lorma716
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venerdì 9 gennaio 2015
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il clint più patriottico...impatto senza contenuti
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Clint questa volta ci fa vedere la sua abilità nel costruire e dirigere film ma delude nei contenuti e messaggi. Ricorda Top Gun, lontano dal modo di affrontare i temi etici in Milion Dollar Baby e quelli sociali di Gran Torino,American Sniper è un film che affronta si una storia vera, che potrebbe dare forza e slancio ai temi della guerra e delle divisioni, ma vista unicamente dal punto di vista di un patriotta esaltato nel sottolineare eroismo e conseguenze delle azioni salvifiche. Il nemico è visto completamente come un cancro da estirpare. Se ci voleva raccontare solo una storia di una persona non ha rilevanza sociale e comunicativa, ma se avrebbe voluto allargare la visuale attraverso una storia di un personaggio allora non è proprio riuscito nell'intento.
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silvano bersani
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domenica 11 gennaio 2015
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salvate il soldato kyle
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L'America è un grande paese. Ma talvolta ha un intimo bisogno di esorcizzare un po' dei veleni che la sua storia ed il suo ruolo sullo scacchiere mondiale le lasciano come grumi nelle vene. Ed allora sente il bisogno di fare un po' di autocoscienza. L'America è un grande paese che non ha paura di guardare in faccia i suoi incubi. Lo fece già con "Nato il 4 luglio" di Stone. Lo fece il Coppola di Apocalipse now. Lo fede lo Spielberg di "Salvate il SOldato Ryan".
Sono contento che la fatica del primo film che va ascavare dentro la tragica guerra iraquena venga depositato nelle mani di Clint Eastwood. Chi conosce la poetica di Eastwood sa bene che ci sono alcuni luoghi topici che lui affronterà senza infingimenti, guardando dritto in faccia anche le contraddizioni sulla inutilità della guerra, ma al contempo sulla assoluta intima necessità per ogni buon americano, meglio, per ogni buon sano ragazzone della provincia del sud, che sicuramente dorme ancora con la bandiera confederata appesa in camera, di servire il suo paese, il paese che ama, se minacciato da forze esterne.
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L'America è un grande paese. Ma talvolta ha un intimo bisogno di esorcizzare un po' dei veleni che la sua storia ed il suo ruolo sullo scacchiere mondiale le lasciano come grumi nelle vene. Ed allora sente il bisogno di fare un po' di autocoscienza. L'America è un grande paese che non ha paura di guardare in faccia i suoi incubi. Lo fece già con "Nato il 4 luglio" di Stone. Lo fece il Coppola di Apocalipse now. Lo fede lo Spielberg di "Salvate il SOldato Ryan".
Sono contento che la fatica del primo film che va ascavare dentro la tragica guerra iraquena venga depositato nelle mani di Clint Eastwood. Chi conosce la poetica di Eastwood sa bene che ci sono alcuni luoghi topici che lui affronterà senza infingimenti, guardando dritto in faccia anche le contraddizioni sulla inutilità della guerra, ma al contempo sulla assoluta intima necessità per ogni buon americano, meglio, per ogni buon sano ragazzone della provincia del sud, che sicuramente dorme ancora con la bandiera confederata appesa in camera, di servire il suo paese, il paese che ama, se minacciato da forze esterne. E tutto questo proiettato sullo sfondo dell'11 settembre, cesura fatidica ed elemento di paragone per la storia americana. Perciò non si facciano troppe elucubrazioni i portatori del pensiero dominante. La fuori c'è il male. Punto. E dopo prenderemo per mano il nostro soldatino e ci farà vedere quanto è difficile combattere il male, quanta razione di sofferenza toccherà a lui, alla sua famiglia, ai suoi figli. E qui compare la mano del grande maestro, in quei prolungati estenuanti primissimi piani, dove tutto, uno sguardo, una inflessione della parola, un sospiro, diventano la narrazione, diventano il cinema. Sono passati tanti anni ma sicuramente Eastwood non ha dimenticato il mestiere che ha rubato al maestro Sergio Leone. Film crudo e diretto. Eastwood non fa splatter, ma mette in scena tanta, tanta violenza. Eastwood è talvolta persino chirurgico quando scruta indagando i volti degli attori di questa danza macabra. Ed il messaggio di fondo è si, la guerra è assurda, la guerra è una cosa che rende gli uomini cattivi, ma la guerra, se è la guerra giusta, cioè quella che si combatte per il proprio paese, allora la guerra è l'incudine su chi si temprano gli eroi. Film sfacciatamente non allineato, policamente scorrettissimo, che non indulge nemmeno un attimo a tentare di mitigare il suo intransigente taglio ideologico. Questa è l'America, ragazzi, il paese che io amo ed il paese che vi ama. Se la pensate così allora siete invitati alla grande celebrazione. Sennò lasciate perdere, non lo capireste mai.
