Io ti amo» dice Christian (Ewan McGregor). «Tu devi andare avanti, Christian [...] Hai ancora tanto da dare... Scrivi, racconta la nostra storia... Promettimelo... Promettimelo... Così io sarò sempre con te...» sussurra, prima di esalare l'ultimo respiro, Satine (Nicole Kidman). Lui la stringe fra le braccia, nella mobilità di una pietà michelangiolesca, mentre continuano a piovere su di loro gocce di petali di rosa. Così muore la prima ballerina del Moulin Rogue. Una scena imperdibile dove è custodita colei che è un capolavoro della recitazione: la grande attrice australiana Nicole Kidman. L'ultima interprete che sta lasciando, con la sua filmografia, uno struggente ed elegante omaggio a un particolare gruppo di attrici di cui lei stessa fa parte: le Dive. Il suo nome si annovera così fra le compiante Greta Garbo e Marlene Dietrich, fra le Loren e le Bardot, fra le Marilyn e le Bette Davis e si frappone tra loro e quelli delle neo-assunte Keira Knightley e di Scarlett Johansson.
La gavetta
Eccezionale ed elegante. Ciò che segue alla sua morte filmica è la più frastornante e travolgente carriera della storia del cinema, perché in quelle piccole frasi si dice tutto: il senso dell'amore, lo spettacolo, la voglia di redenzione dopo una vita sbagliata e l'accettazione fatalista del destino che separa gli innamorati. È una ragione abbastanza valida per amarla e vederla fiorire in ogni film, mentre gli Studios danno via libera alla sua raffinatezza. Questa è la storia di un'attrice che nelle mani di Kubrick è stata freddo strumento di un inferno sessuale che ci siamo costruiti da soli, ma che con Luhrmann si contorce fra le fiamme insieme a noi.
Nonostante sia nata alle Hawaii, e sia quindi americana a tutti gli effetti, Nicole Kidman si sente orgogliosamente australiana. Figlia di un biochimico e psicologo clinico e di un'insegnante di infermeria, la sua famiglia si è trasferita a Washington D.C. (dove suo padre poteva proseguire le sue ricerche contro il cancro), per poi tornare in Australia, a Sidney. Sorella della conduttrice televisiva Antonia Kidman, si è infatuata della danza fin da bambina, ma ha trovato nella recitazione il suo rifugio. Ha lavorato regolarmente al Philip Street Theater, dove si racconta avesse ricevuto una lettera di incoraggiamento e complimenti dalla ancora non nota regista Jane Campion che l'aveva vista recitare.
Esordisce nel 1983 con il film tv Skin Deep di Mark Joffe e Chris Langman, seguito da altri film come Bush Christmans e La banda della BMX e nella sua gavetta ci si imbatte perfino in un film tv diretto da Sergio Martino Un'australiana a Roma con Massimo Ciavarro. Dopo aver recitato nella miniserie Vietnam (1987), con l'aiuto del suo agente americano cerca di sfondare negli Usa e ci riesce con il thriller Ore 10: Calma piatta con Billy Zane e Sam Neill.
il grande successo
Da quel giorno la Kidman esplode cinematograficamente, conosce Tom Cruise sul set di Giorni di tuono, i due si sposano la notte del 26 dicembre 1990, determinando la ribalta dell'attrice che viene scelta per Flirting con Thandie Newton e per affiancare Dustin Hoffman in Billy Bathgate - A scuola di gangster di Robert Benton.
Ritorna a recitare con il marito in Cuori ribelli di Ron Howard e poi diventa la moglie di un Michael Keaton affetto da cancro in My Life - Questa mia vita. Ma, accusata dalla critica di interpretare sempre ruoli da nobildonna e moglie perbene, tenta di dare una luce più piccante alla sua immagine seducendo Val Kilmer in Batman Forever di Joel Schumacher, anche se il vero risultato lo avrà nel film del regista indipendente Gus Van Sant Da morire, nel ruolo di una casalinga determinata a eliminare ogni ostacolo per raggiungere il successo. Un'immagine ai limiti della cattiveria e della perfidia che la fanno apparire anche un'ottima attrice comica. Così, nel 1996, stupisce tutto il mondo indossando corsetti e vestiti antichissimi per una donna che ne aveva notato le potenzialità già da quando era adolescente: Jane Campion, che la vorrà nella trasposizione cinematografica di Ritratto di signora di Henry James.
Torna a dividere il set con Tom Cruise nell'ultimo film di Kubrick Eyes Wide Shut, dopo il quale si rifugerà a teatro aggiudicandosi una nomination all'Oliver Award come miglior attrice in "The Blue Room". Si alza un polverone per i temi affrontati nel film, la coppia - che nel frattempo ha adottato due figli Isabella Jane e Connor Anthony - annuncia il loro divorzio nel 2001, lo stesso anno dell'uscita di Moulin Rouge di Baz Luhrmann, la pellicola che sarà il faro della sua carriera.
Nelle vesti della prima ballerina del Moulin Rouge, Satine, la Kidman balla, canta e recita, arrivando perfino a rompersi una costola (che le costerà l'esclusione dal set di Panic Room di David Fincher nel 2002, che sceglierà Jodie Foster), ma le offrirà la candidatura all'Oscar come Miglior Attrice protagonista (soffiatole via da Halle Berry, scelta più politicamente corretta) e il Golden Globe nella stessa categoria.
Ormai icona divina, duetta con Robbie Williams "Something Stupid", originariamente cantata da Frank e Nancy Sinatra, e incanta tutti nel ruolo della madre a caccia di fantasmi nell'horror The Others di Alejandro Amenabar.
