filippotognoli
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giovedì 1 gennaio 2015
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clint e' la vera leggenda
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Come molti grandi registi, Clint torna su uno dei suoi temi a lui piu' cari:il patriottismo americano e l'onore militare.Lo fa' a suo modo, raccontando una storia vera, strabordante di retorica e eroismo.Certo, per i non amanti del genere e dell'argomento trattato, meglio astenersi.Per chi invece, apprezza una grande storia raccontata da un grandissimo regista, c'e' di che leccarsi i baffi.Cooper assomiglia al vero Chris e interpreta il ruolo come avrebbe fatto Clint stesso, se solo avesse almeno 40 anni di meno.Sienna Miller e' una perfetta moglie strainnamorata.Difficile se non impossibile, non commuoversi.Anche q.ta volta Clint ha fatto centro.Il vero cecchino infallibile e' lui!!!
[+] ottima recensione!!!!!!!!!!
(di marco_inghilesi)
[ - ] ottima recensione!!!!!!!!!!
[+] recensione eccellente!
(di sarena_76)
[ - ] recensione eccellente!
[+] rieccolo!!
(di lele78)
[ - ] rieccolo!!
[+] fuori tempo, fuori luogo
(di giuliog02)
[ - ] fuori tempo, fuori luogo
[+] vero la leggenda è eastwood giomo891
(di giomo891)
[ - ] vero la leggenda è eastwood giomo891
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writer58
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domenica 15 febbraio 2015
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il cecchino delle emozioni
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Vedo molti più film di quanti ne riesco a recensire. Solo negli ultimi mesi, per esempio, "Storie pazzesche" (mi è parso molto buono e crudelmente divertente), "Interstellar" (molto al di sotto di "Inception"), "Magic on the moonlight" (ormai Woody Allen gira da 20 anni sempre lo stesso film),"Diplomacy, una notte per salvare Parigi" (film solido, dall'impianto tradizionale, ma non entusiasmante), "Pride" (carino, politicamente corretto, convenzionale), "Birdman" (buon film, forse l'unico tra tutti quelli citati che mi motiva a scrivere un commento),
"American Sniper" mi ha lasciato freddo, mi è parso che Eastwood lo abbia costruito per raccontare la vicenda di una persona incapace di emozioni e sentimenti autentici, più che per narrare una storia di guerra.
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Vedo molti più film di quanti ne riesco a recensire. Solo negli ultimi mesi, per esempio, "Storie pazzesche" (mi è parso molto buono e crudelmente divertente), "Interstellar" (molto al di sotto di "Inception"), "Magic on the moonlight" (ormai Woody Allen gira da 20 anni sempre lo stesso film),"Diplomacy, una notte per salvare Parigi" (film solido, dall'impianto tradizionale, ma non entusiasmante), "Pride" (carino, politicamente corretto, convenzionale), "Birdman" (buon film, forse l'unico tra tutti quelli citati che mi motiva a scrivere un commento),
"American Sniper" mi ha lasciato freddo, mi è parso che Eastwood lo abbia costruito per raccontare la vicenda di una persona incapace di emozioni e sentimenti autentici, più che per narrare una storia di guerra. Il protagonista, Chris Kyle, è un tiratore scelto, un cecchino che nel corso di 4 missioni in Iraq, riuscirà ad abbattere 160 bersagli, diventando una leggenda per commilitoni e nemici. Ho letto che il film ha suscitato grandi polemiche negli Usa (ma non solo): alcuni lo leggono come un film "bellicista" che giustifica la logica dell'intervento militare americano; altri lo considerano come un apologo antimilitarista.
Mi pare che la polemica sia fuori fuoco. Il film non è una dichiarazione a favore o contro la guerra, è centrato sul percorso di un reduce che s'arruola per incarnare il ruolo di "protettore del gregge" (seguendo gli insegnamenti paterni), trova in Iraq una dimensione di vita atroce, ma adrenalinica che lo attrae come un gorgo, gestisce a fatica i rapporti con la famiglia (la moglie, conosciuta durante la fase dell'arruolamento e due figli nati tra una missione e l'altra) e finalmente rientra in patria dopo sei anni cercando di supportare i militari traumatizzati dal conflitto.
Ora, puo' darsi che io proietti sul personaggio la mancanza di coinvolgimento emotivo che il film mi ha provocato, ma il personaggio di Kyle mi è parso, al di là delle sue dichiarazioni verbali, anaffettivo, indifferente, emotivamente piatto, padre e marito mediocre, come se raggiungesse la pienezza esistenziale solo nel momento in cui inquadra i suoi target nel mirino del suo fucile di precisione, come se la ripetizione di quel gesto avesse risucchiato gran parte della sua energia vitale e ne restasse poca per dedicarsi agli affetti e alla vita quotidiana.
