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Ultimo aggiornamento martedì 16 giugno 2020
Una nuova battaglia all'interno di Parigi. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Cannes, 1 candidatura a David di Donatello, 1 candidatura a Golden Globes, 1 candidatura a BAFTA, 3 candidature e vinto un premio ai European Film Awards, 10 candidature e vinto 4 Cesar, 1 candidatura a British Independent, 6 candidature e vinto 3 Lumiere Awards, 1 candidatura a Critics Choice Award, 1 candidatura a Spirit Awards, ha vinto un premio ai Goya, In Italia al Box Office I Miserabili ha incassato 179 mila euro .
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Montfermeil, periferia di Parigi. L'agente Ruiz, appena trasferitosi in loco, prende servizio nella squadra mobile di polizia, nella pattuglia dei colleghi Chris e Gwada. Gli bastano poche ore per fare esperienza di un quartiere brulicante di tensioni tra le gang locali e tra gang e forze dell'ordine, per il potere di dettare legge sul territorio. Quello stesso giorno, il furto di un cucciolo di leone dalla gabbia di un circo innesca una caccia all'uomo che accende la miccia e mette tutti contro tutti.
Ispirato alle rivolte di strada di Parigi del 2005 e ad altri fatti realmente accaduti, con I Miserabili il regista Ladj Ly, nato e cresciuto, anche come filmaker, nel sobborgo che racconta, espande l'omonimo cortometraggio in un film di grande impatto, tale da riportare alla mente L'Odio di Kassovitz, rispetto al quale misura anche la crescita frammentata ed esponenziale di certe realtà della banlieue parigina.
I Miserabili, che del grande romanzo popolare di Victor Hugo usa l'ambientazione e una didascalia finale, ma soprattutto incarna le preoccupazioni profonde, non conta un momento di troppo, ma contiene al suo interno tre film ben distinti.
Il primo, il prologo, è un film di finzione, nonostante la realtà delle immagini: la Francia multiculturale unita dal tifo per la nazionale di calcio in una gioiosa sintesi interetnica e interreligiosa. Poi c'è il secondo film: la vita di tutti i giorni, costruito come un teso film di genere, che intreccia la giornata dei tre agenti con quella del "Sindaco" e del suo braccio destro, impegnati a farsi strada come boss del quartiere, con gli affari dei boss locali dello spaccio, dei Fratelli Musulmani e del loro leader, Salah, schedato come pericoloso perché insieme ai kebab dispensa il suo pensiero, e poi con i gitani del circo e con i tanti ragazzini dei palazzoni popolari, come Issa, che ne combina una dietro l'altra, o Buzz, che col suo drone spie le ragazze e ciò che non dovrebbe.
Un film multifocale, nel quale il punto di vista del nuovo arrivato non coincide con quello dei due veterani della pattuglia, e nel quale dialogano senza saperlo lo sguardo orizzontale della polizia, che cerca di farsi strada nel labirinto delle gang, come in un mercato all'aperto, e quello dell'alto del drone, che diviene accidentalmente testimonianza, coscienza sporca, arma.
A riempire il vuoto intermedio tra i due livelli ci penserà il terzo film, quello più amaro, chiuso dentro il palazzo suburbano come dentro un cuore di tenebra, dislocato in verticale lungo scale e pianerottoli. Qui si gioca la guerra decisiva, tra generazioni. La guerra contro la rabbia istintiva, di chi è arrivato a sopportazione; la guerra che scardina le regole del sistema e il cui esito è ancora aperto, perché è un conflitto in atto, o forse ancora in potenza, ma pronto a deflagrare, alle porte della città e della società. Quest'ultimo è il film di denuncia, nascosto dietro il fumo dell'azione e dei lacrimogeni fatti in casa.
Ladj Ly (già co-regista del bellissimo documentario A voce alta) conosce da vicino ciò che racconta, e questo, insieme ad un'ottima scrittura, lo esime dall'indulgere in qualsiasi introduzione o commento di sorta, permettendogli di affidare solo e soltanto alla tensione dell'azione la chiarezza del suo messaggio.
I MISERABILI disponibile in DVD o BluRay |
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"Smettetela di chiamarli giovani, sono della feccia, delle canaglie. Ribadisco e lo firmo." Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno durante la rivolta delle banlieue nel 2005 Una folla colorata e straripante si riversa sulle Champs-Élysées. È un fiume in piena. Sciami di ragazzini di tutte le etnie festeggiano euforici sventolando [...] Vai alla recensione »
Risuonano oggi più che mai attuali le parole espresse da Victor Hugo che chiudono questo bellissimo ma dolente e realistico lungometraggio: Non ci sono ne' uomini ne' erbe cattive, soltanto cattivi coltivatori. Un messaggio talmente essenziale e semplice che racchiude il significato del film girato dal regista Ladj Ly, anch'egli proveniente da una delle tante banlieue parigine, che [...] Vai alla recensione »
Sulle note di “marchons” dell'inno nazionale francese ballano e si divertono tutti sullo sfondo dell'Arco di trionfo di Parigi, bianchi neri gialli e rossi. Uniti e festanti celebrano la vittoria dei bleux al campionato del mondo, il calcio unisce dappertutto... unisce? E' chiaro dalle prime battute di vita quotidiana successiva al tifo che così non dura, la normalit&agr [...] Vai alla recensione »
La bellezza del film è di non cadere nel trabocchetto del manicheismo, evitando di distinguere i personaggi in buoni e cattivi, ma raccontando invece, senza alcun pregiudizio, degli esseri umani, con le loro debolezze, le loro frustrazioni, i loro demoni. Il quartiere è una polveriera in cui convivono caratteri diversi, clan e piccole bande molto diverse tra loro, costrette a convivere [...] Vai alla recensione »
Non c’è traccia di Valjean, Colette e Javert in questo bellissimo film girato nei nuovi bassifondi di Parigi, i grandi quartieri delle periferie della capitale francese, dove il colore e la religione sono solo diverse declinazioni del disagio sociale. Ruiz è uno sbirro e viene aggiunto ad una pattuglia di due agenti che si muovono a loro agio nella miseria, esercitando la violenza [...] Vai alla recensione »
Montfermeil è celebre ai più per essere il luogo della locanda dei perfidi coniugi Thénardier e dell’incontro fatale tra Cosetta e Jean Valjean, protagonisti del romanzo I Miserabili. Nel 2005 il comune è stato anche al centro delle rivolte delle banlieue che scossero la Francia come non era più accaduto dal 1968.