Bisogna fare attenzione a ciò che fa da contorno all'uscita di questo film. Questa di oggi non più l'America in cerca di riscatto di George Bush, ma è l'America che ha sostenuto Obama nella sua politica di disingaggio dai teatri mediorientali. Ed è naturale che l'Americano si domandi allora se quella guerra era giusta, perchè ancora una volta ha dovuto rinunciare a vincerla. Tanto più che in quei medesimi luoghi, teatro di quegli avvenimenti, oggi sventola la bandiera nera del sultanato, ed il terrore è ancora protagonista nelle strade delle capitali del mondo. Solo Eastwood poteva avere il carisma e, diciamolo, gli attributi, per un'opera così provocatoriamente sincera. Bravi tutti gli attori, veramente bravi. Ma il mattatore, il protagonista è l'attore che non si vede mai: il vecchio Clint.
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jokola
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domenica 11 gennaio 2015
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bel film ma sopravvalutato
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Come tutti gli appassionati di cinema ho atteso con ansia l'uscita di American Sniper ma l'attesa non é stata ripagata. Per caritá si tratta di un bel film, girato bene, la vicenda del cecchino é intrigante, i continui passaggi tra gli scenari di guerra e quelli a casa danno un tocco di originalitá ma dopo? Le scene dell'addestramento dei seals sono identiche a quelle viste in decine di altri film ( che noia), le scene di guerra in Iraq simili anche come inquadrature ad altri film, confesso che a un certo punto ho pensato di averlo giá visto. La crtica, ufficiale e non, esalta il film e dibatte di militarismo e patriottismo, a me sembra un compitino ben fatto da un grande regista che avrebbe preferito misurarsi su altri temi.
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maurizio meres
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domenica 11 gennaio 2015
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clint è il cinema
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Non doveva essere certo questo stupendo film a consacrare Clint Eastwood,lui è il cinema ,non conosce limiti ,tutto ciò che si può raccontare lo trasforma in un capolavoro,la sua visione cinematografica a 360gradi fa si che tutto può diventare un film ,il confine con la realtà diventa talmente sottile che le sue storie per noi diventano pura realtà quando sono immaginate,e realtà vissuta quando sono vere come in questo film.
Patriottismo,assurdità della guerra ,l'egoismo del potere che usa l'essere umano come un burattino ma del resto le guerre ci sono sempre state e forse la parola più vecchia che si conosca
Parliamo del film ,strutturalmente perfetto dialoghi intensi ed espressivi ambientazione superlativa,ottime riprese con attori bravissimi, con una forte dose di sentimentalismo,l'amore per la patria rasenta la follia idilliaca nella più folle contraddizione dell'uomo la guerra.
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Non doveva essere certo questo stupendo film a consacrare Clint Eastwood,lui è il cinema ,non conosce limiti ,tutto ciò che si può raccontare lo trasforma in un capolavoro,la sua visione cinematografica a 360gradi fa si che tutto può diventare un film ,il confine con la realtà diventa talmente sottile che le sue storie per noi diventano pura realtà quando sono immaginate,e realtà vissuta quando sono vere come in questo film.
Patriottismo,assurdità della guerra ,l'egoismo del potere che usa l'essere umano come un burattino ma del resto le guerre ci sono sempre state e forse la parola più vecchia che si conosca
Parliamo del film ,strutturalmente perfetto dialoghi intensi ed espressivi ambientazione superlativa,ottime riprese con attori bravissimi, con una forte dose di sentimentalismo,l'amore per la patria rasenta la follia idilliaca nella più folle contraddizione dell'uomo la guerra.
Da vedere perché il cinema racconta la realtà nuda e cruda senza farsi influenzare da mediazioni politico religiose.
