La grande bellezza |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Pamela Villoresi, Franco Graziosi, Pasquale Petrolo, Serena Grandi, Maria Laura Rondanini.
continua»
Drammatico,
durata 150 min.
- Italia, Francia 2013.
- Medusa
uscita martedì 21 maggio 2013.
MYMONETRO
La grande bellezza
valutazione media:
3,36
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un film profondo non compreso dalla criticadi Vincenzo ManzioneFeedback: 100 |
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mercoledì 5 marzo 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L'Italia non vinceva un Oscar dal 1999, dai tempi de "La vita è bella" di Benigni. L'ha vinto a 15 anni di distanza. Per quello che mi riguarda questo film di Sorrentino è un grande film, lo è perché dopo averlo visto continui a pensarci, perché ti smuove qualcosa dentro, ti lascia un po' turbato, con quel gusto che è un perfetto mix tra il malinconico, il nostalgico e l'amaro. Il film è estremamente decadente, è un film sulla decadenza ma attenzione, come precisa anche Verdone, non riguarda la decadenza di Roma ma la decadenza della società odierna di cui Roma ne è soltanto una bellissima scenografia. Penso che tutta la chiave interpretativa del film sia in una frase del monologo finale: "...gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile". Che vuol dire? Vuol dire che alla tragica condizione umana data dall’assenza di un senso che si conclude drammaticamente con la morte, la bellezza e la contemplazione estetica rappresentano l'unico palliativo. Sono stati in tanti a dirlo non è certo un concetto nuovo, è la risposta alla domanda "Perché è bella la bellezza?". Woody Allen ricordando il suo film Manhattan disse: "Ci sono alcune donne che ti colpiscono così, sono talmente belle che è difficile tenere gli occhi sul tassametro, sono quelle piccole oasi di vita in cui puoi perdere per un attimo i pensieri sulla mortalità per poi tornare alla realtà". E' un film decadente e la decadenza porta all'esaltazione della bellezza, basti pensare all'estetismo di Oscar Wilde o di D'Annunzio, alla sua vita, alle donne, al lusso, alla bellezza della quale avidamente e voracemente amava circondarsi come testimonia la sua casa-museo; il Vittoriale. Anche il pessimismo implacabile di Schopenhauer trova nella contemplazione estetica, l'unica liberazione dal dolore anche se per alcuni istanti privilegiati. Ecco perché è bella la bellezza, perché quando la contempli non pensi più ai tuoi problemi, non pensi più a trovare un senso. Ovviamente lo stesso sentimento si ha di fronte ad un tramonto sul mare, ad un cielo stellato, ad un'opera d'arte, o davanti ad una bellissima ragazza o anche ad una città come Roma. Ma questo, infine, è proprio il valore dell'arte. Poi la gente spesso o sempre confonde l'essere esteta con l'essere superficiale. Sono due concetti assolutamente differenti, l'esteta pensa che la bellezza sia un valore altissimo, probabilmente il più alto. Il superficiale credere invece che sia l'unico valore. Certo i personaggi di questo film non sono degli esteti, sono dei superficiali, perché sono lo specchio dell’attuale cultura. Per me il film di Sorrentino dice proprio questo, il circondarsi della bellezza di Roma, delle donne, delle feste e del patinato mondo mondano evita di pensare alla propria miserabile condizione, almeno in quei momenti. Se sei una persona con dei vuoti da riempire e vivi nella periferia di Milano, resti per tutta la tua vita a pensare ai tuoi vuoti, se invece conduci una vita mondana, tra feste, donne, cene e quando ti svegli hai un buon giorno su una terrazza vista Colosseo beh, quei vuoti non li riempirai lo stesso ma almeno in quei momenti, in quei preziosissimi e fugaci momenti, la bellezza ti ruberà questo fardello pesantissimo. Certo la bellezza quando serve a colmare dei vuoti diventa come una droga, per mantenere lo stesso “effetto curativo” ha bisogno di essere sempre più stupefacente, perché l’uomo per sua natura si abitua maledettamente a tutto ed allora si arriva al punto che Jep dice: “Roma'... una bella donna alla mia età non è abbastanza.” e non è più abbasta nulla per lui, ormai il senso di vuoto si è allargato troppo, nemmeno la bellezza di una donna, di Roma, dei fenicotteri sul suo terrazzo, della mondanità, dei musei o di una giraffa in pieno centro sono capaci di stupirlo. Tutti i protagonisti del film sono dei vinti e si comprende dalla domanda posta dalla suora al protagonista (Jep Gambardella): " Perché non hai mai più scritto un libro?" e lui: "Cercavo la grande bellezza, ma non l'ho trovata...". In un passaggio Jep dice che la sua vita perde colpi da 40 anni, dichiara di averne 65, è a Roma da quando ne ha 26 praticamente tutta la sua vita trascorsa nella capitale, afferma: “Le vedi queste persone? Questa fauna? Questa è la mia vita. E non è niente.”. Ad una conclusione simile giunge anche il suo amico Romano (personaggio interpretato da Verdone), dopo un bilancio di 40 anni di vita romana si rende conto che non ha costruito assolutamente nulla. Niente famiglia, niente figli, niente affetti, soltanto un amico; Jep, che va a salutare prima di lasciare Roma e ritornare nel suo paese natio, dalla sua famiglia. Il film si conclude così, con il protagonista che cerca la “Grande bellezza” nella città più bella non trovandola in 40 anni e rendendosi conto che, in fondo, la Grande bellezza della sua vita l’ha avuta a 18 anni, il suo primo amore, forse perso perché non lo riconobbe, infatti soltanto il tempo è capace di dare il vero valore alle cose. Il suo amico Romano, come accennato, ritorna invece alle origini, al suo paese, alla sua famiglia, la ricerca del senso è ciclica e si completa con un ritorno al passato. Romano dice: “Ma cosa avete contro la nostalgia? È l'unico svago che resta a chi è diffidente verso il futuro.”. L'importanza delle radici come un porto sicuro, probabilmente più della bellezza, contro la difficoltà a trovare un senso è riscontrabile anche in una frase della suora: “Mangio radici perché le radici sono importanti.” Il monologo finale dice tutto e fa riflettere tanto. Veramente un bel film.
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