lalla
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sabato 2 luglio 2022
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la virtù di essere sensibili
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Di grande ispirazione. Sotto il rumore la santità .
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fabrizio friuli
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giovedì 9 dicembre 2021
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una grande pellicola
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Nella capitale italiana , un ricco giornalista conosciuto come Jep Gambardella , nonostante sia divenuto un mondano che vive nel lusso e nell' agiatezza insieme ad una piccola cerchia di ricchi individui come lui , egli è scarsamente euforico , a causa di un blocco creativo che non gli permette di dedicarsi alla scrittura , infatti , dopo aver scritto Il Capitale Umano , Jep non solo non ha più scritto altro, ma vaga in solitario nella immensa Roma , tanto carica di bellezza , quanto povera di qualità.
Paolo Sorrentino ha permesso , grazie al suo genio sbalorditivo , l'esistenza di una pellicola sorprendente, iconica , leggendaria, un vero elisir per gli occhi degli spettatori , però, il film è costituito da una lentezza " bradipale " che lo rende un' opera cinematografica inadatta per tutti , specialmente per coloro che non posseggono la profondità necessaria per apprezzare la pellicola.
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Nella capitale italiana , un ricco giornalista conosciuto come Jep Gambardella , nonostante sia divenuto un mondano che vive nel lusso e nell' agiatezza insieme ad una piccola cerchia di ricchi individui come lui , egli è scarsamente euforico , a causa di un blocco creativo che non gli permette di dedicarsi alla scrittura , infatti , dopo aver scritto Il Capitale Umano , Jep non solo non ha più scritto altro, ma vaga in solitario nella immensa Roma , tanto carica di bellezza , quanto povera di qualità.
Paolo Sorrentino ha permesso , grazie al suo genio sbalorditivo , l'esistenza di una pellicola sorprendente, iconica , leggendaria, un vero elisir per gli occhi degli spettatori , però, il film è costituito da una lentezza " bradipale " che lo rende un' opera cinematografica inadatta per tutti , specialmente per coloro che non posseggono la profondità necessaria per apprezzare la pellicola. Oltre a ciò, le musiche celestiali che vengono udite durante le scene del film riescono a farti raggiungere l' Eden e avvolte , possono anche garantire la commozione, nel caso in cui le musiche vengano udite dagli spettatori più emotivi , altre componenti fondamentali del film sono gli attori scelti dal regista che sono come gli ingranaggi del Big Ben , infatti , la loro monumentale bravura permette il funzionamento omogeneo del film , tra gli attori principali è assolutamente necessario citare Toni Servillo , l ' attore feticcio del regista Paolo Sorrentino, che ha interpretato il personaggio Jep Gambardella in maniera egregia , e ciò vale anche per Carlo Verdone , Carlo Buccirosso, Sabrina Ferilli e tutti gli altri attori. Ovviamente, la sceneggiatura è assolutamente sublime come i capi d'abbigliamento del protagonista, ed ecco un altro elemento di una certa rilevanza : gli abiti di Jep Gambardella, specialmente la superba giacca color aragosta, che esaltano la figura del protagonista che , pur indossando un capo particolare, non sfocia mai nel ridicolo. Disquisendo delle scene migliori del film , è possibile citare la scena del funerale di Andrea , quando Jep piange disperatamente durante il trasporto della tomba , poi ci sono le scene in cui il personaggio principale cammina in solitario e dulcis in fundo, la scena della festa , ovviamente, la scena madre del film , anche se sarebbe stato meglio , evitare la scena dove si ode muove la colita a rallentatore , perché rende la scena stessa poco godibile. Per concludere, l'unica pecca del film in questione è la sua onnipresente lentezza bradipale ( ovvero , la sua lentezza è associabile a quella del bradipo , conosciuto come uno dei mammiferi più lenti del pianeta Terra ) però, al di fuori di ciò, La Grande Bellezza è Una Grande Pellicola.