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muttley72
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domenica 11 gennaio 2015
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la vera vita di un famoso sniper dei navy seals
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Il film di Eastwood ripercorre la vita di un famoso cecchino ("sniper") dei Navy Seals realmente esistito e detentore di una delle uccisioni (col fucile) da maggior distanza. Nel film il protagonista (già cacciatore sin da bambino), partendo dal Texas dove si diverte a fare i rodei e vivere alla giornata, rimane colpito dall'attentato dell' 11 settembre e quindi si arruola in Marina nei Navy Seals, poi diventa tiratore e parte in missione. Compito principale degli snipers è quello di proteggere i soldati americani dalla guerriglia e dai cecchini nemici. Lo stress dovuto alla tensione ed ai numerosi turni di servizio in "zona di guerra" logorano il soldato e rischiano di comprometterne i rapporti con la moglie e la famiglia.
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Il film di Eastwood ripercorre la vita di un famoso cecchino ("sniper") dei Navy Seals realmente esistito e detentore di una delle uccisioni (col fucile) da maggior distanza. Nel film il protagonista (già cacciatore sin da bambino), partendo dal Texas dove si diverte a fare i rodei e vivere alla giornata, rimane colpito dall'attentato dell' 11 settembre e quindi si arruola in Marina nei Navy Seals, poi diventa tiratore e parte in missione. Compito principale degli snipers è quello di proteggere i soldati americani dalla guerriglia e dai cecchini nemici. Lo stress dovuto alla tensione ed ai numerosi turni di servizio in "zona di guerra" logorano il soldato e rischiano di comprometterne i rapporti con la moglie e la famiglia. Rientrato definitivamente dalla zona di guerra (dopo vari turni di servizio) e recuperato il proprio equilibrio psichico, nonchè il rapporto con la famiglia ...ci sarà il finale, inaspettato (che poi è quello realmente accaduto al militare realmente esistito).
Film decente, ma forse non eccessivamente spettacolare (visto che segue dei veri eventi accaduti e non una sceneggiatura inventata) rispetto ad altri film di questo genere. il film denuncia più che altro lo stess post-traumatico di chi torni da più missioni di guerra e le caratteristiche della guerra combattuta tra un esercito regolare ed una guerriglia che si dissimula nella popolaazione dei centri abitati, non mi sembra quindi che dietro il "tocco" di C. Eastwood ci siano tutte queste filosofie e meditazioni filosofiche anti-guerra o anti-USA che molti spettatori gli attribuiscono. Il protagonista con la barba lunga (come il vero personaggio a cui il film è ispirato) assomiglia vagamente al calciatore della AS ROMA Daniele De Rossi. Non ne sono sicuro (dovrei rivedere il film), ma nel film mi è sembrato di vedere un errore...vedendo il film si ha infatti l'impressione che l'attore, dopo 11 settembre, si arruoli direttamente nei Navy Seals, quando invece, da quello che ne so io, per essere ammessi al corso SEALS occore prima aver passato qualche anno nella Marina...in altri ruoli...
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paolp78
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martedì 13 gennaio 2015
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eccellente film sulla guerra e sulla pace
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Prima di andare a vedere il film di Eastwood mi ero informato superficialmente sul cecchino protagonista; mi ero fermato ad una definizione letta digitando Chris Kyle su google, dove era descritto come “il cecchino più letale dell’esercito americano”; non avevo approfondito, né avevo notato che accanto alla data di nascita c’era quella della morte; mi ero fatto ingannare dalle immagini che lo ritraevano, sembravano tutte immagini attuali, e quindi non mi era venuto in mente che potesse essere morto.
Così, il finale è stato difficile da digerire … ormai non me l’aspettavo
Eppure questo finale mi ha fatto riflettere.
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Prima di andare a vedere il film di Eastwood mi ero informato superficialmente sul cecchino protagonista; mi ero fermato ad una definizione letta digitando Chris Kyle su google, dove era descritto come “il cecchino più letale dell’esercito americano”; non avevo approfondito, né avevo notato che accanto alla data di nascita c’era quella della morte; mi ero fatto ingannare dalle immagini che lo ritraevano, sembravano tutte immagini attuali, e quindi non mi era venuto in mente che potesse essere morto.
Così, il finale è stato difficile da digerire … ormai non me l’aspettavo
Eppure questo finale mi ha fatto riflettere. Un finale beffardo, con cui il grande Clint ha voluto dire qualcosa.
Mi sovviene l’ultima scena, quella in cui Chris scherza con la moglie ed ha una pistola in mano … subito mi sono allarmato, perché, pur non conoscendo la triste fine che attendeva il protagonista, ho visto troppi film per sapere ormai che quando si indugia troppo nel finale vuol dire che qualcosa deve accadere ancora. Chris ha una pistola, è in casa con la sua famiglia e gli pare normale tenere in mano una pistola; poi quando la lascia la posa da una parte, mentre ci sono i suoi figli lì con lui … a me che non sono abituato a vedere armi in luoghi domestici quell’immagine mette agitazione.
