Infinite

Nel 1985 a Città del Messico, un uomo su una Ferrari è inseguito senza tregua, tanto che preferisce buttarsi con l'auto da un ponte piuttosto che farsi catturare. Nel 2020, a New York, Evan non riesce a trovare lavoro per via del suo passato violento e della sua diagnosticata schizofrenia. Non solo: per avere medicine a un prezzo accettabile deve affidarsi agli spacciatori e per pagarli forgia per loro una katana. Evan infatti conosce e sa fare moltissime cose, per ragioni che lui stesso ignora, ma che sta per scoprire... Fa parte di un gruppo di speciali esseri umani che possono ricordare le proprie vite precedenti e che si dividono in due fazioni: chi sente di dover guidare l'umanità verso un futuro migliore e chi invece vuole distruggere il mondo per sfuggire all'eterno ciclo di morte e rinascita.

La premessa mette subito in chiaro chi sono buoni e cattivi, inoltre lo sviluppo segue strade ben note e il risultato è derivativo e scontato, nonostante il buon budget delle scene d'azione.

A metà tra The Matrix e The Old Guard, Infinite ci ripropone la storia di un uomo che ignora il proprio destino e il proprio passato e che è l'unica speranza contro un terribile nemico, a patto che apprenda a usare le proprie capacità. Di The Old Guard c'è l'idea dell'immortalità applicata a una società segreta di guerrieri, che qui non sono mercenari dal cuore d'oro ma poco cambia, mentre di The Matrix c'è l'addestramento di influenza asiatica per sbloccare un potenziale sovrumano. Che come per Neo non porta solo a straordinarie capacità di combattimento affinate nei secoli, ma sfonda nella mistica del superpotere, con un protagonista che può "manipolare l'energia intorno a lui", con l'effetto di annullare in sostanza l'attrito e compiere imprese sovrannaturali.

Siamo per l'ennesima volta dalle parti del "monomito" nella sua accezione più messianica, un po' come in Dune per citare un altro caso recente, ma è lo stesso tipo di racconto pure di molte origini dei supereroi. Che su questo tipo di storie si continuino a investire budget ingenti dimostra una crisi d'idee ormai disperata, che finisce per produrre film spesso senza speranza come questo.

Infinite avrebbe dovuto uscire nelle sale l'estate scorsa, ma causa pandemia è stato ceduto alle piattaforme streaming, dove finirà per perdersi tra altri mille action e finire dimenticato come merita. Nonostante la presenza di Mark Wahlberg e Chiwetel Ejofor (che davvero dovrebbe scegliere ruoli più degni di lui) e di una fotografia patinata, da uscita in sala appunto, Infinite risulta solo risaputo, privo di tensione e senza abbastanza humour da salvare la baracca.

Al di là del prevedibilissimo percorso dell'eroe, ci sono poi passaggi della trama del tutto pretestuosi, come i proiettili che bloccano la rinascita perché... scaricano la coscienza intrappolandola in supporti digitali! Ma non basta la minaccia di pallottole con download telepatico incluso ad aggiungere tensione, anche perché il rating della censura è il solito PG-13 quindi l'azione non è mai abbastanza brutale da scuotere. Certo ci sono esangui esplosioni e piogge di pallottole a ravvivare le scene, ma non si trasmette mai la sensazione che queste minacce abbiano le terribili conseguenze che avrebbero nella realtà.

L'escapismo è insomma lo stesso dei film Marvel, ma risulta persino meno drammatico perché la vicenda è ridotta del tutto all'osso e il villain ha motivazioni suicide, illogiche e prive di qualsiasi sfumatura, così come l'eroe è trascinato dagli eventi più che mosso da una personalità significativa. Dilaga il déjà vu e spiace che Antoine Fuqua sprechi le sue qualità di messa in scena su sceneggiature del genere. 