Chioma rossa, sguardo intenso e corpo sinuoso tutto lentiggini. Julianne Moore si presenta così nel mondo magico della settima arte. Una fisicità particolare che è il primo approccio alla grandezza interiore di un'attrice eclettica che ha saputo scavare nell'animo femminile. Si è messa in gioco con corpo e spirito, regalando ottime interpretazioni che l'hanno resa una delle attrici più apprezzate della sua generazione.
Il sipario si apre con il cinema d'autore
Alcune esperienze televisive precedono l'esordio cinematografico del 1990 con I delitti del gatto nero di John Harrison. In poco tempo impone il suo fascino elegante, la sua recitazione nervosa e potente in titoli di grande valore: da America oggi (1993) di Robert Altman a Vanja sulla 42ª strada (1994) di Louis Malle, dal toccante Safe (1995) di Todd Haynes a Il grande Lebowski (1998) di Joel Coen. Intervalla le grandi produzioni d'autore a pellicole minori, ma sempre scelte con grande intuito e sensibilità. La troviamo nella commedia originale Benny & Joon al fianco di un esilarante Johnny Depp, in quella drammatica e poco valorizzata Un adorabile testardo e nel remake Nine Months - Imprevisti d'amore dove interpreta l'adorabile fidanzata incinta di un preoccupatissimo Hugh Grant.
La consacrazione grazie a Paul Thomas Anderson
Dopo la mega produzione Il mondo perduto - Jurassic Park di Steven Spielberg, affronta due memorabili interpretazioni in Boogie Nights - L'altra Hollywood (1997) e Magnolia (1999), entrambi firmati dall'indipendente Paul Thomas Anderson; e quella dell'agente Clarice Sterling nel meno importante Hannibal (2001) di Ridley Scott. Personaggi ben caratterizzati che la consacrano come una delle migliori attrici di Hollywood. Passa facilmente dal comico al drammatico: è nel thriller Psycho di Gus Van Sant che rifà il capolavoro omonimo di Hitchcock, occhieggia ad Oscar Wilde nel divertente intreccio ad equivoci Un marito ideale, vive il dramma della Fine di una storia di Neil Jordan e s'imbatte nelle controversie di una famiglia della provincia americana ne La fortuna di Cookie del maestro Robert Altman.
Icona di femminilità
Nel 2001 è una vedova in The Shipping News - Ombre dal profondo di Lasse Hallström e si trasforma in eroina armata di shampoo antiforfora in Evolution.
Nel 2002 vince la coppa Volpi a Venezia per la sua eccezionale interpretazione in Lontano dal Paradiso, diretto da Haynes, dove indossa i panni di un'elegante casalinga americana degli anni Cinquanta, emarginata dal suo ambiente perché attratta da un giardiniere di colore, in un dichiarato omaggio ai toni e alle atmosfere del mélo di Douglas Sirk. Ma l'anno si rivela fortunato anche per la magistrale performance in The Hours, dov'è Laura, un'altra donna frustrata che non accetta la vita conformista che le offre il marito. Due ruoli, quest'ultimi, che la fanno diventare una vera icona di femminilità, audace controparte di un mondo maschile troppo conformista.
Fantascienza d'autore, commedia e biopic
In una carriera così perfetta non può mancare la distrazione plateale di un film sbagliato: è il caso dell'inguardabile The Forgotten, dove la bravura di Julianne è l'unico punto positivo dell'intera pellicola. Si riscatta subito dopo con la commedia newyorchese Uomini & Donne - Tutti dovrebbero venire...almeno una volta! (terribile il titolo italiano!), un piccolo film indipendente che si regge su una sceneggiatura avvincente. Ottima in I figli degli uomini di Alfonso Cuaròn, prosegue con Il colore del crimine a fianco di Samuel L. Jackson per poi avere un piccolo ruolo delicato nel corale Io non sono qui, omaggio straordinario di Todd Haynes al cantautore Bob Dylan.
Cambia totalmente registro in Next, film fantascientifico tratto da un racconto di Philip K. Dick che segna il ritorno del regista Lee Tamahori, dopo qualche scivolone cinematografico.
Nel 2008 è in Savage Grace, biopic che racconta il rapporto incestuoso tra Barbara Daly, la donna che, dopo aver scoperto l'omosessualità del figlio, tenta di sedurlo. Torna agli action thriller con Blindness (2008) e Shelter - Identità paranormali (2010) in cui interpreta il ruolo di psichiatra, e nel 2009 è diretta da Tom Ford nell'elegante e brillante A Single Man.
Dopo Chloe - Tra seduzione e inganno e The Private Lives of Pippa Lee (entrambi targati 2009), è una donna omosessuale di mezz'età nella commedia I Ragazzi stanno bene (2010), ruolo per il quale viene candidata ai Golden Globe e ai Bafta. Nel 2011 torna nella commedia corale Crazy, stupid, love, accanto a Ryan Gosling e Emma Stone e due anni più tardi partecipa all'esordio alla regia di Joseph Gordon-Levitt, Don Jon. Sarà poi la madre di Carrie/Chloe Moretz nell'horror Lo sguardo di Satana - Carrie di Kimberly Peirce.
A settembre 2013 entra ufficialmente nel cast del terzo capitolo della saga Hunger Games, tratto dal romanzo Il canto della rivolta, nei panni della Presidentessa Alma Coin, mentre nel mese di ottobre dello stesso anno riceve la stella numero 2507 sulla Hollywood Walk of Fame.
Nel 2014, ai Gonden Globe, riceve la nomination come Migliore attrice in un film commedia o musicale, grazie alla sua interpretazione di Havana Segrand in Maps to the Stars, diretto da David Cronenberg. Nel 2015 si aggiudica un Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico e anche il Premio Oscar come Miglior attrice protagonista grazie alla sua interpretazione in Still Alice, di Richard Glatzer e Wash Westmoreland. Nello stesso anno è la protagonista di Freeheld: Amore, giustizia, uguaglianza, di Peter Sollett e affianca Greta Gerwig e Ethan Hawke ne Il piano di Maggie - A cosa servono gli uomini di Rebecca Miller.
Tra gli ultimi film interpretati troviamo La stanza delle meraviglie di Todd Haynes, Gloria Bell di Sebastian Lelio e il remake Dopo il matrimonio di Bart Freundlich.
Nel 2021 è nel cast del nuovo film di Joe Wright La donna alla finestra, accanto a Amy Adams e Gary Oldman. Due anni dopo torna a essere diretta da Todd Haynes in May December, film in concorso al Festival di Cannes, mentre nel 2024 è diretta da Pedro Almodovar ne La stanza accanto, film vincitore del Leone d'Oro all'81. Mostra del Cinema di Venezia.
Essere rossa è già incarnare un personaggio. Specialmente a Hollywood. Un colore che fonda un canone di eleganza e rende per forza diversi. L'attrice fa del suo essere rossa il centro del suo mistero. Che prepari una torta in The Hours o aspiri una sigaretta in A Single Man, che tiri di coca in Boogie Nights o trattenga una sciarpa come fosse una mano mentre innamora il giardiniere Lontano dal paradiso, il rosso diventa fulcro della messinscena, oscurando le altre forze in campo