzarro e amaro destino.
American Sniper, più che un film sulla guerra, è un film su ciò che vuol dire essere un soldato nell'America degli anni 2000, sugli sconvolgimenti che l'essere soldato comporta sulla vita privata e professionistica e, infine, sull'assurdità della guerra nuda e cruda, applicata all'estremismo ed al fanatismo islamico. Non c'è epica nel racconto di questa storia, non c'è la ricerca del sensazionalismo, non c'è la spettacolarizzazione, non c'è nemmeno una colonna sonora che provi a aumentare ed enfatizzare gli accadimenti. Il film scorre quasi come fosse un documentario, specie nelle scene di guerra, ma la crudezza di quanto avviene sullo schermo crea ancora più pathos di ogni stratagemma cinematografico adottato fin'ora nei film di genere. La sapiente ed asciutta regia di Clint Eastwood riesce a catturare l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine, con scene che provocano profonda empatia tra lo spettatore e lo "spettacolo", che spesso portano lo stesso a trattenere il respiro, ad angosciarsi insieme al protagonista. Raramente personalmente ho assistito ad una sala talmente presa ed attenta alla visione di un film, ed il fatto che alla brusca conclusione del film, tutti i presenti in sala abbiano aspettato seduti a guardare ben oltre lo scorrere dei primi titoli di coda, la dice lunga. Eastwood, comunque la si pensi in fatto di politica, sa fare cinema vero come pochi e raramente delude. Pellicola tra le più imperdibili dell'anno appena iniziato, probabilmente...
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edosci
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lunedì 5 gennaio 2015
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la fiera delle occasioni sprecate
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A mio modesto avviso brilla la fiera di occasioni sprecate per approfondire la tematica di una guerra così attuale e contestata. L'incontro con il fratello sconvolto sulla pista dell'aeroporto, ad esempio, poteva diventare il momento per dare un'altra faccia a quella guerra: così invece rimane nello spettatore (forse volutamente) la sensazione che quel fratello sia solo un codardo, uno che non ama il suo Paese.
Il cattivissimo Mustafà salta come Ezio Auditore in Assassin's Creed ed è vestito nel modo più convenzionale possibile per un terrorista islamico: ce lo immagineremmo tutti così, con la bandana nera e lo smanicato alla Aladino della Walt Disney. La sequenza in cui vediamo solo per un attimo la (bella) moglie ed il figlio neonato del perfido Mustafà, e poi la foto incorniciata della sua medaglia olimpica.
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A mio modesto avviso brilla la fiera di occasioni sprecate per approfondire la tematica di una guerra così attuale e contestata. L'incontro con il fratello sconvolto sulla pista dell'aeroporto, ad esempio, poteva diventare il momento per dare un'altra faccia a quella guerra: così invece rimane nello spettatore (forse volutamente) la sensazione che quel fratello sia solo un codardo, uno che non ama il suo Paese.
Il cattivissimo Mustafà salta come Ezio Auditore in Assassin's Creed ed è vestito nel modo più convenzionale possibile per un terrorista islamico: ce lo immagineremmo tutti così, con la bandana nera e lo smanicato alla Aladino della Walt Disney. La sequenza in cui vediamo solo per un attimo la (bella) moglie ed il figlio neonato del perfido Mustafà, e poi la foto incorniciata della sua medaglia olimpica. A parte l'assurdità che un mercenario siriano di passaggio in Iraq trovi il tempo di fare un trasloco e portarsi dietro pure le foto da appendere alle pareti di casa (e di case come quelle, sotto le bombe), la sequenza è un'altra occasione sprecata per farci vedere come vive l'antagonista, l'alter ego cattivo di Bradley Cooper.
Nella scena dell'autofficina il rumore del trapano del gommista che disturba Bradley Cooper induce lo spettatore al pensiero che i nostri ragazzi sono in Iraq per difendere i loro figli dalla cattiveria dei trapanatori islamici. Ma alla malvagità del Macellaio trapanatore non corrispondono le violenze delle forze di occupazione (Abu Graib); per il resto i militari dell'esercito più forte al mondo sembrano brancolare alla cieca in una selva di casette incompiute di foratini e tufelli, che lo spettatore romano verace in sala ad altra voce ha paragonato alle borgate di periferia della Capitale d'Italia: "Pare Torre Angela".
