Freaks Out

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Soddisfazione parziale Valutazione 3 stelle su cinque

di mericol


Feedback: 4434 | altri commenti e recensioni di mericol
mercoledì 10 novembre 2021

 5 anni dopo il successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot” Gabriele Mainetti realizza Freaks out, presentatonell’ultimo Festival di Venezia, da pochi giorni nelle sale cinematografiche. Quattro amici, uniti da un affetto fraterno, operano in un Circo, gestito da Israel che li guida con amore paterno. Tutti Freaks out. Tutti fenomeni da baraccone. Matilde, ragazza elettrica. Cencio, domatore di insetti. Fulvio, uomo lupo. Mario, uomo calamita. ”Diversi”, che vivono in una epoca diversa. Nel 1943, in piena guerra. Si chiude il Circo, il coordinatore, la guida professionale e paterna Israel, è scomparso misteriosamente. I “Diversi” (mostri?) dal Circo alla vita normale, costretti a confrontarsi con gli altri, i “normali”. Ma in città, a Roma, la vita non è normale. Bombardamenti, distruzioni, morti. Sono Mostri gli occupanti, i Nazisti. In un Circo gestito dai nazisti primeggia Franz, abile pianista con 12 dita, sei per mano, più mostro dei suoi compatrioti mostri, che inneggia a Hitler, vuole persino sfruttare le presunte arti magiche degli artisti per propiziare la sicura (per lui) vittoria del nazismo (nel momento storico in cui la sconfitta appare invece sicura). Nel bosco, popolato dai ribelli della Resistenza, emerge un Capo gobbo, con numerosi partigiani guerci, mutilati. Mainetti si muove tra il film di guerra, il western, la commedia. Tra l’immaginazione e la realtà. Lo afferma all’inizio del film, in anteprima, Israel: “la immaginazione diventa realtà e niente è come sembra”. Il giovane Regista dimostra ammirevole, quasi consumata, abilità nell’uso del mezzo cinematografico. Guida bravi interpreti. La colonna sonora di Braga costituisce un merito aggiuntivo, da risentire tutta insieme. Si preannuncia per Mainetti un futuro carico di successi nel Cinema italiano e internazionale. Impiega un linguaggio cinematografico moderno, sfruttando una tecnologia che lo avvicina al kolossal americano. Appassionante la prima parte di Freaks out. Mainetti riesce a conciliare la tragica realtà di quel tempo, con la umanità, con l’’amore unito alla fantasia dei protagonisti. L’umano contro l’orrendo della guerra e del nazismo Una sintesi del reale con il fantastico, attraverso immagini di alta espressività. Molte riserve per l’ultima parte del film, per eccesso di formalismi. L’Autore si lascia trascinare dalla tecnica, dalla tecnologia. Sembra quasi una autocelebrazione dei risultati raggiunti con il digitale nella postproduzione. Si può citare, solo ad esempio, il rilievo esuberante, predominante riservato agli scoppi, agli incendi, alla esondazione che travolge porte; così pure la ripetuta, e forse inutile, insistenza sugli insetti sulle braccia di Cencio che ne è il “domatore” (degli insetti). Eccesso di effetti speciali che allontana dal tema inizialmente annunciato, e distrae di conseguenza lo spettatore dal significato autentico del film, inutilmente prolungato. A volte la forma, piuttosto che chiarire, integrare, illuminare il contenuto, a volte lo sopravanza, lo nasconde, lo oscura. E’ il giudizio personale di uno spettatore che non predilige il “kolossal” americano ridondante.  
La personale, sia pure parziale, insoddisfazione conclusiva, viene per me compensata dalle scene nel bosco e sul trenino a vapore. Il tutto registrato nella mia Sila. Nei pressi di Camigliatello Silano. Riporto le dichiarazioni del Regista:
“I boschi maestosi, la natura aspra, selvaggia e forte e soprattutto il trenino a vapore mi hanno portato a scegliere questa terra. Non ho dubbi: la Sila si sposa alla perfezione con il mio linguaggio cinematografico, con ciò che voglio raccontare”.
«Il tragitto della Sila è stato quello più interessante tra i tanti che abbiamo visto [...] Da un punto di vista fortemente tecnico, se penso a un viaggio come quello del trenino in una pianura non sento la vita scorrere. Qui in Sila invece, la vegetazione, le nuvole, tutto ti si muove intorno più che suggestivo e fortemente cinematografico»

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camiglia sabato 13 novembre 2021
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Mi aspettavo un film migliore. Già a Venezia su 5 candidati al Leone, non ha ricevuto alcun riconoscimento. Non è questo un buon motivo per giustificare la delusione.Risulta uno sfoggio di tecnologia che lo rende alla fine slegato nel racconto. Si da mostrare, in conclusione, un difetto di sceneggiatura.La prima parte in verità suscitava curiosità e speranze. Che peccato! Poi, per imitare i film americani, si perde in un giochetto di immagini che rendono poco ammirevole l''intero film, a tratti ripetitivo e noioso. Noto che alcuni esaltano la novità del linguaggio cinematografico. La novità si apprezza se porta vantaggi al contenuto , al tema trattato. A mio avviso, in questo film, la novità di stile "americano", esasperata, ottiene il risultato opposto

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