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Sorrentino cerca l’estetica perfetta in una Roma vuota ed in crisi di identità. La cerca e la trova nella fotografia di Luca Bigazzi e nello splendore di una città ridotta ad una “coazione a ripetere” di festini mondani. Ma la grande assente è davvero la storia, quella di uno scrittore che vorrebbe riprendere a scrivere romanzi, ma non riesce a “staccare” la spina da quel mondo. Il dramma e il conflitto del personaggio è mal tratteggiato, lo si percepisce poco. E’ tutto sembra un pretesto per una carrellata di immagini belle esteticamente, ma vuote. Persino la morte di Ramona non lo scalfisce, sembra che non gli produca alcun dolore interiore.
E restando ai personaggi, sembrano dei saltimbanchi, più che delle persone capaci di influenzare davvero la realtà, capaci di accumulare insieme tanto potere e tanta stupidità. Non certamente un quadro realistico di quel che avviene nella realtà, dove il potere politico è colluso con quello economico e mafioso e dove i "festini" sono solo la parte più perversamente visibile di un potere incontrollato. Manca pertanto l'aderenza alla realtà e i personaggi sono solo delle "figurine", il cui potere non si sa nemmeno da cosa possa discendere.
Bello, però, il finale. La parte più vibrante, relativa alla figura della santa. Lì, l'immagine si fa poetica, la miseria si fa grandezza e la fatica (nel salire le scale) ascesa.
In conclusione: un film esteticamente bello, che vuole ingraziarsi il pubblico estero, ma senz'anima.
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