Allo stesso tempo, Eastwood narra un paese sostanzialmente indifferente, che dimentica i suoi figli per strada e confina i reduci (le persone a cui ha chiesto di esporsi in prima linea) in una sorta di "non vita", tra reparti di riabilitazione, sindromi post traumatiche, disoccupazione. Un paese che, al di là della retorica patriottica, conserva un nucleo duro, feroce. Un paese in cui un giorno sei una leggenda e il giorno dopo sei spazzatura da rimuovere, da dimenticare, da espellere dai ricordi.
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teofac
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sabato 3 gennaio 2015
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non un americanata
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Dal nome,dalla trama ci si potrebbe aspettare il solito fimetto americano patriottico,la solita minestra, ma il nuovo film di eastwood non lo è per niente,anzi.
American sniper racconta di guerra,di ciò che essa lascia dentro ai soldati che la vivono. In questo caso,quella in Iraq, è raccontata da uno spettacolare Bradley Cooper (per me da oscar) che riesce perfettamente a trasmettere le sensazioni di Chris Kyle (la leggenda): il più forte cecchino della storia degli Stati Uniti.Come ci riesce? Attraverso 132" di tensione! Anche lo spettatore ,proprio come il protagonista, si trova in guerra per tutta la durata del film, ed è questo che gli da potenza e che lo fa arrivare così intensamente,riuscendo a portarsi su un piano più alto a livello emozionale rispetto agli ultimi film di questo genere.
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Dal nome,dalla trama ci si potrebbe aspettare il solito fimetto americano patriottico,la solita minestra, ma il nuovo film di eastwood non lo è per niente,anzi.
American sniper racconta di guerra,di ciò che essa lascia dentro ai soldati che la vivono. In questo caso,quella in Iraq, è raccontata da uno spettacolare Bradley Cooper (per me da oscar) che riesce perfettamente a trasmettere le sensazioni di Chris Kyle (la leggenda): il più forte cecchino della storia degli Stati Uniti.Come ci riesce? Attraverso 132" di tensione! Anche lo spettatore ,proprio come il protagonista, si trova in guerra per tutta la durata del film, ed è questo che gli da potenza e che lo fa arrivare così intensamente,riuscendo a portarsi su un piano più alto a livello emozionale rispetto agli ultimi film di questo genere. La sceneggiatura è impeccabile, un po' scarna, ma lo è volutamente in quanto sono le emozioni a far da padrone,la storia d'amore ovviamente c'è però non è troppo invasiva e smielata,anzi, è particolarmente reale,i legami tra i personaggi non sono così forti; i soldati non sono tutti "fratelli",se proprio dovessero essere parenti li definirei "cugini", e tutte queste cose messe insieme aumentano la classe di questo film. Tratto da una storia vera,fa pensare il fatto che un uomo stato 1000 giorni in gerra alla fine muoia,a 39 anni, in un poligono di tiro, non per colpa della guerra....o forse sì,perchè la guerra non è solo sul campo,ma nella mente di chi l'ha vissuta. Film magnifico,andate a vederlo e non ve ne pentirete.
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[+] rimpiangere "il cacciatore"
(di jabberwock)
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[+] non è cosa??? cioè cosa non è????
(di conte di bismantova)
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[+] e' una plateale e scontata americanata
(di giuliog02)
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brian77
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domenica 4 gennaio 2015
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grande film
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Grande film. Quello che mi diverte è vedere come alcuni anni fa buona parte della critica e del pubblico italiano, che non aveva mai capito nulla di Eastwood e infatti aveva passato decenni a irriderlo scioccamente ripetendo "col cappello o senza", di colpo si era formata una sbagliatissima immagine di lui a propria immagine e somiglianza. In queste riviste e in questo pubblico Clint era stato adattato al punto di vista sempre penosamente ideologico dei commentatori italiani. Eastwood non era così, non lo è mai stato. E adesso che se ne accorgono, coloro che non hanno mai capito Eastwood e non hanno mai capito nulla del cinema americano, restano spiazzati. I film di Clint non sono e grazie al cielo non saranno mai film ideologici, militaristi o antimilitaristi, pro guerra o contro guerra e altre stupidaggini analoghe, che hanno valore solo per chi a un film chiede mediocri e meschini e inutili slogan.
