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Freaks Out, una stella polare da seguire

Il film di Gabriele Mainetti è un'imperdibile oratoria sui supereroi portata alle estreme conseguenze. Disponibile su CHILI. GUARDALO ORA »
di Luigi Coluccio

Aurora Giovinazzo (22 anni) 18 aprile 2002, Roma (Italia) - Ariete. Interpreta Matilde nel film di Gabriele Mainetti Freaks Out.
giovedì 10 febbraio 2022 - Focus

Freaks Out - da oggi disponibile in streaming su CHILI - è un oggetto difficile da maneggiare – per il pubblico, per la critica, per il resto del cinema italiano. E questo si è visto nell’accoglienza al botteghino, nella schizofrenia delle recensioni, nella collocazione del film nel nostro sistema. Le vicende dei freak del Circo Mezzapiotta (Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini), che nella Roma del 1943 post-città aperta e pre-via Rasella, tra l’occupazione nazista e la voglia di America, devono ritrovare il loro mentore Israel (Giorgio Tirabassi) e nel frattempo sfuggire ai deliri superomistici del gerarca Franz (Franz Rogowski), è tutta questa superficie e molto più.

Perché il secondo lavoro di Gabriele Mainetti è una precisa e sentita ricetta di generi e influenze, che mette insieme la storia del cinema del passato e quella del presente, tendenze local e glocal, sensibilità personali e pulsioni collettive. Così tocca rimirarlo da più angolazioni, Freaks Out: sì, il pubblico forse non ha premiato il film, ma l’uscita ottobrina ha coinciso con un momento particolarmente duro per l’impatto della pandemia sulle sale, e non va dimenticato l’apporto che potrà dare il mercato estero, fondamentale per un’opera di questo profilo (l’uscita in Francia è prevista per il 30 marzo); sì, gli scritti attorno al film sono andati a volta in direzioni opposte, ma forse si è pagata la troppa vicinanza alla materia (la nostra via ai supereroi, solo quello?) e al titolo (è quel genere di lavoro che più passa il tempo e più diventa nitido); sì, è un film che a fatica si mette in connessione con il resto del cinema italiano (per calendario, pubblicistica, gusti, rischio d’impresa), ma è la sua singolarità che lo rende già una stella polare da seguire.

Mainetti e Nicola Guaglianone – lo sceneggiatore suo indispensabile compagno di viaggio e di arte – hanno costruito un monolite ammassando superfici su superfici, dove al riflesso di una si intreccia la profondità dell’insieme, per un’architettura teorica ed estetica che fa intravedere tutti gli interstizi che permettono di entrarci dentro, percorrerlo, pesarlo e giudicarlo. Così abbiamo l’oratoria sui supereroi portata alle estreme conseguenze nella sua basilare identificazione con la diversità e l’accettazione di sé, ambientando la vicenda in quella Seconda Guerra Mondiale che vedeva il Reich alla ricerca di un lebensraum – lo spazio vitale dell’espansione tedesca – che non fosse solo fisico ma linguistico, anatomico, razziale: Israel e i componenti del suo circo sono dei freak (e nel cinema contemporaneo il freak non è quello di Tod Browning ma la Suicide Squad di James Gunn), ma è la loro intimità fatta di povertà e romanesco che li rende realmente irricevibili per i piani assoluti dei nazisti.

C’è poi il peso specifico che Freaks Out (di cui vediamo il making of degli effetti visivi realizzati da EDI) detiene nel cinema italiano, dove al suo straordinario lavoro produttivo e realizzativo corrisponde una solitudine forse non così estrema. È vero, il sistema è fragile e sbilanciato, tra ingolfamento del calendario sotto le feste e terra incognita in estate, appiattimento su uno o due generi e la conseguente assenza di una vera e propria industria, ma la strada maestra di Mainetti è quella che stanno cercando di ritrovare e battere altri nomi e altri titoli: Matteo Rovere e la Groenlandia tutta, Sydney Sibilia (filiazione diretta dei primi e sintomo di un processo che sta funzionando), i Manetti Bros. con Diabolik, La befana vien di notte (guarda la video recensione), Francesco Lettieri, la filmografia di Volfango De Biasi e via elencando.

Infine c’è la vera natura di questo film, che viene da lontano e appartiene totalmente a Mainetti e Guaglianone: i corti (Basette, Tiger Boy, Ningyo) e i lunghi (Indivisibili, il già citato La befana vien di notte (guarda la video recensione), naturalmente Lo chiamavano Jeeg Robot), realizzati sia da soli che insieme, mostrano da anni e in modo sfacciato le visioni e i tentativi di un cinema diverso ma riconoscibile, che ci accomuna in quanto immaginario collettivo e vicende riconoscibili. Freaks Out è tutto qua, è tanto da altro, è già da rivedere.


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