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marziom
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lunedì 30 novembre 2020
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uno dei peggiori film
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Film che usa le cose belle per solleticare gli istinti peggiori degli spettatori. Uno dei più brutti film che io abbia avuto occasione di guardare (solo metà poi abbandonato) Dal punto di vista del film sarebbe meglio cambiare il titolo "La grande bruttezza"
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sabato 21 novembre 2020
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bravo !
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Gran bella recensione con un linguaggio ricco che veste perfettamente l'anima del film
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raffaele reppucci
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sabato 21 novembre 2020
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verità, vanità, successo. nel film, fuori dal fim
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un branco di arrivati. il successo: nel senso di quattrini e mondanità. mondanità ubriaca, vacua come un embolo che sta per arrivare al cervello, portatore di coma. sullo sfondo: la vera bellezza, Roma grondante storia ed arte, nella fissità della sua architettura.
uno scrittore che fu ispirato quanto basta a vivere di rendita intellettuale fino alle pieghe flaccide dei 65 anni, la svolta delle riflessioni, delle emozioni lugubri, sulla verità sottostante a quell'empireo ipocrita.
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un branco di arrivati. il successo: nel senso di quattrini e mondanità. mondanità ubriaca, vacua come un embolo che sta per arrivare al cervello, portatore di coma. sullo sfondo: la vera bellezza, Roma grondante storia ed arte, nella fissità della sua architettura.
uno scrittore che fu ispirato quanto basta a vivere di rendita intellettuale fino alle pieghe flaccide dei 65 anni, la svolta delle riflessioni, delle emozioni lugubri, sulla verità sottostante a quell'empireo ipocrita.
i giudizi sinceri, impietosi, espulsi col movimento delle guance fiacche, il sorriso famigerato di Servillo, colpiscono a sangue l'artista stupida che vive di "vibrazioni" inventate, il cardinale amante della buona cucina e senza risposte sull'esistenza e la fede, la donna "con le palle" che si è fatta da astuta opportunista e crede di darla bere. colpiscono se stesso, stanco dall'aver ottenuto tutto, anche il vuoto finale. una bambina usata, rabbiosa, per produrre impiastri che si vendono col marchio della solita arte fittizia.
una madre Teresa di Calcutta per metà macchietta, che sputa sentenze dopo silenzi solenni fino al grottesco. seria, credibile, quando però sottolinea l'importanza delle radici.
il commediografo che si ritira in buon ordine, dopo interminabili ostinazioni erotiche fallite nell'indifferenza del suo oggetto di desiderio, una stangona qualunque. la delusione letteraria mediata da quella sessuale.
e la morte che aleggia, quella vera, degli altri, che ti fa pensare alla tua che arriverà.
la penosa illusione di ritorno alla bellezza di una coda di cariatidi umane, in coda dal famoso iniettore di botulino, a mó di catena di montaggio. lui che incassa fiumi di danaro, furbo, sardonico.
il tutto gestito con un languido rosario di manierismi, aforismi, fellinismi, coi quali Sorrentino su di me produce l'effetto opposto a quello delle opere che mi appaiono belle: le rivedo con piacere più volte, senza mai annoiarmi, ogni volta con una sottile emozione in più, un alito di senso sfuggito le volte precedenti. qui la cifra stilistica mi appare funerea o presuntuosa: la prima volta capisco il bello, il senso, le successive prevale la nota stucchevole. che ci sia un po' di quel mondo decadente del film, anche nell'oscar?
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la nera
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venerdì 31 luglio 2020
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si
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lorenzodv
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lunedì 9 settembre 2019
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nulla da oscar
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Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non c'è riuscito, Sorrentino ha fatto un film sul nulla ed ha vinto l'Oscar (e tanta altra roba, due schermate di wikipedia di premi). Si badi che non intendo dire che sia un film vuoto, il nulla è l'argomento ed è svolto fin troppo bene. Benissimo ma troppo qualche volta, come nelle pause introspettive con i classici primissimi piani soggettivi, scene che durano giusto il tempo di arrivare al confine della noia senza superarlo ma non mi spiego perché correre il rischio e mi domando se Sorrentino abbia soltanto rappresentato il vacuo atteggiamento degli intellettuali o l'abbia narrato come esperienza personale.