Issa (Issa Perica), da soprannominare “lui ne combina sempre una”, è un ragazzo sui 14 anni che vive in un non-luogo alla periferia est di Parigi, con meno di 30.000 abitanti. Issa apre il film rivestito del tricolore francese il 15 luglio del 2018: va a Parigi, ai Campi Elisi a tifare la Francia del calcio nella folla multicolore e multietnica, pazza per Mbappé e compagni [...] Vai alla recensione »
"I miserabili" è un film molto ben fatto. Volti, espressioni, inquadrature, ambiente urbano, risultano quanto mai adatti alle vicende di degrado e difficile convivenza interetnica che tratta il film. Ognuno è libero di trarre una morale dal comportamento dei poliziotti, come crede anche di fare il neo-poliziotto protagonista che, aggregatosi a una pattuglia in lotta quotidiana [...] Vai alla recensione »
In questi giorni stiamo seguendo l’ennesima violenza della polizia americana su un afroamericano a Minneapolis e le reazioni a catena che tale atto sta producendo. George Floyd, così si chiamava l’uomo, è stato bloccato con un ginocchio sul collo, quindi soffocato, mentre affermava di non poter respirare. I quattro poliziotti che lo avevano fermato sono stati licenziati [...] Vai alla recensione »
L’agente Stéphane Ruiz, appena arrivato nella Brigata anti-criminalità di Montfermeil, viene affiancato a Chris e Gwada, agenti esperti che pattugliano da molti anni le strade del quartiere. Da subito Ruiz s’accorge che le tensioni fra le varie minoranze e la polizia potrebbero facilmente sfociare in violenza. A oltre vent’anni da L’odio il cinema d’ol [...] Vai alla recensione »
Qualcuno lo ha definito il degno erede di "La haine" (1995) - altro capolavoro - col quale sicuramente condivide la medesima ambientazione: i quartieri parigini periferici, le cd. Banlieue. In realtà quei grandi palazzi fatiscenti non sono poi così tanto diversi da quelli che troviamo, ad esempio, a Scampia: si tratta di una storia che potrebbe ambientarsi in qualsiasi [...] Vai alla recensione »
Allons enfants de la Patrie/ le jour de la gloire est arrivé. Quali servi del tiranno accoppare? Aldo, Giovanni e Giacomo, pardon, Chris, Stéphane e Gwada. Quest'ultimo (Djibril Zonga) un bellone multietnico, ben visto e complice della sua gente, strafottente ed immaturo, combina il guaio che metterà nei pasticci il gruppo. Stéphane Ruiz (Daniel Bonnard), saudade e jella [...] Vai alla recensione »
"Smettetela di chiamarli giovani, sono della feccia, delle canaglie. Ribadisco e lo firmo." Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno durante la rivolta delle banlieue nel 2005 Una folla colorata e straripante si riversa sulle Champs-Élysées. È un fiume in piena. Sciami di ragazzini di tutte le etnie festeggiano euforici sventolando [...] Vai alla recensione »
Film influenzato dal capolavoro degli anni 90 L'odio. Eppure non è mai troppo indagare una fascia sociale che ribolle. Utile per i millennials, basta che non bypassino tutto quello che già c'è stato. Per rinfrescarci la memoria.
I Miserabili, si apre con una immagine festante, una veduta degli Champs Elisee' stracolmi di bandiere bianco rosdo blu, x la vittoria nel campionato del mondo di calcio, e si chiude (senza fare alcuno spoil) con una frase che poi e' uno spunto x riflettere di Victor Hugo. In mezzo, la vita dura della periferia parigina, con le bande di ragazzini, piccoli teppisti di strada, gli Imam, gli [...] Vai alla recensione »
Il film indubbiamente mi è piaciuto... sia come girato che come interpretato... non vorrei dire stupidaggini ma mi ha ricordato molto "l'odio" di Kassovitz... anche quello mostrava le periferie... ed il malessere che le pervade... oggi come 30 anni fa.
Film urbano crudo, drammatico e dannatamente realistico che mette in mostra la difficile realtà della periferia, i suoi contrasti, le sue debolezze. E poi la rabbia e la violenza che sembrano essere le uniche costanti generazione dopo generazione, le uniche voci da alzare, le uniche via da seguire, l'unico modus operandi da adottare. Nessuno è soltanto bianco o nero, le sfumature [...] Vai alla recensione »
Film di grande impatto emotivo con un richiamo al famoso romanzo di Victor Hugo, con cui condivide, oltre al titolo, anche le ambientazioni, essendo girato nei quartieri popolari di Montfermeil, piccolo comune all’estrema periferi parigina, esattamente lo stesso luogo dove Hugo ha ambientato il romanzo Les Misérables del 1862.
Un capolavoro dal quale è difficile riprendersi. Simile al film sempre francese L'odio ma con uno sguardo più generale sulla francia. Da guardare e studiare.
È la prima volta che sono d’accordo ad una sua recensione. Film che ricorda “ l’odio”. Ma con un messaggio chiaro nel finale chi sono i “piccoli” e chi i “grandi”..?!
Si inizia con la felicità. Un’enorme, possente vibrazione collettiva. Parigi, la Francia ha vinto i Mondiali. Bandiere tricolori ovunque, una folla che ribolle di gioia e di grida. Un immenso respiro collettivo. Volti, sorrisi, grida. Forse sono qui, in questa gioia collettiva, in questo enorme sussulto di emozione, le parole chiave della rivoluzione francese: liberté, egalité, fraternité. Vediamo la folla, l’Arc de triomphe. E mentre vibriamo anche noi di questa gioia, imponente, implacabile, il titolo: I miserabili.
È una bellissima sequenza di apertura, col titolo che cala come una ghigliottina, implacabile, a rovesciare il colore emotivo delle immagini che stiamo vedendo.