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Grande film. Quello che mi diverte è vedere come alcuni anni fa buona parte della critica e del pubblico italiano, che non aveva mai capito nulla di Eastwood e infatti aveva passato decenni a irriderlo scioccamente ripetendo "col cappello o senza", di colpo si era formata una sbagliatissima immagine di lui a propria immagine e somiglianza. In queste riviste e in questo pubblico Clint era stato adattato al punto di vista sempre penosamente ideologico dei commentatori italiani. Eastwood non era così, non lo è mai stato. E adesso che se ne accorgono, coloro che non hanno mai capito Eastwood e non hanno mai capito nulla del cinema americano, restano spiazzati. I film di Clint non sono e grazie al cielo non saranno mai film ideologici, militaristi o antimilitaristi, pro guerra o contro guerra e altre stupidaggini analoghe, che hanno valore solo per chi a un film chiede mediocri e meschini e inutili slogan. I film di Eastwood sono film di un grande narratore, che prende un personaggio, lo analizza, lo racconta e cerca di darci un racconto problematico, non propagandistico. Tutto questo è difficile da capire per chi è stato da sempre abituato a chiedere a un film formulette e slogan facili da seconda elementare. Mi sembrano i tempi in cui si discuteva se i grandi western hollywoodiani, capolavori assoluti della storia del cinema, erano pro o contro gli indiani... Sono passati decenni ma l'analfabetismo resta sempre quello.
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[+] boh
(di epidemic)
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(di cateri)
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(di paolp78)
[ - ] ottima analisi
[+] pessimo film, da addormentarsi
(di giuliog02)
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ilpoponzimo
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giovedì 8 gennaio 2015
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non ci sono eroi qui
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Recensione American Sniper:
- Si impazzisce.Fuori e dentro lo schermo. Fuori,a causa della naturale polemica che precede e succede ogni film sulla guerra e in particolare ogni film del grande,impossibile non apostrofarlo in tal modo,Clint Eastwood, riguardo alle sue tendenze politiche e di pensiero. E dentro, a causa dell’orrore,dell’ insensatezza e sulla complessità morale che porta con se ogni discorso e atto riguardante l’animo umano e i suoi contatti con la morte,la guerra e le sue conseguenze. Fuori dallo schermo, il film passa in secondo piano,in terzo o persino sparisce dal radar delle discussioni. Il dibattito riguarda solamente la tendenza , per alcuni palesata dalle immagini, per altri velata o addirittura inesistente, estremamente imparziale nel raccontare la vicenda del più grande cecchino della storia dell’esercito degli Stati Uniti d’America: Chris Kile.
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Recensione American Sniper:
- Si impazzisce.Fuori e dentro lo schermo. Fuori,a causa della naturale polemica che precede e succede ogni film sulla guerra e in particolare ogni film del grande,impossibile non apostrofarlo in tal modo,Clint Eastwood, riguardo alle sue tendenze politiche e di pensiero. E dentro, a causa dell’orrore,dell’ insensatezza e sulla complessità morale che porta con se ogni discorso e atto riguardante l’animo umano e i suoi contatti con la morte,la guerra e le sue conseguenze. Fuori dallo schermo, il film passa in secondo piano,in terzo o persino sparisce dal radar delle discussioni. Il dibattito riguarda solamente la tendenza , per alcuni palesata dalle immagini, per altri velata o addirittura inesistente, estremamente imparziale nel raccontare la vicenda del più grande cecchino della storia dell’esercito degli Stati Uniti d’America: Chris Kile. Insomma il film è troppo filo-americano per molti. Io mi sento di dire che etichettare un film in tal maniera ed elevare il giudizio a un criterio oggettivo mina la buona critica di un qualsiasi prodotto cinematografico e non. Un film può anche andare contro il pensiero dello spettatore, ma non per questo,perche esprime un dato e preciso pensiero,magari controverso, si può dire che un prodotto è pessimo nella sua totalità. Questa è intransigenza. Questo è limitare il pensiero altrui. Questo è dire che un regista,anzi un AUTORE, deve portare avanti le proprie opere rimanendo il più oggettivo possibile. Cosi muore l’arte. Cosi muore il pensiero. Si può essere d’accordo o meno,ma è proprio questo che dovrebbe creare un dibattito costruttivo. Ben venga un qualsiasi artista che pone il suo pensiero al centro