lilith1989
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domenica 17 gennaio 2016
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la storia del fallimento di un ideale
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I. L’assente
Se mi si chiedesse di individuare l’oggetto del film, direi che l’oggetto è senza dubbio un’assenza. Non un’assenza momentanea, però, come una specie di vuoto destinato a colmarsi, ma un’assenza direi costitutiva, assoluta. La bellezza che ricorre nel titolo è una bellezza assente. Manca, ma non nel senso che è stata o che sarà, semplicemente nel senso che non è. Non è rappresentata, non è nascosta, non è realizzata, non è oggetto di ricerca perseguibile. Ogni volta che credi di averla intravista, in una scena – in un rapporto umano autentico, nelle forme gloriose di un palazzo, in un silenzio mattutino, in un paesaggio sul Lungo Tevere – realizzi di esserti sbagliato, che sei caduto nel tranello, che ti sei lasciato ingannare dalla percezione e dalla tua inconscia aspettativa.
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I. L’assente
Se mi si chiedesse di individuare l’oggetto del film, direi che l’oggetto è senza dubbio un’assenza. Non un’assenza momentanea, però, come una specie di vuoto destinato a colmarsi, ma un’assenza direi costitutiva, assoluta. La bellezza che ricorre nel titolo è una bellezza assente. Manca, ma non nel senso che è stata o che sarà, semplicemente nel senso che non è. Non è rappresentata, non è nascosta, non è realizzata, non è oggetto di ricerca perseguibile. Ogni volta che credi di averla intravista, in una scena – in un rapporto umano autentico, nelle forme gloriose di un palazzo, in un silenzio mattutino, in un paesaggio sul Lungo Tevere – realizzi di esserti sbagliato, che sei caduto nel tranello, che ti sei lasciato ingannare dalla percezione e dalla tua inconscia aspettativa. Di volta in volta, l’ideale che credevi di aver percepito, di aver visto finalmente realizzato, si spezza – e la realtà, come strisciando, si insinua. Il rapporto umano non è autentico, il palazzo è profanato, il silenzio ha qualcosa di inquietante, il paesaggio sul Lungo Tevere è rovinato dal transitare inaspettato di una coppia di anzianotti dai calzini bianchi tirati fino alle ginocchia che parlano a gran voce del più e del meno mentre fanno jogging.
II. La frammentazione
Non c’è trama. Non c’è un punto di inizio e manca il punto di arrivo. Non c’è evoluzione, non cè dramma e non c’è soluzione. Le scene si stratificano l’una sull’altra, come frammenti sconnessi di un flusso percettivo labirintico in cui non si è in grado di individuare unità o continuità alcune. Lo sguardo è quasi sempre quello del protagonista (un viveur scrittore mancato della Roma bene) – che guarda se stesso, gli altri, le cose minute, i grandi monumenti romani vantando profonda capacità interpretativa ma in realtà appiattendo e in qualche modo contaminando di negatività tutto quello che entra nel campo della sua percezione.
III. La finzione
I personaggi sono maschere, caricature. Recitano male, con enfasi esagerata, ma volutamente, come a voler mettere in scena l’elemento finzionale della rappresentazione. La finzione, insomma, è oggetto costante di rappresentazione. Non ci sono personaggi autentici (tranne un paio, forse), che siano convinti di essere quello che sono. Ogni personaggio ha un che di eccessivo e inautentico, e come tale è uno strumento di rimando ad un versante oscuro, sconosciuto di sè, che cela agli altri e allo spettatore. L’effetto è profondamente straniante – ci si chiede chi sia a tenere le fila dei discorsi e dei gesti, che cosa ci sarebbe di diverso se d’improvviso si scremasse l’elemento caricaturale, se si riempisse lo scarto tra ciò che è e ciò che si dà a vedere.
IV. Roma
Roma è molto poco in questo film, se non lo sfondo costante, ma talmente usurato da passare quasi non visto, della percezione e degli eventi. Non è grandiosa, non è imponente, non si impone a chi la guarda. E’ pura oggettualità, completamente spogliata del complesso di significati e di storia di cui è portatrice, nella migliore delle ipotesi ridotta a strumento di un vago e svogliato godimento estetico..
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cannataalessio
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martedì 22 dicembre 2015
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miglior film italiano di sempre
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C'è poco da dire. Film Capolavoro. Sorrentino dà il meglio di sè. Servillo Pure. Bigazzi? Bhè, penso sia uno dei film con la miglior scelta fotografica estetizzante al mondo. Il cast perfetto. Scenografia incantevole. Musiche da brivido. Etc.