Eccolo, il film che ha vinto a Cannes il Premio della Giuria, il film che ha travolto pubblico e critica francesi, che ha dardeggiato, con la sua forza, fra i film candidati all’Oscar per il Miglior Film Internazionale. I miserabili non è una versione aggiornata e riadattata del grande romanzo popolare di Victor Hugo: è un film d’esordio teso, un pugno dritto in faccia.
Il pugno lo sferra Ladj Ly, regista di origine maliana al suo esordio nel lungometraggio. Ma non è un ragazzino, ha quarant’anni, alle spalle molti premi per i suoi documentari. E sulla pelle e negli occhi ha quella banlieue. A Montfermeil, hinterland parigino, 40 chilometri dalla capitale, lui è cresciuto, lì ha visto scoppiare i disordini nel 2005, ci ha fatto un film documentario, 365 jours à Clichy-Montfermeil. E in quei luoghi è anche finito nei guai con la giustizia, per oltraggio alle forze dell’ordine.
Montfermeil è un’altra Gomorra senza bellezza e senza speranza, che Ladj Ly racconta con attenzione alla sua complessità, alla sua ferocia, alle sue leggi. A Montfermeil – dove, per un gioco del caso, Victor Hugo ha ambientato alcune pagine dei "Miserabili" – vive il ragazzino Issa, uno dei milioni di dimenticati da Dio, di "olvidados", come nel film di Luis Bunuel. Lì arriva Stéphane, poliziotto appena assegnato alla Brigata anti criminalità: poliziotti senza divisa, con un’auto senza insegne, in strade senza regole. Non ha neanche il tempo di ambientarsi e viene subito immerso, sommerso, travolto dalle tensioni del quartiere.
Viene da pensare a Training Day di Antoine Fuqua, con Denzel Washington e Ethan Hawke poliziotto "da svezzare", in un giorno devastante di perdita dell’innocenza. E in effetti, anche qui si tratta di qualcosa di simile. Ma nei film polizieschi americani, i poliziotti sono due: qui sono tre. Stéphane, interpretato da Damien Bonnard, sta sul sedile di dietro, un po’ come noi spettatori. Guarderemo la vicenda con i suoi occhi. Con lui, un poliziotto di origine africana, Gwada – Djibril Zonga, ex calciatore, fisico imponente, da anni amico di Ladj Ly – e Chris, bianco e razzista, interpretato da Alexis Manenti, che del film è anche co-sceneggiatore. Non è una differenza da poco, il fatto che i poliziotti siano tre: la dinamica "poliziotto buono/poliziotto cattivo" qui si fa più sfumata e complessa. E forse, in questo film buoni e cattivi non ce ne sono: niente è così semplice. La banlieue è un sistema complesso, come la felicità.
Il film è come una mappa, un mosaico. Che mostra, piano piano, tutti i rapporti umani, religiosi, ideologici che si intrecciano nella città. Ci sono i poliziotti, ci sono i ragazzini come Issa, c’è un boss del quartiere che chiamano "il Sindaco", che tiene i rapporti fra polizia e comunità locale, e gestisce i traffici nel quartiere; ci sono gli imam del quartiere, tendenzialmente non violenti; c’è un ex jihadista, Salah, che ora ha un negozietto di kebab, ed è rispettato da tutti; ci sono i rom di un circo ambulante che si chiama "Zeffirelli" – chissà se con qualche intenzione.
È passato ormai un anno dall’apparizione incendiaria di I miserabili (guarda la video recensione) al Festival di Cannes del 2019, quando il film di Ladj Ly animò il concorso con un’energia particolare nel contesto di un festival, fatta di scintille di genere e politiche che si attivano a vicenda. Nei mesi successivi, questo thriller di droni e di banlieue, questo incrocio di massa critica contemporanea e stratificazione storica, si è inserito con profitto all’interno del sistema.
Prima i buoni risultati al botteghino, poi il riconoscimento della selezione come rappresentante del cinema francese agli Oscar (la prima volta che la Francia sceglie l’opera di un regista di colore) e l’inclusione nelle nomination come Miglior titolo internazionale. Infine il sigillo definitivo sul percorso condotto in patria, con la nomination ai premi César e la vittoria tra gli altri come miglior film, che però è stata un po’ oscurata da fattori esterni.
Già, perché è curioso come la carica sovversiva di I miserabili - problematica, provocatoria, e attaccata all’oggi - sia per un anno intero finita invischiata nelle battaglie socio-cinematografiche altrui. A Cannes e poi agli Oscar ha trovato sul suo cammino il fenomeno inarrestabile Parasite (guarda la video recensione), che ha dominato non soltanto la categoria internazionale dell’Academy ma addirittura i premi principali, con la sua indagine di classe in una Corea globalizzata. Domestico laddove I miserabili è pienamente urbano, allegorico invece che collettivo, verticale come alternativa al topografico; Parasite è per molti versi l’opposto del film di Ly.
E per quanto riguarda i César, il miglior film francese dell’anno non ha potuto far altro che assistere a un’altra resa dei conti politica, più bianca e privilegiata ma non meno urgente né complessa: quella interna all’industria culturale d’oltralpe, ormai avviluppata in una matassa che lega insieme parità di genere, violenza sessuale e come gestire l’eredità artistica degli uomini coinvolti, oltre a una più ampia frattura generazionale tra progressisti e conservatori.
Adèle Haenel (voce principale non soltanto per le esperienze personali ma in quanto protagonista di un film simbolo del cambiamento come Ritratto della giovane in fiamme (guarda la video recensione) di Céline Sciamma) e Roman Polanski (vincitore in absentia per la Miglior regia e figura ormai ultra-compromessa) non sono che punte di un iceberg, ma hanno certamente dominato la serata e il momento storico, spingendo di nuovo I miserabili verso la periferia mediatica, e riaffermando il dominio di quell’élite che spesso tiene a distanza registi dalla pelle e dal curriculum come quelli di Ladj Ly.