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Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non c'è riuscito, Sorrentino ha fatto un film sul nulla ed ha vinto l'Oscar (e tanta altra roba, due schermate di wikipedia di premi). Si badi che non intendo dire che sia un film vuoto, il nulla è l'argomento ed è svolto fin troppo bene. Benissimo ma troppo qualche volta, come nelle pause introspettive con i classici primissimi piani soggettivi, scene che durano giusto il tempo di arrivare al confine della noia senza superarlo ma non mi spiego perché correre il rischio e mi domando se Sorrentino abbia soltanto rappresentato il vacuo atteggiamento degli intellettuali o l'abbia narrato come esperienza personale. Qualcuno che conosco e che conosce meglio di me il cinema direbbe che è un film italiano, che è soltanto per questo e mi è andata pure bene che non era francese.
Lo svolgimento prevede ben due funerali, accompagnati da due ore di musica funebre che continuano ad evocare la nostra riflessione profonda, interiore, intellettuale e forse colta. Poi Sorrentino si pente e si scusa con gli annoiati, risveglia gli appisolati, dispensandoci la miglior vista posteriore di una Sabrina Ferrilli dall'invidiabile forma fisica.
Insomma, come da tradizione patria di cui Manzoni è stato il maestro, la soddisfazione del pubblico è una delle priorità, probabilmente la seconda o la terza. Capiamoci, è uno splendido film ed anche geniale; se mi accanisco tanto su quelle sue piccole debolezze è perché sono le stesse che ne costituiscono l'argomento. Lo rivedrò e consiglio a chi l'ha perso di rimediare.
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cojep
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martedì 23 luglio 2019
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capolavoro indiscusso
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Una recensione del genere mi rende alquanto interdetto sulle capacita' di attenzione di percezione dell'analisi cinematografica. Questo e' un film Capolavoro assoluto, un intreccio di grandissimo cinema, un opera d'arte, un' immersione nelle intime debolezze umane e nella miseria della societa' odierna, in contrasto con la sublime bellezza della Storia e della Citta' eterna. Un viaggio intimo, un esperienza profonda e incredibile, un film che eccelle in tutte le sue forme ed espressioni.
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giovanni perini
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lunedì 20 maggio 2019
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orribile
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film con personaggi odiosi e pallosi, storia inesistente, serie di scene una dopo l'altra, senza coesione... cercare di riprodurre atmosfere felliniane è impossibile e infatti non ci riesce...che dire... a parte la fotografia (unica cosa che merita) è di una noia totale
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fabio
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lunedì 13 agosto 2018
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questo piccolo grande cinismo
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Uno scrittore dal nome improbabile se ne va' in giro per Roma incontrando tutta una varia umanità meschina, mediocre e senza morale.
Quello che non convince è l'intenzione: neppure il regista sembra tanto convinto di quello che fa; un po' come buttare un secchio di vernice su di un telo e poi starsene lì a contemplare domandandosi cosa vorrà dire quello scarabocchio appena fatto. La tensione manca e la recitazione pure ma che importa? La bellezza è propio lì, davanti a noi in ogni momento. Bisogna avere la grandezza in sè per poterla ammirare e poterne gioire.
Così contempliamo la vita, l'essere umano, col sorriso a denti scoperti.
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Uno scrittore dal nome improbabile se ne va' in giro per Roma incontrando tutta una varia umanità meschina, mediocre e senza morale.
Quello che non convince è l'intenzione: neppure il regista sembra tanto convinto di quello che fa; un po' come buttare un secchio di vernice su di un telo e poi starsene lì a contemplare domandandosi cosa vorrà dire quello scarabocchio appena fatto. La tensione manca e la recitazione pure ma che importa? La bellezza è propio lì, davanti a noi in ogni momento. Bisogna avere la grandezza in sè per poterla ammirare e poterne gioire.
Così contempliamo la vita, l'essere umano, col sorriso a denti scoperti. E la storia, Roma, fa il resto: ti assedia e incanta.
Domani prendo un secchio anch'io...anzi no...il secchio è un concetto da superare.
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