Anno | 2021 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Regia di | Gabriele Mainetti |
Attori | Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi Max Mazzotta, Franz Rogowski, Eric Godon, Ed Hendrik, Emilio De Marchi, Anna Tenta, Astrid Meloni, Michelangelo Dalisi. |
Distribuzione | 01 Distribution |
MYmonetro |
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Il cielo azzurro solcato da una nuvola di fumo nero. La macchina da presa lentamente scivola verso il basso. Il fumo diventa sempre più denso e scuro. Quando la nebbia si dirada ecco apparire...
CONSIGLIATO N.D.
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Roma, 1943. Fulvio (Claudio Santamaria) è coperto di peli dalla testa ai piedi; Matilde (Aurora Giovinazzo) è così elettrica che accende le lampadine mettendole in bocca; Mario (Giancarlo Martini) è affetto da nanismo; Cencio (Pietro Castellitto) sputa lucciole e cambia forma agli insetti. E Israel (Giorgio Tirabassi) è il proprietario e direttore del circo che li ha accolti tutti, come una famiglia sui generis. Ma un'esplosione li priva della loro casa-rifugio e li getta nel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, creature straordinarie messe a confronto con l'orrore.
Freaks Out segna il ritorno alla regia di Gabriele Mainetti cinque anni dopo Lo chiamavano Jeeg Robot. Scopriamo il nuovo attesissimo film attraverso le parole dello stesso regista:
La romanità
Parlando del cinema di Sergio Leone, Mainetti ne loda lo "sguardo ironico romano, che per me è molto importante, anche perché ti consente di lavorare su più livelli": quello accessibile della risata popolare come quello più "alto" del vissuto doloroso che quella risata sottende. L'ha già applicato a Jeeg Robot, e intende fare lo stesso con Freaks Out.
Lo sguardo internazionale
È evidente fin dalle prime immagini di Freaks Out che Mainetti ha ben presente l'opera di Tim Burton e ha assorbito la lezione del cinema internazionale: del resto ha studiato regia e girato i primi lavori alla New York University. Ma la sua universalità è ben radicata nella sua italianità, mai rinnegata e anzi messa in primo piano, "così come Leone ha portato la sua romanità nel mondo. Quando guardo i suoi film mi sento a casa mia, ma i suoi film riescono a parlare a tutti, in Italia come all'estero".
L'emozione
"La capacità di navigare emotivamente è il grande potenziale che rende il cinema italiano internazionale". Per questo Freaks Out, già dalle prime immagini, tracima emozione. Del resto, come per Steven Spielberg, "il cinema è il gioco di raccontare storie per toccare il nostro bambino interiore". Ma bisogna restare aderenti ad una forma filmica precisa, che "è difficile da mantenere nel momento in cui vuoi emozionare".
Maschere, non macchiette
"Mario Monicelli si ispirava alla commedia dell'arte", ricorda Mainetti. E quella commedia è fatta di archetipi che le maschere sintetizzano. Nella galleria di "mostri" che Freaks Out dichiara di essere fin dal titolo, ognuno è già visivamente una maschera, della quale dobbiamo però scoprire l'umanità sottostante, "e lavorare sulla tridimensionalità dei personaggi: come in Jeeg Robot, dove c'erano maschere tragiche che fanno ridere".
La credibilità
"Spielberg fa un cinema vicino al nostro perché racconta storie di persone normali, piena di paure e di fragilità, e le porta in uno spazio assurdo", ricorda Mainetti. "Ho dovuto rendere credibile il viaggio fantastico dei miei freaks, e poiché l'incredulità si sospende solo attraverso i personaggi, li ho dovuti rendere autentici al di là del loro aspetto esteriore e dei loro superpoteri". In questo la sua passata esperienza di attore "mi ha aiutato a immedesimarmi con personaggi densi di verità e di dramma".
La sofferenza
"La sofferenza è necessaria per poter raccontare. Se non ce l'hai dentro non puoi farlo". E chi meglio di un gruppo di freak potrà veicolarla?
La musica
Come già in Jeeg Robot, anche in Freaks Out la musica sarà "non un sottofondo ma una protagonista che aiuta a narrativizzare il racconto". La firma è di Michele Braga insieme allo stesso Gabriele Mainetti.
Squadra che vince non si cambia
Alla sceneggiatura, come in Jeeg Robot, c'è l'amico e sodale Nicola Guaglianone, "incontrato lungo un percorso di tanta, tanta sfiga. Noi aspiranti sceneggiatori andavamo da Leo Benvenuti che ci accoglieva in uno scantinato a Piazza del Popolo. Io ero più 'americanozzo', Nicola più vicino alla commedia all'italiana". Si sono trovati e, come nei migliori buddy movie, non si sono più lasciati. E la fotografia sporca e graphic è sempre di Michele D'Attanasio, che di recente ha girato anche Tre piani, il nuovo film di Nanni Moretti, L'ombra di Caravaggio di Michele Placido e Padrenostro di Claudio Noce; le scenografie sono ancora di Massimiliano Sturiale e i costumi di Mary Montalto.
Il budget
Freaks Out è costato "'na cifra", come direbbe Mainetti. Che però aggiunge di non aver seguito la lezione numero uno (e due, tre, quattro) di Sergio Leone agli aspiranti produttori: "Mai metterci i soldi tuoi. Io invece ci ho messo tutto quello che ho, oltre a tutto quello che sono. Andate al cinema, e salvatemi la vita!"