Nulla può comunque togliere a questo figlio di immigrati del Mali il merito di aver colto nel segno dello zeitgeist con il suo film d’esordio, riuscendo nell’impresa di aggiornare e rendere rilevante il “film di banlieue” in modo organico e per nulla didattico, non attraverso una distante opera a tesi ma mediante un tessuto eterogeneo e radicato nel territorio del suo Montfermeil, che soprattutto appare un naturale prodotto del suo tempo e non un oggetto di cronaca tarda.
Ciò che a I miserabili è stato tolto dall’attenzione mediatica è stato poi restituito sotto forma di risonanza nel reale, essendo questo un film sulla violenza della polizia, sul disagio di una moltitudine sociale capace di far collassare le istituzioni, e sulle disparità economico-culturali che specialmente in Francia sono giunte a un punto di non-ritorno - tanto da segnarne l’intero periodo storico, dai gilet gialli agli scioperi che hanno fermato Parigi a fine 2019.
Tutti sono punti dolenti, tutti sono riflessi cinematografici che rimandano a eventi della cronaca recente del paese, senza contare la più profonda e strutturale questione razziale, da cui nasce tutto il resto. È qui, dunque, la resilienza di I miserabili, film dalle tante vite che sembra dover continuare a vincere le stesse battaglie più e più volte; un esordio che viene da lontano e che, dopo un anno di successi, può dimostrare molto anche nel nostro paese.
Adolescente nella cité des Bosquets a Montfermeil (a est di Parigi), Ladj Ly ha acquistato a diciassette anni la sua prima videocamera per registrare le tensioni sociali e raccogliere le prove dei metodi della polizia contro i ragazzi del suo quartiere. Un giorno del 2008, la violenza ordinaria passa il limite e Ly filma il pestaggio di un minore ammanettato. Segue uno scandalo, un’indagine e la sospensione dal servizio di alcuni agenti. Quel video è l’origine dei Miserabili (guarda la video recensione), declinato in un cortometraggio nel 2017 e nella versione in lungo due anni dopo.
Nella figura del bambino col drone (interpretato dal figlio del regista, Al-Hassan Ly) riconosciamo Ladj Ly, sentinella del quartiere e guardiano delle immagini. Ma il punto di vista morale del regista sulla storia che racconta passa sorprendentemente per un poliziotto (Damien Bonnard), appena sbarcato da Cherbourg e testimone futuro delle rivalità del quartiere e delle ‘bravate’ dei suoi colleghi. È lui a incarnare lo sguardo esteriore che frena gli ardori di un cowboy della BAC (brigata anticriminalità) caricato a molla contri i ragazzini della Cité.
Affiancando con una certa empatia la pattuglia e i loro interventi, l’approccio del regista apporta un equilibrio singolare tra le forze in campo. È rara la misura nel trattare un soggetto così esplosivo nei ‘territori perduti’ della Repubblica dove Ladj Ly ha aperto una scuola di cinema e promette di far nascere nuovi sguardi.
Altro segnale forte è far dipendere gerarchicamente da una donna i tre poliziotti della brigata. Jeanne Balibar, eccezionale nell’unica e lunga scena in commissariato piazzata al debutto del film, incarna un’autorità misurata, calma e non priva di umorismo e di charme. Dopo di lei le dimostrazioni di forza dei suoi poliziotti su campo suoneranno scordate. Ladj Ly va oltre il virilismo esasperato sovente tradito dal genere, si pensi ai polar di Olivier Marchal o ai poliziotti di Stefano Sollima (A.C.A.B.), applicando al suo soggetto una sensibilità decisamente femminile.
Il nuovo arrivato biasima di fatto il machismo fascista del suo collega, il poliziotto di Alexis Manenti (Chris), interprete e co-sceneggiatore del film. È lui ad attirare immediatamente lo sguardo dello spettatore. Nella versione ‘corta’ dei Miserabili, i personaggi erano appena schizzati e le responsabilità ripartite in parti uguali. Ma a questo giro di ronda tocca a lui incarnare l’agente aggressivo ossessionato dalla difesa del suo statuto nel territorio che controlla. Alexis Manenti ne fa un uomo abitato dalla paura e sopraffatto dagli eventi che affianca Gwada (Djebril Didier Zonga), suo doppio ‘positivo’ che vive con la madre con cui parla soninke, lingua mande parlata in Sierra Leone.
Poliziotto nero nato a Montfermeil, scritto in opposizione a Chris, poliziotto bianco e razzista, Gwada è interpretato da Djebril Didier Zonga. Come Ly, è cresciuto nello stesso quartiere e dall’altra lato della legge, come Ly ha provato a comprendere cosa passi nella testa di un poliziotto arruolato in un mondo abbandonato ai suoi espedienti. Nei film americani, i poliziotti ‘arruolati’ sono sempre due e tutti e due accomodati nei sedili anteriori. Ladj Ly rompe lo schema e aggiunge un terzo agente sul sedile posteriore, formando un trio eterogeneo ‘in tour’ per le vie delle banlieue. Una macchina infernale che carbura testosterone e adrenalina, una trappola per gli attori che non avevano né modelli né stereotipi a cui riferirsi. Perché di poliziotti che assomiglino a quelli che potremmo incrociare sulla strada, non ne incontriamo mai sullo schermo.
Ly ne fa dei personaggi di fiction complessi che abitano lo stesso quartiere di quelli che sorvegliano e si ritrovano la sera negli stessi interni privi di qualsiasi lusso. Né bastardi fascisti, né modelli di virtù, non sono mai d’accordo tra loro sulla maniera di svolgere i loro interventi. È l’errore di uno di loro, un tiro di flash-ball (proiettili di gomma) che colpisce in pieno volto un bambino nel quadro di un’inchiesta sul rapimento di un cucciolo di leone in un circo gitano, a innescare la violenza. A Damien Bonnard (Pallottole in libertà) spetta il ruolo del terzo poliziotto (Stéphane), il candidato candido sbarcato dalla provincia che si ritroverà a occupare il centro del racconto. Confrontato con tutti i mali delle banlieue, Damien Bonnard interpreta un piccolo personaggio che acquista progressivamente spessore fino a imporsi con la sua presenza lunare.
