Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, Biografico, |
Produzione | Italia, USA |
Durata | 135 minuti |
Regia di | Luca Guadagnino |
Attori | Daniel Craig, Jason Schwartzman, Lesley Manville, Drew Starkey, Henry Zaga Drew Droege, Ariel Schulman, Colin Bates (II), Simon Rizzoni, Ford Leland, Ronia Ava, Radu Murarasu, Diego Benzoni, Francesco Lupo Sturani, David Lowery, Lisandro Alonso, Perla Ambrosini, Sean Cubito. |
Uscita | giovedì 17 aprile 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,73 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 18 febbraio 2025
L'adattamento del romanzo omonimo di William S. Burroughs che racconta di un viaggio in Sud America e di un'ossessione sessuale che trasforma la vita di un uomo di nome Lee. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, 1 candidatura agli European Film Awards, Il film è stato premiato a National Board, 1 candidatura a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards, Al Box Office Usa Queer ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 2,8 milioni di dollari e 867 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Nella Città del Messico dei primi anni cinquanta, l'americano William Lee vaga da un bar all'altro alla ricerca di uomini da portarsi a letto, nel frattempo facendo ampio uso di droghe e alcool. Nonostante un ristretto gruppo di conoscenze abituali, che comprendono il fidato amico Joe, Lee è alla ricerca di qualcosa che questi incontri occasionali non possono dargli. Un giorno però si imbatte per strada in Eugene, giovane e bello, forse gay, forse no. I due si imbarcano in una frequentazione che li porterà anche alla ricerca di una pianta, lo Yage, in grado di stimolare le abilità telepatiche.
Nel mezzo degli anni venti, Luca Guadagnino è il più vivo tra i grandi autori del cinema italiano, e quello che maggiormente ha dimostrato un eclettismo tale da disorientare il suo pubblico.
Ormai fermamente parte dello zeitgeist internazionale, nello spazio di un anno dà seguito al giocoso e pulsante Challengers con un adattamento letterario dell'amato William S. Burroughs. La sua lettura di "Queer" è pensosa, sentimentale e immaginifica - più dell'opera originale della quale prosegue la storia troncata aprendo le porte della percezione; ma tra droghe magiche e spedizioni esotiche, il film ci ricorda che tali porte si rivelano spesso uno specchio, pronto a riflettere la profondità della nostra solitudine.
Lee è l'alter-ego di Burroughs, predatore dissoluto che, in un completo a tre bottoni bianco con tanto di fondina alla cintura, pattuglia i locali della città (nettamente più tranquilla e composta, quasi idilliaca nei suoi quadretti di strada e tramonti perfetti, di quella vissuta in prima persona da Burroughs) alla disperata ricerca del giusto amante: giovane, bello, e possibilmente non un bravo ragazzo ebreo troppo legato alla mamma. Lo interpreta un Daniel Craig dall'animo strizzato, molto più vulnerabile rispetto ad altri ruoli extra-Bond che semplicemente viravano la sicumera su toni comici o autoironici. Guadagnino ne ingentilisce i contorni, o forse si mette fino in fondo nei suoi panni, trovando un uomo alla ricerca di contatto umano che nell'attesa passa da una dipendenza all'altra.
Accarezzarsi senza toccarsi (in un tenero, ripetuto congegno visivo che sovraimpone il gesto alla stasi) e poi comunicare senza la parola, tanto da giustificare un viaggio nel Sudamerica profondo alla ricerca della telepatia: la tragedia di Queer, che smania sotto la satira iniziale sulla cultura americana expat, è quella di un amore sfalzato, asimmetrico. Lo rendono irrisolvibile questioni identitarie (siamo queer oppure no, è il leitmotiv che corre attraverso tutto il film) ma anche pragmatiche, visto che Eugene si offre e si ritrae, e alla fine accetta di seguire Lee nel viaggio previo un preciso accordo sui termini della sua disponibilità.
Il volto fresco di Drew Starkey disegna un oggetto amoroso ambivalente, dalla disposizione quasi distratta e dalle linee affusolate, contro le quali la mano di Craig si tende perennemente senza mai riuscire davvero a raggiungerle. La tristezza che fa da sottotesto alla prosa di Burroughs emerge naturalmente, ben protetta dal riguardo di un regista che sembra a volte rispettare troppo - per quella sua natura iconoclasta a cui ci ha abituato - il materiale d'origine, anche quando lo modifica. Guadagnino ingloba nel rapporto tra i due uomini perfino un riferimento alla morte della moglie di Burroughs, da lui uccisa per errore, evento invisibile che pure è legato a doppio filo alla scrittura della novella.
Ancora una volta attorno a lui ci sono i collaboratori abituali: scrive assieme a Justin Kuritzes dopo Challengers, si appoggia alla fotografia di Sayombhu Mukdeeprom e al montaggio di Marco Costa, e collabora con le firme d'eccezione Reznor e Ross alle musiche e il signor Loewe in persona Jonathan Anderson, che ai costumi può sbizzarrirsi sulle maglie in filato di Eugene e sui tagli ampi e spiegazzati a regola d'arte degli abiti di Lee. Eppure la sua impronta filmica cambia nuovamente, in uno shape-shifting che è ormai l'unica costante e dà prova di talento mescolando registri brillantemente diversi.