Stucchevoli i dialoghi, fino al deprimente "Forza campione" con cui il veterano incita il figlio ad andare a caccia, come del resto ogni padre americano da film incita i propri figli maschi: questo film più che un'opera d'arte è un polpettone in salsa elettorale di matrice repubblicana per esaltare i valori del presunto americano medio. Siamo al livello della più becera propaganda militarista, in cui la guerra è un Call of Duty in carne e ossa. Fermo restando il valore dell'uomo, che non mi permetto di sindacare, il film si limita insomma ad essere una serie sconclusionata di scenette edificanti per l'educazione della gioventù patriottica, tipo quelle sulle vite dei santi che si facevano vedere ai ragazzini qualche decennio fa.
Non capisco perché le recensioni siano tutte positive e le sale strapiene. Si salvano solo qualche battuta brillante di Bradley Cooper nei suoi momenti migliori (la prima parte, prima della guerra), ed il fascino di Sienna Miller. L'ultima osservazione è per la sequenza dell'addestramento: copia pedestre di quello celeberrimo di "Full Metal Jacket", in cui però la figura del sgt. maggiore Hartmann era nata spontaneamente. Qui cercano di imitarlo senza successo, arrivando fino a voler creare un parallelismo tra Palla di Lardo e Bombarda. Un po' ingenuo.
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(di amon_ra)
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filippo catani
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lunedì 5 gennaio 2015
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una terribile delusione
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Il film narra le vicende di Chris Kyle cecchino dei Navy Seals a cui vengono attribuite oltre 160 uccisioni mirate e che trovò la morte per mano di un reduce al poligono di tiro.
No. Da Clint Eastwood non ci aspettavamo proprio un film del genere. Sinceramente si fa molta fatica a trovare qualcosa che funzioni in questo film che purtroppo deve essere derubricato a un film di mera propaganda stelle e strisce. Insomma si può capire il fatto di avere le mani abbastanza legate quando si affronta un cosiddetto biopic ma la vicenda poteva essere sviscerata meglio. Invece purtroppo la trama viene svolta banalmente tra bandiere americane che spuntano ovunque, saluti militari onnipresenti, pompati Seals che fanno le loro prove di mascolinità e iracheni dipinti tutti come brutti, sporchi e cattivi.
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Il film narra le vicende di Chris Kyle cecchino dei Navy Seals a cui vengono attribuite oltre 160 uccisioni mirate e che trovò la morte per mano di un reduce al poligono di tiro.
No. Da Clint Eastwood non ci aspettavamo proprio un film del genere. Sinceramente si fa molta fatica a trovare qualcosa che funzioni in questo film che purtroppo deve essere derubricato a un film di mera propaganda stelle e strisce. Insomma si può capire il fatto di avere le mani abbastanza legate quando si affronta un cosiddetto biopic ma la vicenda poteva essere sviscerata meglio. Invece purtroppo la trama viene svolta banalmente tra bandiere americane che spuntano ovunque, saluti militari onnipresenti, pompati Seals che fanno le loro prove di mascolinità e iracheni dipinti tutti come brutti, sporchi e cattivi. Ovviamente non mancano le scene a effetto e il colpo da due chilometri al rallentatore dà letteralmente il colpo di grazia. I dialoghi stessi sono di una povertà esasperante e in qualche frangente si ha l'impressione di assistere ad una fusione con Fast and Furious. Insomma non c'è la minima riflessione su un conflitto rivelatosi perlopiù fallimentare se non risolto sbrigativamente in dieci minuti. Nelle restanti due ore invece viviamo l'epopea dei soldati americani difensori di pace e libertà che non lesinano colpi al nemico. La sequenza poi finale dei funerali raggiunge livelli di patriottismo decisamente insopportabili. Pure la caratterizzazione dei personaggi fa acqua da tutte le parti e Sienna Miller è quasi inaffrontabile. Peccato perchè invece Bradley Cooper farebbe anche un discreto lavoro. Insomma se è vero che ormai la vena d'oro si è esaurita da tempo dopo aver prodotto film del calibro di Mystic River, Milion Dollar Baby, Gran Torino e Invictus ma da un regista del calibro e dello spessore di Clint Eastwood non ci si poteva aspettare un film piatto e sciatto come questo. Una terribile delusione.