Leggi “I miserabili” e pensi a Victor Hugo. Ma I Miserabili di Ladj Ly, il regista parigino attento alle tematiche dei movimenti, delle rivolte e delle rivendicazioni non racconta da storia di Jean Valjean. E allora perché quel titolo, quel sortilegio? Solo per una prima attenzione, un primo sentimento di getto che ti stimolerà a saperne di più, ti indurrà a comprare il biglietto? Ci può stare, ma poi ti accorgi che una connessione, un contrappasso con la grande opera di Hugo è riscontrabile. E non sta solo nei grandi principi, nei corsi e ricorsi della vicenda umana. Il dolore, la sopraffazione dell’autorità, la sofferenza, le differenze intollerabili fra le fasce, lo stimolo alla ribellione, sono sempre gli stessi in tutte le epoche.
BASSE E SOFFERENTI
I personaggi del romanzo rappresentano le classi più basse e sofferenti della società francese dell’Ottocento. Soffrono, cercano di reagire, si ribellano. Sopra di loro, la legge, che non è amica, ma nemica spietata. Hugo (1802-1885) scrisse: “Il destino e in particolare la vita, il tempo e in particolare il secolo, l'uomo e in particolare il popolo, Dio e in particolare il mondo, ecco quello che ho cercato di mettere in quel libro”. Jean Valjean, l’eroe buono e perseguitato ingiustamente, il suo persecutore Javert, la giovane Fantine abbandonata, Cosette, bambina figlia di Fantine che Jean adotta a protegge, i Thénardier malvagi, Gavroche, il ragazzo che fa la rivoluzione: sono tutti modelli di una società e di un’azione che può essere trasferita dall’epoca di Napoleone e della restaurazione, l’epoca di Hugo appunto, a certi giorni, ricorrenti, di Parigi.
LA VOCAZIONE FRANCESE ALLA LOTTA
I Miserabili di Ly si ispira alla rivolta nelle banlieue francesi del 2005, attraverso un trittico di racconti che rappresentano i contrasti e le lotte di un popolo diverso che, al momento opportuno sa fare fronte comune: la Francia che si entusiasma per i successi della sua nazionale, la vita di tre agenti che devono affrontare la violenza della periferia, e la rabbia, la guerra interna fra generazioni. Assumo il film come segnale del carattere, della vocazione dei francesi a ribellarsi e a lottare.
Se c’è all’orizzonte una Bastiglia da attaccare i parigini, padri e figli, borghesi e non, scendono nelle strade e dicono, urlano, la loro protesta. E ottengono un risultato. Il primo, che ha cambiato il mondo, arriva appunto dalla Bastiglia in quell’89. Da quel momento i francesi si accreditano di un destino e di una capacità di cambiare e di avere ragione, si pongono a guida delle civiltà. Ma quella rivoluzione sarà solo un primo motore. Nel 1830 il popolo scende in piazza ed espelle Re Carlo X.
Nel 1948 la Francia è leader dei movimenti di tutta Europa: industriali e operai, uniti, fanno cadere la monarchia e creano quella che viene chiamata “Prima rRepubblica”. Nel 1871 il popolo si ribella a un governo che ha perso, colpevolmente, la guerra con la Prussia. È la famosa “Comune”. Anche nel Novecento i francesi non rinunciano alla loro vocazione del cambiamento, anzi, alla rivoluzione, quando fra il 1936 e il ‘38 una coalizione di partiti della sinistra, guidata da Léon Blum, dà vita a un governo comunista.
IL SESSANTOTTO E LA RIVOLUZIONE
E poi il Sessantotto, la rivoluzione giovanile, incubata ed esplosa a Parigi, e irradiata dovunque. Un movimento che, pur fra ambiguità ed errori, ha lasciato segnali visibili, eco ascoltabili ed eredità spendibili. Un’altra franchigia che i francesi faranno pesare. Infine i gilets jaunes, gente che non molla, che contrasta la politica e la costringe a cedere.
In tutto questo come c’entrano Victor Hugo e i suoi Miserabili? C’entrano. Il regista Ly ambienta la rivolta del suo film nel sobborgo parigino di Montfermeil, lo stesso in cui si trovava coinvolto Jean Valjean nell’insurrezione repubblicana del giugno del 1832, quando il popolo cercò di rovesciare la monarchia. Tentativo fallito. Il giovane Hugo era già un repubblicano schierato e sedici anni dopo, in quel “quarantotto”, uomo e autore affermato, entrò a far parte della politica attiva come deputato dell’Assemblea Costituente, pronto a opporsi a Luigi-Napoleone quando da Presidente si elesse Imperatore. Hugo fu animatore del Comitato di resistenza repubblicana, in un tentativo, abortito, di sollevare il popolo parigino. I suoi “Miserabili” sono un manifesto, e una sintesi di tutti gli ideali libertari di cui era testimone.
L'EREDITÀ DI VICTOR HUGO
Il film di Ly si chiude con una citazione del maestro: “Amici miei, tenete a mente questo: non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori.”
La distanza temporale delle rivolte è grande, ma, fatte tutte le debite proporzioni, vicine sono le idee che le muovono.
E i miserabili ci sono sempre. E c’è chi li racconta.
Il cinema si sa è stato fin da subito sogno, viaggio nell’immaginario, fantasia di mondi e storie lontane. Ma anche vita che scorre davanti all’obiettivo col suo respiro quotidiano, verità, documento, impronta del reale. I miserabili di Ladj Ly sembra suonare più queste note già dalle prime scene: il materiale di reportage di una videocamera avida di facce reali e di suoni della strada ci immerge subito dentro i fatti: prima nel cuore del tifo per la nazionale francese ai mondiali di calcio 2018 - un bar, le Trocadéro e la Tour Eiffel, i “francesi” dans le rues - e subito dopo dentro la banlieu di Montfermeuil dove il regista è cresciuto e dove ha filmato per anni raccogliendo materiale da rielaborare poi in racconto cinematografico. Si sente il peso della vita vissuta dentro quei confini, ed è un muoversi sapiente dentro quelle dinamiche e fra quei volti.
