thomas
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venerdì 5 novembre 2021
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aria fresca
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Il mito dei supereroi è già stato sfruttato in tutti i modi con le decine di film arrivati da oltreoceano negli ultimi anni sicchè, quando pareva che fosse stato già detto il possibile, è arrivato Gabriele Mainetti a dimostrare che la creatività degli italiani non ha eguali al mondo. “Freaks Out” è una ventata di aria fresca in una stanza chiusa da troppo tempo: è un’esplosione di fantasia, un autentico divertimento per gli occhi.
I quattro freaks, brutti sporchi ma non cattivi, parlano romanesco, litigano come la gente normale per motivi futili, si perdono, si rincorrono e si ritrovano attraversando nel frattempo avventure straordinarie tra cammelli, tigri, cannoni, partigiani, nazisti con sei dita, rastrellamenti, forni crematori, treni piombati e donne barbute che parlano francese.
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Il mito dei supereroi è già stato sfruttato in tutti i modi con le decine di film arrivati da oltreoceano negli ultimi anni sicchè, quando pareva che fosse stato già detto il possibile, è arrivato Gabriele Mainetti a dimostrare che la creatività degli italiani non ha eguali al mondo. “Freaks Out” è una ventata di aria fresca in una stanza chiusa da troppo tempo: è un’esplosione di fantasia, un autentico divertimento per gli occhi.
I quattro freaks, brutti sporchi ma non cattivi, parlano romanesco, litigano come la gente normale per motivi futili, si perdono, si rincorrono e si ritrovano attraversando nel frattempo avventure straordinarie tra cammelli, tigri, cannoni, partigiani, nazisti con sei dita, rastrellamenti, forni crematori, treni piombati e donne barbute che parlano francese. Mainetti si diverte a mescolare questi ingredienti fino a trasformarli in una storia assurda, ma anche vera, perché se assurde sono le situazioni, assolutamente veri sono i sentimenti dei personaggi, il loro vissuto e la loro voglia di sopravvivere al male che li circonda.
Le disavventure che devono attraversare diventano quindi metafora delle difficoltà della vita, l’essere soli nella propria bolla di fuoco non è altro che la “solitudine dei numeri primi”, l’impossibilità di cambiare il futuro anche per chi riesce a vederlo è l’ineluttabilità del destino quando esso è l’effetto di cause che ci trascendono e sono più grandi di noi, il combattere per nobili ideali significa nobiltà d’animo in tutte le circostanze della vita, come quando si copre con i suoi indumenti una donna altrimenti indifesa e alla mercé di chiunque. Mainetti ci parla della vita facendoci divertire con dissolvenze incrociate disegno/realtà, riprese sghembe e fuori quadro, musiche di Vasco Rossi suonate da nazisti, effetti speciali ben calibrati, fiamme sangue e palloncini colorati. La creatività a volte gli prende la mano e ha il sopravvento, fino a far prevalere in qualche momento troppo la forma a scapito della sostanza ma, anche se probabilmente ci sarebbe voluto uno scavo maggiore della psicologia dei personaggi, la qualità rimane eccellente, in fondo la vera perfezione delle cose è proprio nell’esistenza dell’imperfezione di un dettaglio. E poi, che coraggio nel mettersi così in gioco: la pellicola poteva essere un po' più convenzionale, ma a volte si vince alla grande se e quando si osa, e in questo film di coraggio ve ne è veramente tanto.
Dopo “Lo chiamavano Jeeg Robot”, “Freaks Out” conferma il talento di un grande regista che lascerà un’impronta inconfondibile di sé nell’arte delle immagini in movimento; un personaggio nuovo che fa Cinema si aggira per l’Italia e vuole farsi conoscere nel mondo: venghino signori venghino, Quentin Tarantino adesso è italiano e il suo nome è Gabriele Mainetti.
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sergio dal maso
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martedì 18 gennaio 2022
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il cinema italiano torna a sognare
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“Il cinema usa il linguaggio dei sogni: gli anni possono passare in un secondo e puoi semplicemente saltare da un posto all’altro (…) ogni oggetto e ogni luce significano qualcosa, come in un sogno.” Federico Fellini
Quando si dice “la magia del cinema”!
Lo stupore e la meraviglia di essere catapultati in una storia ammaliante e visionaria. L’emozione di ritrovarsi immersi in un mondo fantastico che mescola la vera Storia all’immaginazione, fonde realtà e finzione in un caleidoscopio di luci e colori. L’incipit del vecchio patron Israel, che apre lo spettacolo dello strampalato circo Mezzapiotta e ci accompagnerà nel viaggio assieme ai nostri quattro strambi circensi, non poteva essere più azzeccato: «Signore e signori, l'immaginazione diventa realtà e niente è come sembra.
