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Ultimo aggiornamento mercoledì 30 settembre 2020
Due famiglie di estrazione sociale diversa si incontrano nella giungla metropolitana romana. Il film ha ottenuto 5 candidature ai Nastri d'Argento, 4 candidature e vinto un premio ai David di Donatello, Il film è stato premiato al Festival di Venezia, In Italia al Box Office I predatori ha incassato 190 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Pierpaolo è un medico sposato con Ludovica, affermata regista. Il loro figlio Federico è un laureando in filosofia tiranneggiato da un barone universitario che gli preferisce qualunque altro studente. Le loro vicende si incrociano con quelle di Bruno, primario amico di Pierpaolo, e di sua moglie Gaia, nonché con quelle di Claudio e Carlo, due fratelli che gestiscono un'armeria e fanno parte di un gruppo neofascista. Completano il quadro le moglie i figli di Carlo e Claudio, e un sulfureo personaggio che resterà (di fatto) innominato e che compare solo all'inizio e alla fine.
Alla sua prima prova dietro la cinepresa Pietro Castellitto, figlio di Sergio e di Margaret Mazzantini, butta decisamente il cuore oltre l'ostacolo e si cimenta in una storia corale assai complessa, commettendo uno degli errori classici del neoregista: mettere troppa carne al fuoco.
La storia, scritta dallo stesso Pietro, segue innumerevoli linee narrative che si intersecano in modo rocambolesco (e abbastanza improbabile), regalando ai suoi personaggi una mole imponente di dialoghi, a volte anche divertenti, che però generano un accumulo poco funzionale alla storia.
Il registro è quello comico-grottesco che ha reso grande molta commedia all'italiana, e a Castellitto va riconosciuto il coraggio di misurarcisi a testa alta, circondandosi di un cast di caratteristi competenti, spinti però a recitare sopra le righe secondo le direttive del regista-sceneggiatore. Le interpretazioni migliori, per contro, sono quelle di Marzia Ubaldi, Liliana Fiorelli e soprattutto Giulia Petrini, proprio perché privilegiano il sottotono e rinunciano agli istrionismi per lasciar trapelare un dolore autentico e una maggiore riconoscibilità umana.
La cinepresa invece "stroppia" cercando inquadrature sì interessanti, ma non necessariamente funzionali alla trama: primissimi piani, tagli dall'alto e dal basso, un piano sequenza iniziale, schermi negli schermi, e via elencando. Tutte scelte che mostrano l'abilità tecnica del regista, ma interferiscono con la narrazione invece di assisterla. Meno "vezzi autoriali" avrebbero giovato maggiormente al risultato finale, che mostra una vena lunare interessante consona al Castellitto attore, che pare uscito direttamente dal cinema muto (ed è un pregio, sia chiaro).
Anche il contrasto sociale fra i due gruppi di personaggi - gli altoborghesi e i coatti - tracima per esagerazione, soprattutto quando si tratta di dipingere le due famiglie bottegaie e destrorse. Spesso ci si domanda chi siano quei personaggi, e quanto il regista davvero li conosca: il risultato è che appaiono più maschere che persone, il che in ambito di commedia non sarebbe un difetto, se il registro fosse uniforme. Invece a fianco delle "caricature" ci sono esseri umani meno stereotipati. Il più funzionale alla trama è il bravissimo Dario Cassini nel ruolo di Bruno, proprio perché la sua maschera tragicomica è dichiaratamente fasulla e ostentata.
Pietro Castellitto ha avuto il buon senso di circondarsi di ottimi tecnici e, come già detto, ottimi attori. Quel che gli è mancato, forse, è un accompagnamento produttivo più disposto ad arginare la sua effervescenza, fatale se si vuole creare un primo film solido e coerente. Lo aspettiamo alla seconda prova, in cui potrà scremare il suo entusiasmo e scegliere una maggiore sobrietà estetica e narrativa.
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Una commedia senza scoregge o ingrtighi amorosi da quattro soldi, può esistere ? ma fa pure riflettere ? Ho goduto come un pazzo, soprattuto a pensare a quei poveri spettatori ormai farciti di prodotti spiccioli ad altro contrasto che si sono ritrovati smarriti e frustrati alla ricerca di un senso, state calmi non sforzatevi troppo, relax, non agitatevi, dite semplicemente: "questo film [...] Vai alla recensione »
Non avevo intenzione di andare a vedere questo film.. ci sono andato perché era l'unico in programmazione la sera del 25/10.. Sinceramente, non l'ho capito. Non ho nemmeno capito se ci fosse qualcosa da capire. Leggendo qui, pare di no.. Ad ogni modo, film godibile, vivace.. non mi sono annoiato.. Sicuramente indispensabile la scritta "fine" per capire che era terminato (o [...] Vai alla recensione »
Folgorante esordio per il giovane Castellitto, che sembra ispirarsi alle Favolacce dei fratelli D’Innocenzo (stesse anime perse che faticano a dare un senso alla loro vita, con la differenza che in questo caso si ride), in un racconto corale che può addirittura ricordare Robert Altman (per la logica dei “destini incrociati” dei personaggi).