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ciantix
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mercoledì 7 gennaio 2015
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tramonto eastwood!
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Dovendo attribuire un punteggio da uno a cinque in stelle e che una stella vale mediocrità, tre stelle valgono più che discreto e dato che il film "American Sniper" non è nè mediocre- altrimenti sarei troppo ingeneroso- nè più che discreto -allora in questo caso sarei generoso- gli attribuirò due stelle, ergo, prodotto appena corretto e spiegherò il perchè: il film ha qualcosa, infatti ci sono momenti di vera e propria sapienza registica e tensione ma sono solo quelli in cui il protagonista cecchino si accinge a colpire il bersaglio(quei secondi ti tengono col fiato sospeso) ed è proprio il bersaglio a far riflettere sull'orrore della guerra e delle sue vittime che non sono solo i morti ma soprattutto i bambini vivi, armati, che fanno esplodere non solo bombe ma anche la rabbia e i rigurgiti etnico-nazionalistici colorati da fondamentalismo religioso; ma ci sono momenti -lasciatemi passare il termine- di assoluta banalità, in primis nei dialoghi soprattutto iniziali penso la ragazza adultera sorpresa dal marito mentre fa sesso con un altro uomo che si giustifica dicendo che lo ha fatto per attirare solo l'attenzione del marito e giù fragorose imbarazzanti risate di tutta la sala ma è in tutto il film che la sceneggiatura non va, non regge, troppo da film di quarta fascia, elementare, superficiale, colma di luoghi comuni e frasi fatte da filmetti e poi lo sviluppo della storia della carriera del protagonista non mi convince, partendo dal momento in cui decide di arruolarsi facendo un colloquio breve e pieno di stereotipi riguardo alla difesa della patria e all'odio verso i terroristi per poi ritrovarsi di colpo in questa scuola di formazione speciale per cecchini (S.
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Dovendo attribuire un punteggio da uno a cinque in stelle e che una stella vale mediocrità, tre stelle valgono più che discreto e dato che il film "American Sniper" non è nè mediocre- altrimenti sarei troppo ingeneroso- nè più che discreto -allora in questo caso sarei generoso- gli attribuirò due stelle, ergo, prodotto appena corretto e spiegherò il perchè: il film ha qualcosa, infatti ci sono momenti di vera e propria sapienza registica e tensione ma sono solo quelli in cui il protagonista cecchino si accinge a colpire il bersaglio(quei secondi ti tengono col fiato sospeso) ed è proprio il bersaglio a far riflettere sull'orrore della guerra e delle sue vittime che non sono solo i morti ma soprattutto i bambini vivi, armati, che fanno esplodere non solo bombe ma anche la rabbia e i rigurgiti etnico-nazionalistici colorati da fondamentalismo religioso; ma ci sono momenti -lasciatemi passare il termine- di assoluta banalità, in primis nei dialoghi soprattutto iniziali penso la ragazza adultera sorpresa dal marito mentre fa sesso con un altro uomo che si giustifica dicendo che lo ha fatto per attirare solo l'attenzione del marito e giù fragorose imbarazzanti risate di tutta la sala ma è in tutto il film che la sceneggiatura non va, non regge, troppo da film di quarta fascia, elementare, superficiale, colma di luoghi comuni e frasi fatte da filmetti e poi lo sviluppo della storia della carriera del protagonista non mi convince, partendo dal momento in cui decide di arruolarsi facendo un colloquio breve e pieno di stereotipi riguardo alla difesa della patria e all'odio verso i terroristi per poi ritrovarsi di colpo in questa scuola di formazione speciale per cecchini (S.E.A.L.S.)con istruttori che parlano come il sergente di full metal jacket ma senza averne neanche lontanamente la sua forza e autorità che sfociano nel ridicolo e che brindano con lo champagne alla notizia della loro partenza in Iraq.
Arriviamo al finale, premetto che non mi interessa granchè l'inizio o la fine di un film ma come si sviluppa mi interessa, poi se esiste un bel finale o un bell'inizio o entrambi ben vengano e se ci sono li ricorderemo per sempre ma ricorderemo anche i finali brutti di un film soprattutto quando prima del finale non avevamo mai pensato di stare a vedere un capolavoro.
