Uno dei più importanti ed acclamati cineasti spagnoli. Di fama internazionale, considerato da molti l'erede di Luis Buñuel, questo "enfant terrible" iberico, ha saputo nell'arco di quarant'anni di carriera, raccontare la vita con tutte le sfumature delle sue assurdità, venandole di una corrosione e di una provocazione tali da scendere in aspetti tragici o comici (la cui distinzione è labile e fuggevole, perfino allo spettatore). Le sue sceneggiature sono originali, ritmiche e piene d'invenzioni, mentre la sua direzione è tale da creare a ogni pellicola una famiglia d'attori (piuttosto che un cast), riuscendo comunque a dirigerli in un preciso universo poetico. Il cinema di Almodovar è quello di qualcuno che ama la sua vita, una sarabanda grottesca divertita e feroce.
Le origini
Nato a Calzada de Calatrava, un piccolo paese della poverissima La Mancha, all'età di otto anni emigra con la famiglia a Estremadura. A dieci anni, entra in una scuola cattolica dove assisterà agli abusi dei salesiani sui suoi compagni di studio. Lo shock dell'esperienza lo allontanerà dalla Chiesa e dall'idea di proseguire la sua istruzione. Nel 1968 arriva a Madrid in cerca di fortuna e diventa un ambulante nel mercato per le pulci di El Rastro. Autodidatta (Almodovar non ha mai studiato cinema perché la sua famiglia era troppo povera per permettersi un'istruzione del genere), ha subito la dittatura di Franco che comportò la chiusura delle scuole di cinema all'inizio degli anni Settanta.
Dopo essere stato un ambulante, eccolo centralinista per dodici lunghi anni in una compagnia telefonica e, con i risparmi dei suoi stipendi, compra finalmente una cinepresa Super 8.
L'esordio nel mondo del cinema
Dal 1972 al 1978 comincia a girare dei cortometraggi aiutato da alcuni suoi amici, il suo nome diventa facilmente e rapidamente famoso negli ambienti underground e lui entra nel movimento culturale pop della Madrid di quegli anni, LA MOVIDA, diventandone una star. Sarà, infatti, con la Compagnia Los Goliardos che comincerà a formarsi cinematograficamente, esercitandosi anche nella scrittura di racconti (che saranno pubblicati con notevole successo).
Nel 1980 dirige il suo primo film Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio cominciando a regalare fortuna e fama a quelle che saranno le grandi dive del cinema spagnolo: Carmen Maura, Cecilia Roth e Julieta Serrano.
Inoltre, forma anche duo rock "Almodòvar & McNamara", di cui sarà cantante e leader: una bizzarra e leggendaria personificazione musicale de LA MOVIDA madrilena. Nel 1982 torna al cinema con il suo film Labirinto di passioni, una delle sue commedie preferite.
Il fenomeno Almodovar
Nel 1987 lui e suo fratello Agustìn Almodòvar costituiscono la casa di produzione: El Deseo, S.A. Il "fenomeno Almòdovar" comincia ad essere ricercato in tutto il mondo. Il suo successo sarà bissato con: Donne sull'orlo di una crisi di nervi (1988), Légami (1990), Tacchi a spillo (1991) e Carne Tremula (1997).
A lui si devono la fama di Antonio Banderas a livello mondiale, quella di Marisa Paredes a livello europeo e quelle di Rossy de Palma, Victoria Abril, Penélope Cruz, Miguel Bosé e tanti altri.
Tantissimi sono gli interpreti non iberici che vogliono e hanno lavorato con lui: Peter Coyote, Angela Molina e la nostra Francesca Neri, solo per citarne alcuni.
Il suo cinema è scatenato, trasgressivo, imperdibile, sensuale: un mix di emozioni che si insinuano in ogni sequenza, in ogni carrellata, in ogni primo piano e solo per raccontare la vita nella sua provocazione più spinta, nelle passioni più sfrenate e nell'esaltazione dei sensi. Le sceneggiature sono solari, travolgenti, eccezionali, mettono a nudo la mediterraneità, il calore e l'ironia di una Spagna che per troppo tempo è stata artisticamente repressa e che ora esplode nei suoi impulsi più perversi, nelle sue pulsioni più segrete, in tutte le sue nevrosi e debolezze. In una sola parola tutto il suo cinema è magistrale. E così tutti i suoi graffi, tutti i suoi istinti non passano certo inosservati.
Il successo di Tutto su mia madre
Nel 1999 dirige il suo capolavoro, il pluripremiato Tutto su mia madre. La sua storia più triste: quella di una donna che perde il figlio in un incidente e si ritrova ad elaborare il lutto e allo stesso tempo a fare i conti con il suo passato (a lungo tenuto nascosto al figlio). Mai visto un intero cast in stato di grazia: Pénelope Cruz, Cecilia Roth, Marisa Paredes, Candela Peña, Antonia San Juan (da mito del cinema il suo personaggio di Agrado) e Rosa Maria Sarda. Mai visto un film più perfetto, il grottesco lascia spazio all'eleganza e alla raffinatezza, il cinema di Almòdovar dopo aver narrato la gioia della vita, si fa il suo opposto: il dolore. Ma è un dolore controllato, non esagerato, espressivo, reale, mai troppo amplificato. Le sue inquadrature si arricchiscono di dettagli, di nuove prospettive, il "consumismo eccentrico" è sostituito dalla critica contro la televisione. Rimangono i colori vivissimi, lo stile significativo e le bellissime inquadrature agli attori. Tutti aspetti che ritroveremo nelle pellicole successive.