In ogni caso l’epilogo è questo: un grande eroe di guerra, sopravvissuto a mille insidie e agguati in Iraq, trova la morte nel suo paese, dove le armi sono inspiegabilmente e inutilmente a disposizione di chiunque. Ci ho visto un attacco al secondo emendamento della Costituzione americana.
Per me quindi American sniper è un film che descrive uno scenario di guerra, l’Iraq, ed uno di pace, che però è contaminato da un’anomalia.
In Iraq la violenza è all’ordine del giorno ed è inevitabile; chi vive là deve farci i conti suo malgrado ed è uno sciagurato perché ha avuto in sorte di vivere in quella parte terribile del mondo; chi vive in occidente e negli Stati Uniti in particolare, è fortunato perché si trova in un posto che al confronto è un paradiso. Dove c’è pace è il paradiso in terra per chi ha visto l’inferno della guerra.
La violenza se non ti viene imposta non devi praticarla, te ne devi tenere alla larga e goderti le gioie quotidiane di una vita serena. La violenza chiama violenza e ti cambia dentro e ti sottrae alle gioie della vita.
È un film che ritrae le atrocità della guerra nei luoghi in cui la guerra si combatte e mostra come non rimanga confinata là soltanto, seguendo chi l’ha vissuta senza smetterla di tormentarlo, anche lasciando segni indelebili nella memoria e nei corpi dei reduci.
È un film che parla anche di patriottismo, senza enfasi; il sentimento patriottico non viene esaltato, è descritto come un sentimento genuino, ma ingenuo. Il patriottismo è celebrato con potenza emotiva solo nel finale, quando la nazione si commuove per la morte del suo eroe.
Non è un film antimilitarista: la dignità, il valore, la buona fede di chi combatte sono valori che vengono rispettati e restituiti allo spettatore, come anche lo spirito di fratellanza tra i militari, l’abnegazione, la fede cieca nella giusta causa. Le scene di guerra sono proposte anche in modo avvincente; la guerra non è demonizzata, ma ancor più efficacemente è descritta in maniere imparziale, spiegata accuratamente, fatta comprendere in tutti i suoi aspetti e certo ne risulta messa a nudo l’atrocità
Le scene di battaglia, curatissime e tecnicamente ineccepibili, costituiscono la parte centrale del film; proprio per via di questa scelta la pellicola, che risulta scorrevole e tiene in allerta lo spettatore, non riesce a coinvolgere emotivamente con la stessa forza trascinante di altre opere del grande autore americano. Solo il finale restituisce tensione.
Uno dei migliori film di guerra che mi ricordi
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[+] recensione fasulla
(di eucast)
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cassiopea
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mercoledì 14 gennaio 2015
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follia collettiva
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Ho sentito opinioni contrastanti su questo film, c'è chi lo ritiene un' "americanata", io non sono d'accordo. Al contrario, mi aspettavo un'americanata ma non è quello che ho visto sullo schermo. Come per tutti i film in cui si mettono in scena tematiche "calde", le impressioni ed interpretazioni sono variegate e molto diverse di persona in persona. In questo film non ho colto un inno di lode all'America (anche se avrei evitato le scene finali di commemorazione, che danno decisamente questa impressione), bensì un grido di condanna alla guerra. In scena ho visto disperazione e decadenza, non solo delle città rase al suolo, ma prima di tutto delle persone.
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Ho sentito opinioni contrastanti su questo film, c'è chi lo ritiene un' "americanata", io non sono d'accordo. Al contrario, mi aspettavo un'americanata ma non è quello che ho visto sullo schermo. Come per tutti i film in cui si mettono in scena tematiche "calde", le impressioni ed interpretazioni sono variegate e molto diverse di persona in persona. In questo film non ho colto un inno di lode all'America (anche se avrei evitato le scene finali di commemorazione, che danno decisamente questa impressione), bensì un grido di condanna alla guerra. In scena ho visto disperazione e decadenza, non solo delle città rase al suolo, ma prima di tutto delle persone. Se l'intento era realmente quello di osannare l'America beh, con me non ci sono riusciti. Per me in questo film non esistono buoni e cattivi, ma sono tutti ugualmente privati del senno e ingoiati in un vortice di assurdità. Dalle bocche dei soldati escono parole d'odio, la violenza è perpetuata quasi senza rimorso, non si torna mai realmente a casa dalla guerra. La guerra distrugge palazzi e persone, non solo con le pallottole. Distrugge emozioni e domina la mente anche di fronte ad una televisione spenta o a un cane che gioca in modo innocuo. La guerra rende ciechi e impoverisce chi la subisce, chi la combatte e chi rimane a casa ad aspettare.