facile essere il figlio.di un grande attore.Puoi fare anche un film del genere e magari ti premiano pure. Solo in Italia
Film probabilmente realizzato grazie a babbo Sergio che ha messo una buona parola. La trama non si capisce, i personaggi sono noiosi tranne, forse, quello di Popolizio. Si può guardare. Ma anche no.
Un film con un buon plot, ma guardandolo ho avuto la sensazione di una regia che non si è saputa mettere in discussione, non ha ascoltato consigli ed ha tirato a dritto per una strada che non paga. inquadrature inutilmente forzate in prospettive disfuzionali alla narrazione, sceneggiatura rotta in frammenti mal sviluppati, qualche lungaggine davvero soporifera.
Esatto: FAVOLACCE... ma in salsa (se vogliamo) ancor più coatta. Un Favolacce, ma da ridere, insomma, stile "non prendiamoci troppo sul serio". Certo, le riprese sono quelle che sono: odio le inquadrature caracollanti e a metà che si stanno usando ultimamente. A me non danno un senso di dinamismo o di novità, ma tanto, tanto pressappochismo.
Film finto, pretestuoso e pretenzioso. Si vede proprio che c'è tantissima ambizione e zero contenuto. Una storia furba che prova a raccontare, male una realtà alternativa. Una sceneggiatura che sembra scritta appositamente per condizionare lo spettatore. pare ci siano contaminazioni e scopiazzature di narratori di terzo ordine. Una regia a dir poco allucinante.
Castellitto avrebbe dovuto essere più modesto e semplice nella sua sgangherata troppo imbottita prima opera, e affidarsi di più al cuore e non soltanto alla sua testa e al suo Nietzsche amato-odiato (non capito)
Film demenziale polpettone intricato non se ne capisce il senso, forse vuol esprimere la ricerca di senso da parte del giovane regista, che però rimane ricerca...
Diverte negli assolo degli interpreti. Dovete, però, fare i conti con un Pietro Castellitto, con il suo pensiero, una variante di quello "debole": Nietzsche, morto "vergine" ossia non potè fecondare altro che gente tra cui anche chiacchieroni esaltati. Tra di loro si colloca a buon diritto il protagonista (Federico).
Un esordio rappresenta spesso un’occasione e un banco di prova. C’è chi fallisce e chi riesce, chi si rialza e chi abbandona, chi trova la sua voce e chi invece non trova niente; c’è chi viaggia sui binari della sicurezza e chi, forse incautamente, vuole dimostrare tutto subito. I predatori - disponibile in streaming su CHILI - esordio alla regia di Pietro Castellitto, è tutto meno che misurato e sobrio. Nel film, ad emergere, sono uno sguardo personale forse ancora acerbo, l’impazienza incosciente di voler dire tante cose e alcuni temi, come quelli dell’alienazione e dell’incomunicabilità, che si impongono per immagini con più chiarezza.
I predatori è la storia di due famiglie di diversa estrazione sociale, completamente agli antipodi. Una è quella alto-borghese di Pierpaolo, sua moglie Ludovica e suo figlio Federico, uno studente di filosofia appassionato di Nietzsche. Le loro vicende si incrociano con quelle di Bruno, amico di Pierpaolo, e sua moglie Gaia. L’altra è la famiglia proletaria e neofascista di Claudio e suo fratello Carlo, che gestiscono un’armeria. Fanno parte di questa famiglia anche le loro mogli, i figli e la nonna Ines. Un incidente mette di fronte le due realtà, tanto le loro differenze quanto alcuni aspetti comuni.
Attraverso una chiave comica grottesca, Castellitto mette in scena le contraddizioni, i vizi e le virtù dei suoi personaggi, tessendo la tela delle loro relazioni. Ad emergere, sia nella famiglia alto-borghese che in quella proletaria, è l’assoluto senso di insoddisfazione che pesa sulle loro spalle.
Poggiandosi sui grandi cineasti del passato, Castellitto evidenzia attraverso i suoi personaggi uno stato di alienazione perpetuo. Ecco che una cena in famiglia e il riunirsi tutti allo stesso tavolo rivelano i sintomi di una tristezza collettiva, perfino tragicomica, nella quale ognuno sembra destinato a vivere. L’alienazione che questo film mette in luce trascende dall’età e dalle diverse generazioni, laddove sono proprio le differenze ad alimentarne la profondità. Tra i personaggi che Castellitto tratteggia affiora la percezione di un’incomunicabilità altrettanto destabilizzante. Questa ha una natura tanto generazionale, dettata da un futuro incerto e pieno di paure, quanto sociale, suggerita dall’incapacità di rapportarsi con chi è diverso.