Anche se il suo non è un documentario dunque, ne ha il sapore e la verità. Allo stesso tempo però il film è in grado di accompagnare lo spettatore lungo un intrigo quasi fiabesco: il furto di un cucciolo di leone da un circo per mano di un ragazzino della cité, di nome Issa, e la sua ricerca da parte di polizia e bande rivali in un difficile equilibrio di forze. Il racconto è veloce, teso, come l’atmosfera che si respira: una bomba a orologeria pronta ad esplodere. Le gang si sfidano a suon di minacce e giochi di sguardi degni di un western contemporaneo.
Il cinema di Spike Lee certo ha fatto scuola sul giovane filmaker (che è solo al suo primo lungometraggio e già in gara per l’Oscar come Miglior Film Straniero, dopo aver vinto il Prix du Jury a Cannes), così come aveva fatto scuola prima su Kassovitz al quale Ladj Ly è stato nel giro di pochi secondi paragonato.
L’Odio di Kassovitz a sua volta ha fatto scuola su intere generazioni. I ”miserabili” di Ladj Ly si parlano con quegli altri de L’Odio. Il contesto è lo stesso: la tensione di quella vita misera che può solo generare “haine” e violenza, come se non fosse cambiato nulla (ci ricordiamo bene ne L’Odio l’orologio su fondo nero che scandiva le ore della cité ma che non faceva accadere nulla, che batteva i vuoti. Come se quell’orologio avesse segnato le ore fino ad adesso). Ma parallelismi a parte, Ladj Ly fa anche una scelta stilistica diversa rispetto a Kassovitz: intanto il colore rispetto a quel bianco e nero più iconico e più estetizzante. Come se volesse levare sofisticazione: meno carrelli, meno grandangoli, un montaggio meno appariscente, un cinema meno emotivo e cinéphile, più spoglio. Un film sulle banlieu fatto per la prima volta da uno delle banlieu. Un respiro più reale.
I tre protagonisti della cité di Kassovitz si sono persi in una coralità di facce a cui Ladj Ly dà voce moltiplicando le sfaccettature di quella realtà (i ragazzini, i musulmani, i gitani, gli afro, prima generazione di immigrati e seconda…).
Sono due i momenti che ci sollevano letteralmente su questo melting pot confusionario e sempre urlato, come se il regista ci volesse regalare una coscienza sulla storia: la sequenza iniziale del film con il tifo che accomuna tutti, che vorrebbe accomunare tutti sotto lo stesso tricolore e sotto lo stesso simbolo della Tour Eiffel. E poi c’è un altro momento: un volo aereo che è tutto cinema. L’occhio di un drone che si muove sulla cité pilotato da un ragazzino che fa una cosa da ragazzino (spiare le ragazze dalle finestre) ma poi finisce per filmare un abuso della polizia, un momento di tensione fra i tre poliziotti protagonisti della storia e una banda di ragazzini che sfogano la loro rabbia contro quel sistema di guardie e ladri a cui sono condannati. La polizia spara senza motivo a Issa ferendolo all’occhio.
Questo sguardo dall’alto sorvola il dettaglio, le differenze, costruisce una coscienza unica, poetica. è lo sguardo innocente che i bambini di quei quartieri sono destinati a perdere troppo presto. Ci solleva dalla microstoria, come se in una visione totalizzante e più ampia questa potesse contare meno, a favore di un valore unico più alto. Come quel tifo che i primi minuti del film fanno sognare. Due respiri che vorrebbero dire Umanità con un’unica parola. Non ci sono buoni e cattivi in questo dramma contemporaneo, ma solo una situazione che sembra autogenerarsi per le condizioni socio-economiche.
Una “notte”, scriveva Hugo, che la società produce e di cui deve rispondere. Nell’800 come oggi.
Prima scena: nelle piazze di Parigi sventolano le bandiere tricolori e i cittadini - bianchi, neri e arabi - cantano tutti assieme a squarciagola la Marsigliese. Si sta celebrando la vittoria della Nazionale francese ai mondiali del 2018 contro la Croazia, trionfo che veicola l' illusione di vivere in un Paese multietnico, unito dai suoi simboli più popolari e riconoscibili.
Ogni tanto succede. Entriamo in un film convinti di trovarci su un terreno familiare, ma poco a poco perdiamo ogni riferimento. Fino a riesaminare tutto ciò che credevamo di sapere. Premio della giuria a Cannes, questo film formidabile (in sala dal 12) espugna il genere a cui appartiene per farne qualcosa di radicalmente nuovo. Mai visto le banlieue parigine filmate con tanto amore e tanta spietatezza. [...] Vai alla recensione »
Una giornata di un nuovo poliziotto nei dintorni di Parigi, a Montfermeil. Un luogo che era anche stato, due secoli fa, quello dei Miserabili di Victor Hugo, donde il titolo del film di Ladj Ly, documentarista al suo primo lungometraggio di finzione. Il dato viene spiegato nel film stesso dai colleghi che accolgono il nuovo arrivato Stéphane, e non è l'unica cosa che vien detta chiara e tonda in questa [...] Vai alla recensione »
Non è un nuovo adattamento del romanzo di Victor Hugo, I miserabili (Les misérables), uscito prima in streaming e poi piccolo campione di incassi nelle prime settimane di riapertura delle sale cinematografiche. Il legame con il libro sta nel fatto che il film è collocato a Montfermeil, dove lo scrittore vergò il suo capolavoro, oggi un sobborgo di Parigi irriconoscibile e uguale a tante periferie abbandonat [...] Vai alla recensione »
Le vertiginose immagini di apertura di I miserabili raccontano una Parigi - e una Francia - esplosive e frenetiche. La folla festante e unita non conosce barriere: celebra la vittoria della Coppa del Mondo 2018 contro la Croazia. L'eccitazione, vettore legittimo, contagia le strade della capitale; il calcio si conferma, ancora una volta, lo specchio della contraddizione.
I Miserabili. La parola del titolo cala come una mannaia sulla folla festante e oceanica che marcia sugli Champs Elysées intonando le note della Marsigliese. È il 2018, la Francia ha appena conquistato i mondiali di calcio battendo la Croazia e la vittoria sportiva crea un'illusoria unità identitaria in un corpo sociale multietnico che in realtà è diviso da insanabili lacerazioni e divisioni geopolitiche, [...] Vai alla recensione »
Si racconta di un ebreo che su un' isola deserta costruì due sinagoghe. Una per andarci, l' altra per NON andarci. La battuta (puro witz mitteleuropeo) ricorda le piattaforme streaming che si contendono il nostro tempo, fino alla riapertura del 15 giugno. Si spera rimangano anche dopo, magari un po' semplificate. Noi, che dobbiamo sbrigarcela per lavoro, facciamo fatica.
