La grande bellezza |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Pamela Villoresi, Franco Graziosi, Pasquale Petrolo, Serena Grandi, Maria Laura Rondanini.
continua»
Drammatico,
durata 150 min.
- Italia, Francia 2013.
- Medusa
uscita martedì 21 maggio 2013.
MYMONETRO
La grande bellezza
valutazione media:
3,36
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La grande bellezza - Matilde Perrieradi Matilde PerrieraFeedback: 1493 | altri commenti e recensioni di Matilde Perriera |
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lunedì 5 maggio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La grande bellezza, di Matilde Perriera - LA GRANDE BELLEZZA è un film che mette lo spettatore di fronte a uno scorcio epocale demistificante in cui si denunzia, attraverso accenti crepuscolari, una condizione di fiacchezza e di estenuazione spirituale, un ritratto di una borghesia in pieno disfacimento psicofisico, un’esasperata quanto vana ricerca, nel silenzio e nell’ombra, di una nuova spontaneità del sentimento. E’ estate e l’Urbe splende, trascolorando dalle luci incerte del giorno e della notte, svelando angoli mai visti con occhi profondi. Protagonista è un autodiegetico sessantacinquenne, che beve a grandi sorsi acquavite continuamente e va a dormire quando altri si svegliano. Jep Gambardella, simbolo paradigmatico di uno status, si è trasferito a Roma a 26 anni, precipitando abbastanza presto, quasi senza rendersene conto, nel vortice della mondanità. La vita che egli rappresenta è una scheggia di luce che finisce nella notte, tutto è delusione e fatica in questa drammatica avventura esistenziale da cui si può evadere solo con il vagabondare. Lo scaltrito epicureo è messo a fuoco dalla macchina da presa quarant’anni più tardi, mentre divaga tra feste decadenti con l’obiettivo di neutralizzare il male di vivere di montaliana memoria stordendolo con i mille bla, bla, bla che lo infarciscono. In questa società svirilizzata, persino un funerale diventa un appuntamento mondano di eccellenza e si va in scena con regole ben precise con la vacua sonorità di una fraseologia ipocrita e stereotipata pronunziata con autorevolezza; in un angolino della coscienza, magari prorompe il sentimento puro della commozione reale, come nel caso del trasporto della bara di Andrea in cui si scarica anche la tensione per la morte di Ramona. L’Oscar italiano 2014 di Paolo Sorrentino, proclamato dalla giuria dell’Academy Awards il 2 marzo 2014, è, insomma, un capolavoro da vedere e rivedere per coglierne l’essenza che stigmatizza una dilagante condizione di solitudine e di incomunicabilità. Interessante e densa di connotazioni si rivela, in quest’ottica, l’immagine di copertina. Jep, fasciato nel suo sagomato abito bianco, spicca sullo sfondo color amaranto. Indossa la solita maschera del cinico sentenzioso sempre sicuro di sé e delle sue apodittiche verità, senza più i brividi dei grandi sogni, non riesce più a provare stupore e meraviglia e, icasticamente, gli si staglia davanti, quasi a intralciargli il cammino verso la redenzione, l’ombra che fa salire a galla i contrasti dell’anima e le lotte interiori. La sua avventura esistenziale non fa presupporre alcuna epifania … Così pare, eppure il fiore di amaranto, nella cultura occidentale, è simbolo dell’immortalità, è l'unico che non appassisce e, come il fiore, pur essiccato, riprende vita miracolosamente appena giunge a contatto dell’acqua, anche Gambardella, proprio nel momento in cui le speranze sembrano abbandonarlo definitivamente, trova il coraggio di rimettersi in gioco. Si reca all'Isola del Giglio per un reportage sul naufragio della Costa Concordia; proprio qui, ricordandosi del suo primo incontro con Elisa, sente riaccendersi dentro un barlume di speranza e sul suo sguardo finalmente sereno che osserva sorridente l'alba romana, si chiude il film. Toni è inciampato nella verità e si è rialzato tirandosi fuori da questo dissacrante mondo in sfacelo, il suo prossimo romanzo è finalmente pronto per venire alla luce, il suo IO è rinato.
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