Se il film presenta due famiglie molto lontane tra loro, è anche per sottolineare quanto le diversità si accompagnino, in realtà, ad alcuni aspetti condivisi. Oltre l’alienazione c’è l’insofferenza che alimenta entrambe. I protagonisti, quei predatori che danno il titolo al film, si nutrono degli altri spinti da una disillusione insaziabile e dalla loro stessa natura. Non sono buoni e non sono cattivi, ma possono essere tanto prede quanto cacciatori.
In questo senso il film di Castellitto esalta i suoi personaggi non senza qualche superficialità. Alcuni di loro appaiono fin troppo caricaturali, portati al margine dell’esagerazione. Altri, invece, sono più legati alla realtà che il film descrive, in uno spettacolo generale che non si fa mai farsa.
Fin dalla prima scena, un movimento di macchina virtuosistico che tiene insieme tanti personaggi per strada, come in una staffetta, l' esordio alla regia di Pietro Castellitto dichiara il proprio progetto. Il film è una commedia, che punta su gag e battute ma anche sulla messa in scena, giocando coi tempi e gli spazi. Uno stile vistoso, proprio dell' esordiente che vuol farsi notare all' esordio, ma [...] Vai alla recensione »
Quando si nasce in una famiglia d'arte tutto diventa, allo stesso tempo, più facile e più difficile. La presenza di genitori celebri comporta conoscenze utili e semplifica la trafila degli esordi. Poi, però, davanti a chi deve giudicare, bisogna essere non bravi, ma bravissimi, come se il cognome noto regalasse un punteggio di partenza da far crescere, per forza, in modo esponenziale.
Intreccio di famiglie altoborghesi e coatte. Da una parte il medico Bruno e la moglie regista Ludovica, con figlio Federico che sembra una maschera del muto. Dall' altra i fratelli neofascisti borgatari Claudio e Carlo, che gestiscono un' armeria e che sono sposati e con figli. Pietro Castellitto, figlio di Sergio, debutta alla regia ed è smanioso di mostrare le proprie qualità.
Pietro Castellitto. Un nome già scritto nel cinema italiano. Per diversi motivi, in primis la famiglia. Mamma è Margaret Mazzantini, scrittrice, sceneggiatrice, attrice, babbo è Sergio Castellitto, attore e regista. Per questo all' annuncio del suo esordio come sceneggiatore, regista e protagonista sembrava giusto mostrarsi diffidenti, prendere le distanze verso l' ennesimo raccomandato con tanto di [...] Vai alla recensione »
Secondo Pietro Castellitto I predatori è un film antiborghese, non un film antifascista. Ci sono i proletari fasci di Ostia che dietro l'aria da cafoni nascondono un po' di umanità (e poco importa il gioco metanarrativo che dovrebbe stabilire una distanza ironica nella morale del film) e ci sono i ricchi intellettuali di Roma che nonostante facciano cose buone e giuste - curano malattie, girano film, [...] Vai alla recensione »
Per i Pavone e Vismara niente viaggi. Al massimo qualche weekendino nel film I predatori di Pietro Castellitto, figlio di Sergio. I primi sono sinistri, più che di sinistra, causa genitori velenosi (lei regista, lui chirurgo) separati in casa con figlio accademico e bombarolo. Più a destra i Vismara, venditori di armi con zio fascista che li domina.
Presentato in concorso alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, I predatori ha ottenuto il Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura e una buona accoglienza critica, in virtù di un tono spiazzante e di un meccanismo di accumulazione che tiene con il fiato sospeso. Tuttavia, si ha l'impressione scomoda di sorvolare la superficie, con l'ambizione comune [...] Vai alla recensione »
Roma e Ostia, borghesi e borgatari, padri e figli. Si regge su coppie antitetiche fortemente connotate il sorprendente esordio alla regia di Pietro Castellitto. Che manda in rotta di collisione mondi distanti e apparentemente incompatibili per leggere in chiave grottesca il nostro presente. Al centro di tutto due famiglie romane dei giorni nostri: i Vismara e i Pavone.
