La storia vera di Chris, il più efficace cecchino d’America, e probabilmente del mondo, avendo al suo attivo oltre 180 morti.
Il film inizia decisamente bene. Chris, in Iraq, osserva con il cannocchiale-fucile una donna e un ragazzo che escono da una abitazione, chiaramente per compiere un attentato. Sparare subito? Intanto si rievoca una parte della sua vita privata. La famiglia, il tono deciso,autoritario che ne é . derivato, ma anche l’amore.. E poi il senso innato del legame alla sua nazione, realizzato con l’arruolamento in un corpo speciale di cecchini, destinato alla guerra in Iraq. Addestramento duro, sfibrante, ma esaustivo. Si parte dunque per la guerra, per una missione che dovrebbe durare poche settimane, ma,pur con alcune soste e permessi, si prolunga per 6 anni. Intanto avrà 2 figli, ma la famiglia è lasciata a sé stessa, alla moglie ansiosa per la sua sorte, poi angosciata, poi implorante per il ritorno.
Tornando al tempo del racconto e ai due che escono dalla casa insieme, Chris uccide la donna poi il bambino. Pur angosciato , pur titubante. Il compito che si è assunto deve necessariamente superare la pietà.
Da quel momento inizia la descrizione delle imprese di Chris. E’ ciò che si voleva. Tra l’altro il film è tratto da un libro di memorie.
Ma è proprio da quel momento che il film mi è parso meno convincente.
E’ un susseguirsi di visioni del massacro, da una parte e dall’altra. Certo c’é necessità di giustificare i 180 morti del “cecchinaggio”: Ma il regista si lascia prendere in modo esagerato dal gusto di descrivere il mattatoio, senza soffermarsi sufficientemente sulla psicologia dei personaggi, anzi del personaggio in particolare. E’ vero che ,a conclusione dei 6 anni, Chris appare frastornato. Ma questa fase di disorientamento ha poco spazio rispetto al precedente mattatoio. Appena accennato il suo disorientamento nella vita sociale e in famiglia. La macchina da guerra, da omicidio organizzato, quale era stato per 6 anni, ha lasciato in vita un uomo che probabilmente non è più capace di vivere la vita vera. Vale per lui come per i tanti sopravvissuti alle guerre. Non sarebbe stato da trascurare, a questo punto, che Chris, è morto nel 2013 ucciso da un reduce della guerra che lui (Chris) stava cercando di rieducare. Questo evento tragico è citato soltanto nelle didascalie delle code del film. Meritava un ampio approfondimento. Inoltre ,altra nota non convincente, quel continuo insulto agli iracheni (“quello stronzo di ..”, “quel…)che compariva frequentemente nei film di guerra o western americani di altri tempi. Come se gli avversari, e gli iracheni nello specifico, non fossero anch’essi poveri diavoli, spediti verso la morte.
Mi ha convinto poco questa seconda parte del film di Eastwood. Penso si sia lasciato affascinare dal ricordo della sua attività di attore di successo nei film western di S. Leone, nei quali, appunto, la violenza prevale sul resto del contenuto, e in particolare sulla psicologia dei personaggi
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