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                Un'opera che giustifica, che prelude e spiega. L'ambiente è la città di Gotham, prima di Batman, la prigione di Arkham, prima di Batman, il mondo desolato prima di Batman. Un prequel che basta a se stesso e ci porta a parteggiare per il Cattivo, o meglio, per il Principe dei Cattivi. Il cattivo, all'inizio non è cattivo, è solo un disgraziato seguito dai servizi sociali, come tanti ce ne sono nelle nostre metropoli. Un disgraziato che fa da punchin'ball per le bande di bulli che lo prendono a calci, con una crudezza e un realismo che ci fanno pensare ai quotidiani pestaggi da tifosi o da servitori dello stato inquinati. Un disgraziato che non prende più le sue medicine, perchè i tagli alla sanità e agli enti locali glilei tolgono. La discesa agli inferi si trasforma pian piano in una resurrezione, in una vera e propria apoteosi della disperazione, dove i più deboli saccheggiano e devastano nel nome della diseguaglianza sociale e della trita liturgia della comunicazione, impersonata da un Robert de Niro più cinico che mai ( anche se a un certo punto le movenze sgraziate di Joker che ammira la sua .38 sono assai simili a quelle dello psicolabile di Taxi Driver quando si allena allo specchio con le pistole). Il personaggio si esalta e si immola, scarnificandosi e liberandosi di ogni sembiante umano, per trasformarsi nella maschera, nel personaggio, dolente e doloroso, in cerca di approvazione e di un pubblico ( che trova subito nei disgraziati come lui). I suoi emuli lo liberano dal fastidio di far fuori il papaà di Bruce Wayne e lo innalzano sul trono della malvagità. Fotografia cupa, colonna sonora sufficientemente subdola, scenografie che ricordano, troppo, i paesaggi urbani di Roma e del sud. Joachin Phoenix ,sublime interprete, da corpo e anima al Joker che identificavamo tutti con il prematuramente scomparso Heath Ledger. Un grande attore. Non didascalico. 
             
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            | antonio   montefalcone | domenica 27 ottobre 2019 |  
            | la straziante, inquietante risata di arthur   |  |  |  |  
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                        Phillips mette in scena una tragedia umana individuale che sviluppa il suo nichilismo all'interno di una società amorale. E' a causa di questa malsana società che nasce il "Joker" di Todd Phillips, vittima prima e carnefice poi, fragile e schizofrenica, di un contesto familiare malato e di una condizione di miseria e sporcizia (materiale e morale) totalizzante. L'opera è altamente drammatica e dai toni cupi; è molto più di un semplice stand alone sul personaggio dei fumetti Joker: in questa origin story sull'acerrimo nemico di Batman c'è un efficace ritratto dei tempi attuali, un'ottima rappresentazione della condizione umana nella sua dimensione patologica e sofferta, una denuncia alle contraddizioni e meschinità.
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                        Phillips mette in scena una tragedia umana individuale che sviluppa il suo nichilismo all'interno di una società amorale. E' a causa di questa malsana società che nasce il "Joker" di Todd Phillips, vittima prima e carnefice poi, fragile e schizofrenica, di un contesto familiare malato e di una condizione di miseria e sporcizia (materiale e morale) totalizzante. L'opera è altamente drammatica e dai toni cupi; è molto più di un semplice stand alone sul personaggio dei fumetti Joker: in questa origin story sull'acerrimo nemico di Batman c'è un efficace ritratto dei tempi attuali, un'ottima rappresentazione della condizione umana nella sua dimensione patologica e sofferta, una denuncia alle contraddizioni e meschinità. Joaquin Phenix, dimagrito, è superlativo, vera anima e motore della pellicola. Alla pari del suo protagonista, il film sa trasmettere un senso di disperazione esistenziale con lucida follia. Ci coinvolge con interesse in un crescendo narrativo solido, stratificato, intenso e dolente. Meritato il Leone d'oro alla Mostra cinematografica di Venezia 2019.
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