Trasposizione di un romanzo breve di William Burroughs dei primi anni Cinquanta, "Queer" riesce ad essere contemporaneamente un ottimo film 'letterario' (capace di recuperare non la lettera del testo, ma la sua aura più intima) e una storia di viaggio. Singolare viaggio, quello di un uomo (Lee, scrittore americano, omosessuale, alcoolizzato, drogato) che nel primo capitolo [...] Vai alla recensione »
Un film che non ti fa mai entrare dentro, storia contorta, a tratti noiosa, ripiegata su se stessa. I tre capitoli mal collegati tra di loro
Queer è finora l'opera più pura e struggente di Luca Guadagnino. Daniel Craig interpreta William Lee, uno scrittore statunitense omosessuale di mezza età, che si è trasferito in Messico per realizzarsi sessualmente. Il romanzo autobiografico incompiuto di William S. Burroughs, da cui è tratta la sceneggiatura di Justin Kuritzkes, oggi può sembrare esplicito e goffo.
Guadagnino prova ad adattare un Burroughs ancora possibile: Lee (Craig) - benestante, promiscuo, tossico: lo scrittore in autofiction ante litteram - è ossessionato da un corpo d'amore, Allerton (Starkey), opaco e incomprensibile. Il punto non è penetrarlo fisicamente, ma mentalmente. Prenderlo nel proprio desiderio. Provando anche la telepatia. L'occhio del regista si sente, non si adegua banalmente [...] Vai alla recensione »
Altro progetto di lungo corso per Luca Guadagnino, il cui cinema desiderante sembra sempre più intento a lavorare la materia seguendo una istintualità primaria, un bisogno di toccare, giocare, amare e anche un po' manipolare l'oggetto che finalmente riesce ad avere per le mani. Nel caso di Queer si tratta di William Burroughs, della fascinazione adolescenziale per uno scrittore potente nel testo e [...] Vai alla recensione »
Il Messico di Queer è una cascata di petali rosa che come in un musical sospendono nell'istante di un incantesimo il respiro «reale» del mondo. È qui che appare William Lee, Daniel Craig magnifico nella reinvenzione di sé - molto lontana dall'iconografia dell'agente segreto seduttore seriale - in questo incontro fra Burroughs e Luca Guadagnino a cui si affida senza paura.
Luca Guadagnino sostiene che Queer è il suo film più personale. Che sognava di portare sullo schermo il romanzo breve di William Burroughs (allora pubblicato in Italia con il titolo Diverso ) da quando lo lesse la prima volta, a Palermo, a 17 anni. Aggiunge una cosa molto bella, Guadagnino: che il romanzo l'ha salvato dalla solitudine. Tutto questo spiega perché il testo di Burroughs - scrittore assai [...] Vai alla recensione »
Arriva Luca Guadagnino, terzo film "italiano" in corsa per il Leone, ed è, com'era prevedibile, il più quotato tra i nostri ad andare a premio, forse non il Leone, ma un riconoscimento importante sì. Portare William S. Burroughs sullo schermo è un'impresa rischiosa, lo sa bene anche Cronenberg, per dire uno che scarso non è. Tradurre in immagini atmosfere lisergiche, situazioni oniriche, parole in [...] Vai alla recensione »
Queer è un titolo che nel 2024 non suona più come un insulto - come era invece nel mondo anglosassone quando fu scelto da William S. Burroughs per il suo romanzo, scritto originariamente nel 1952, ma rimasto incompiuto e inedito fino al 1985 - ed è entrato nel discorso comune anche grazie al cinema, non da ultimo grazie all'opera di Luca Guadagnino.
L'accostamento tra il testo letterario burroughsiano e le strutture del cinema di Guadagnino risulta problematico anche solo da vagheggiare, eppure il più internazionale dei cineasti del mainstream italiano ha sempre tenuto Queer in considerazione privilegiata, vuoi per l'attaccamento emotivo al romanzo - letto a diciassette anni (ipse dixit), quando ancora Adelphi poteva permettersi di mandarlo in [...] Vai alla recensione »
Così François Truffaut ne Il cinema secondo Hitchcock teorizzava il "grande film malato": "Un capolavoro abortito [...] che soffre generalmente di una dose eccessiva di sincerità, che, paradossalmente, lo rende chiaro agli aficionados e più oscuro al pubblico abituato a mandar giù delle misture nel cui dosaggio prevale l'astuzia piuttosto che la confessione diretta".
C'è un momento in cui William Lee - Bill Lee è lo pseudonimo utilizzato da Burroughs durante tutta la sua carriera di scrittore -, nel deliquio indotto dalla droga, osserva se stesso miniaturizzato camminare nel lurido corridoio che lo separa dalla sua camera d'albergo. È solo un istante, un'inquadratura psichedelica di pochi secondi, eppure allo stesso tempo sembra contenere il senso stesso di un [...] Vai alla recensione »