Non ho visto gloria ma solo assurdità. Nonostante non sia prettamente il mio genere (chi avrebbe mai detto che un film di guerra mi sarebbe piaciuto così?) mi ha tenuta sulle spine in un crescendo di tensione ed incredulità.. Mi ha colpita molto, le situazioni ricreate e le location sono convincenti e realistiche, la recitazione altrettanto.
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valerypto
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mercoledì 14 gennaio 2015
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la follia della guerra
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Avevo letto l'autobiografia di Chris Kyle qualche mesetto fa e mi era piaciuta moltissimo, come promesso, ieri ho visto il film girato dal maestro Clint Eastwood il quale, con Gli Spietati, Million Dollar Baby, Mystic River e Gran Torino si conferma un regista di grandissimo calibro e diventa la voce narrante sincera e disillusa di una nazione che doveva fare i conti con la propria coscienza. American Sniper doveva essere diretto da Steven Spielberg e chissà cosa ne sarebbe venuto fuori. Probabilmente un film ultra-nazionalista, retorico che racconta la storia di un eroe americano. Esattamente quello di cui viene accusato oggi Eastwood!
Chi pensa che American Sniper sia un film agiografico e squallidamente patriottico, è fuori strada, forse da un evidente preconcetto politico.
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Avevo letto l'autobiografia di Chris Kyle qualche mesetto fa e mi era piaciuta moltissimo, come promesso, ieri ho visto il film girato dal maestro Clint Eastwood il quale, con Gli Spietati, Million Dollar Baby, Mystic River e Gran Torino si conferma un regista di grandissimo calibro e diventa la voce narrante sincera e disillusa di una nazione che doveva fare i conti con la propria coscienza. American Sniper doveva essere diretto da Steven Spielberg e chissà cosa ne sarebbe venuto fuori. Probabilmente un film ultra-nazionalista, retorico che racconta la storia di un eroe americano. Esattamente quello di cui viene accusato oggi Eastwood!
Chi pensa che American Sniper sia un film agiografico e squallidamente patriottico, è fuori strada, forse da un evidente preconcetto politico. Da americano, repubblicano e vecchio conservatore, non critica ovviamente la guerra in Iraq (così come fece anche Kathryn Bigelow), American Sniper è, prima di tutto, la storia (dis)umana di un uomo divenuto eroe e incapace di gestire se stesso e la sua intima fragilità, per nulla aiutato da una nazione sempre terribilmente in cerca di eroi da idolatrare, ma che non riesce neppure ad assicurare a questi ultimi un recupero mentale e una vita decente dopo esperienze che segnano a vita... l'immagine del reduce di guerra che fissa la sua faccia nel riflesso del televisore spento è una delle scene più sconvolgenti del film, che da sola basta a spazzare via i preconcetti. Del resto lo stesso Clint ce ne aveva già dato piena dimostrazione in Flags Of Our Brothers, rivelando allo spettatore il difficile reinserimento dei soldati rientrati in patria dopo il secondo conflitto mondiale. E da allora non ha certo cambiato idea.
Questo film racconta la storia vera di Chris Kyle, ovvero del miglior tiratore scelto di sempre dell'esercito statunitense, cui vengono attribuite 160 vittime 'ufficiali' (ma quelle reali paiono essere addirittura quasi il doppio). Una leggenda per i suoi compagni. Di sicuro un perfetto esempio della propaganda americana: nato in Texas, cresciuto in una famiglia rigida e dai chiari princìpi morali ("Esistono tre tipi di persone: i lupi, le pecore e i cani da pastore, quelli che fanno la guardia. Noi dobbiamo essere questi ultimi"), arruolatosi nei Navy Seals dopo l'attentato alle Torri Gemelle( vi pare che un aereo di linea possa uscire dalle rotte e puntare nel cuore di New York senza che venga abbattuto in 2 minuti? Spero solo che non sia una cosa voluta come l'MK Ultra), nonchè padre di famiglia felicemente sposato con tanto di moglie attraente al suo fianco. Per l'opinione pubblica è lo stereotipo del patriota, ma la sua immagine privata è a pezzi.