Grazie Paolo
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ale_coly
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martedì 6 ottobre 2015
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e' solo un trucco
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Chi lo giudica male, non ha veramente capito nulla del film. Sorrentino aveva un obiettivo preciso: mostrare la superficialità e la mediocrità della condizione umana, e ci è riuscito alla grande. Per quanto possiamo adornare le nostre vite, renderle piacevoli e sfarzose, queste restano umane, mortali, labili.
La malinconia che pervade questo film dall'inizio alla fine è di un fascino indescrivibile. La superficialità delle nostre distrazioni terrene viene smascherata. Questo film denuda l'essere umano, lo fa apparire così com'è: solo un essere mortale.
Dopotutto non mi aspettavo che il film potesse essere apprezzato da tutti, non è di facile fruizione.
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Chi lo giudica male, non ha veramente capito nulla del film. Sorrentino aveva un obiettivo preciso: mostrare la superficialità e la mediocrità della condizione umana, e ci è riuscito alla grande. Per quanto possiamo adornare le nostre vite, renderle piacevoli e sfarzose, queste restano umane, mortali, labili.
La malinconia che pervade questo film dall'inizio alla fine è di un fascino indescrivibile. La superficialità delle nostre distrazioni terrene viene smascherata. Questo film denuda l'essere umano, lo fa apparire così com'è: solo un essere mortale.
Dopotutto non mi aspettavo che il film potesse essere apprezzato da tutti, non è di facile fruizione. Solo un occhio attento può cogliere la pellicola nella sua interezza, e apprezzarne ogni sfumatura.
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carlonoci01
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lunedì 5 ottobre 2015
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la grande dormita
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Oggi a casa di amici hanno tentato di farmi vedere questo film, dico tentato perchè dopo qualcher minuto gli occhi hanno cominciato a chiudersi per poi riaprirsi e per poi chiudersi ancora, altri andavano al frigo e altri ancora si sono messi anche loro a sbadigliare. Morale non siamo riusciti a vederlo tutto.
carlo
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april17
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domenica 30 agosto 2015
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la grande schifezza.
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uno dei film più vergognosi della storia.
[+] april dolce ... no, continua a dormir
(di dellagambar)
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aristoteles
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lunedì 20 luglio 2015
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la grande lentezza
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Non capisco tutto l'entusiasmo per questo film. Sono un fervido sostenitore dei film italiani ma questo a me non ha lasciato nulla.
Non incanta non fa sorridere ,non fa ridere , non fa riflettere è una scopiazzatura mediocre del film di Fellini ma non è neanche lontanamente paragonabile alla Dolce Vita chiamata in causa da più parti.
Di una lentezza cosmica e con dialoghi/monologhi privi di forza espressiva e contenuti.
Sorrentino a me piace ma stavolta ha fatto FLOP
[+] non sforzarti...
(di dellagambar)
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[+] fanno sorridere
(di aristoteles)
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inall3
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lunedì 1 giugno 2015
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grande bellezza: dove sei?
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Disordine e vacuità, inadeguatezza e ricerca, ironia e fallimento. Questi sono alcuni spunti di riflessione offerti da ‘La Grande Bellezza’ di Sorrentino. Sullo sfondo si staglia meravigliosa Roma, città frenetica eppure statica nella quale il protagonista sprofonda, travolto dal ‘vortice della mondanità’.
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Disordine e vacuità, inadeguatezza e ricerca, ironia e fallimento. Questi sono alcuni spunti di riflessione offerti da ‘La Grande Bellezza’ di Sorrentino. Sullo sfondo si staglia meravigliosa Roma, città frenetica eppure statica nella quale il protagonista sprofonda, travolto dal ‘vortice della mondanità’.
La Grande Bellezza è probabilmente altrove, ma la sua ricerca si rivela vana: essa sfugge all’uomo, condannato ‘all’imbarazzo dello stare al mondo’ in una condizione di incomunicabilità con la realtà di moraviana memoria.
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gi.effe.emme.
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giovedì 28 maggio 2015
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gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza.
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Che dire? Film così se ne vedono pochi in questo tempo grigio ed anonimo. Sorrentino ci guida magistralmente tra le strade di Roma, scenografia naturale, e dietro le spalle di Jep, "flaneur" melanconico ed annoiato, disilluso ed ironico e quindi inevitabilmente solo. Le lunghe passeggiate del protagonista sono le passeggiate di noi tutti, di tutti quelli che, dopo aver bevuto il giusto, ma "non così tanto da diventare molesti", vagano alla ricerca di un senso, di una casa, di una pace. La clamorosa fotografia di Bigazzi, le sacre musiche di David Lang, la spaziante macchina da presa di Sorrentino accompagnano la lenta esistenza di Jep e raccontano la meschinità umana, le bassezze, le menzogne e la mediocrità della borghesia (italiana e romana in particolare) in maniera tagliente ed ironica, onirica ed allo stesso tempo clamorosamente reale.