Ivano.
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dani_dani
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venerdì 23 gennaio 2015
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un video game dove morire è un gioco.
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Ho visto American Sniper di Clint Eastwood.
E’ l’autobiografia di un texano, non una “pecora”, non un “lupo” ma un vero “cane da guardia”, addestrato prima dal padre poi dalla nazione a proteggere chi ama ad ogni costo.
Dopo l’11 settembre viene il 12, no scherzo, dopo l’11 settembre gli eventi precipitano e come sappiamo l’America invia i suoi uomini nella guerra in Afghanistan ed Irak.
Chris Kyle, il “cane da guardia” ora diventato un Seal (noi siamo il meglio, del meglio, del meglio…) ha una mira infallibile come cecchino e carica sulle sue spalle la responsabilità della salvezza di tutti i suoi compagni.
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Ho visto American Sniper di Clint Eastwood.
E’ l’autobiografia di un texano, non una “pecora”, non un “lupo” ma un vero “cane da guardia”, addestrato prima dal padre poi dalla nazione a proteggere chi ama ad ogni costo.
Dopo l’11 settembre viene il 12, no scherzo, dopo l’11 settembre gli eventi precipitano e come sappiamo l’America invia i suoi uomini nella guerra in Afghanistan ed Irak.
Chris Kyle, il “cane da guardia” ora diventato un Seal (noi siamo il meglio, del meglio, del meglio…) ha una mira infallibile come cecchino e carica sulle sue spalle la responsabilità della salvezza di tutti i suoi compagni.
Il film non è male come fotografia, Clint Eastwood con la scuola di Sergio Leone qualcosa ha imparato, le musiche sono buone, infatti sono di Ennio Morricone, tanto per rimanere in casa Leone, struggente nell’ultima scena del film il “Silenzio fuori ordinanza”, un brano che solo gli uomini (non le donne) hanno avuto il piacere di sentire l’ultimo giorno di “leva” al congedo.
Purtroppo la struttura non morde ed in alcuni casi traballa, c’è poca logica.
Inoltre quello che non funziona tanto è che sembra un video gioco. Io ho giocato a Call Duty, è uguale. I nostri ben nascosti e riparati e i cattivi allo sbaraglio come se ricevessero frecce e sassi invece di piombo bollente.
Poi un’altra cosa mi è suonata strana. Mancava un elemento essenziale per la drammaticità degli eventi. Il sangue! Penso che abbiano fatto tutto il film con un massimo di 3 litri di salsa di pomodoro Mutti. E poi mancavano anche le urla dei feriti, una dignità incredibile, una soglia del dolore altissima, quelli dei film sul Vietnam erano delle femminucce, avevano le budella in mano e urlavano a bestia dal dolore e dal terrore.
“E’ stato colpito perché aveva mollato.” Già, se non molli le pallottole ti scansano…. ooo Clint!!!!
Quindi io mi domando: perché Clint ha scelto di non impaurire i nostri? Perché ha dato l’idea che fare la guerra è un videogame? Perché se siamo forti non moriamo? Perché percepiamo i livelli di avanzamento fino a “Leggenda”?
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andrea alberini
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domenica 25 gennaio 2015
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un'operazione di propaganda disonesta
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Sconcertante assistere ad "American Sniper", l’ultima opera di Clint Eastwood. Il racconto filmico è molto netto come è netto lo scopo morale che vuole sostenere, presentato con chiarezza all'inizio. Il protagonista è un "cane da pastore che deve difendere le pecore dai lupi". E Eastwood non usa distacco nel presentare tale posizione ma chiaramente prende le parti del protagonista. Una posizione marcatamente sbilanciata.
Inoltre la guerra in Iraq è, falsamente e frettolosamente, descritta, e quindi giustificata, come una lotta al terrorismo. Ma è nota a tutti (o dovrebbe esserlo) la genesi della guerra in Iraq: la ricerca delle armi di distruzione di massa (peraltro rivelatasi un pretesto).
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Sconcertante assistere ad "American Sniper", l’ultima opera di Clint Eastwood. Il racconto filmico è molto netto come è netto lo scopo morale che vuole sostenere, presentato con chiarezza all'inizio. Il protagonista è un "cane da pastore che deve difendere le pecore dai lupi". E Eastwood non usa distacco nel presentare tale posizione ma chiaramente prende le parti del protagonista. Una posizione marcatamente sbilanciata.