di un dibattito, se è quello in cui crede per davvero. Dopo aver discusso di ciò che c’è dietro le immagini sarebbe però il caso di valutare come il linguaggio cinematografico si è accostato a quest’argomento. Ovvero come un regista ha fatto il regista. Ovvero come un autore ha deciso di essere autore. E fin troppo spesso questo viene ben poco considerato,ed è un peccato quando al centro del dibattito c’è uno che i film li sa girare come pochi: Clint Eastwood. Un autore totale,completo,versatile ed esperto. Eastwood ha viaggiato tra i generi nel corso della sua carriera,trattando un’infinità di argomenti con una bravura e una umanità che ha pochi paragoni nella dialettica del cinema contemporaneo. Con American Sniper decide di tornare,forse al tema che più di tutti ha riempito il suo cinema,ovvero la guerra e in particolare la violenza,di ogni tipo. Il film da un punto di vista tecnico è incriticabile. Ogni elemento si muove alla perfezione nella dinamicità del tutto. La regia è lineare,pulita,con solo un paio di virtuosismi( forse evitabili) in più di due ore di film. La fotografia si discosta un po’ da i suoi ultimi lavori,nonostante mantenga la tipica atmosfera fredda e spoglia delle pellicole di Eastwood. Il sonoro all’interno delle scene di guerra è superlativo e fa saltare dalla sedia più di una volta. Ed infine il montaggio video,forse la vera perla del film, struttura ogni sequenza con un ritmo perfetto e serrante. Implementa la tensione in maniera straordinaria portando veramente il livello del film sempre più in alto,soprattutto nelle scene di interrogazione morale del protagonista,prima,durante e dopo le battaglie. Il fulcro infatti di tutta la vicenda è sin dall’inizio la prospettiva del nostro Chris,interpretato magistralmente da Bradley Cooper,forse alla sua migliore interpretazione. Ci viene mostrata la sua infanzia, la genesi e l’ancedere della sua mentalità,fino all’arruolamento volontario nell’esercito. Qui verrà conosciuto come “la Leggenda” a causa del suo spropositato numero di uccisioni nemiche. La vita e le angoscie dell’american sniper ci vengono mostrate in tutta la loro crudeltà. Il mostro della guerra, forse il vero protagonista del film, aleggia in ogni scena,sia sul campo di battaglia sia fuori da esso. Ancora una volta l’analisi di Clint è lucida,spietata e magistralmente viva all’interno di ogni immagine. La guerra è il più grande crimine dell’umanità e nessuno all’interno di essa può trovare la salvezza. Nemmeno Chris che viene trionfalmente celebrato da parate,bandiere issate e spari prima del silenzio. Nessuno si salva. Nemmeno chi viene celebrato come un eroe. Ma la domanda sorge a questo punto? Un’uomo che ha ucciso più di 160 persone può essere considerato un’eroe come le immagini ci vogliono far pensare,forse? L’ambiguità che accompagna tutto il film apre la strada a una miriade di interpretazioni,e nessuna di esse fondamentalmente sbagliata. Sicuramente quella del patriottismo sembra essere la più ovvia e appariscente, ma non è necessariamente l’unica. Il regista infatti ci mostra come ogni azione intrapresa da Kile è attuata per quello che può essere considerato un buon ideale,ovvero quello di difendere a tutti i costi più fratelli(soldati) possibile. Pensiero che Chris apprende,in maniera nemmeno troppo diplomatica, dal suo padre vecchio stampo e che di conseguenza lui insegnerà a suo figlio,fin dalla prima volta che andranno a cacciare insieme. Tutto si ripete. Tutta quella violenza,quegli ideali,quei pensieri,sono frutto di una sorta di coercizione. Una sorta di lavaggio del cervello che la società americana subisce e attua generazione dopo generazione e che porta tutto a ripetersi. Che porta i soldati a creare altri soldati. Che porta la violenza a creare altra violenza. Che porta l’orrore e la paura nei cuori di tutti quelli che vedono nella bandiera un giusto ideale. Eastwood ci dipinge una società fatta di contraddizioni, di spaventosi e orrorifici controsensi,di una giustizia immaginifica e fittizia che porta a credere che un uomo che,seppur in nome di un’ideale giusto,ha ucciso più di 160 persone sia un eroe e non un assassino, e che sia giusto celebrarlo nel migliore dei modi.Clint seppur con una grande ambiguità di fondo che non ci permette di guardare con chiarezza il suo disegno fa un’analisi dell’essere umano, del suo animo contorto e della sua tragica stupidità come pochi hanno saputo fare negli ultimi anni. Magari patriottico,magari no,ma quando ti trovi davanti a un regista che riesce ancora a mostrare dopo tutti questi anni,ancora con estrema lucidità il più difficile dei soggetti,l’uomo,non si può non amare il cinema.