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“Il cinema usa il linguaggio dei sogni: gli anni possono passare in un secondo e puoi semplicemente saltare da un posto all’altro (…) ogni oggetto e ogni luce significano qualcosa, come in un sogno.” Federico Fellini
Quando si dice “la magia del cinema”!
Lo stupore e la meraviglia di essere catapultati in una storia ammaliante e visionaria. L’emozione di ritrovarsi immersi in un mondo fantastico che mescola la vera Storia all’immaginazione, fonde realtà e finzione in un caleidoscopio di luci e colori. L’incipit del vecchio patron Israel, che apre lo spettacolo dello strampalato circo Mezzapiotta e ci accompagnerà nel viaggio assieme ai nostri quattro strambi circensi, non poteva essere più azzeccato: «Signore e signori, l'immaginazione diventa realtà e niente è come sembra.»
Siamo nel ’43, nei mesi cruciali della Seconda guerra mondiale. Roma, occupata dai nazisti e dichiarata “città aperta”, subisce i bombardamenti alleati.
Con la scomparsa di Israel, e col dubbio se sia scappato da solo in America o catturato dai nazisti, i quattro bizzarri saltimbanchi - Fulvio, Aurora, Cencio e Mario - si ritrovano senza guida, soli con i loro bislacchi poteri ad affrontare la vita reale e l’orrore della guerra. Inizia un’avventura mozzafiato, da cardiopalma, tra colpi di scena e azioni spettacolari, emozioni e risate.
In un primo momento pur attratti dal luminoso Zirkus Berlin, diretto dal folle nazista Franz, i nostri saranno ben presto costretti a fuggirne. Il visionario nazi-pianista con dodici dita, tra i fumi inebrianti dell’etere, prevede il futuro e l’imminente sconfitta del nazismo. Sogna il riscatto personale modificando il corso della storia grazie ai superpoteri da rubare agli sgangherati freaks del circo Mezzapiotta.
La sola possibilità di salvezza per i quattro amici circensi è di unirsi ai gruppi partigiani delle montagne, guidati dal Gobbo, anch’essi “diversi”, mutilati e storpi. La resa dei conti può iniziare.
Centrale in Freaks Out è il tema della diversità, dell’unicità di ciascuno, dell’accettazione dei propri difetti in quanto normalità. All’opposto dei nostri eroi, che convivono con la loro diversità cercando di accettarla, Franz la rifiuta, se ne vergogna, preferisce celarla dietro la divisa e la purezza del nazismo.
Cencio con i suoi insetti, Aurora che comanda le scosse elettriche, l’uomo lupo Fulvio dalla forza smisurata e il nano-calamita Mario sono, prima di tutto, esseri umani. Il percorso dei nostri freaks è un cammino alla ricerca di sé stessi, convivendo con il peso della responsabilità di avere dei poteri unici.
All’umanità dei cosiddetti mostri viene contrapposta la mostruosità nazista dei normali, di una società di puri.
È proprio questa profonda umanità a distinguere i nostri eroi “ordinari” dagli “straordinari” supereroi della Marvel, tipo gli XMen o gli Avengers. Non a caso, a differenza degli immortali supereroi americani, quelli di Freaks Out vivono nella Storia, soffrono e finiranno col diventare adulti. I quattro protagonisti sono maschere senza essere macchiette, persone prima di diventare personaggi; hanno uno spessore psicologico che va oltre la caricatura.
Con la seconda e attesissima opera Gabriele Mainetti conferma il suo enorme talento e la sacrosanta ambizione di fare un cinema nuovo, innovativo, tanto moderno e pop quanto orgogliosamente legato alla storia del cinema italiano. Se il sorprendente Lo chiamavano Jeeg Robot poteva esser visto come un unicum nel panorama filmico nazionale, dopo Freaks Out non ci sono dubbi, la strada è aperta, un altro cinema è possibile.
Freaks Out non è un film perfetto, non vuole esserlo. A Mainetti non importa il senso della misura. Per quanto è bulimico, onnivoro e debordante, il suo cinema non si presta ad essere etichettato. Tiene insieme, amalgamati con maestria e senza mai smarrire la sua genuinità, il cinema d’autore e i cinecomics, quello di guerra e il fantasy. Una specie di (neo)realismo magico che fonde mirabilmente svariati generi, mantenendo però una propria riconoscibilità filmica. C’è di tutto nel pantheon di Mainetti, da Spielberg a Fellini, da Monicelli a Tarantino passando per Sergio Leone. Soprattutto c’è un immenso amore per il cinema. Ci si può perdere nel gioco degli omaggi e delle citazioni presenti in Freaks Out.