Inoltre la guerra in Iraq è, falsamente e frettolosamente, descritta, e quindi giustificata, come una lotta al terrorismo. Ma è nota a tutti (o dovrebbe esserlo) la genesi della guerra in Iraq: la ricerca delle armi di distruzione di massa (peraltro rivelatasi un pretesto). E quanto è costata e tutta la violenza e i lutti che gli Americani vi hanno portato senza alcuna legittimità. Tutto questo non compare nel film. Gli iracheni poi vengono sbrigativamente descritti come infidi, dediti al tradimento e a pratiche crudeli; vengono chiamati "bestie" e "selvaggi". Gli Americani sono presentati invece come corretti e onesti. Nessun cenno alla legalizzazione della tortura da parte americana, alla illegalità di Guantanamo, alla vergogna di Abu Grahib, alle macchinazioni, anche maldestre, tentate per giustificare la guerra (come quella dell’uranio nigerino). Questa reticenza è molto disonesta.
L'unico elemento di critica offerto nel racconto è rappresentato dal commilitone Mark che dice "il male è dappertutto". Morirà in azione e ai suoi funerali viene letta una sua lettera di forte critica all'occupazione americana, ma il protagonista liquida subito la cosa dicendo, alla propria moglie che cerca di farlo ragionare in modo diverso, che posizioni del genere sono tipiche dei perdenti e dei deboli, che infatti soccombono. Questa sicumera viene incrinata solo alla fine: il protagonista, infatti, muore a causa di un reduce che voleva aiutare a superare il trauma lasciato dalla guerra. Subito dopo c'è l'ultima sequenza: la folla che saluta il passaggio della bara con bandiere e pianti di ragazze. Evocato il viaggio delle salma di Robert Kennedy attraverso l'America; ben altra pasta di uomo. In ultimo la dissolvenza finale dei guanti bianchi che con solennità appongono sulla bara le 160 aquile che rappresentano le vittime fatte dal cecchino. Se tutto questo non è retorica ...
Indiscutibile la padronanza del mezzo espressivo, sia per l’aspetto tecnico-militare (efficace la ricostruzione del conflitto in aree urbane) sia per l’abilità narrativa. Quest’ultima porta inevitabilmente ad una identificazione col protagonista che incarna i valori tipicamente maschili di volontà, forza e protezione. A questo proposito, le immagini dell'eroe che tornato a casa aiuta i commilitoni mutilati aiutandoli nel passatempo del tiro a segno sfiora una involontaria comicità, per quanto amara: un'America comunque incapace di smettere di sparare.
Un vero peccato per l'autore di "Iwo Jima" e "Gran Torino". Là era capace di calarsi nelle vesti degli avversari con grande apertura e sensibilità. Qui essi sono quasi privi di profilo psicologico, operano muti, in modo meccanico, puri corpi ostili da abbattere. Nessuna analisi delle loro ragioni. Eppure hanno combattuto, con immensa inferiorità di mezzi, contro l'esercito più forte del mondo che aveva invaso il loro paese senza validi motivi. L'abilità artistica di Eastwood nasconde questa evidenza e fa prendere allo spettatore le parti del forte contro il debole. Un'operazione di propaganda disonesta.
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cicceddi
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domenica 25 gennaio 2015
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non facciamoci ingannare...
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Stentavo a credere a ciò che avevo visto dopo essere uscito dalla sala di proiezione: Un filmetto abbastanza scialbo senza debite analisi psicologiche,ricco di clichè visti e rivisti,personaggi stereotipati e dialoghi alquanto inutili e piatti. In sostanza è questo il mio personale commento rigurdante questa nuova creazione di nonno Clint. Partiamo dal tipo di narrazione,semplice e lineare, che alterna fasi crude di guerra con fasi di vita normale: tutto sommato l'organismo narrativo funziona anche se ostacolato dalla banalità dei dialoghi e delle situazioni. Mio Dio,quante volte abbiamo visto queste tipologie di scene ? Addestramento in stile FMJ,uomini in fin di vita che raccomandano di consegnare oggetti alle mogli,"Figlio di pu-----a non puoi morire soldato","Amore non partire".
