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Stefano DionisiAttore multiculturale, tra fiction tv e cinema54 anni, 1 Ottobre 1966 (Bilancia), Roma (Italia) |
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![]() "Io amo la vita."
dal film Sostiene Pereira (1995)
Stefano Dionisi Monteiro Rossi
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Nasce e trascorre l'adolescenza a Roma, dove frequenta il liceo classico e prende lezioni di recitazione per un anno al teatro La Scaletta sotto la guida di Antonio Pierfederici. Si diploma nel 1985, poi decide di viaggiare: si trasferisce a New York alla fine degli anni Ottanta, si sposta più volte verso oriente, intraprendendo alcuni viaggi in India tra il 1987 e il 1991.
L'esordio come attore avviene nei circuiti televisivi: ha una parte nel film tv Rose di Tomaso Sherman, seguito da È proibito ballare e dalla partecipazione a due mini-serie importanti del 1990, La Piovra 5 - Il cuore del problema e Pronto soccorso. Il debutto cinematografico si concretizza con il thriller Il segreto (1990) di Francesco Maselli dove Stefano ha il ruolo di uno degli amanti della bellissima Nastassja Kinski.
Primi ruoli al cinema...occhieggiando alle produzioni straniere
Con l'inizio degli anni Novanta entra a far parte di diversi film (Tracce di vita amorosa, Verso sud, Lettera da Parigi e Sabato italiano per ricordare i più importanti) ma senza sfondare. Dopo La ribelle - Storia di Enza (1993), secondo lungometraggio di Aurelio Grimaldi che vede tra le protagoniste la sensuale Penelope Cruz, arrivano due grandi occasioni: nel 1994 il regista pugliese Pasquale Pozzessere lo richiama per Padre e figlio, film che mette in risalto la sua recitazione nervosa e sofferta, ancora più comunicativa quando rinchiusa in ostinati silenzi e poco dopo sarà nel sontuoso Farinelli - Voce regina, vincitore del Golden Globe come miglior film straniero, dove interpreta il famoso sopranista Carlo Broschi. Le ottime performance di questi due ultimi lungometraggi gli permettono di guardare avanti con più serenità, oltre che ricevere il David di Donatello Speciale per "la sua affermazione nell'ambito del cinema italiano giovanile". Qualche tempo dopo viene chiamato per la produzione inglese Giuseppe (1995) di Roger Young dove recita vicino a mostri sacri come Ben Kingsley e Martin Landau.
Tutti i generi cinematografici e tutto il cinema europeo
Ha l'opportunità di recitare a fianco di Marcello Mastroianni in Sostiene Pereira (1995) di Roberto Faenza, tratto dall'omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, ambientato a Lisbona durante il fascismo salazariano. Si sposta in Francia dove ha un ruolo in Le Fuggitive di Nadine Marquand Trintignant per poi superare i Pirenei e finire disgraziatamente in Catalogna, nelle mani di Bigas Luna che lo ingaggia per l'erotico Bambola (1996), dove interpreta il fratello omosessuale della protagonista Valeria Marini. Nel ritorno verso l'Italia cambia nuovamente stile e si reinventa nel film fantastico L'arcano incantatore (1996) di Pupi Avati per poi lasciarsi coinvolgere nella storia drammatica e tragicamente vera de La tregua (1997) di Francesco Rosi, sceneggiato da Rulli e Petraglia con la collaborazione di Tonino Guerra, dove Stefano è Daniele, un sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz. Sperimenta ancora il registro drammatico in Alexandria Hotel e con L'albero delle pere di Francesca Archibugi ma riparte subito dopo per lavorare all'estero: è nel francese I figli del secolo (1999) di Diane Kurys, nell'inglese La perdita dell'innocenza (1999) di Mike Figgis e nel tedesco Gloomy Sunday - Ein Lied von Liebe und Tod (1999) di Rolf Schübel.
Dario Argento, il cinema impegnato e l'amore per la Francia
In una carriera così ricca di sfaccettature e di ruoli diversissimi tra loro, manca solo l'horror ed eccolo qui, arrivare nelle vesti di Dario Argento che chiama Stefano per Nonhosonno (2000), uno dei più sanguinosi film del maestro nostrano della paura. Da una storia di omicidi in serie a una di uccisioni fatte per la libertà ne Il partigiano Johnny (2000) di Guido Chiesa. Dopo l'ottima interpretazione del protagonista Johnny, l'attore rivolge la sua attenzione alla tanto amata Francia dove entra a far parte del cast di Ginostra (2002) di Manuel Pradal con Harvey Keitel e Andie McDowell. In Italia è in Senza freni con Paola Cortellesi, La porta delle 7 stelle dell'amico Pozzessere e in Ovunque sei di Michele Placido.