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(di jack beauregard)
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ruger357mgm
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giovedì 1 gennaio 2015
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una leggenda senza lieto fine
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Parte scartando, il vecchio Clint, evocando, nemmeno troppo velatamente gli esploratori del plotone del sergente Gunny Highway.Aggiusta il tiro poco dopo, catapultando il suo Navy Seal dalla mira infallibile nell'inferno di Fallujah prima e Sadr City poi.Il suo protagonista, molto americano, e per questo poco simpatico a noi europei, pur nutrendosi di patriottismo e incarnando gli stereotipi di genere riesce a mantenere un assetto umano. Come un John Wayne all'incontrario, scalfito nella sua rudezza, si rivela fragile e disperatamente vulnerabile.Intossicato dal suo "spirito guerriero" combatte a modo suo una guerra sbagliata e non la vince.La sua sola vittoria, il poter tornare a casa fuori dalla cassa di zinco avvolta nella bandiera a stelle strisce, e riconquistare moglie e figli non se la potrá godere, vittima di una vittima, di uno di quelli che, dopo la prima guerra mondiale, nei manicomi e negli ospedali militari italiani, venivano chiamati scemi di guerra.
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Parte scartando, il vecchio Clint, evocando, nemmeno troppo velatamente gli esploratori del plotone del sergente Gunny Highway.Aggiusta il tiro poco dopo, catapultando il suo Navy Seal dalla mira infallibile nell'inferno di Fallujah prima e Sadr City poi.Il suo protagonista, molto americano, e per questo poco simpatico a noi europei, pur nutrendosi di patriottismo e incarnando gli stereotipi di genere riesce a mantenere un assetto umano. Come un John Wayne all'incontrario, scalfito nella sua rudezza, si rivela fragile e disperatamente vulnerabile.Intossicato dal suo "spirito guerriero" combatte a modo suo una guerra sbagliata e non la vince.La sua sola vittoria, il poter tornare a casa fuori dalla cassa di zinco avvolta nella bandiera a stelle strisce, e riconquistare moglie e figli non se la potrá godere, vittima di una vittima, di uno di quelli che, dopo la prima guerra mondiale, nei manicomi e negli ospedali militari italiani, venivano chiamati scemi di guerra. Perfettamente girato, il film si nutre della poetica di Estwood che dal doppio Flags of our fathers a GranTorino, proseguendo una riflessione amara sul broken dream americano e sull'ottusa inutilità della guerra e dei suoi crudeli riti.Asciutto e appena velato dalla retorica patriottarda , immancabile nelle pellicole Made in USA , il film si chiude con le immagini del funerale, querelo vero, del protagonista, divenuto a suo modo una leggenda. Troppo facile pronosticare Academy Awards se non fosse che Clint non é simpatico alle majors e non é mai stato un radical chic.
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[+] riflessione amara sulla guerra e le sue vittime
(di tom87)
[ - ] riflessione amara sulla guerra e le sue vittime
[+] anche in mezzo....
(di jabberwock)
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zarar
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lunedì 26 gennaio 2015
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un triste eroe
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C’è un personaggio ricorrente nei film di Clint Eastwood: un individuo che ha in sé qualcosa di autistico, un blocco dentro, che gli rende la realtà intorno estranea, se non ostile. Diffidente, burbero, scomodo, senza illusioni. Non vuole essere infastidito da nessuno e non infastidisce nessuno, ha una sua passione, o una sua ossessione solitaria. Ha bisogno di misurarsi con qualcosa di violento. Non cerca consensi né popolarità. Ad un certo punto succede qualcosa nella sua vita che lo mette alla prova e tira fuori da lui qualcosa che neppure lui saprebbe spiegare, qualcosa che lo spinge ad aprirsi cautamente verso l’altro. Dentro di lui si dilata qualcosa che finalmente è un sentimento, una nuova consapevolezza? Non illudetevi, un destino cinico e baro stroncherà questo inizio di speranza.