Quello che più sorprende è la maturità registica: la qualità della fotografia, l’impeccabilità delle scenografie, del trucco e dei costumi, l’uso disinvolto ma efficacissimo delle musiche… e il tutto con un’attenzione ai dettagli sbalorditiva. La portentosa sceneggiatura, scritta da Nicola Guaglianone e dal regista, è un vulcano di idee e di colpi di scena. E poi ci sono gli attori, un intero cast in stato di grazia. Difficile sceglierne qualcuno, tanto è corale e magnifica la prova di ciascuno, da Aurora Giovinazzo a Giorgio Tirabassi, da Max Pezzotta a Pietro Castellitto.
Ma la vera impresa è stata produrre, realizzare e portare in sala – senza piattaforme tv, per inciso - un film come Freaks Out. Fulvio, Aurora, Cencio e Mario hanno dovuto lottare anche contro costi di produzione proibitivi per un film italiano, contro lo scetticismo degli addetti ai lavori e alla fine contro il covid. Ma alla fine hanno vinto! E questo non è un sogno, è la realtà.
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tozumy12
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venerdì 29 ottobre 2021
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finalmente!
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Abbiamo dovuto attendere parecchio ma alla fine ne è valsa la pena, un film divertente, coinvolgente, pieno di cuore ed estremamente spettacolare. Mainetti dirige un opera che eccelle praticamente in ogni reparto, dai costumi, fotografia, scenografie, effetti visivi fino agli attori, tutti ottimi e in parte. Qualche difetto c'è, 15 minuti in meno avrebbero forse giovato al ritmo e alcuni personaggi non sono troppo approfonditi ma questo non scalfisce un film che andrebbe visto ad ogni costo in sala. Fiondatevi al cinema, abbiamo bisogno di altri flm come questo.
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mericol
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mercoledì 10 novembre 2021
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soddisfazione parziale
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5 anni dopo il successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot” Gabriele Mainetti realizza Freaks out, presentatonell’ultimo Festival di Venezia, da pochi giorni nelle sale cinematografiche. Quattro amici, uniti da un affetto fraterno, operano in un Circo, gestito da Israel che li guida con amore paterno. Tutti Freaks out. Tutti fenomeni da baraccone. Matilde, ragazza elettrica. Cencio, domatore di insetti. Fulvio, uomo lupo. Mario, uomo calamita. ”Diversi”, che vivono in una epoca diversa. Nel 1943, in piena guerra. Si chiude il Circo, il coordinatore, la guida professionale e paterna Israel, è scomparso misteriosamente. I “Diversi” (mostri?) dal Circo alla vita normale, costretti a confrontarsi con gli altri, i “normali”.
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5 anni dopo il successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot” Gabriele Mainetti realizza Freaks out, presentatonell’ultimo Festival di Venezia, da pochi giorni nelle sale cinematografiche. Quattro amici, uniti da un affetto fraterno, operano in un Circo, gestito da Israel che li guida con amore paterno. Tutti Freaks out. Tutti fenomeni da baraccone. Matilde, ragazza elettrica. Cencio, domatore di insetti. Fulvio, uomo lupo. Mario, uomo calamita. ”Diversi”, che vivono in una epoca diversa. Nel 1943, in piena guerra. Si chiude il Circo, il coordinatore, la guida professionale e paterna Israel, è scomparso misteriosamente. I “Diversi” (mostri?) dal Circo alla vita normale, costretti a confrontarsi con gli altri, i “normali”. Ma in città, a Roma, la vita non è normale. Bombardamenti, distruzioni, morti. Sono Mostri gli occupanti, i Nazisti. In un Circo gestito dai nazisti primeggia Franz, abile pianista con 12 dita, sei per mano, più mostro dei suoi compatrioti mostri, che inneggia a Hitler, vuole persino sfruttare le presunte arti magiche degli artisti per propiziare la sicura (per lui) vittoria del nazismo (nel momento storico in cui la sconfitta appare invece sicura). Nel bosco, popolato dai ribelli della Resistenza, emerge un Capo gobbo, con numerosi partigiani guerci, mutilati. Mainetti si muove tra il film di guerra, il western, la commedia. Tra l’immaginazione e la realtà. Lo afferma all’inizio del film, in anteprima, Israel: “la immaginazione diventa realtà e niente è come sembra”. Il giovane Regista dimostra ammirevole, quasi consumata, abilità nell’uso del mezzo cinematografico. Guida bravi interpreti. La colonna sonora di Braga costituisce un merito aggiuntivo, da risentire tutta insieme. Si preannuncia per Mainetti un futuro carico di successi nel Cinema italiano e internazionale. Impiega un linguaggio cinematografico moderno, sfruttando una tecnologia che lo avvicina al kolossal americano. Appassionante la prima parte di Freaks out. Mainetti riesce a conciliare la tragica realtà di quel tempo, con la umanità, con l’’amore unito alla fantasia dei protagonisti. L’umano contro l’orrendo della guerra e del nazismo Una sintesi del reale con il fantastico, attraverso immagini di alta espressività. Molte riserve per l’ultima parte del film, per eccesso di formalismi. L’Autore si lascia trascinare dalla tecnica, dalla tecnologia. Sembra quasi una autocelebrazione dei risultati raggiunti con il digitale nella postproduzione. Si può citare, solo ad esempio, il rilievo esuberante, predominante riservato agli scoppi, agli incendi, alla esondazione che travolge porte; così pure la ripetuta, e forse inutile, insistenza sugli insetti sulle braccia di Cencio che ne è il “domatore” (degli insetti). Eccesso di effetti speciali che allontana dal tema inizialmente annunciato, e distrae di conseguenza lo spettatore dal significato autentico del film, inutilmente prolungato. A volte la forma, piuttosto che chiarire, integrare, illuminare il contenuto, a volte lo sopravanza, lo nasconde, lo oscura. E’ il giudizio personale di uno spettatore che non predilige il “kolossal” americano ridondante.