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Che dire? Film così se ne vedono pochi in questo tempo grigio ed anonimo. Sorrentino ci guida magistralmente tra le strade di Roma, scenografia naturale, e dietro le spalle di Jep, "flaneur" melanconico ed annoiato, disilluso ed ironico e quindi inevitabilmente solo. Le lunghe passeggiate del protagonista sono le passeggiate di noi tutti, di tutti quelli che, dopo aver bevuto il giusto, ma "non così tanto da diventare molesti", vagano alla ricerca di un senso, di una casa, di una pace. La clamorosa fotografia di Bigazzi, le sacre musiche di David Lang, la spaziante macchina da presa di Sorrentino accompagnano la lenta esistenza di Jep e raccontano la meschinità umana, le bassezze, le menzogne e la mediocrità della borghesia (italiana e romana in particolare) in maniera tagliente ed ironica, onirica ed allo stesso tempo clamorosamente reale. La tanto decantata "società romana" è tuttavia soltanto cornice, strumento per raccontare il fallimento di un uomo, uno scrittore "dallo scatto breve", che, carnefice di se stesso, si è fatto vivere ed abbandonato ad i cocktail ed ai trenini, convinto che portassero da qualche parte. La ricerca di Jep, è tuttavia la ricerca di tutti noi, il costante tentativo di scovare qualche attimo da salvare in mezzo alla feccia moderna ed allo squallore umano, frequentando in particolare un'ironia distaccata, una costante, divertita e disperata disillusione, rappresentata magistralmente nel contrasto tra il personaggio del protagonista e quello del ragazzo "in rosso", anch'egli disperato, ma incapace di svuotare, di alleggerirsi, di "non prendere nulla sul serio", unica vera possibilità di salvezza. Ed ecco che in conclusione, nonostante tutto, c'è ancora qualcosa che può illuminare gli occhi umidi e tristi di un superlativo Toni Servillo: una suora che sorride, una corsa tra i giardini di una bambina vestita di bianco, una nave da crociera posata su se stessa come una balena in procinto di morire, il ricordo, ancora caldo, del primo amore. Ecco dunque gli "sparuti incostanti sprazzi di bellezza", ecco "la vita prima della morte", che annulla in un secondo i bla bla bla bla e l'imbarazzo dello stare al mondo. Film totale ed universale, come soltanto le grandi opere della letteratura, della musica, della pittura e del cinema possono essere. Film per tutti e per nessuno. Film diffamato da chi, evidentemente, non è stato in grado o non ha voluto comprenderlo. Film che resterà a lungo nelle teste di chi ne è stato fulminato, scosso, colpito, nonostante, in fondo, non sia nient'altro che un trucco.
Si, soltanto un trucco.
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dario
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giovedì 21 maggio 2015
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caricaturale
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E' un Fellini senza Fellini. Sorrentino non ha spessore, i suoi personaggi sono caricature e le vicende parodistiche, ricalcano mille deja vu e li impastano in contenitori da bric à brac. Le narrazioni sono superficiali, alcune scene insopportabili (su tutte quella della bambina che butta latte di colori su una tela). Operazione piccolo-borghese, malata di provincialismo, tante chiacchiere sentenziali, da oracolo di periferia, e sciocchezzuoile fatte passare per rivelazioni. Attori sprecati, specie Verdone. Servillo sopra le righe. Meglio la Ferilli. Film lento, involuto, compiaciuto, ridondante, assordante. Grande fotografia, purtroppo fine a se stessa. Ripetute dissonanze, abbondante evanescenza.
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E' un Fellini senza Fellini. Sorrentino non ha spessore, i suoi personaggi sono caricature e le vicende parodistiche, ricalcano mille deja vu e li impastano in contenitori da bric à brac. Le narrazioni sono superficiali, alcune scene insopportabili (su tutte quella della bambina che butta latte di colori su una tela). Operazione piccolo-borghese, malata di provincialismo, tante chiacchiere sentenziali, da oracolo di periferia, e sciocchezzuoile fatte passare per rivelazioni. Attori sprecati, specie Verdone. Servillo sopra le righe. Meglio la Ferilli. Film lento, involuto, compiaciuto, ridondante, assordante. Grande fotografia, purtroppo fine a se stessa. Ripetute dissonanze, abbondante evanescenza.
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[+] fellini senza fellini?
(di dellagambar)
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