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Stentavo a credere a ciò che avevo visto dopo essere uscito dalla sala di proiezione: Un filmetto abbastanza scialbo senza debite analisi psicologiche,ricco di clichè visti e rivisti,personaggi stereotipati e dialoghi alquanto inutili e piatti. In sostanza è questo il mio personale commento rigurdante questa nuova creazione di nonno Clint. Partiamo dal tipo di narrazione,semplice e lineare, che alterna fasi crude di guerra con fasi di vita normale: tutto sommato l'organismo narrativo funziona anche se ostacolato dalla banalità dei dialoghi e delle situazioni. Mio Dio,quante volte abbiamo visto queste tipologie di scene ? Addestramento in stile FMJ,uomini in fin di vita che raccomandano di consegnare oggetti alle mogli,"Figlio di pu-----a non puoi morire soldato","Amore non partire"... Indubbiamente la sceneggiatura è tratta da un'autobiografia di un cecchino, ma è un certo Clint Eastwood a dirigere,non di certo un tipetto alle prime armi: mi sarei aspettato meno scene di guerra/briefing/situazioni inutili all'apprendimento del vero messaggio della pellicola; soprattutto avrei voluto godere di una analisi più dettagliata dello stereotipato nemico islamico e un approccio alla pellicola generalmente più psicologico da parte del regista. In sintesi ci ritroviamo di fronte a una produzione vuota altamente militarstica nel quale l'unico messaggio è "America è bene,il resto è il male" senza nemmeno mostrare cosa sia il vero "male": si preferisce l'azione alla riflessione e il risultato altro non può che essere una pellicola,fatta discretamente, indicata però SOLO ad un target americano-medio nel quale la sufficiente prestazione Cooper-Miller convince la maggior parte del pubblico. Bah,sarò troppo bacchettone ?
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giuliog02
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martedì 10 febbraio 2015
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una delusione
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Un film trito, stantio, di propaganda bellica, unilaterale, non approfondito, non esaustivo, una visione assolutamente parziale di un periodo bellico, il tutto raccontato con maestria, effetti speciali notevoli, e con un'ottima recitazione del protagonista, che mostra tratti umani nella disumanità della guerra. Ho visto molti film di Clint Eastwood, alcuni rivisti anche tre volte, di quelli magari fortemente criticati da certi nostri ambienti culturali. Parlo di Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, oppure di Gran Torino. In quelli si é visto lo spessore di Clint Eastwood. Questo American Sniper, dopo tutto ciò che sappiamo di come e perché é stata scatenata l'illegale guerra in Iraq e per come descrive negativamente l'ambiente e la popolazione irachena, appare essere null'altro che un film di propaganda patriottica.
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Un film trito, stantio, di propaganda bellica, unilaterale, non approfondito, non esaustivo, una visione assolutamente parziale di un periodo bellico, il tutto raccontato con maestria, effetti speciali notevoli, e con un'ottima recitazione del protagonista, che mostra tratti umani nella disumanità della guerra. Ho visto molti film di Clint Eastwood, alcuni rivisti anche tre volte, di quelli magari fortemente criticati da certi nostri ambienti culturali. Parlo di Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, oppure di Gran Torino. In quelli si é visto lo spessore di Clint Eastwood. Questo American Sniper, dopo tutto ciò che sappiamo di come e perché é stata scatenata l'illegale guerra in Iraq e per come descrive negativamente l'ambiente e la popolazione irachena, appare essere null'altro che un film di propaganda patriottica. Girato bene e con larghezza di mezzi, ma resta sempre un racconto molto parziale. Fortemente deludente. Non mi sento di consigliarlo.
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andrea giostra
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lunedì 12 gennaio 2015
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pecore, lupi o cani pastore?
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Clint Eastwood ancora una volta dimostra di essere un vero maestro del cinema d’autore: Raccontare una storia di guerra, di morte, di sangue, di violenza, di paura, ma anche di speranza e di amore al contempo, con raffinato realismo, senza lasciarsi mai trascinare nell’eccesso o nell’americanismo dei triti film d’azione tracciati con sangue zampillante, è un risultato straordinario che proietta il film ad essere tra le migliori opere del 2014.