La personale, sia pure parziale, insoddisfazione conclusiva, viene per me compensata dalle scene nel bosco e sul trenino a vapore. Il tutto registrato nella mia Sila. Nei pressi di Camigliatello Silano. Riporto le dichiarazioni del Regista:
“I boschi maestosi, la natura aspra, selvaggia e forte e soprattutto il trenino a vapore mi hanno portato a scegliere questa terra. Non ho dubbi: la Sila si sposa alla perfezione con il mio linguaggio cinematografico, con ciò che voglio raccontare”.
«Il tragitto della Sila è stato quello più interessante tra i tanti che abbiamo visto [...] Da un punto di vista fortemente tecnico, se penso a un viaggio come quello del trenino in una pianura non sento la vita scorrere. Qui in Sila invece, la vegetazione, le nuvole, tutto ti si muove intorno più che suggestivo e fortemente cinematografico»
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(di camiglia)
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elgatoloco
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domenica 14 novembre 2021
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freaks dopo tod browning, ma totalmnete"altro"
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"Freaks Out"(Gabriele Mainetti, scritto con Nicola Guaglianone, autore del soggetto, dove Mainetti ha scritto anche le musiche con Michele Braga, 2021)con"Freaks"di Tod Browning, storico "cult movie maledetto"del 1932 ha ben poco a che vedere: a parte il fatto che gli e le interpreti non sono veri freaks, come nel film"damned"per decenni proibito in Gran Bretagna ma poi in realtà"bandito" anche altrove(chi ha studiato storia del cinema, inter cetera, ne ha letto diffusamente, ma raramente ha potuto vederlo), è un film in realtà storico, ambientato nei pressi di Roma, dove-siamo in epoca di guerra, ossia della Seconda Guerra Mondiale, 1943(l'accenno dettagliato a Badoglio), quando un gruppo di "freaks"circensi deve lasciare e scegliere se seguire il direttore, Israel(Giorgio Tirabassi), che vuole cercare fortuna negli USA oppure Fulivo, il sofferente di ipertricosi, che vorrebbe chiedere ospitalità e lavoro al Zirkus Berlin, drietto da un"superpianista"ferocemente nazista che però ha doti di preveggrnza e vede la fine del Terzo Reich e il suicidio del Fu"hrer.