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C’è un personaggio ricorrente nei film di Clint Eastwood: un individuo che ha in sé qualcosa di autistico, un blocco dentro, che gli rende la realtà intorno estranea, se non ostile. Diffidente, burbero, scomodo, senza illusioni. Non vuole essere infastidito da nessuno e non infastidisce nessuno, ha una sua passione, o una sua ossessione solitaria. Ha bisogno di misurarsi con qualcosa di violento. Non cerca consensi né popolarità. Ad un certo punto succede qualcosa nella sua vita che lo mette alla prova e tira fuori da lui qualcosa che neppure lui saprebbe spiegare, qualcosa che lo spinge ad aprirsi cautamente verso l’altro. Dentro di lui si dilata qualcosa che finalmente è un sentimento, una nuova consapevolezza? Non illudetevi, un destino cinico e baro stroncherà questo inizio di speranza. American Sniper ripropone questa parabola esistenziale. Poco conta che il film sia un biopic che rifà la storia dello sniper Chris Kyle, il texano arruolato nei SEALs (Forze per Operazioni Speciali dei Marines) diventato leggendario per la sua capacità di eliminare cecchini del campo avverso e proteggere così i soldati americani in azione nel corso del conflitto iracheno.Un eroe assai controverso, un tipo che – tanto per dare un’idea - mise un fucile (vero) in mano a suo figlio già a due anni e la cui autobiografia di combattente cristiano contro il male assoluto lascia a dir poco perplessi. Il regista ha trovato in lui una variante di un carattere che da sempre lo interessa e che sa rappresentare come pochi. Il film ha due punti di forza: una rappresentazione potente di una guerra non convenzionale, quella Irachena, un inferno in cui la macchina da presa è l’occhio del cecchino, ha il raggio e la prospettiva di chi è dentro fino al collo ad una gigantesca trappola che consuma i tuoi nervi e ti costringe a un’impassibilità disumana; e insieme è una macchina da presa che, con grande impatto emotivo, letteralmente ti scaglia addosso, facendole precipitare dal fondo della scena verso di te – le azioni più cieche e violente – ‘trascinandoti dentro’, a sottolineare che nessuno può chiamarsi fuori da una guerra simile. E in questo contesto sa disegnare con asciuttezza, impassibilità e anche onestà il suo Kyle, l’eroe dei 120 nemici uccisi in azione, donne e bambini inclusi: rigido, non particolarmente simpatico, non accattivante; non cinico (il che gli darebbe una sorta di consapevolezza che non ha), a suo modo retto, ma manicheo ed elementare nel costruirsi un obiettivo accettabile di vita intorno ad un fucile, senza sfumature, senza dubbi, incapace di una visione critica che vada al di là della sua percezione istintiva. Non è difficile capire che è proprio una guerra atroce come tutte le guerre la situazione che può fare di lui un eroe. Quando un malessere più forte di lui, mai veramente elaborato, lo riporterà faticosamente nella normalità, tutto quello che il destino gli riserverà sarà la morte, una morte che avrà l’aspetto di una negazione beffarda di quell’unico principio a cui ha ancorato tutto: proteggere quelli della sua parte. E’ comprensibile, ma riduttivo, che questo film sia stato da molti esaltato o – all’opposto – criticato, su basi ideologiche. Sarebbe “di destra”. La visione di Eastwood è insieme più ristretta e più ampia. Ha a che fare con la difficoltà di vivere e di dare un senso a quello che si è e si fa quando si incardina in un dramma più largo che credi di dominare, ma in realtà finisce con il distruggerti.
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parieaa
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martedì 27 gennaio 2015
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cooper da oscar
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Uno dei più grandi cineasti di questi tempi, e forse di sempre, è riuscito ancora, alla veneranda età di 84 anni, a regalarci un'altra perla di cinema. Forse non sarà il suo migliore film, ma resta comunque nettamente al di sopra della media. Una grande storia che ci racconta le imprese del cecchino più letale della storia dei Seals. Le idee e la posizione di Eastwood sono conosciute, e che le si condividano o meno, ciò che conta è che in questo film rimangono abbastanza nascoste o comunque sedate, perchè non ci sono eroi, non c'è eccessivo patriottismo (un po' ce ne deve essere per forza di cose, visto il genere e il regista ultra repubblicano e conservatore), non c'è violenza gratuita e nemmeno la fantomatica demonizzazione assoluta del nemico (chi lo dice probabilmente lo fa solo perchè nutre sentimenti anti-americani a prescindere).
