| Anno | 2025 |
| Genere | Documentario, |
| Produzione | Italia |
| Durata | 70 minuti |
| Al cinema | 4 sale cinematografiche |
| Regia di | Andrea Segre |
| Uscita | lunedì 10 novembre 2025 |
| Distribuzione | ZaLab, Lucky Red, Circuito Cinema |
| MYmonetro | 2,84 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 1 novembre 2025
Documentario di Andrea Segre che esplora il successo tra i giovani di Berlinguer - La grande ambizione, riflettendo su impegno civile e crisi della democrazia. Noi e la grande ambizione è 37° in classifica al Box Office, ieri ha incassato € 2.127,00 e registrato 1.523 presenze.
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CONSIGLIATO SÌ
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Durante la distribuzione in Italia di Berlinguer - La Grande Ambizione, c'è stato un pubblico giovanile che ha seguito il film di Andrea Segre anche nei dibatti dopo la proiezione. Vista la partecipazione, i realizzatori hanno deciso di creare dei momenti di confronto con loro nelle sale cinematografiche, nelle università e nei luoghi di impegno civile e politico. Noi e la grande ambizione è frutto di questo viaggio nel rapporto tra vita e politica, tra individuo e società, tra paura e sogno nella generazione dei venti e trentenni di oggi.
C'è dietro un'interessante idea di ascolto dei giovani su temi politici che il cinema recente, anche documentario, ha portato avanti in maniera sporadica (recentemente Futura di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher).
Andrea Segre ritorna sui suoi passi unendo incontri e dialoghi a immagini di backstage e di scene inedite del film. Certo deve essere sempre doloroso per un autore rinunciare a sequenze tagliate al montaggio ma questo documentario non vuole restituire solo quel tipo di esperienza, anche se il monologo inedito di Berlinguer in cui Elio Germano dice che «non basta per essere felice avere una automobile», ma c'è bisogno di valori reali, racconta molto bene alcune idee profonde, quasi di fede ideologica, del Partito Comunista che in quegli anni anticipava le idee di decrescita felice osteggiando, per esempio, l'avvento della tv a colori (discorso non presente nel film).
Vediamo dunque il regista Andrea Segre, il protagonista Elio Germano, la produttrice Marta Donzelli e il consulente storico Giulio Marcon via via incontrare, a partire dal 20 ottobre 2024, studenti e pubblico dalla scalinata di Lettere alla Sapienza di Roma al cinema Dante di Venezia, all'Ariston di Palermo, al Modernissimo di Napoli, al Flora di Firenze, all'Anteo di Milano fino all'Arena Nuova Sacher di Nanni Moretti che modera un incontro e traccheggia a una domanda di Segre su chi votava quando c'era Berlinguer, rispondendo, alla fine, che nel '72 «non votavo, si era maggiorenni a 21 anni».
Certo l'aria che si respira è prevalentemente di che bello «quando c'era lui», inteso ovviamente come Enrico Berlinguer (a volte pronunciato con l'accento sulla prima 'e'), mentre oggi sembriamo vagare in una specie di deserto dei Tartari politico contrassegnato dalla disaffezione giovanile. Così, dalle testimonianze gloriose nel pubblico di chi aveva la tessera della Fgci firmata proprio da Berlinguer, di chi faceva le notti di guardia alla Festa dell'Unità e di chi «sono una vedova, dopo che è morto ho smesso», si passa a momenti di incontro creati ad hoc con i 'giovani', qualsiasi età questa parola rappresenti, con la macchina da presa che scruta e osserva le loro facce corrucciate e molto pensanti. E qui il documentario inizia a restituire un'atmosfera da assemblea di istituto in cui ci si allontana dalla grande ambizione, intesa come il film di finzione di Segre e i suoi orizzonti politici, e si iniziano a mettere sul tavolo temi disparati dalla lotta alla cittadinanza delle persone migranti a considerazioni sul fatto che siamo figli del neoliberismo.
D'altro canto Elio Germano, all'inizio del film sulla scalinata di Lettere alla Sapienza, aveva dato la linea dicendo che «siamo stati allevati a essere clienti» mentre invece oggi si influirebbe di più «partecipando a un'assemblea di condominio che non scrivendo 75 post al giorno». Ancora una volta, ma almeno coerentemente, le nuove tecnologie sono viste come un rischio e non come opportunità. Ma anche questo non è il fulcro narrativo del documentario che invece disvela la sua grande ambizione di voler cogliere un nuovo fermento politico giovanile mostrando, sul finale, le manifestazioni con le bandiere della Palestina. Così dalla «nostalgia ereditaria», come riassume in maniera mirabile un giovane intervistato, delle grandi piazze gremite del passato (ma il dietro le quinte rivela come nel film siano state ovviamente riempite con - ohibò! - gli effetti digitali), il passo a quelle nuove dovrebbe essere breve.
«Ci potrà essere un altro Berlinguer?» chiede qualcuno nel documentario di Andrea Segre. Sì, e si chiama Elio Germano. Emozione e commozione diffuse nel pubblico di Berlinguer - La grande ambizione (2024) sono dovute in gran parte a lui, all'attore che interpreta il segretario del partito comunista, fino alla morte l'11 giugno 1984. Un successo inaspettato.
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Andrea Segre torna a interrogarsi su quelle relazioni che, per quanto rifiutate o radicalmente mutate, continuano ad esistere tra vita privata e vita pubblica, ovvero tra vita privata e politica. La sua pratica è quella del cinema e mettendo a frutto ogni capacità di analisi, maturata con pazienza fin dal suo esordio, sulla scorta del recente Berlinguer - La grande ambizione Segre indaga da sud a nord [...] Vai alla recensione »