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"Freaks Out"(Gabriele Mainetti, scritto con Nicola Guaglianone, autore del soggetto, dove Mainetti ha scritto anche le musiche con Michele Braga, 2021)con"Freaks"di Tod Browning, storico "cult movie maledetto"del 1932 ha ben poco a che vedere: a parte il fatto che gli e le interpreti non sono veri freaks, come nel film"damned"per decenni proibito in Gran Bretagna ma poi in realtà"bandito" anche altrove(chi ha studiato storia del cinema, inter cetera, ne ha letto diffusamente, ma raramente ha potuto vederlo), è un film in realtà storico, ambientato nei pressi di Roma, dove-siamo in epoca di guerra, ossia della Seconda Guerra Mondiale, 1943(l'accenno dettagliato a Badoglio), quando un gruppo di "freaks"circensi deve lasciare e scegliere se seguire il direttore, Israel(Giorgio Tirabassi), che vuole cercare fortuna negli USA oppure Fulivo, il sofferente di ipertricosi, che vorrebbe chiedere ospitalità e lavoro al Zirkus Berlin, drietto da un"superpianista"ferocemente nazista che però ha doti di preveggrnza e vede la fine del Terzo Reich e il suicidio del Fu"hrer. Israel finisce in campo di concentramento, gli altri(compresa la donna-fuoco, ossia la"fulminatrice")si ritroveranno, anzi, dopo alterne vicende, riusciranno ad avere la meglio su un gruppo di nazisti, divenendo così degli eroi, decisamente più di un gruppo, invero"scalcagnato"di partigliani. Notevole film made in Italy, che ha dei precedenti e sa"utilizzarli"con intelligenza: il punto di partenza, anche se certo non il soggetto è il citato film di Browning, ma ci sono dei richiami anche a un film come"La caduta degli dei"di Luchiano Visconti, visto che Franz, il"supercaèp"del Zirkus Berlin(Franz Rogowski sullo schermo)è una sorta di "parente decaduto"di Firiedrich del film di Visconti del 1969. Cìè poi un omaggio, molto indiretto e critico, ai superpoteri dei "Freaks" visti come fossero, quasi, dei.supereroi,: la forza erculea dell'unomo.lupo(o orso)Fulvio(Claudio Santamaria), i poteri incendiari di Matilde(Aurora Giovinazzo), Cencio(PIetro Castellitto), albino capace di atttrarre e di convogliare le ernegie di tutti gli insetti, con eccezione delle api(una fanciullezza terribile gli ha fatto conoscere fin troppo bene le api, che lo hanno"conciato per le feste")e ancora Maio(Giancarlo Martini)un nano che con la capacità di"maneggiare"a suo piacimento ogni oggetto metallico. Decisamente dei freaks alternativi alla"classica visione"mista di commemorazione, pietà, Il film al festival di Venezia scorso è stato proposto in concorso, ottenendo il"Leoncino d'Oro" El Gato
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eugenio
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lunedì 14 febbraio 2022
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la via en rose circense
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Voci distanti, musica e immagini furibonde, in un contesto storico grandguignollesco a cui Gabriele Mainetti, dopo il riuscito Lo chiamavano Jeeg Robot, sembra strizzare l’occhio alla produzione cinematografica americana fatta di reietti e di mostri.
E di freaks, anzi sui freaks in senso lato, la sua ultima fatica, acclamata al Festival del cinema di Venezia, è imperniata, a partire dal titolo “Freaks out”, dalla fotografia e soprattutto da una comparazione mica tanto velata con quelli che Miyazaki definiva porci nel suo capolavoro, Porco Rosso, i nazisti.
Italia 1943, fra Roma e altre zone dell’Italia centrale occupata dai nazisti, ci sta un circo, il Mezzapiotta dove si esibiscono Matilde, Cencio, Fulvio e Mario, sotto l’occhio amorevole (ma mica tanto) di Israel.
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Voci distanti, musica e immagini furibonde, in un contesto storico grandguignollesco a cui Gabriele Mainetti, dopo il riuscito Lo chiamavano Jeeg Robot, sembra strizzare l’occhio alla produzione cinematografica americana fatta di reietti e di mostri.
E di freaks, anzi sui freaks in senso lato, la sua ultima fatica, acclamata al Festival del cinema di Venezia, è imperniata, a partire dal titolo “Freaks out”, dalla fotografia e soprattutto da una comparazione mica tanto velata con quelli che Miyazaki definiva porci nel suo capolavoro, Porco Rosso, i nazisti.
Italia 1943, fra Roma e altre zone dell’Italia centrale occupata dai nazisti, ci sta un circo, il Mezzapiotta dove si esibiscono Matilde, Cencio, Fulvio e Mario, sotto l’occhio amorevole (ma mica tanto) di Israel. Sono una famiglia ai margini. Sono fenomeni da baraccone. Sono freaks.
Sono Giorgio Tirabassi (Israel), Claudio Santamaria (Fulvio), qui dalla maschera “pelosa” una specie di “uomo lupo” Aurora Giovinazzo (Matilde) dal misterioso potere elettrico, Pietro Castellitto (Cencio), capace di manovrare gli insetti e Giancarlo Martini (Mario), il nano calamita.
Noi senza circo siamo solo una banda di mostridice uno di loro. E nel circo sembrano avere tutta la loro vita. Ma quella bolla, la jaula de oro in cui vivono felici, si infrange, nell’avventura del mondo che collassa intorno a loro, nella repressione giudaica, nella follia nazista. Israel con l’intento di aiutarli, sparisce, il gruppo si disperde, sospetta il tradimento di quell’ex proprietario del tendone distrutto da una bomba. Matilde si mette sulle sue tracce finendo coinvolta in un viaggio di iniziazione alla vita come alleata di alcuni partigiani guidati dal Gobbo, Max Mazzotta (una delle interpretazioni più convincenti) mentre il resto del gruppo subisce una serie di avventure a metà tra Lazarillo de Tormes e un testo gotico di Brazil fatto di esperimenti/torture naziste a “presunti” individui “speciali” per vincere la guerra frutto della mente contorta di un eccentrico villain, un pianista tedesco dotato di poteri di chiaroveggenza (Franz Rogowski).
