American Sniper |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes, Navid Negahban.
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Azione,
Ratings: Kids+16,
durata 134 min.
- USA 2015.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 1 gennaio 2015.
MYMONETRO
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Attenti al cane pastore
di FRANCESCO MARAGHINIFeedback: 515 | altri commenti e recensioni di FRANCESCO MARAGHINI |
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martedì 3 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una guerra che pur essendo crudele e dolorosa nelle sue conseguenze è moralmente giusta, questo il messaggio che emerge dall’ultimo film di Clint Eastwood, American Sniper, sulla guerra in Iraq. Già nelle prime scene, che ci riportano all’infanzia di Chris Kyle, il protagonista del film, Eastwood chiarisce subito i tratti essenziali del personaggio. Siamo dalle parti della National Rifle Association (la scena di caccia con il padre), dell’America rurale tutta bibbia e fucile, di una religione protestante in cui la distinzione tra il Bene ed il Male è netta e come dice il padre al mondo si può essere solo o pecore o lupi o cani pastore, ed i suoi figli dovranno seguire chiaramente le orme di questi ultimi. E proprio per essere il cane pastore del suo paese, colpito dagli attentati terroristici, Chris diventerà cecchino delle truppe speciali Navy Seals ed in 4 turni passerà 1000 giorni in Iraq a proteggere dall’alto di un tetto con la sua mira infallibile i marines che a terra, in un contesto di guerriglia urbana, affrontano i ribelli iracheni; “maschi in età militare” vengono definiti dalle truppe USA a riprova che ogni civile è un sospetto. Coerente con la sua formazione Chris non ha dubbi su tutti i bersagli che colpisce, tanto che a chi gli chiede se ha qualche rimorso può rispondere che è pronto a rendere conto a Dio di ogni pallottola sparata e che il suo unico rimorso è per i commilitoni che non è riuscito a salvare. E qui il film omette tutto quello che è invece stato parte integrante dalle cronache:i danni collaterali, leggasi morti innocenti, causati dai bombardamenti aerei, i civili freddati ai check-point da militari nervosi od uccisi a sangue freddo da soldati in cerca di vendetta per la morte dei loro commilitoni, aspetti ampiamente illustrati in altri film sulla guerra irachena da Redacted di Brian De Palma a Nella valle di Elah di Paul Haggis. Nella sua lunga permanenza in Iraq Chris trova un degno avversario nel cecchino iracheno Mustafà, atleta olimpico di tiro a segno, che Eastwood sembra quasi ammirare per la sua indubbia capacità militare, ma a cui non da mai la parola per cui non sapremo mai il suo pensiero. Anche qui siamo molto lontani da quello che il regista era riuscito a fare con il suo doppio film sulla battaglia di Iwo Jima, La bandiera dei nostri padri e Lettere da Iwo Jima: dare voce al nemico giapponese ricostruendo la sua versione dei fatti; ma probabilmente gli Stati Uniti non sono ancora pronti ad ascoltare le ragioni dei nemici iracheni. E questo è un vero peccato se solo pensiamo al modo magistrale in cui Jean Jacques Annaud aveva mostrato la rivalità tra il cecchino russo e quello tedesco, sullo sfondo della battaglia di Stalingrado, nel film Il nemico alle porte. E proprio lo scontro finale con Mustafa porterà Chris e i suoi compagni arroccati sul tetto di un edifico nel cuore di Sadr City, in una scena che ci riporta ai mille assedi della cinematografia americana da Fort Apache a Fort Alamo, fino ai marines assediati nella Mogadiscio di Black Hawk Down di Ridley Scott, ed è, a mio giudizio, una delle più irrealistiche di tutto il film. Dove invece Eastwood non si tira indietro nel mostrarci la crudeltà della guerra è nella descrizione che essa ha progressivamente sulla mente di Chris, che vediamo ad ogni periodo di congedo passato a casa sempre più alienato e vittima dei sintomi dello stress post traumatico. E proprio la scelta di aiutare i reduci vittime come lui lo porterà alla morte.
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