E' un film americano fino al midollo, nel senso che Clint non fa altro che mostrare la vera faccia dell'America: quella della gente comune, semplice, che in assoluta buona fede è convinta di essere nel giusto e che acclama Kyle come eroe nazionale senza preoccuparsi minimamente di chi sia e cosa faccia una volta smessa la divisa. La regìa fotografa magnificamente questo contrasto: ci mostra scene di guerra brutali e terribilmente realistiche, alternando i primi piani dei soldati al fronte con riprese dall'alto che riproducono la complessità e il rischio delle loro azioni, inframezzandole con i rari momenti di vita familiare tra una missione e l'altra del protagonista, chiaramente a disagio in un ambiente che non riconosce e che lo tiene lontano dalla guerra, ormai unica sua ragione di vita.
ll suo film mostra il prezzo che le persone come Chris Kyle devono pagare al loro idealismo. La beffarda didascalia finale, impietosa e inaspettata, fa da tragico epilogo a una storia tutt'altro che apologetica, chiarendo per l'ennesima volta il punto di vista di chi, da sempre, è abituato a non illudersi più. E a quel punto è anche lecito perdonargli la sincera commozione (quella sì, patriottica) che trasuda dalle ultime immagini, quelle che scorrono sui titoli di coda e che forse disturbano non poco lo spettatore europeo, pacifista. Ma negare quelle immagini significherebbe negare la storia e la cultura di una nazione intera. Un gran bel film consigliatissimo e che ti lascia impietrito, impotente, incredulo!!
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shaque
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lunedì 19 gennaio 2015
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il nuovo colpo di clint
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Da pistolero a regista Clint Eastwood non sbaglia un colpo. Anche questa volta il film è di ottima fattura e vale la pena di esser visto. Storia avvincente ed in alcuni punti cruda in un modo non americano di raccontare la guerra.
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kimkiduk
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mercoledì 4 marzo 2015
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negativo anche cinematograficamente
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Non voglio fare un discorso politico, ma vedere Eastwood fare un film di guerra, facendone vedere solo il lato patriottico di chi uccide il cattivo, mi lascia perplesso. Dopo aver visto di lui Lettera di Iwo Jima (splendido) e Flags Of Our Fathers (buono), poteva fare di più sicuramente. Vero è che se ha scelto un biopic su Chris Kyle, La Leggenda, forse ha un pò dovuto calcare la mano sullo "sterminatore buono", ma questo non esenta critiche. Ha cercato di creare un personaggio (forse lo era) che come tutti i reduci cercano di trarre il meglio da quello che dentro hanno per forza perduto, ma con scarso risultato cinematografico. Il personaggio si racchiude (forse lo era) in un semplice esecutore di vendetta dei cattivi invasi (ops mi sono espresso), ma ha raggiunto lo scopo di essere il film sull'Iraq che ha incassato di più dopo i numerosi fallimenti commerciali degli altri.
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Non voglio fare un discorso politico, ma vedere Eastwood fare un film di guerra, facendone vedere solo il lato patriottico di chi uccide il cattivo, mi lascia perplesso. Dopo aver visto di lui Lettera di Iwo Jima (splendido) e Flags Of Our Fathers (buono), poteva fare di più sicuramente. Vero è che se ha scelto un biopic su Chris Kyle, La Leggenda, forse ha un pò dovuto calcare la mano sullo "sterminatore buono", ma questo non esenta critiche. Ha cercato di creare un personaggio (forse lo era) che come tutti i reduci cercano di trarre il meglio da quello che dentro hanno per forza perduto, ma con scarso risultato cinematografico. Il personaggio si racchiude (forse lo era) in un semplice esecutore di vendetta dei cattivi invasi (ops mi sono espresso), ma ha raggiunto lo scopo di essere il film sull'Iraq che ha incassato di più dopo i numerosi fallimenti commerciali degli altri. Ha vinto un Oscar come miglior montaggio sonoro e pur non essendo un esperto in questo per me si sentono solo molti spari. I rapporti sono vaghi, offuscati, esaltati solo dalla creazione della leggenda, del personaggio. Questo forse voleva ma a me non è piaciuto. Unico pregio notevole il finale dove esce la figura del reduce omaggiato si ma bene o male scordato. Questo si percepisce. Gli americani sono sempre pronti a partire e ripudiare poi chi è partito. Almeno il cinema è pieno di questa filosofia. Un film di cui forse non ne sentivamo il bisogno e per come è stato girato, almeno per me, meno che mai.
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