I loro destini in fuga, troveranno un punto comune, nella ricostituzione di una “famiglia diversa”, un trait union dei tanti sfollati, mutilati, feriti di guerra, ebrei che vengono rastrellati dal ghetto di Roma. Persone socialmente deboli, fisicamente maltrattate, in una normalità distante, differente e un cammino alla vita difficile da ottenere. Già, Mainetti, è abile nella prima ora a declinare la vicenda ostativa di una poetica felliniana circense all’orrore mutilante di corpi straziati in guerra. I loro volti sono quelli della disperazione, della paura, dell’orrore, della precarietà esistenziale ma anche della straordinaria voglia di rinascere, di vivere, che rappresentarono quei mesi, della fuga di Badoglio, di un’Italia che alzava la testa, anche se in ginocchio.
Eppure, questo fuoco che arde di sincerità e passione, con una fotografia precisa e puntuale là nei boschi di Camigliatello Silano, nella primigenia pulizia di boschi immantati dove un assalto è pronto a cogliere, si spegne lentamente, in un affaticamento che nella seconda parte, con un’ambizione spasmodica e omni-genere, dal fantastico all’action all’avventura storica, tende a disperdersi, senza riuscire con la spettacolarità di una catarsi, di una fiamma con cui per converso si chiude la pellicola, ad accendere i cuori degli spettatori, oltre l’artificiale brillio.
Ed è un peccato perché Freaks out, dalle caratteristiche di un kolossal, illumina solo a metà la notte perenne della guerra ma in qualche modo non riesce pienamente a scalfire quella retrograda e in qualche modo, scorza poetica che vive in ciascuno di noi, la materia di cui sono fatti i sogni.
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fabrizio friuli
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sabato 19 marzo 2022
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mostri contro nazisti
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Nell' anno 1943 , Israel e il suo circo composto da quattro esseri umani con delle capacità fuori dal normale i cui nomi corrispondono a Fulvio , Matilde , Cencio e Mario , dilettano il pubblico fin quando i nazisti rovinano il loro spettacolo, distruggendo la capitale italiana, e ciò permette la divisione dei quattro artisti " mostruosi " non avendo più Israel come guida , fortunatamente, le loro strade si ricongiungono ma poi , diventano i bersagli di un folle pianista che li ha visti in una sua visione, il personaggio si chiama Hans ed è un esadattilo che possiede la facoltà di vedere il futuro ed ha intenzione di salvare la Germania Nazista dal futuro che l' attende.
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Nell' anno 1943 , Israel e il suo circo composto da quattro esseri umani con delle capacità fuori dal normale i cui nomi corrispondono a Fulvio , Matilde , Cencio e Mario , dilettano il pubblico fin quando i nazisti rovinano il loro spettacolo, distruggendo la capitale italiana, e ciò permette la divisione dei quattro artisti " mostruosi " non avendo più Israel come guida , fortunatamente, le loro strade si ricongiungono ma poi , diventano i bersagli di un folle pianista che li ha visti in una sua visione, il personaggio si chiama Hans ed è un esadattilo che possiede la facoltà di vedere il futuro ed ha intenzione di salvare la Germania Nazista dal futuro che l' attende.
Gabriele Mainetti, dopo aver elargito al decadente cinema italiano Lo chiamavano Jeeg Robot , adesso ha offerto un' altra meraviglia cinematografica che possiede come personaggi principali dei Freaks ( ovvero degli esseri senzienti affetti da problemi fisici o genetici che vengono esposti come delle attrazioni ) interpretati da Claudio Santamaria , Pietro Castellitto , Aurora Giovinazzo e Giancarlo Martini , e l' antagonista del film è un tale di nome Franz , un folle pianista che cerca i fenomeni per trovare coloro che fanno parte di una sua visione , questo personaggio è stato magistralmente interpretato da un attore chiamato Franz Rogowski ed oltre agli attori, l' intero lungometraggio è provvisto di molte scene d' azione tipiche dei film di guerra come Bastardi senza Gloria e Salvate il soldato Ryan , e una sceneggiatura sublime , realizzata dal regista Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone. Inoltre, nel film , oltre ai nazisti e ai freaks appaiono anche i partigiani italiani che affrontano gli invasori temerariamente e con tutti mezzi a disposizione, e, nonostante le varie perdite, la vittoria la ottengono i veri eroi del film, i partigiani e I mostri ( anche se è banalmente ovvio che i veri mostri sono i nazisti ed il turpe Franz , che , alla fine della storia pone fine alla sua esistenza, sparandosi come fece Adolf Hitler , però, Franz si suicida dopo aver perso la fidata compagna ) . Un' imperfezione del film è la scena in cui Matilde sprigiona il suo potere ed elimina tutti i nemici , e la compagna di Franz , perché sarebbe stato meglio se piovesse dal cielo molti tuoni e fulmini che colpiscono i nemici , ma escluso, questo dettaglio, Freaks Out è un film eccellente, con un ottimo cast , una storia particolarmente originale, forse anche più originale di quella del film Lo Chiamavano Jeeg Robot, quindi, sia lodato Gabriele Mainetti per aver garantito l' esistenza di un nuovo film italiano originale, come il film che lo ha preceduto.
