La Grande Bellezza, mi è piaciuto, e tanto, ho anche pianto, e non me ne vergogno, all’ultima scena,
sulle rive di quel fiume che scorre lento nel cuore di una città tanto bella, ma marcia fino al midollo.
Il film, non è una storia, non è un racconto con un principio, uno svolgimento e una fine;
il film denuncia il contrasto tra la bellezza di questo paese e la vacuità della gente che lo rappresenta.
Jep Gambardella è un critico cinico e disilluso alla disperata ricerca di qualcuno che abbia qualcosa da dire,
da raccontare, di qualcuno che gli sappia descrivere una sensazione, un’emozione: cerca una persona vera.
Ma la sua è una ricerca vana perchè il suo diventa un peregrinare tra una mischia di personaggi apparentemente senza senso,
ma che rappresentano in verità uno spaccato della nostra società moderna.
Gente che vuole apparire a tutti i costi, perchè è solo questo quello che conta,
e non quello che ha da dire, soprattutto perchè non ha niente da dire.
Gente che non vede oltre il proprio naso, che è sempre pronta a giudicare tutto e tutti, senza sapere, senza conoscere.
Gente che pensa solo ai propri interessi.
Gente che non distingue più il bene dal male, il brutto dal bello.
Gente che è così vuota da stonare fortemente con la straordinaria bellezza dei luoghi della città,
che a chi la vede per la prima volta può far venire un malore per tanto splendore, proprio come al giapponese all'inizio del film.
Il profondo senso di solitudine che esce da questo film è devastante.
Questo risulta essere un popolo profondamente colpito nelle sue fondamenta: l’umanità.
E non c’è giustificazione a questo, e non c'è rimedio.
Oramai la superficialità e l'egoismo imperano, e sembra essere un processo irreversibile.
Io l'italiano medio, purtroppo, lo vedo proprio così, come Buccirosso appoggiato alla base del cubo della discoteca,
che guarda la ballerina sopra di lui e con uno sguardo viscido e allucinato le urla:"te chiavasse!"
La fotografia è talmente splendida che essa stessa è già il messaggio del film.
Quella contrapposizione tra sacro e profano è profonda e culturale, nelle immagini, nei dialoghi e nelle musiche.
Gli attori sono tutti bravissimi, ma naturalmente Servillo svetta, come sempre.
Sinceramente mi ha fatto un po’ tenerezza il bravo Sorrentino, quando nel ricevere il Golden Globe,
in un inglese maccheronico , dice : “Italia is a country in crisis, but beauty!”
Forse nemmeno lui che l'ha rappresentata così bene, sa quanto sia profonda quella crisi!
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