Ritorno alla fiction televisiva
Torna a frequentare la serialità televisiva nell'ottimo Renzo e Lucia (2004) di Francesca Archibugi e in Virginia. La monaca di Monza con Giovanna Mezzogiorno diretto da Alberto Sironi. Poi si perde nelle vie del cinema commerciale, dignitoso certo, ma che non crea lo spazio adatto al suo talento recitativo: è in Raul - Diritto di uccidere (2005) di Andrea Bolognini e nell'adolescenziale Last Minute Marocco (2006) di Francesco Falaschi. Nel 2007 partecipa al film tv Caccia segreta di Massimo Spano, alla mini-serie Era mio fratello e all'importante fiction che ha ripercorso la vita del mafioso Bernardo Provenzano L'ultimo dei corleonesi. L'anno dopo è sempre protagonista della finzione da piccolo schermo con Tigri di carta dove affianca Rocco Papaleo, Alessandro Haber e Valentina Cervi. Dopo questa lunga frequentazione televisiva annuncia il ritorno al cinema con un piccolo film italiano, dal taglio innovativo, che affronta i problemi di comunicazione all'interno di una tipica famiglia italiana: Family Game: se una vita non basta (2008) di Alfredo Arciero. A questo lavoro seguono Il sangue dei vinti (2008), La fisica dell'acqua (2009), Cocapop (2010) e Ti presento un amico (2010).
Abbandonando momentaneamente i romanzi popolari e il melodramma seriale che ha garantito il successo degli ultimi prodotti (Terra ribelle, Paura di amare e Rossella), il prime time di RaiUno cambia faccia e propone un ritorno alla tradizione tutta italica del poliziottesco coniugata coi temi sociali più attuali. Diretta da un virtuoso frequentatore del cinema di genere come Michele Soavi (Dellamorte Dellamore, Arrivederci amore, ciao), Caccia al Re – La narcotici è il racconto in sei puntate (in onda a partire da domenica 16) della complessa operazione "Caput Mundi": la prima indagine affidata al vicequestore Daniele Piazza, subentrato come dirigente della sezione narcotici in seguito a un grosso scandalo di corruzione. In questo primo incarico, la nuova squadra di Piazza si troverà subito ad affrontare l'impero di un importante trafficante, detto l'Ottavo Re di Roma, con il quale Piazza ha un conto in sospeso da lungo tempo.
Ad interpretare il vicequestore è stato chiamato il tedesco Gedeon Burkhard, volto molto amato dai telespettatori de Il commissario Rex e di Squadra Speciale Cobra 11, affiancato dagli altri membri della squadra Raffaella Rea, Alina Nedelea, Sergio Friscia, Denis Fasolo e Valentino Campitelli. Del "lato oscuro" fanno parte invece l'Ottavo Re di Roma Stefano Dionisi e i suoi scagnozzi Michele D'Anca, Libero De Rienzo, Ricky Memphis e Bruno Conti. In mezzo alle due opposte fazioni stanno invece i giovani protagonisti della storia, adolescenti irretiti dal pericoloso gioco della droga, che nelle parole degli autori e degli attori sono i veri destinatari di questa nuova produzione. Una produzione in cui l'elemento didattico e civile ha quindi una forte presenza in quanto, come sostiene a gran voce Maurizio Masciopinto, responsabile delle relazioni esterne della Polizia di Stato: "Non è vero che il bene non fa ascolto!".
Dopo due film per il cinema, cosa l'ha attratta a tornare alla tv?
Michele Soavi: Mi ha molto affascinato il tema della serie. La sceneggiatura affrontava il mondo della droga tema in modo crudo, realistico, senza falsi buonismi. Si trattava di un lavoro molto accurato, scritto a partire da fatti di cronaca. La droga è sempre un tema molto attuale e dare su questo argomento dei messaggi ai giovani è un dovere didattico e terapeutico. Il servizio pubblico ha il dovere di fare questo tipo d'informazione, di raccontare qualcosa che ci faccia vedere il riflesso dell'immagine di noi e di come sono e cosa rischiano i nostri figli. Caccia al Re è tutto questo, condito da un buon ritmo e da una storia molto avvincente.
C'è qualcosa in comune fra Daniele Piazza e i suoi poliziotti precedenti?
Gedeon Burkhard: Sono ruoli sempre più drammatici, ma non hanno molto in comune fra loro a parte il fatto che sanno come usare un'arma. Il commissario Rex era un po' favola, Cobra 11 più improntato all'azione. In questa serie invece, il mio personaggio è vittima di un tragico destino e ciò lo avvicina molto più degli altri a una persona reale.
Cosa ti ha spinto a diventare l'Ottavo Re di Roma?
Stefano Dionisi: Ho accettato con grande passione perché mi ero divertito molto a lavorare con Michele Soavi per Il sangue dei vinti. I nostri cattivi sono interessanti perché appartengono al mondo criminale di tutti i giorni, ma in fondo sono sempre i soliti cattivi... La parte più importante della storia è senza dubbio quella che coinvolge gli adolescenti e il tema della droga. Finora non si era mai affrontato con una storia così affascinante e un tale talento di regia il problema dei ragazzi adolescenti che si avvicinano alle droghe.
Come si è svolto il lavoro degli sceneggiatori?