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Uno dei più grandi cineasti di questi tempi, e forse di sempre, è riuscito ancora, alla veneranda età di 84 anni, a regalarci un'altra perla di cinema. Forse non sarà il suo migliore film, ma resta comunque nettamente al di sopra della media. Una grande storia che ci racconta le imprese del cecchino più letale della storia dei Seals. Le idee e la posizione di Eastwood sono conosciute, e che le si condividano o meno, ciò che conta è che in questo film rimangono abbastanza nascoste o comunque sedate, perchè non ci sono eroi, non c'è eccessivo patriottismo (un po' ce ne deve essere per forza di cose, visto il genere e il regista ultra repubblicano e conservatore), non c'è violenza gratuita e nemmeno la fantomatica demonizzazione assoluta del nemico (chi lo dice probabilmente lo fa solo perchè nutre sentimenti anti-americani a prescindere). Certo vengono completamente sorvolati alcuni aspetti chiave che hanno scatenato il conflitto e caratterizzato quegli anni bui, tanto che non viene nemmeno nominato il folle alcolizzato cocainomane che per 8 anni ha comandato l'esercito più potente della storia (un segno che ancora si vergognano un po' tutti del loro ex leader), nè tantomeno i fantomatici rapporti sull'esistenza di armi di distruzione di massa (e se vengono nominati lo sono solo di sfuggita), ma non credo che siano lacune imperdonabili, ma solo prevedibili. Il film non è un racconto sulla guerra, ma un racconto di quello che fa la guerra agli uomini, che vengono più o meno lentamente trasformati prima in soldati che non si pongono domande (in questo caso già dalla prima "missione" compiuta), e poi ancora in macchine senza pensiero e coscienza, la cui unica ragione per andare avanti è la sete di vendetta e vincere ad ogni costo. Questi passaggi sono tutti ben caratterizzati dallo stupefacente Bradley Cooper (che ormai non sbaglia un colpo ed è sempre più vicino al suo primo oscar, che comunque anche quest'anno credo gli sfuggirà): da un semplice bifolco texano, buonista e forse un po' ingenuo, che dal momento in cui vide l'attacco alle torri gemelle, si pone l'irrangiungibile obiettivo di impedire che a nessun altro accadda una cosa del genere, viene man mano risucchiato sempre più in basso dalla spirale di odio e violenza, fino a quando ne rimane corrotto, e al posto di tornare a casa decide di tornare sul teatro di guerra, non per proteggere qualcuno, ma solo per la Vendetta. Forse all'inizio lui credeva realmente di poter fare solo del bene, ma alla fine anche in lui i più puri e sinceri sentimenti, vengono schiacciati sotto il peso di troppe responsabilità e preoccupazioni e lasciano il posto al ben più brutale "uccidere per non essere uccisi". Il suo voler a tutti i costi immolarsi per gli altri, il continuo stress di vedere nemici ovunque e in chiunque, la paura di poter morire in qualsiasi momento e di perdere tutto quello che voleva proteggere, lo hanno talmente tormentato e logorato, che quasi irrimediabilmente perde realmente tutto. In questo scenario di degrado morale ed etico svetta come ancora di salvezza la moglie, che con il suo amore riesce a ridargli la vita e la gioia di vivere (interpretata da un'ottima Sienna Miller). Il resto del cast però resta abbastanza ininfluente e le loro personalità non sono per nulla approfondite (comprese quelle dei "cattivi"); ed è forse proprio questo il vero punto debole del film: manca la caratterizzazione di tutti gli altri attori, e soprattutto una qualsivoglia indagine introspettiva del popolo iracheno, che dopotutto era un popolo invaso da uno straniero e per motivi ben poco chiari. Ovviamente non era il regista giusto se ci si attendeva questo (vero, lo fece con i giapponesi, ma le differenze sono notevoli). La fotografia è ottima, gli effetti sonori anche, così come le scenografie e la sceneggiatura (a parte poche battute). Pecca invece un po' il comparto azione (le scene di guerra potevano essere più avvincenti e realistiche), anche se non è poi tanto grave, visto che lo scopo del film era ben altro, e non scambierei mai, in questo caso, la tensione delle esplosioni e degli inseguimenti, con quella degli appostamenti e delle sfide tra cecchini. Ciò che conta, secondo me, di questo film è il vero messaggio che sottintende: non è importante chi sei o cosa fai, se vieni chiamato eroe o terrorista, tanto la guerra ti uccide comunque, in un modo o nell'altro, e non c'è nessuna parata o medaglia che possa portarti indietro.
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beppe baiocchi
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giovedì 7 maggio 2015
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ottimo film dal messaggio discutibile
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American Sniper racconta la vera storia di guerra di Chris Kyle, un SEAL, texano, arruolatosi per difendere la patria dopo la tragedia dell'11 Settembre. L'esercito americano considera Chris il più letale cecchino della storia Americana, i compagni lo definiscono un eroe. Clint Eastwood ci racconta la sua storia.