La pellicola entra di diritto nella storia del cinema, Almodòvar vince il César, il David di Donatello, il Golden Globe e l'Oscar come miglior film straniero. Pedro diventa un mito, dedica il film alla madre scomparsa (che fece anche alcune comparsate nelle pellicole del figlio) e continua a dare sfogo alla sua creatività.
Gli ultimi anni
Nel 2002 esce nelle sale Parla con lei che vince l'Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale, poi uno dei pochi film interpretato da soli maschi: La Mala Educacion (2004) e un ritorno alle donne nella tragicommedia Volver - Tornare (2006), un film tributo alle dive del cinema italiano (in particolare a Sophia Loren e Anna Magnani) con le ritrovate Penélope Cruz e Carmen Maura.
La Cruz tornerà anche in Gli abbracci spezzati, film omaggio al cinema del passato attraverso la struggente storia di un regista cieco. Nel 2011 torna a Cannes per presentare il suo nuovo lavoro, con un ritrovato Antonio Banderas nei panni di uno scienziato ai limiti della morale: La pelle che abito. Nel 2013 torna alla commedia con Gli amanti passeggeri, ambientato tra la variegata umanità a bordo di un aereo che vola da Madrid a Città del Messico.
Nel 2016 torna a prendere in esame il mondo delle donne e dirige Julieta, racconto di trent'anni vissuti sull'orlo di una crisi di nervi e sfociati in un disastro dietro l'altro. Solo un miracolo potrà salvare la protagonista.
Dopo Dolor Y Gloria (2019), con Antonio Banderas (vincitore al Festival di Cannes del premio per la miglior interpretazione maschile), nel 2021 torna alla Mostra del Cinema di Venezia con Madres Paralelas, in cui dirige ancora una volta Penelope Cruz.
L'assurdo, con Almodòvar, si tinge di normalità, l'uso del kitsch persiste, mentre i sentimenti sono quelli della gente comune... L'arte di questo grande regista sta nell'abilità di riflettere la realtà in maniera deformata, ma sempre attinente al nostro quotidiano, seducendoci.
Come ritrovare un vecchio amico che mai più avresti pensato di incontrare ancora. Succede così quando un artista amato in passato, dopo anni di delusioni, rifila un'opera all'altezza della propria storia e per questo sorprende. Il primo sentimento che suscita Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar, dal 21 marzo nelle sale italiane, è proprio la sorpresa. Niente male per un regista che sullo stupore ha costruito una poetica, e persino uno stile visivo (ammesso che i due concetti non coincidano)
Metti una mattina con Pedro Almodóvar. Caffè e pasticcini in terrazza, un affaccio mozzafiato su Roma, una giornata calda, pigra e clemente. Lui, il Maestro, si presenta puntuale in camicia a fantasia maculata e grandi occhiali da sole che, educatamente, si toglie per salutare la stampa. Lo seguono i suoi attori, il figliol prodigo Antonio Banderas tornato a recitare per lui dopo 20 anni, e la minuta Elena Anaya: ma gli applausi sono tutti per il regista spagnolo
No nazi, claro que no». A Pedro Almodovar, a Cannes due anni dopo Gli abbracci spezzati, tocca il difficile compito di restituire serenità a un Festival in agitazione da 24 ore per le dichiarazioni su Hitler del collega Von Trier. Anche se in concorso ha portato un thriller, La pelle che abito, «una storia di sopravvivenza in una situazione estrema», la presenza in sala del regista spagnolo è calda e rassicurante, amabile, lontana anni luce dal protagonismo oscuro di molti dei suoi illustri colleghi
Capitani coraggiosi d'America, autobot allunati, pirati oltre i confini del mare, vampiri all'ultimo atto, piranha e panda in 3D, cowboys e alieni sbarcano sul Vecchio Continente e 'dichiarano guerra' al cinema europeo. Quello che nel 2011 imbocca la strada squisitamente autoriale e si fa fortino difensivo contro l'industria americana e i suoi fragorosi blockbuster. A guidarlo con orgoglio e fino all'ultimo respiro sarà Jean-Luc Godard che con Film Socialisme, sinfonia in tre movimenti presentato a Cannes nel 2010 e prossimamente in sala, continua ad interrogarsi su ciò che avviene sullo schermo
Antefatto: il mal di testa Se non fosse stato per l'emicrania, probabilmente Pedro Almodóvar non avrebbe mai iniziato a scrivere Gli abbracci spezzati. "Ho sempre sofferto di forti mal di testa ma sono peggiorato nel 2006 mentre promuovevo Volver", ha raccontato il regista spagnolo che per molto tempo è stato costretto a prendere ogni giorno un cocktail di analgesici per attenuare il dolore. "Sono sicuro che il mio mal di testa sia diventato cronico perché per un lungo periodo ne ho abusato