Leonardo Fasoli: In effetti, per noi l'obiettivo fondamentale era sviluppare il punto di vista degli adolescenti, cercare di raccontare le cose con un massimo di aderenza alla verità e di rispetto nei confronti dell'argomento. Occorreva prestare attenzione a non criminalizzarlo in maniera troppo facile per non essere troppo superficiali e rischiare di ottenere l'effetto contrario.
Maddalena Ravagli: Era fondamentale non condannare semplicemente l'uso della droga in quanto tale, ma indagare in quale modo e perché gli adolescenti si avvicinano e si integrano al business della cocaina. Non assumere una presa di distanza, ma chiedersi quindi in prima persona come ci comporteremmo se succedesse ai nostri figli. Uno dei grandi problemi attuali è proprio l'enorme distanza che c'è fra i giovani e i loro genitori.
Cosa ti ha spinto a diventare una poliziotta?
Raffaella Rea: In una fiction di questo tipo è il linguaggio con cui si racconta il problema a fare la differenza. Molto spesso notiamo uno scollamento fra materia trattata e storia realizzata, qua invece ho notato fin dalla scrittura una forte aderenza ai problemi della realtà. Inoltre, come donna, mi affascinava interpretare una poliziotta che per una volta non mettesse da parte la sua femminilità ma che anzi ne facesse un segno della sua passione e dedizione al lavoro.
Dopo tanti polizieschi, è la tua prima volta da cattivo?
Ricky Memphis: Sì, ma è il cattivo meno cattivo di tutti. Livio Vitale è sì un infame spacciatore che guadagna sulla pelle della gente, ma è anche un sognatore, un uomo diabolicamente ingenuo. In questo lavoro vedrete una Roma che è molto vicina alla situazione reale. Magari non capita proprio tutti i giorni di incontrare spacciatori come l'Ottavo Re, soprattutto se non te li vai a cercare, però attraverso la storia si percepisce come nella nostra società in questo momento ci sia una forte aria di criminalità e di perdita dei valori.
Da uno dei romanzi più popolari, ma anche più letti, da generazioni di adolescenti, David Copperfield, un film di Ambrogio Lo Giudice, co-prodotto da Rai Fiction e Rizzoli Audiovisivi, in onda, in prima serata su Rai Uno, domenica 26 e lunedì 27 aprile. Ad interpretare il noto personaggio è il bravo Giorgio Pasotti, a fianco a lui, un'altra eccellente protagonista, Maya Sansa, ma anche Gianmarco Tognazzi, nel personaggio del "cattivo" Uriah Heep, Stefano Dionisi, che interpreta Edward Murdstone, Chiara Conti, nel ruolo della madre di Copperfield e Larissa Volpentesta, nei panni di Emily. Un racconto, in realtà, non così letto, ma bensì tramandato oralmente, sostiene il responsabile Rai Fiction Max Gusberti, ma di certo un grande romanzo, anche un successo per la televisione nel 1965 (il celebre sceneggiato, interpretato da Giancarlo Giannini, divenne un cult), che crea una certa continuità, "televisivamente parlando", con la tradizione di riadattare alcune storie famose, come è accaduto con Rebecca-La prima moglie, che dovrebbe essere il "gusto" di Rai Uno.
Presentato come un film "strano" ovvero non nei canoni della fiction, Mal'aria è tratto dall'omonimo libro di Eraldo Baldini (pubblicato da Frassinelli e vincitore, nel 2003, del premio Fregene) perché c'è si una storia, ma anche mistery e superstizione.
Pino Corrias, capostruttura di Rai Fiction, ribadisce che questo racconto ha, soprattutto, a che fare con il fantasy, che è un genere non frequente per la televisione, che nasce dalla fantasia (appunto) di Baldini, uno scrittore "regionalizzato" che ambienta le sue storie nel ravennate, in paesaggi di nebbia e di acqua, sul delta del Po. La narrativa di questo autore è stata definita "gotico-rurale", che è anche il titolo che egli ha dato ai suoi racconti. Paragonato a Stephen King, ma anche ad altri scrittori noir, amico di Lucarelli, ha collaborato con lo stesso, distinguendosi per questa "chiave" in più, che è appunto il fantasy. Qui la protagonista, oltre alla malaria, alla nebbia e al paesaggio, che in questa storia contano molto, è una strega, che è quella che determina la malaria. Siamo nell'Italia del 1925, nella stagione fascista delle bonifiche, c'è la propaganda del regime che vuole che tutto funzioni e si avvii alla modernità e c'è questa interferenza della realtà e cioè che, in una zona rurale, stanno morendo dei bambini. Viene mandato un ispettore sanitario (il dottor Carlo Rambelli) che, nelle intenzioni del regime, dovrebbe sopire questo dato di realtà, mentre poi gli avvenimenti porteranno ad una serie di accadimenti, la cui narrazione è sempre avvolta nel mistero. Il film ha una chiave che rappresenta (dai tempi de Il segno del comando: uno sceneggiato della Rai del 1971), nelle immagini, negli effetti speciali, in questo fondale soprannaturale per la televisione, una novità.
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