Recensione American Sniper:
- Si impazzisce.Fuori e dentro lo schermo. Fuori,a causa della naturale polemica che precede e succede ogni film sulla guerra e in particolare ogni film del grande,impossibile non apostrofarlo in tal modo,Clint Eastwood, riguardo alle sue tendenze politiche e di pensiero. E dentro, a causa dell’orrore,dell’ insensatezza e sulla complessità morale che porta con se ogni discorso e atto riguardante l’animo umano e i suoi contatti con la morte,la guerra e le sue conseguenze. Fuori dallo schermo, il film passa in secondo piano,in terzo o persino sparisce dal radar delle discussioni. Il dibattito riguarda solamente la tendenza , per alcuni palesata dalle immagini, per altri velata o addirittura inesistente, estremamente imparziale nel raccontare la vicenda del più grande cecchino della storia dell’esercito degli Stati Uniti d’America: Chris Kile. Insomma il film è troppo filo-americano per molti. Io mi sento di dire che etichettare un film in tal maniera ed elevare il giudizio a un criterio oggettivo mina la buona critica di un qualsiasi prodotto cinematografico e non. Un film può anche andare contro il pensiero dello spettatore, ma non per questo,perche esprime un dato e preciso pensiero,magari controverso, si può dire che un prodotto è pessimo nella sua totalità. Questa è intransigenza. Questo è limitare il pensiero altrui. Questo è dire che un regista,anzi un AUTORE, deve portare avanti le proprie opere rimanendo il più oggettivo possibile. Cosi muore l’arte. Cosi muore il pensiero. Si può essere d’accordo o meno,ma è proprio questo che dovrebbe creare un dibattito costruttivo. Ben venga un qualsiasi artista che pone il suo pensiero al centro di un dibattito, se è quello in cui crede per davvero. Dopo aver discusso di ciò che c’è dietro le immagini sarebbe però il caso di valutare come il linguaggio cinematografico si è accostato a quest’argomento. Ovvero come un regista ha fatto il regista. Ovvero come un autore ha deciso di essere autore. E fin troppo spesso questo viene ben poco considerato,ed è un peccato quando al centro del dibattito c’è uno che i film li sa girare come pochi: Clint Eastwood. Un autore totale,completo,versatile ed esperto. Eastwood ha viaggiato tra i generi nel corso della sua carriera,trattando un’infinità di argomenti con una bravura e una umanità che ha pochi paragoni nella dialettica del cinema contemporaneo. Con American Sniper decide di tornare,forse al tema che più di tutti ha riempito il suo cinema,ovvero la guerra e in particolare la violenza,di ogni tipo. Il film da un punto di vista tecnico è incriticabile. Ogni elemento si muove alla perfezione nella dinamicità del tutto. La regia è lineare,pulita,con solo un paio di virtuosismi( forse evitabili) in più di due ore di film. La fotografia si discosta un po’ da i suoi ultimi lavori,nonostante mantenga la tipica atmosfera fredda e spoglia delle pellicole di Eastwood. Il sonoro all’interno delle scene di guerra è superlativo e fa saltare dalla sedia più di una volta. Ed infine il montaggio video,forse la vera perla del film, struttura ogni sequenza con un ritmo perfetto e serrante. Implementa la tensione in maniera straordinaria portando veramente il livello del film sempre più in alto,soprattutto nelle scene di interrogazione morale del protagonista,prima,durante e dopo le battaglie. Il fulcro infatti di tutta la vicenda è sin dall’inizio la prospettiva del nostro Chris,interpretato magistralmente da Bradley Cooper,forse alla sua migliore interpretazione. Ci viene mostrata la sua infanzia, la genesi e l’ancedere della sua mentalità,fino all’arruolamento volontario nell’esercito. Qui verrà conosciuto come “la Leggenda” a causa del suo spropositato numero di uccisioni nemiche. La vita e le angoscie dell’american sniper ci vengono mostrate in tutta la loro crudeltà. Il mostro della guerra, forse il vero protagonista del film, aleggia in ogni scena,sia sul campo di battaglia sia fuori da esso. Ancora una volta l’analisi di Clint è lucida,spietata e magistralmente viva all’interno di ogni immagine. La guerra è il più grande crimine dell’umanità e nessuno all’interno di essa può trovare la salvezza. Nemmeno Chris che viene trionfalmente celebrato da parate,bandiere issate e spari prima del silenzio. Nessuno si salva. Nemmeno chi viene celebrato come un eroe. Ma la domanda sorge a questo punto? Un’uomo che ha ucciso più di 160 persone può essere considerato un’eroe come le immagini ci vogliono far pensare,forse? L’ambiguità che accompagna tutto il film apre la strada a una miriade di interpretazioni,e nessuna di esse fondamentalmente sbagliata. Sicuramente quella del patriottismo sembra essere la più ovvia e appariscente, ma non è necessariamente l’unica. Il regista infatti ci mostra come ogni azione intrapresa da Kile è attuata per quello che può essere considerato un buon ideale,ovvero quello di difendere a tutti i costi più fratelli(soldati) possibile. Pensiero che Chris apprende,in maniera nemmeno troppo diplomatica, dal suo padre vecchio stampo e che di conseguenza lui insegnerà a suo figlio,fin dalla prima volta che andranno a cacciare insieme. Tutto si ripete. Tutta quella violenza,quegli ideali,quei pensieri,sono frutto di una sorta di coercizione. Una sorta di lavaggio del cervello che la società americana subisce e attua generazione dopo generazione e che porta tutto a ripetersi. Che porta i soldati a creare altri soldati. Che porta la violenza a creare altra violenza. Che porta l’orrore e la paura nei cuori di tutti quelli che vedono nella bandiera un giusto ideale. Eastwood ci dipinge una società fatta di contraddizioni, di spaventosi e orrorifici controsensi,di una giustizia immaginifica e fittizia che porta a credere che un uomo che,seppur in nome di un’ideale giusto,ha ucciso più di 160 persone sia un eroe e non un assassino, e che sia giusto celebrarlo nel migliore dei modi.Clint seppur con una grande ambiguità di fondo che non ci permette di guardare con chiarezza il suo disegno fa un’analisi dell’essere umano, del suo animo contorto e della sua tragica stupidità come pochi hanno saputo fare negli ultimi anni. Magari patriottico,magari no,ma quando ti trovi davanti a un regista che riesce ancora a mostrare dopo tutti questi anni,ancora con estrema lucidità il più difficile dei soggetti,l’uomo,non si può non amare il cinema.
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