II 18 maggio è nato MioCinema (www.miocinema.it), che potrebbe essere sintetizzato con lo slogan «sostieni la tua sala cinematografica preferita». In pratica, si va sul portale, ci si registra gratuitamente e si indica quale sia il proprio cinema di riferimento in modo che, quando si noleggerà un film online, una parte della transazione effettuata (il 40% del biglietto virtuale) andrà alla sala prescelta. [...] Vai alla recensione »
Occhio alle pistole flash-ball, in gergo tecnico Lbd 40, cioè le "sparapalle" di gomma usate dalla Polizia francesi contro i "gilet gialli". Non uccideranno, ma fanno molto male, specie se colpiscono in faccia. Come si vede nel film "I miserabili" di Ladj Ly, 42 anni, originario del Mali, già ribattezzato "lo Spike Lee francese". Il suo film, passato a Cannes 2019, apprezzato un po' dovunque, designato [...] Vai alla recensione »
Un drone vigila sul cielo di Montfermeil, cittadina nella banlieue a est di Parigi. Insieme al titolo, il drone è l'elemento più hugoiano dei Miserabili, primo lungometraggio di Ladj Ly. La videocamera volante, manovrata da un ragazzino innocente, è come la coscienza della città in ebollizione. Un occhio volante sopra il quartiere di Les Bosquets che guarda la polizia.
Basta una scintilla, un' unica, imprevedibile scintilla. Così il fuoco divampa nella banlieue parigina di Montfermeil, dipartimento Seine-Saint-Denis, dilagando impetuoso dentro e fuori gli immensi caseggiati Les Bosquets. Tra Victor Hugo e il suo romanzo e Spike Lee che accese una miccia simile nella Brooklyn di Fà la cosa giusta conquista d' ora in poi il suo spazio cruciale uno dei film più trascinanti [...] Vai alla recensione »
Victor Hugo con I miserabili aveva cercato di mettere in un libro "il destino e in particolare la vita, il tempo e in particolare il secolo, l'uomo e in particolare il popolo, Dio e in particolare il mondo"; l'ispirazione della prima opera di finzione di Ladj Ly (dopo la coregia del bellissimo documentario A voce alta - La forza della parola) è dunque dichiarata fin dal titolo che ricalca letteralmente [...] Vai alla recensione »
15 luglio 2018, sugli Champs-Élysées la Francia esulta: i Bleus hanno vinto i Mondiali. Nella folla che grida, piange e ride, bianchi, neri e arabi, e tante vie di mezzo, figli di incroci etnici, culturali e religiosi. Tutti diversi tra loro e però tutti francesi, uguali nell'esultanza, in quell'immensa folla festante e indifferenziata, dove a spiccare sono soprattutto le bandiere tricolori.
Ladj Ly ha annunciato che I Miserabili sarà il primo capitolo di una trilogia. In questo suo esordio il regista ha concentrato dei ricordi che per lui descrivono ciò che è accaduto negli ultimi dieci anni nella città -satellite di Parigi, Clichy Montfermeil. I prossimi capitoli, sui quali sta lavorando, andranno indietro nel tempo. Il secondo episodio parlerà della rivolta delle banlieues del 2005 [...] Vai alla recensione »
Finalmente il cinema dopo questo lungo tempo sospeso in quarantena che ha staccato la spina a qualunque attività culturale, torna gradualmente a riorganizzarsi. Arriva www.miocinema.it la piattaforma digitale realizzata da Lucky Red in collaborazione con Circuito Cinema e MYmovies che coinvolgerà le sale cinematografiche e manderà in streaming le anteprime e i film d'autore, con molti titoli vincitori [...] Vai alla recensione »
Dopo più di centocinquant'anni, si torna a Montfermeil, periferia di Parigi, luogo consegnato alla storia dal capolavoro I miserabili di Victor Hugo, ambientato nel 1862. Ma chi sono oggi "i miserabili"? Sono i figli delle rivolte di Parigi negli anni Duemila, che vivono ancora nelle banlieue raccontate nel 1995 da Mathieu Kassovitz in L'odio. Uomini costretti a condurre una vita ai margini, giovani [...] Vai alla recensione »
Come si raccontano le periferie di oggi? Prendendo un grande romanzo di ieri. Lo spunto di I miserabili, opera prima del regista francese di origini maliane Ladj Ly di prossima uscita, è proprio il capolavoro di Victor Hugo. Ma è solo l'avvio per dipingere un affresco nuovo, e dire che gli ultimi della Storia resteranno gli ultimi. L'attualità del capolavoro di Hugo.
La periferia parigina di Montfermeil, dove Victor Hugo aveva ambientato I miserabili, è una polveriera pronta a esplodere: guerre tra bande, ragazzi in rivolta, comunità religiose in conflitto. Il furto di un leoncino dal circo è la miccia che innesca, inesorabile, la violenza. L'agente Stephane entra nella squadra che pattuglia la banlieue, con due colleghi dai metodi discutibili.
Non capita poi tanto spesso che l'attesa creata ad arte intorno a un film prima di un festival si riveli fondata e non l'ennesima strategia promozionale. I miserabili di Ladj Ly (vincitore del Premio della giuria a Cannes 2019) è davvero il film francese di cui la Francia - ma in fondo l'Europa tutta (se non il mondo...) - aveva bisogno in questo momento storico.
