Parte scartando, il vecchio Clint, evocando, nemmeno troppo velatamente gli esploratori del plotone del sergente Gunny Highway.Aggiusta il tiro poco dopo, catapultando il suo Navy Seal dalla mira infallibile nell'inferno di Fallujah prima e Sadr City poi.Il suo protagonista, molto americano, e per questo poco simpatico a noi europei, pur nutrendosi di patriottismo e incarnando gli stereotipi di genere riesce a mantenere un assetto umano. Come un John Wayne all'incontrario, scalfito nella sua rudezza, si rivela fragile e disperatamente vulnerabile.Intossicato dal suo "spirito guerriero" combatte a modo suo una guerra sbagliata e non la vince.La sua sola vittoria, il poter tornare a casa fuori dalla cassa di zinco avvolta nella bandiera a stelle strisce, e riconquistare moglie e figli non se la potrá godere, vittima di una vittima, di uno di quelli che, dopo la prima guerra mondiale, nei manicomi e negli ospedali militari italiani, venivano chiamati scemi di guerra. Perfettamente girato, il film si nutre della poetica di Estwood che dal doppio Flags of our fathers a GranTorino, proseguendo una riflessione amara sul broken dream americano e sull'ottusa inutilità della guerra e dei suoi crudeli riti.Asciutto e appena velato dalla retorica patriottarda , immancabile nelle pellicole Made in USA , il film si chiude con le immagini del funerale, querelo vero, del protagonista, divenuto a suo modo una leggenda. Troppo facile pronosticare Academy Awards se non fosse che Clint non é simpatico alle majors e non é mai stato un radical chic.
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tom87
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giovedì 8 gennaio 2015
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riflessione amara sulla guerra e le sue vittime
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Dal libro "American Sniper" scritto da Chris Kyle, il cecchino più letale della storia militare degli Usa, l’autobiografia sulla quale si struttura quest’opera. La pellicola si pregna di quella visione del mondo che ha caratterizzato la filmografia di Clint Eastwood, che contempla un individualismo ed un americanismo di buona fattura, per la scelta di temi, uomini e personaggi, la sospensione del giudizio nei loro confronti, l’assurdità della guerra, gli effetti governativi. Bradley Cooper, ingrassato per assomigliare al vero Chris Kyle, è superlativo nella sua parte. Eppure se da una parte c’è molto che funziona e coinvolge lo spettatore, dall’altra non convince molto un sapore agiografico e un difetto di ulteriore scavo nelle zone d’ombra e di complessità del protagonista.
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Dal libro "American Sniper" scritto da Chris Kyle, il cecchino più letale della storia militare degli Usa, l’autobiografia sulla quale si struttura quest’opera. La pellicola si pregna di quella visione del mondo che ha caratterizzato la filmografia di Clint Eastwood, che contempla un individualismo ed un americanismo di buona fattura, per la scelta di temi, uomini e personaggi, la sospensione del giudizio nei loro confronti, l’assurdità della guerra, gli effetti governativi. Bradley Cooper, ingrassato per assomigliare al vero Chris Kyle, è superlativo nella sua parte. Eppure se da una parte c’è molto che funziona e coinvolge lo spettatore, dall’altra non convince molto un sapore agiografico e un difetto di ulteriore scavo nelle zone d’ombra e di complessità del protagonista. Ma il film è comunque da non perdere.
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jabberwock
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lunedì 26 gennaio 2015
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anche in mezzo....
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Gli unici ad ammirarlo erano i suoi commilitoni.Il film accenna (quasi per obbligo di firma e di copione) ai problemi dei soldati americani che sono il solo punto di vista presente.
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