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[+] un visione storica completamente sballata!
(di ciolo)
[ - ] un visione storica completamente sballata!
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sergio elia patruno
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mercoledì 26 ottobre 2022
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un masterpiece italiano tutto da ammirare
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Con Lo Chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti dimostrò di aver portato in Italia una ventata d'aria fresca, con inventiva, coraggio e risultati da lodare e ammirare. Il risultato è stato un film di (anti)supereroi con tutti le carte in regola per essere definito un film bellissimo. Con Freaks Out, Gabriele si supera, e con egli tutti gli attori presenti in questo film ricercato e straordinario. I 4 attori principali, alcuni giovani e talentuosissimi e altri già affermati ma sempre straordinari (come Claudio Santamaria, presente nello scorso film e in questo tanto irriconoscibile quanto PERFETTO), accompagnati da un Giorgio Tirabassi che stona un po' ma che è comunque adatto al suo RUOLO, si dimostrano perfetti e il tocco di classe di tutto il film, poiché personaggi veri e propri.
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Con Lo Chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti dimostrò di aver portato in Italia una ventata d'aria fresca, con inventiva, coraggio e risultati da lodare e ammirare. Il risultato è stato un film di (anti)supereroi con tutti le carte in regola per essere definito un film bellissimo. Con Freaks Out, Gabriele si supera, e con egli tutti gli attori presenti in questo film ricercato e straordinario. I 4 attori principali, alcuni giovani e talentuosissimi e altri già affermati ma sempre straordinari (come Claudio Santamaria, presente nello scorso film e in questo tanto irriconoscibile quanto PERFETTO), accompagnati da un Giorgio Tirabassi che stona un po' ma che è comunque adatto al suo RUOLO, si dimostrano perfetti e il tocco di classe di tutto il film, poiché personaggi veri e propri. Sono entrati nella parte e ci hanno fatto vivere le loro stesse emozioni, i loro timori, le loro paure, le loro speranze, e le loro debolezze e il loro coraggio. Questo film si dimostra essere uno dei primi film Hollywoodiani in Italia. Un concentrato di azione, di storia, di sperimentazione e soprattutto di contenuto. Il miglior film italiano a mani basse prodotto negli ultimi 20 anni.
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[+] risposta a elia patruno
(di gabriella zlatarow)
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dandy
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sabato 4 febbraio 2023
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opera seconda più che buona per mainetti.
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Sei anni dopo il fortunato e meritevole "Lo chiamavano Jeeg Robot",Mainetti(co-sceneggiatore,autore delle musiche e co-produttore tra gli altri con Andrea Occhipinti)mette nuovamente in scena le tematiche supereroistiche tipiche dei blockbusters americani ma ambientate nella Roma del'43 e con un gruppo di "diversi" alle prese con la mostruosità "normale" che li circonda.E come nell'esordio si alternano pregi e difetti:il cast è ottimo,con un irriconoscibile Santamaria;la confezione è di prim'ordine visto anche il budget imponente(c'è chi dice 13 milioni chi oltre 20 a causa dei lunghissimi tempi di lavorazione,tra il 2018 e il 2020,ostacolate ovviamente dal Covid-19)e anche qui pur ricalcando certe scelte tipiche da cinecomic(a partire dalla durata elevata)non mancano(a vantaggio del film)cose che si prestano ben poco a un film commerciale per famiglie.