Chi sono più miserabili? I ragazzini di Montfermeil, banlieu a un'ora dal centro di Parigi, che si costruiscono le giornate come possono tra furtarelli, svaghi ingegnosi e spacconate, covando la rabbia incandescente degli umiliati e offesi? O i loro genitori, che si barcamenano tra il legale e l'illegale guardando i loro bei bambini trasformarsi in delinquenti senza poterci fare, in sostanza, nulla? [...] Vai alla recensione »
Tre poliziotti dell'anticrimine, impegnati in azioni di sorveglianza in una banlieue parigina, vengono assaliti da una gang di ragazzini e ne feriscono uno. Un drone ha registrato l'accaduto e i poliziotti cercano di recuperare le immagini che li inchiodano alle loro responsabilità. Il 40enne regista adotta uno stile semi-docurnentaristico per mostrare il vicolo cieco al quale conduce la violenza perpetrata [...] Vai alla recensione »
Presentato a Cannes, dove ha vinto il Premio della Giuria, I miserabili dell'esordiente Ladj Ly, francese di origine maliana, è un contundente dramma esistenziale e sociale. È ambientato a Montfermeil, nella periferia parigina, con grandi agglomerati di palazzoni di edilizia popolare con popolazione multietnica e molteplici emergenze sociali: estesa disoccupazione giovanile, traffico di droga, scarsa [...] Vai alla recensione »
Un fulmine a ciel sereno, o quasi. Ladj Ly, dopo il corto omonimo e il documentario A Voce Alta, esordisce con un lungometraggio destinato a far discutere. Ambientato a Montfermeil, racconta un'ordinaria giornata di follia e violenza. Una cittadina di quasi 25mila abitanti, territorio di guerra pattugliato da poliziotti che credono di essere immuni dalla legge che dovrebbero far rispettare e clan divisi [...] Vai alla recensione »
Se, come nel caso di Bacurau, la distopia invece di togliere futuro lo restituisce, è segno che la metafora e l'allegoria permettono di dire meglio certe cose dandogli una leggerezza malgrado la gravità delle questioni: la constatazione realistica del presente, se è necessariamente funesta è tuttavia importante, anzi necessaria. Les misérables, esordio alla regia dell'attore francese Ladj Ly, è nell'insiem [...] Vai alla recensione »
Un banale episodio fa esplodere le tensioni di un quartiere controllato da una pattuglia della polizia. Ladj Ly proviene da Kourtrajmé, il collettivo fondato con Kim Chapiron e Romain Gavras e ne interpreta il verbo: immersione ambientale abbinata a messa in scena drammatica, attori professionisti affiancati agli abitanti di Montfermeil, a restituire conflitti e contraddizioni di una zona calda.
Fa un certo effetto vedere il Festival che si definisce il «cuore del cinema nel mondo» inaugurare la sua nuova edizione con uno spettacolo che sembra invece celebrare la cerimonia funebre di sé stesso e del cinema. Invocando la sala e la sua importanza come in un mantra - con espliciti attacchi ai colossi dello streaming, Netflix in testa - è come se ne avesse sottolineato la debolezza, la crisi che [...] Vai alla recensione »
La prossima rivoluzione arriverà dalle periferie" dichiara il regista, sceneggiatore e attore Ladj Ly, che con Les Misérables torna a girare nel "suo" quartiere di Montfermeil, a Seine-Saint-Denis, a nord ovest di Parigi, con una popolazione composta prevalentemente di immigrati di seconda o terza generazione. Qui, infatti, durante le rivolte del 2005 (immagini con cui si apre il film), il regista [...] Vai alla recensione »
A Montfermeil, non distante da Parigi, il poliziotto Stéphane si aggrega a una coppia di colleghi, nello scandaglio quotidiano della zona, tenuta in equilibrio tra le varie etnie che la popolano con l'arroganza, dove i primi a usarla sono proprio quelli che dovrebbero mantenere l'ordine. Ma il furto di un cucciolo di leone scatena una bagarre, dagli esiti funesti, mentre all'alto un drone registra [...] Vai alla recensione »
"Mi rivolgo al presidente Macron: vada a vedere il nostro film, perché è un avvertimento del pericolo di violenza assoluta in cui versa la Francia, il vaso è quasi colmo e l'impressione è che nessuno ci stia ascoltando!". Parole forti, parole di passione civile quelle che il regista Ladj Lytuona alla conferenza stampa del suo Les Misérables, la prima vera sorpresa del concorso di Cannes 2019.
La haine. Quasi 24 anni dopo. Dal bianco e nero di Kassovitz alle luci stordenti di Les misérables, imponente esordio nel lungometraggio di Ladj Ly. Che amplia il suo ottimo corto del 2017. E il quartiere di Cherbourg è lo stesso del romanzo di Victor Hugo. Con una citazione del celebre romanzo nel finale. Quasi un labirinto, uno spazio senza uscita.
I 'nuovi' miserabili (il riferimento a Victor Hugo è palesato dall'esergo che compare prima dei titoli di coda: 'Non esistono erbe cattive, né uomini cattivi; ma soltanto cattivi cultivateurs', cioè coltivatori, ma anche educatori) sono la fauna umana che popola le profonde banlieues parigine, dove la vita scorre secondo codici antichi e tribali, e dove ridotta al minimo è l'autorità di un Stato incapace [...] Vai alla recensione »
Non sono i gilets jaunes ma è la rabbia endemica delle banlieue a infiammare la seconda giornata di Cannes. È il Festival che nel 1995 consacrò con il Premio alla Regia quel manifesto di rivolta che era "La Haine". Ricordo come fosse ora quel mio primo, emotivo, incontro con Mathieu Kassovitz, quando nessuno dei media italiani se lo filava. "Les misérables"non è "La Haine", ma è il primo lungometraggio [...] Vai alla recensione »
"Amici miei, tenete a mente questo: non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori". Si chiude con uno stallo potente e con la successiva citazione tratta dall'omonimo Les misérables di Victor Hugo il nuovo film diretto da Ladj Ly, regista parigino che realizza questo western urbano partendo da un suo stesso cortometraggio del 2017 e ambientandolo nello stesso quartiere [...] Vai alla recensione »
Stéphane, appena arrivato da Cherbourg, integra la brigata anti-criminalità di Montfermeil nella banlieu 93. Incontra i suoi nuovi compagni di pattuglia, Chris e Gwada, due uomini d'esperienza. Stéphane scopre rapidamente le tensioni montanti fra i differenti gruppi di quartiere. Quando si trovano sopraffatti durante un arresto Gwada compie un gesto insano, per di più ripreso da un drone.