Spiace che esca in un periodo tanto rischioso, per il cinema in generale e ancor più per un' opera prima. Pietro Castellitto - già adocchiato come attore, bastava mezza scena per capire quanto era bravo nella parte del Secco in "La profezia dell' armadillo", dal fumetto di Zerocalcare - ha azzeccato ogni cosa. A cominciare dalla sceneggiatura, premiata alla Mostra di Venezia nel concorso Orizzonti. [...] Vai alla recensione »
Ci sono due famiglie. Una borghese, una coatta. Una vive a Roma, una a Ostia. Una è composta da madre regista, padre chirurgo, figlio un po' squinternato, ed è ovviamente progressista, con falle affettive d'ordinanza: sono i Pavone; l'altra è il controcanto inevitabile: è burina, gestisce un'armeria ed è ovviamente orgogliosamente fascista, oltre a essere più unita e sono i Vismara.
Nel novero dei figli d'arte, la carriera cinematografica di Pietro Castellitto parte bene, con il suo primo film I predatori premiato come migliore sceneggiatura in Orizzonti. Lo avevamo già visto in ruoli minori diretto dal padre e da altri registi italiani. Quello che è costante a molti figli di scrittori e registi è il dover-voler raccontare le pieghe di quello strano mondo in cui sono nati e cresciuti. [...] Vai alla recensione »
Due famiglie di estrazione totalmente diversa si incrociano sullo sfondo di una Roma livida e caotica in I predatori del giovane Pietro Castellitto, dando vita a una commedia umana feroce e a tratti amaramente esilarante, un'opera prima vincitrice del premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura all'ultima Mostra di Venezia. Da una parte i borghesi Pierpaolo (Massimo Popolizio) e Ludovica (Manuela [...] Vai alla recensione »
Un'opera prima è un'impresa complessa e rischiosa. Alle spalle non c'è niente e tutto quel che occorre sapere arriverà con il senno di poi, guardando le cose con effetto retroattivo. Di I predatori, l'esordio nel lungometraggio di Pietro Castellitto, si sa quel che in ogni recensione e articolo sembra non poter mancare, come gravosa informazione di partenza: Pietro è il figlio di Sergio Castellitto, [...] Vai alla recensione »
È l'esordio di un ex ventenne (all'epoca della scrittura del soggetto), classe 1991, post ideologico, post tutto. Anche post commedia all'italiana, da cui I predatori si tiene alla larga. Non c'entra nemmeno il Virzì di Ferie d'agosto, anche se la narrazione gira attorno a due famiglie, una, diciamo così, borghese e di sinistra, i Pavone, e l'altra, ridiciamo così, proletaria e di destra, i Vismara. [...] Vai alla recensione »
Non sono mostri, i predatori di Pietro Castellitto, e neppure sono maschere nuove per la commedia all'italiana di cui il suo esordio, oggi, può solo metter in scena (e in forma deforme) la recrudescenza, come Gli infedeli. Le risate che titilla non sono amare, non sono crasse: sono gli sghignazzi nervosi che rompono il silenzio di un funerale, innescati da sketch catatonici e farseschi che coinvolgono [...] Vai alla recensione »
È mattina presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. È sempre mattina presto quando, qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche. Due torti subiti. Due famiglie apparentemente incompatibili: i Pavone e i Vismara.
Non si può dire che Pietro Castellitto, reduce dalla sua prima esperienza dietro alla macchina da presa, non abbia iniziato col piede giusto: figlio d'arte (si vede) e giovanissimo filosofo (ancora una volta, si vede!), il neoregista racconta le Favolacce che si districano all'interno di una Roma periferica, artificiale e, tutto sommato, inedita. Le famiglie Pavone e Vismara incarnano, almeno in apparenza, [...] Vai alla recensione »
In attesa di vederlo nei panni di Francesco Totti nella serie Speravo de morì prima, Pietro Castellitto (classe 1991) porta in Orizzonti a Venezia 77 la sua opera prima. E a suo modo sorprende. È mattina presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo (Vinicio Marchioni) bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. È sempre mattina presto quando, qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia [...] Vai alla recensione »
Una nuvola di fumo. Fumo negli occhi e nella macchina da presa. Inizia con una allucinazione mefistofelica I predatori. Vinicio Marchionni, corpo attoriale legato alla periferia romana "simulata" (Romanzo criminale, Il contagio), cammina sul lungomare di Ostia per andare a truffare una vecchia pensionata dicendole di essere un amico del figlio. Quest'ultimo è un patito di Mussolini che ha un'armeria [...] Vai alla recensione »
Si incrocia in modo casuale ma esplosivo la storia di due famiglie romane, i Pavone e i Vismara. I primi formano un nucleo di borghesi intellettuali (mamma regista, papà chirurgo, figlio dottorando in filosofia); i secondi (due fratelli con rispettive mogli e prole, più l'anziana madre) danno vita a un eterogeneo gruppo di nostalgici, gestori di un'armeria per conto dello zio malavitoso.