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Sei anni dopo il fortunato e meritevole "Lo chiamavano Jeeg Robot",Mainetti(co-sceneggiatore,autore delle musiche e co-produttore tra gli altri con Andrea Occhipinti)mette nuovamente in scena le tematiche supereroistiche tipiche dei blockbusters americani ma ambientate nella Roma del'43 e con un gruppo di "diversi" alle prese con la mostruosità "normale" che li circonda.E come nell'esordio si alternano pregi e difetti:il cast è ottimo,con un irriconoscibile Santamaria;la confezione è di prim'ordine visto anche il budget imponente(c'è chi dice 13 milioni chi oltre 20 a causa dei lunghissimi tempi di lavorazione,tra il 2018 e il 2020,ostacolate ovviamente dal Covid-19)e anche qui pur ricalcando certe scelte tipiche da cinecomic(a partire dalla durata elevata)non mancano(a vantaggio del film)cose che si prestano ben poco a un film commerciale per famiglie.Vari ed apprezzabili i richiami al cinema nostrano (Fellini,Visconti,Bertolucci,Leone).Ma come lo Zingaro anche qui il cattivo(che sulla carta ha un che da villain-reietto alla Guillermo DelToro)non è approfondito a dovere.Pur volontari,gli anacronismi non hanno utilità nella vicenda(la mancanza di fascisti che ha fatto storcere il naso a molti,il trip di Franz con apparizione di uno smartphone,l'esecuzione al piano di "Creep" dei Radiohead)e l'ultima parte con battaglia ed esplosione di superpoteri è più americana che mai,pur garantendo lo spettacolo.Siamo a livello di "Lo chiamavano Jeeg Robot":certo non perfetto nè innovativo,ma indubbiamente piacevole ed entusiasmante.Un altro discreto risultato per un regista promettente e volitivo che si spera vivamente possa continuare per questa strada e migliorarsi nel futuro.Sei David di Donatello(fotografia,trucco,acconciature,effetti speciali,scenografia e produzione)ma ancora una volta scarso riscontro di pubblico,con nemmeno 3 milioni di incasso.Ma per l'anticinema tipo "Me contro Te" tutti in sala in massa vero?Ovviamente che la gente si svegli e conceda una chance a chi davvero la merita nel nostro paese è chiedere troppo...
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venerdì 24 marzo 2023
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mancano solo il marziano e il neanderthal
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Battage pubblicitario alle stelle, critiche entusiastiche e premi a volontà. Ma questo non è cinema.
Da Hollywood ci vogliono far credere che bastano gli effetti speciali per tenere in vita una pellicola che, di trama, non ne ha nemmeno un po'. Molti ci credono. Io, che amo il cinema, no. Un buon film, come un buon libro, deve avere solide fondamenta. Questo non ne ha.
Tuttavia, non è la totale mancanza di logica nella trama, o di buon gusto nelle scene (il nano con il pene che sballonzola a destra e a manca, e che poi sarà sapientemente masturbato, per esempio - ma anche il partigiano gobbo, squallido e grottesco), o di accettabile "verosimiglianza" (almeno un minimo, vista l'ambientazione storica) che mi hanno reggelata: questi sono peccati veniali, dovuti ad una avvilente ignoranza e ad una ormai inveterata abitudine ai "non-film" americani.
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Battage pubblicitario alle stelle, critiche entusiastiche e premi a volontà. Ma questo non è cinema.
Da Hollywood ci vogliono far credere che bastano gli effetti speciali per tenere in vita una pellicola che, di trama, non ne ha nemmeno un po'. Molti ci credono. Io, che amo il cinema, no. Un buon film, come un buon libro, deve avere solide fondamenta. Questo non ne ha.
Tuttavia, non è la totale mancanza di logica nella trama, o di buon gusto nelle scene (il nano con il pene che sballonzola a destra e a manca, e che poi sarà sapientemente masturbato, per esempio - ma anche il partigiano gobbo, squallido e grottesco), o di accettabile "verosimiglianza" (almeno un minimo, vista l'ambientazione storica) che mi hanno reggelata: questi sono peccati veniali, dovuti ad una avvilente ignoranza e ad una ormai inveterata abitudine ai "non-film" americani.
Ho trovato terrificante la superficialità con cui si è voluto dipingere la storia. I nazisti (i cattivi per eccellenza, e chi lo negherebbe?) sono tanto imbecilli, disorganizzati e così poco "tedeschi" nella loro mancanza di diligenza da fare addirittura pena. I "buoni" di contorno (i partigiani - che cantano, anacronisticamente, "bella ciao") fanno decisamente schifo.
I protagonisti sono macchiette psicologicamente abbozzate.
Poi, meraviglia per la scena delle lucciole, ovviamente. Meno meraviglia (e tanta noia) per la lunga e inutile sparatoria finale.
Sono terrificata all'idea che molti giovani che vedono questo film (e che non studiano la storia, perché è "inutile e noiosa") si convincano che la II GM sia stata la squallida farsa che la pellicola dipinge. Coi buoni con i superpoteri e i cattivi che si fanno ammazzare. Soprattutto di questi tempi, non è saggio innestare in certe teste simili idee.
E poi: santi numi! la ragazza "elettrica" si presenta fin da subito come la versione femminile di zio Fester, l'uomo-lupo è un romanesco Chewbacca... il nano non ho capito se ci è o ci fa... mancano solo il marziano con la sua brava astronave rotonda, e il neanderthal scongelato insieme al suo mammuth in questo guazzabuglio. Peccato: ci sarebbero stati proprio bene...
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