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Clint Eastwood ancora una volta dimostra di essere un vero maestro del cinema d’autore: Raccontare una storia di guerra, di morte, di sangue, di violenza, di paura, ma anche di speranza e di amore al contempo, con raffinato realismo, senza lasciarsi mai trascinare nell’eccesso o nell’americanismo dei triti film d’azione tracciati con sangue zampillante, è un risultato straordinario che proietta il film ad essere tra le migliori opere del 2014. Bradley Cooper interpreta magnificamente la storia vera di Chris Kyle, texano verace educato coi sani principi paterni che gli uomini più forti devono proteggere quelli più deboli perché “ci sono tre tipi di persone: le pecore, i lupi e i cani pastore”. La famiglia Kyle appartiene alla categoria dei “cani pastore”, nati per proteggere ed aiutare i più deboli e coloro che sono in difficoltà. Ed è su questa direttrice che la narrazione viaggia fluida ed efficace, senza ideologie o scontata propaganda di stato, e raggiunge lo spettatore dove vuole il regista Eastwood. Chris Kyle è un uomo ma anche un soldato delle forze speciali Navy SEAL. Chirs possiede i suoi principi ma è anche stato duramente addestrato per proteggere i suoi commilitoni in una guerra cinica e violenta, dove la pietà e la compassione non trovano posto. E’ la forza e la determinazione di Chris, che lo renderanno “Leggenda”, si trova nel senso del dovere e nella fede che possiede per i sani principi della civiltà occidentale.
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[+] propaganda patriottica stile anni '40
(di giuliog02)
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enzo70
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domenica 4 gennaio 2015
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l'omaggio di clint ad un grande soldato americano
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Clint Eastwood riesce, per l’ennesima volta, a colpire al cuore gli Stati Uniti; e lo fa ricordando la storia, vera, di Chris Kyle, un soldato americano appartenente al colpo scelto dei Navy Seal. Un grande regista non ha timori referenziali, e così Clint Eastwood esalta l’orgoglio del popolo americano che combatte in tutto il mondo in nome dei propri ideali. Le bandiere a stelle e strisce che sventolano alla fine del film, bellissimo, danno il senso di appartenenza di un’intera nazione e di difesa degli ideali per cui i suoi figli, da un secolo, vanno a morire in paesi lontani; e la volontà del cecchino Chris, interpretato da un maestoso Bradley Cooper, di tornare a combattere in Iraq per difendere i suoi soldati, dall’alto degli edifici, infliggendo, l’uno dopo l’altro, colpi letali è il simbolo del coraggio di un Paese per cui la guerra è un mezzo per tutelare i suoi valori ed i suoi figli; uscendo, commossi dalla sala, viene, purtroppo, da pensare alla situazione di due soldati del nostro Paese che rimangono prigionieri in una nazione straniera, vittime di una nazione che ha dimenticato la sua grande storia, avvilita dalle paure e dalla demagogia.
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Clint Eastwood riesce, per l’ennesima volta, a colpire al cuore gli Stati Uniti; e lo fa ricordando la storia, vera, di Chris Kyle, un soldato americano appartenente al colpo scelto dei Navy Seal. Un grande regista non ha timori referenziali, e così Clint Eastwood esalta l’orgoglio del popolo americano che combatte in tutto il mondo in nome dei propri ideali. Le bandiere a stelle e strisce che sventolano alla fine del film, bellissimo, danno il senso di appartenenza di un’intera nazione e di difesa degli ideali per cui i suoi figli, da un secolo, vanno a morire in paesi lontani; e la volontà del cecchino Chris, interpretato da un maestoso Bradley Cooper, di tornare a combattere in Iraq per difendere i suoi soldati, dall’alto degli edifici, infliggendo, l’uno dopo l’altro, colpi letali è il simbolo del coraggio di un Paese per cui la guerra è un mezzo per tutelare i suoi valori ed i suoi figli; uscendo, commossi dalla sala, viene, purtroppo, da pensare alla situazione di due soldati del nostro Paese che rimangono prigionieri in una nazione straniera, vittime di una nazione che ha dimenticato la sua grande storia, avvilita dalle paure e dalla demagogia. Un film che stordisce e che avvince, l’ennesimo omaggio del regista americano al suo grande Paese.
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(di yanomangiacorbezzoli)
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(di erik14778)
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