American Sniper è un bel film però ha una grossa grossa pecca. Il problema principale del film è l'autocelebrazione dell'eroe Americano, l'esaltazione del patriottismo. In questa pellicola infatti (o purtroppo) non si oltrepassano mai i limiti delle bandiere. Le persone di entrambi i fronti non vengono mai viste come persone uguali.
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American Sniper racconta la vera storia di guerra di Chris Kyle, un SEAL, texano, arruolatosi per difendere la patria dopo la tragedia dell'11 Settembre. L'esercito americano considera Chris il più letale cecchino della storia Americana, i compagni lo definiscono un eroe. Clint Eastwood ci racconta la sua storia.
American Sniper è un bel film però ha una grossa grossa pecca. Il problema principale del film è l'autocelebrazione dell'eroe Americano, l'esaltazione del patriottismo. In questa pellicola infatti (o purtroppo) non si oltrepassano mai i limiti delle bandiere. Le persone di entrambi i fronti non vengono mai viste come persone uguali. Gli Americani sono alleati, sono i buoni, gli altri invece sono il nemico, i cattivi. Il personaggio di Chris infatti avrà dei dubbi, dei problemi personali legati alle atrocità della guerra, ma mai un dubbio se quello che ha fatto sia stata la cosa giusta.
Ma questo ne fa automaticamente un brutto film? No, perchè alla macchina da presa c'è Clint Eastwood. L'ormai ottantacinquenne "uomo senza nome" sembra vivere dietro la macchina da presa una eterna giovinezza. Non sbaglia un inquadratura, sa intrattenere, mantiene il ritmo. Un mostro. E' proprio la regia di Eastwood che rende il film, nonostante un messaggio "quantomeno discutibile" un bel film, o almeno un film da vedere.
L'Iraq sembra vero, ottimo il lavoro fatto con gli effetti sonori e bravo Bradley Cooper (da molti lodato come attore da Oscar in questo film, ma non da me) che recita una parte impegnativa con grande intensità.
Un film che farà discutere, ma sicuramente non per il sempreverde talento del suo regista
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laurence316
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martedì 1 novembre 2016
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polpettone propagandistico retorico e patriottardo
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Eastwood, con questo suo nuovo film, rinnega le vette raggiunte con film quali Lettere da Iwo Jima, prestandosi ad un'operazione di pura propaganda filo-americana, intrisa di ipocrisia, retorica e grossolano patriottismo. La sceneggiatura è inconsistente e, come l'autobiografia da cui è tratta, riduce il conflitto iracheno ad uno sparatutto "buoni contro cattivi" in cui viene favolisticamente raccontato che tutto è o bianco o nero, privo di sfumature.
American Sniper è un film in cui si tralascia consapevolmente e colpevolmente il contesto storico, un film che rappresenta gli iracheni come dei mostri sanguinari, bestiali e selvaggi, mentre gli americani sono il simbolo della libertà, e si sacrificano eroicamente per il bene dell'intera umanità.
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Eastwood, con questo suo nuovo film, rinnega le vette raggiunte con film quali Lettere da Iwo Jima, prestandosi ad un'operazione di pura propaganda filo-americana, intrisa di ipocrisia, retorica e grossolano patriottismo. La sceneggiatura è inconsistente e, come l'autobiografia da cui è tratta, riduce il conflitto iracheno ad uno sparatutto "buoni contro cattivi" in cui viene favolisticamente raccontato che tutto è o bianco o nero, privo di sfumature.
American Sniper è un film in cui si tralascia consapevolmente e colpevolmente il contesto storico, un film che rappresenta gli iracheni come dei mostri sanguinari, bestiali e selvaggi, mentre gli americani sono il simbolo della libertà, e si sacrificano eroicamente per il bene dell'intera umanità. Distorce la realtà in favore del suo messaggio patriottico e militarista, semplicistico, retorico e ignorante. E "che il protagonista sia in buona fede è un'aggravante che denuncia, peraltro involontariamente, il devastante vuoto culturale e intellettuale in cui si alligna l'intervento militare americano in Medio Oriente" (Morandini).
La perizia tecnica dell'Eastwood regista è innegabile, ma l'ideologia che dovrebbe sorreggere il film in realtà lo affossa. Ottimi, comunque, la recitazione del protagonista Cooper e i contributi tecnici, dalla fotografia di Stern al montaggio di Cox e Roach alle scenografie di Cardenas e Murakami.
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