Nel 2003 è stata la combattiva Anna nel western di Anthony Minghella in Ritorno a Cold Mountain, film d'apertuta della berlinale di quell'anno.
Finalmente arriva l'Oscar tanto inseguito e sempre e solo sfiorato, quello come miglior attrice protagonista nel ruolo di Virginia Woolf in The Hours di Stephen Daldry, per il quale accetta perfino di imbruttirsi.
Lars von Trier, di nuovo Benton, Minghella, Oz, Pollack e Nora Ephron, la trasformano dalla figlia di un boss a una donna delle pulizie analfabeta, da una nuova Rossella O'Hara a una moglie perfetta, fino a una strega. Migliore amica di Naomi Watts, Russell Crowe, Renée Zellweger e Jim Carrey, si rifiuta di recitare in Catwoman, Mr. & Mrs. Smith e nel ruolo di Katharine Hepburn in The Aviator di Martin Scorsese. Sceglie di essere il nuovo volto di Chanel No. 5, e dopo un flirt con l'attore Hugh Jackman, nel 2006 sposa il cantante country Keith Urban.
Gli ultimi anni
Nel 2007 doppia uno dei pinguini canterini nel cartone animato digitale Happy Feet assieme a Robin Williams, nel 2009 arriva sugli schermi con Australia di Baz Luhrmann, nel 2010 veste i panni di Claudia Nardi nel musical Nine di Rob Marshall e nel 2011 commuove tutti con un'intensa interpretazione in Rabbit Hole di John Cameron Mitchell, storia di una coppia di coniugi benestanti alle prese con la morte del loro unico figlio.
Dopo lo scandaloso Paperboy di Lee Daniels, recita nel film di Park Chan-wook Stoker; la ritroviamo nei panni di una donna perfida anche nella trasposizione cinematografica del libro per bambini Paddington, mentre è una perfetta Grace di Monaco nell'omonimo biopic di Olivier Dahan del 2014.
Nel 2016 è tra i protagonisti di Genius, di Michael Grandage, in concorso alla 66esima Berlinale, di Lion di Garth Davis (per il quale viene candidata ai Golden Globes e agli Oscar come miglior attrice non protagonista) e del film da regista di Jason Bateman La famiglia Fang.
In anni più recenti ha vinto il Golden Globe per la sua strepitosa interpretazione nella serie Big Little Lies e ha partecipato a numerosi film, tra cui L'inganno di Sofia Coppola, Il Sacrificio del Cervo Sacro di Yorgos Lanthimos e Bombshell di Jay Roach.
Nel 2021 è protagonista della serie di Susanne Bier The Undoing e nel 2022 è candidata come miglior attrice protagonista di Being the Ricardos di Aaron Sorkin.
Incarnazione perfetta di quelle Star che brillando di luce propria ad Hollywood, è il ritratto di tutte quelle donne inquiete, che si trovano a loro agio solo nel rumore della vita.
Aperto da Juliette Binoche (forse la più grande star moderna del cinema d'autore, l'unica a vantare premi per la miglior interpretazione a Berlino, Cannes e Venezia più un Oscar), proseguito con il volto più importante del cinema hollywoodiano degli anni 2000, Nicole Kidman, il festival di Berlino al terzo giorno ruota intorno a Diary of a Chambermaid di Benoit Jacquot e alla sua protagonista, l'astro nascente dello star system festivaliero: Lea Seydoux
Nel 2001 Nanni Moretti s'incaricava di cristallizzare sul grande schermo il dolore di una famiglia di fronte alla perdita del figlio (e fratello) in un incidente da sub. Sei anni dopo, al festival del cinema di Roma viene presentato il dramma domestico di Terry George in cui si narra di una famiglia che perde un figlio in un incidente stradale. A distanza di altri tre anni il regista indie John Cameron Mitchell torna sull’argomento portando sullo schermo l’adattamento di Rabbit Hole, la piéce teatrale firmata dal premio Pulitzer David Lindsay-Abaire
N icole Kidman è stata rimpiazzata da un'esordiente nel prossimo film di Woody Allen le cui riprese inizieranno quest'estate a Londra. L'attrice era stata ingaggiata per il nuovo progetto del regista, ma a causa di un precedente impegno professionale è stata costretta a rinunciare. Al suo posto reciterà l'esordiente Lucy Punch accanto ad attori del calibro di Antonio Banderas, Anthony Hopkins, Naomi Watts e Josh Brolin
L'Australia al di là dell'arcobaleno Arrivano a Roma Baz Luhrmann, Nicole Kidman e Hugh Jackman per promuovere Australia, un melodramma ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale che affronta il problema delle generazioni rubate. Attraverso la figura di Nullah il regista fa luce su tutti quei bambini "mezzosangue" nati da relazioni tra bianchi e aborigeni che venivano deportati in colonie - una sorta di campi di rieducazione - per essere preparati alla loro nuova vita nella società dei bianchi
Nuove sfide per l'attrice di Invasion È tornata L'invasione degli ultracorpi. L'ennesimo remake del classico fantascientifico figlio della Guerra Fredda degli anni '50 ha le fattezze, belle e impossibili, di Nicole Kidman, la prima e forse unica diva del nostro tempo. Il suo volto è l'icona della bellezza a cavallo tra il XX e il XXI secolo. Ma lei può e deve essere ricordata per il suo lavoro, il suo talento e il suo stile davanti alla cinepresa